Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6102 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32033/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE GIÀ RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE ROMANO D’EZZELINO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) -controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1608/2019 depositata il 19/03/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In data 30 aprile 2002, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva domanda di arbitrato in relazione alla formulazione – nel corso dei lavori di ampliamento e ristrutturazione della scuola elementare di Fellette, che le erano stati affidati in forza di contratto di appalto del 17 luglio 1999, intercorso con il Comune di Romano d’Ezzelino – di cinque riserve, aventi ad oggetto due sospensioni dei lavori -a suo dire – illegittimamente disposte dall’ente, con conseguente spostamento del termine di ultimazione dell’opera. Chiedeva, pertanto, la condanna del convenuto al pagamento di tutte le somme dovute a titolo di risarcimento dei danni subiti. Costituitosi nel giudizio, il Comune di Roma d’Ezzelino proponeva domanda riconvenzionale, al fine di ottenere la condanna dell’impresa appaltatrice al risarcimento dei danni arrecati all’amministrazione per effetto del ritardo nell’esecuzione dei lavori, nonché per vizi e difetti dell’opera realizzata. Il collegio arbitrale accoglieva in parte la domanda dell’impresa, mentre respingeva la domanda riconvenzionale proposta dall’ente appaltante.
Avverso il lodo proponeva impugnazione, ai sensi dell’art. 829 cod. proc. civ., il Comune di Romano d’Ezzelino, dichiarata inammissibile, al pari di quella incidentale proposta dall’impresa, dalla Corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 1212 /2009, depositata il 9 ottobre 2009, con la quale il giudice del gravame riteneva che il lodo impugnato fosse immune da vizi di motivazione, in relazione a tutte le questioni sollevate dalle parti, e del tutto conforme a diritto.
Per la cassazione di tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Comune di Romano d’Ezzelino nei confronti
dell’RAGIONE_SOCIALE sulla base di undici motivi. Il resistente replicava con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale condizionato, affidato a tre motivi.
4. Con sentenza di questa Corte n.16537/2016 veniva accolto il primo motivo di ricorso principale, dichiarati assorbiti gli altri motivi, compresi quelli del ricorso incidentale condizionato. La citata sentenza affermava che l’onere della tempestiva riserv a viene meno solo in caso di contabilità informe e irricostruibile, riportata da semplici appunti o brogliacci; che l’onere non viene meno in caso di contabilità provvisoria; che l’onere è subordinato dalla legge non alla disponibilità da parte dell’impren ditore del registro di contabilità o dall’invito a sottoscriverlo, bensì all’obbiettiva insorgenza di fatti ritenuti lesivi, con la conseguenza che non cessa nemmeno nell’ipotesi di momentanea indisponibilità del registro di contabilità, dovendo in tal cas o l’imprenditore iscrivere la riserva in documenti contabili equivalenti o in apposito atto scritto; che, per il caso di fatti continuativi, come la sospensione, quando l’illegittimità sia rilevabile ab initio la riserva deve essere formulata già nel verbale di sospensione, o iscritta nel registro di contabilità, o comunicata con apposito atto scritto.
5. All’esito di rituale riassunzione del giudizio da parte del Comune di Romano d’Ezzelino, con sentenza n. 1608/2019, pubblicata in data 15-5-2019 e notificata il 19-7-2019, la Corte di Appello di Bologna, pronunciando quale giudice del rinvio, dichiarava la nullità dei capi 2) e 3) del lodo e la nullità del capo 7) limitatamente alla condanna del Comune al pagamento degli interessi sulla somma di cui al capo 2), compensando integralmente tra le parti le spese di arbitrato e di tutti i gradi del giudizio. La Corte di appello affermava che: a) era fondato il primo motivo di impugnazione del lodo formulato dal Comune, dovendosi ritenere intempestive le riserve; in particolare era incontestato che vi fosse, sia pure redatta dall’impresa, una contabilità dei lavori completa e dettagliata, come dimostrava il fatto
che proprio sulla base di tale contabilità erano stati redatti e pagati sei SAL, mentre non rilevava la mancanza di una specifica delega della committente a tenere la contabilità, e neppure era necessario un previo accordo di collaborazione in tal senso, posto che anche la semplice redazione della contabilità a cura dell’impresa, e la successiva consegna alla D.L. per la predisposizione della contabilità ufficiale o dei SAL, consentiva la formulazione delle riserve man mano che si verificavano i fatti riten uti dall’impresa idonei a produrre pregiudizi o esborsi, con iscrizione nella contabilità redatta, con iscrizione nei SAL, o con apposito atto scritto; l’impresa, anche nel giudizio di rinvio, insisteva sul fatto che la mancanza della contabilità ufficiale redatta dalla committente rendesse, sic et simpliciter , tempestiva l’iscrizione sullo stato finale, ma ciò contrastava con i principi fissati dalla Cassazione, né l’impresa aveva mai sostenuto di aver appreso solo prima di tale iscrizione la potenzialità lesiva dei fatti oggetto delle riserve iscritte; quanto alla sospensione, nel caso concreto, la Corte di Cassazione aveva affermato anche che la riserva, in mancanza del registro di contabilità, andasse comunicata con apposito atto scritto e l’impresa non aveva mai sostenuto di aver compreso solo prima della firma dello stato finale l’idoneità della sospensione a produrre un pregiudizio, anzi aveva ripetutamente affermato che l’illegittimità della prima sospensione era immediatamente evidente, derivando da carenze progettuali, e che l’illegittimità della seconda sospensione era del pari evidente, derivando da inadeguatezza della prima variante; era certo che alla data del 23.01.2001, data in cui, secondo la tesi dell’impresa, si collocava l’inizio della seco nda sospensione (di giorni 188, dal 23.01.2001 al 31.07.2001, cfr. lodo pag. 38 e pag. 39), l’impresa era perfettamente consapevole della illegittimità della prima sospensione, e anche della seconda, come si desumeva da quanto essa stessa scriveva nella lettera in atti, del 23.01.2001 (doc. 25 RAGIONE_SOCIALE), nella quale ‘ manifesta l’esigenza di introdurre una nuova
perizia di variante, attesa l’insufficienza di quella appena approvata ‘ ed ‘ elenca le lavorazioni che difettavano nel progetto, accompagnandolo con le relative quotazioni ‘; l’impresa affermava, anche nella conclusionale di replica, che alla data del 23 gennaio 2001 ‘ Si palesava quindi una perdurante sospensione dei lavori, formalmente denunciata dall’RAGIONE_SOCIALE e con riguardo alla quale il Direttore dei lavori non ha fatto nulla e che è venuta meno solo con la approvazione della seconda perizia di variante, che veniva disposta alla fine del mese di luglio del 2001. La sospensione dei lavori dal 23.01.2001 al 31.07.2001 non è dunque frutto della fantasia dell’RAGIONE_SOCIALE, ma è circostanza tempestivamente denunciata e contestata dall’appaltatrice e che trova conferma nella redigenda perizia di variante che riguardava tutte le lavorazioni ancora da eseguire ‘; poiché, dunque, almeno a gennaio 2001, era manifesta la potenzialità lesiva delle due sospensioni, non si giustificava l’assenza di formulazione delle riserve fino allo stato finale, successivo di oltre un anno, nonostante la sottoscrizione, nel periodo intermedio, di vari SAL, e nonostante la fitta corrispondenza tra impresa e Comune, che ben poteva estendersi a quell’apposito atto scritto che, secondo i principi affermati dalla Cassazione, costituiva una modalità di formulazione della riserva in assenza di registro di contabilità; in conclusione, l’impresa era decaduta, per intempestiva formulazione delle riserve, da tutte le pretese di pagamento formulate con la domanda di giudizio arbitrale, ad esclusione di quelle di cui ai punti 6, 7 e 8, riportate a pag. 4 del lodo; b) in ordine a dette ultime pretese, gli arbitri avevano accolto soltanto la domanda sub 8, e respinto le altre e la domanda accolta era relativa alla restituzione della penale applicata all’impresa, di Lire 10.600,00, € 5.474,44 e la motivazione del lodo sul punto era immune da censure, poiché gli arbitri avevano ampiamente spiegato, alle pagine da 20 a 27 del lodo, le ragioni per le quali non avevano condiviso la tesi del Comune, circa la data del 23.11.2001 come quella di ultimazione dei
lavori, con ritardo di gg. 53 imputabile all’appaltatore, accogliendo invece la tesi dell’impresa, che collocava l’ultimazione al 07.09.2001, attribuendo rilievo decisivo al verbale di consegna anticipata dell’opera, del 07.09.2001; c) quanto all’impugnazi one proposta dall’impresa, limitando l’esame alle pretese non precluse dalla tardività delle riserve, ossia alle domande svolte sub 6 e 7 respinte dagli arbitri, la prima (sub 6) riguardava l’importo di Lire 74.023.461 ( €. 38.229,93 ) a titolo di equo compenso ed indennizzo per variazioni quantitative pregiudizievoli ai sensi dell’art. 13 comma 5 DPR 1063/62 e il lodo, sul punto, non era stato impugnato; la domanda sub 7 riguardava l’importo di Lire 19.000.00, €. 9.812,68, per opere in economia e, a pagina 42, punto VII, del lodo, gli arbitri spiegavano che la pretesa non era fondata in accoglimento della difesa del Comune, che, basandosi sulla contabilità prodotta, aveva eccepito la mancata esecuzione di tali lavori; non sussisteva il denunciato vizio difetto/contraddittorietà della motivazione e l’impugnazione dell’impresa era diretta ad ottenere una nuova ed inammissibile valutazione dei fatti e delle prove; d) in conclusione, andavano annullati i capi 2) e 3), e (parzialmente) 7) del lodo, con i quali i l Comune era stato condannato a pagare la somma di €. 158.936,23 oltre rivalutazione e interessi, fermo restando, invece, il capo 1) relativo alla condanna al pagamento della somma di €. 5.474,44 (ripetizione della penale) e il capo 7) limitatamente agli interessi dovuti su detta somma; in conseguenza della modifica della decisione, considerata la soccombenza parziale reciproca e la notevole sproporzione tra la somma domandata dall’impresa (oltre €. 500.000,00 solo quanto alla sorte) e la somma riconosciuta , le spese di arbitrato e di lite, comprese quelle del giudizio di Cassazione, venivano compensate integralmente.
6 . L’ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidato a tre motivi, resistito con controricorso dal Comune di Romano d’Ezzelino.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione all’art. 830 cod. proc. civ. (ante novella portata dal D. lgs. 40/2006), nonché l’errata applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art.112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ. n. 4. Deduce che la Corte di Appello di Bologna, nella sentenza impugnata, a conclusione della fase rescindente del giudizio, aveva dichiarato la nullità dei capi 2) e 3) del lodo e di nullità parziale del capo 7), senza sostituire ad essi alcuna diversa statuizione. La Corte di merito, infatti, a parere della ricorrente, non aveva dato ingresso alla fase rescissoria, esaminando solo i motivi di nullità del lodo addotti dalle parti, non esaminando invece -e neppure richiamando in parte narrativa -le domande nel merito avanzate dall’RAGIONE_SOCIALE in corrispondenza ai capi annulla ti, vertenti sulla richiesta di maggiori oneri per sospensioni illegittime e per andamento anomalo. Nel proprio appello incidentale l’odierna ricorrente assume di avere espressamente richiesto, per la denegata ipotesi di annullamento del lodo, la pronuncia nel merito con riguardo alle domande sottoposte agli arbitri e riproposte anche nella parte narrativa del ricorso (t estualmente: ‘ B. nella denegata ipotesi in cui Codesta Ill.ma Corte ritenga di dover accogliere le domande avversarie, si chiede che la stessa si pronunci nel merito delle domande già esaminate dal Lodo impugnato. Per tale evenienza l’impresa RAGIONE_SOCIALE conferma le domande tutte articolate in sede arbitrale: (seguono le domande già riprodotte nella ricostruzione della vicenda processuale) ‘. Rimarca che il lodo impugnato, e prima ancora la clausola compromissoria sottoscritta dalle parti in una con il contratto di appalto, sono antecedenti alla riforma introdotta dal d.lgs. n. 40/2006 e sono quindi normati dalle disposizioni ante
novella, tanto che l’impugnazione del lodo è stata promossa dal Comune di Romano d’Ezzelino per la violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la v iolazione dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. per mancato rispetto dei principi di diritto enunciati da Codesta Ecc.ma Corte di Cassazione nella sentenza di rinvio n. 16537/16. Denuncia, di conseguenza, la violazione e/o falsa applicazione di legge ed in particolare degli artt. 37, 38, 40, 42, 52, 53 ,54,57, 58, 62 e 26 del R.D. 350/1895, dell’art. 26 del D.P.R. 1063/1962 in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. . Deduce che, nella denegata ipotesi in cui si ritenessero rigettate nel merito delle domande inizialmente accolte dal RAGIONE_SOCIALE Arbitrale, la sentenza impugnata risulterebbe in ogni caso viziata e censurabile per non avere condotto una disamina nel merito della questione, secondo i principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione, con particolare riferimento alla ritenuta intempestività delle riserve. Rileva che nell’appalto in esame vi era stato grave spregio da parte del Direttore lavori e dell’Amministrazione dei p rincipi che regolano la gestione di un appalto pubblico e la sua contabilità, poiché la documentazione agli atti dava conto del grave inadempimento della Direzione lavori, che, con il verbale di sospensione dei lavori n. 2 dd. 22.09.2000, aveva disatteso reiteratamente ed in modo macroscopico tutte le norme di contabilità pubblica. Inoltre rimarca che l’impugnazione per nullità del lodo era stata promossa dal Comune, sul quale gravava quindi l’onere di dimostrare l’esistenza di una contabilità alternativa a quella non redatta dal Direttore dei lavori ed idonea a far sorgere l’onere di tempestiva iscrizione di riserva. Ad avviso della ricorrente detta prova non era stata fornita dal Comune e la disamina nel merito della vicenda avrebbe reso evidente che la riserva iscritta dall’RAGIONE_SOCIALE non trovava titolo solo nella sospensione dei lavori, ma anche nella ridotta produttività derivata dallo slittamento del termine
contrattuale per l’ultimazione dei lavori per ben 370 giorni (dal 6.09.1999 al 6.09.2001), che aveva comportato l’incremento della durata dell’appalto da 360 giorni a 730 giorni. Sotto ulteriore profilo evidenzia che sulla questione della mancata tempestiva comunicazione con atto scritto all’Amministrazione dell’andamento anomalo, in sede arbitrale non si era sviluppato alcun contraddittorio, dato che l’eccezione svolta dal Comune non riguardava tale aspetto, ma, più specificatamente, la mancata sottoscrizione con riserva degli Stati di avanzamento lavori e, nel giudizio rescissorio, la Corte d’appello avrebbe quindi dovuto rimettere in istruttoria la causa sul punto, al fine di verificare se, in assenza di verbali di ripresa dei lavori, in assenza di Registro di contabilità, in assenza di SAL emessi dalla direzione lavori successivamente alla sospensione dei lavori, l’impresa avesse comunque, con altri strumenti, notiziato l’Amministrazione dei maggiori oneri che stava sostenendo per dare corso alla commessa. 3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 36, 37, 38, 40, 42, 52, 53, 54, 57, 58, 62 e 63 del r.d. 25.05.1895 n 350 nonché dell’art. 26 d.p.r. 16.07.1962 n. 1063 Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. – Violazione e falsa applicazione del l’art. 1227 c.c. e degli artt. 1375 e 1175 c.c. -Violazione del principio di correttezza e buona fede contrattuale -violazione del principio di legittimo affidamento, violazione del principio della certezza del diritto -violazione del principio inadimplenti non est adimplendum -(in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ). Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati 51 oggetto di discussione tra le parti: – mancanza di una contabilità proveniente dalla Direzione lavori, inesistenza di SAL provenienti dalla Direzione lavori – mancata verifica della esistenza o meno di una contabilità alternativa non informe e irriconoscibile -esame di eccezioni non sollevate dalla parte (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.)» . Sotto ulteriori profili, deduce la ricorrente, sempre con
riferimento alla questione dell’intempestività delle riserve che: i) era indimostrato che vi fosse una contabilità, sia pure redatta dall’RAGIONE_SOCIALE, e che essa non fosse informe ed irriconoscibile; ii) non esistevano né un Registro di contabilità né dei SAL e l’impresa non stata delegata dalla D.L. a tenere la contabilità di appalto e di averla comunque redatta; iii) era onere del Comune fornire la prova della contabilità sussidiaria e detta prova non era stata fornita, come assume accertato dal RAGIONE_SOCIALE arbitrale, previa analisi dei documenti prodotti nel corso del giudizio, e in base alle risultanze delle dichiarazioni dei testimoni ammessi con ordinanza del 20.03.2003 ed escussi in data 04.04.2003; le dichiarazioni testimoniali confermavano quindi che i SAL, in quanto emessi in modo del tutto informale ed irregolare, non comprovano in alcun modo l’esistenza di una contabilità sottostante, dato che furono firmati ex post dalla Direzione lavori e dunque senza alcun controllo contabile delle somme liquidate; iv) aveva dunque errato la Corte di Appello nell’affermare che fosse stata composta una contabilità di appalto formale e riconoscibile e che, di conseguenza, l’RAGIONE_SOCIALE fosse decaduta dalle riserve per non averle apposte tempestivamente nel Registro di contabilità (che non esisteva) o nei SAL (che tali non erano non essendo stati composti dalla D.L. e non essendo quindi comprovanti l’esistenza di una contabilità d’appalto);v) non era stata sollevata nel giudizio arbitrale la questione della mancata comunicazione delle riserve al di fuori dal Registro di contabilità o dai SAL, non si era sviluppato un regolare contraddittorio sul punto, non potevano considerarsi motivi diversi da quelli addotti dal Comune nel procedimento arbitrale, a pena di non violare il principio di doverosa corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, la normativa vigente all’epoca dei fatti (articolo 30 del D.P.R. n. 1063/1962) non prevedeva l’obbligo di iscrivere la riserva sul verbale di sospensione, l’RAGIONE_SOCIALE, in buona fede, non po teva sapere di dover iscrivere riserva sul verbale di sospensione, né poteva sapere che
non le sarebbe stato sottoposto il Registro di contabilità non appena ripresi i lavori; vi) la Corte d’appello non aveva considerato il fatto determinante ai fini del decidere che non vi era un verbale di ripresa dei lavori successivo alla seconda sospensione dei lavori e che le richieste dell’RAGIONE_SOCIALE riguardavano non solo il danno da illegittima sospensione ma anche il danno da andamento anomalo per il quale non sussisteva alcun onere di iscrizione né nel verbale di sospensione né in quello di ripresa, laddove esistente; vii) la Corte di merito non aveva tenuto conto dei principi di correttezza e buona fede contrattuale, nonché del principio del legittimo affidamento, del principio della certezza del diritto e del principio secondo cui inadimplendi non est adimplendum, in quanto la tardiva iscrizione delle riserve, laddove accertata, era stata determinata proprio dal comportamento gravemente inadempiente e gravemente colposo tenuto dall’Amministrazione e dalla Direzione lavori.
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
4.1. Occorre premettere che con la sentenza n. 16537/2016, questa Corte aveva cassato con rinvio la sentenza di appello, per avere la Corte di merito ritenuto – nella sostanza – che all’accertamento in fatto, compiuto dagli arbitri, della mancanza del registro di contabilità, ex artt. 52 e 53 r. d. 350/1895 (applicabile ratione temporis ), derivasse quale necessaria conseguenza giuridica, la tempestività delle riserve iscritte solo nella contabilità finale. La citata sentenza n. 16537/2016 così statuiva: « L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, ai fini dell’accertamento circa eventuali domande dall’impresa appaltatrice non precluse dalla tardività delle riserve, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, tenendo adeguatamente conto di tutte le risultanze probatorie in atti, e facendo applicazione dei seguenti principi di diritto: “la valutazione
della tempestività delle riserve, nei contratti di appalto di opere pubbliche, non si esaurisce in un mero accertamento di fatto rivolto all’individuazione dell’esatto momento in cui l’appaltatore ne ha effettuato l’iscrizione nel registro di contabilità, dovendosi, invece, stabilire se il momento dell’iscrizione rientri nell’ambito temporale normativamente stabilito ( art. 54 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350), sicché deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’art. 829 cod. proc. civ., l’impugnazione per nullità di una sentenza arbitrale nel caso di dedotta inosservanza delle regole di diritto in tema di tempestività delle riserve”; “l’onere di tempestiva formulazione della riserva può venire meno, oltre che in casi eccezionali, solo nell’ipotesi di contabilità informe e irricostruibile, riportata da semplici appunti o brogliacci, ovvero quando la materia controversa non sia contenuta, neppure per implicazione, nella scrittura contabile, sicché tale onere non viene meno per l’appaltatore nell’ipotesi in cui la contabilizzazione dei lavori sia soltanto provvisoria, ovvero escluda, per assenza, una diversa o maggiore contabilità del lavoro eseguito nei periodo di tempo cui essa si riferisce”; “in presenza di fatti continuativi, come la sospensione dei lavori, qualora l’illegittimità della sospensione sia rilevabile ab initio, con l’ordinaria diligenza, la riserva deve essere formulata già nel verbale di sospensione o iscritta nel registro di contabilità, ferma restando la successiva quantificazione anche in sede di contabilità finale, ovvero in mancanza di tale registro, va effettuata con tempestiva comunicazione all’amministrazione con apposito atto scritto” ».
4.2. La sentenza di rinvio, ora impugnata, dopo avere dichiarato la nullità parziale del lodo, ha esaminato il merito delle doglianze, in fase rescissoria, contrariamente a quanto si sostiene in ricorso (primo motivo). La questione dell’intempestività delle riserve è stata in dettaglio riesaminata e vi è stata anche la pronuncia nel merito, relativa alla infondatezza di alcune delle pretese azionate nel giudizio arbitrale, indicate specificamente. La Corte di merito ha, infatti,
affermato che l’impresa era decaduta, per intempestiva formulazione delle riserve, da tutte le pretese di pagamento formulate con la domanda di giudizio arbitrale, ad esclusione di quelle di cui ai punti 6, 7 e 8, riportate a pag. 4 del lodo.
4.3. Neppure è ravvisabile la denunciata violazione del contraddittorio (secondo motivo) o la pronuncia ultra petitum (terzo motivo) perché nel giudizio di rinvio l’indagine è stata svolta secondo i principi di diritto stabiliti nella citata sentenza 16537/2016, che ha indicato i criteri in base ai quali valutare la tempestività o meno delle riserve, anche ove espresse mediante comunicazioni con atto scritto nelle ipotesi ivi precisate, e su tali aspetti era stato demandato il nuovo accertamento meritale alla Corte d’appello . In particolare, dunque, era stato demandato al giudice del rinvio di stabilire se il momento dell’iscrizione rientrasse nell’ambito temporale normativamente stabilito, dovendosi quindi compiere un giudizio sul fatto alla stregua della disciplina legale e dei principi dettati da questa Corte con la citata sentenza. La Corte di merito si è attenuta ai suddetti principi e, riesaminando il merito, mediante congrua e dettagliata motivazione, ha ritenuto che l’odierna ricorrente avrebbe dovuto nel verbale di sospensione o ripresa lavori o con atto scritto formulare le riserve di cui trattasi, avendo avuto piena conoscenza, almeno fin da gennaio 2001, dell’idoneità a produrre effetti pregiudizievoli delle due sospensioni, come analiticamente indicato nella sentenza ora impugnata. La Corte territoriale ha inoltre precisato essere incontestata l’esistenza di una contabilità dei lavori completa e dettagliata, sia pure redatta dall’impresa, come dimostrato dal fatto che sulla base di detta contabilità erano stati redatti e pagati sei SAL.
A fronte di detto lineare percorso argomentativo, le censure non si confrontano con la motivazione, atteso che la ricorrente si limita a reiterare le difese svolte nel giudizio di rinvio, deducendo che ‘ l’ipotesi di iscrizione di riserve al di fuori dei documenti ufficiali di
appalto, era del tutto estranea sia alla normativa che alla prassi, essendo principio fermo che deputati a ricevere le riserve dell’RAGIONE_SOCIALE erano soltanto i documenti tassativamente indicati dal r. d. 350/1895, ossia il Registro di contabilità, i Verbali di ripresa dei lavori, il Conto finale ‘. Tutte le altre diffuse argomentazioni svolte in ricorso sono dirette impropriamente a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio (in ordine ad asseriti gravi inadempimenti della Direzione lavori, all’incremento della durata dell’appalto, all’andamento anomalo dello stesso e via dicendo).
Parimenti inammissibile è la censura inerente alla violazione dei principi di buona fede e correttezza, denunciata peraltro in modo generico, sia perché non vi è menzione di una tale doglianza nella sentenza impugnata e la ricorrente non indica compiutamente quando, come e dove ha sollevato detta questione nei giudizi di merito (Cfr. Cass. 8206/2016), sia perché, in ogni caso, il giudizio sulla sussistenza o meno della buona fede importa un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimità (Cass. 22585/2019).
5 . In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto (Cass. S.U. n.5314/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/11/2023.