Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35101 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35101 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7028/2023 R.G.,
proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. prof. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al ricorso, pec EMAIL
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al controricorso, pec avvEMAIL
-controricorrente
–
per la cassazione della sentenza n. 389/2022 della CORTE d’APPELLO di Cagliari -sez. dist. di Sassari pubblicata il 1°.12.2022;
Locazione -Leasing immobiliare -Mancata indicazione del tasso leasing -Determinabilià per relationem –
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3.10.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 703/2020 il Tribunale di Sassari rigettò le domande svolte da COGNOME NOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in ordine ad un contratto di leasing immobiliare stipulato il 13.12.1995 e prorogato il 23.7.2001. Il COGNOME, premesso che il contratto aveva avuto integrale esecuzione, lamentò la nullità del contratto per usurarietà del tasso di interesse praticato e per la sua indeterminabilità, concludendo per la restituzione delle somme illegittimamente riscosse.
Il Tribunale di Sassari, disattesa l’eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta, notò che, sebbene non riportato nel testo del contratto, il tasso di interesse non poteva dirsi indeterminato, tant’è che il C.T.U., sia pur con un complesso calcolo matematico, era riuscito ‘a risalire ad esso’. Il giudice del primo grado escluse anche la pretesa natura usuraria degli interessi per essere il contratto risalente ad epoca anteriore all’entrata in vigore della l. 108/1996.
La Corte d’Appello di Cagliari sez. dist. di Sassari con sentenza pubblicata il 1°.12.2022, a sua volta, rigettò l’appello proposto dal COGNOME, gravandolo delle spese del grado.
La Corte d’appello osservò che:
-nell’ambito del contratto le prestazioni gravanti sulle parti erano pienamente determinate, comprese quelle gravanti sull’utilizzatore, sebbene non espressamente indicato il tasso di interesse;
-anche a voler ritenere applicabile al contratto di leasing l’art. 1284 cod. civ., pur essendo la prestazione gravante sul lessee un corrispettivo per l’uso del bene, la disposizione afferiva alla forma scritta (rispettata) e non al contenuto del contratto;
-il contratto predeterminava l’importo totale del capitale finanziario e l’esatta misura della prestazione restitutoria a carico del finanziato, avendo il C.T.U. determinato il tasso di interesse nel 10% dell’intero valore dell’operazione, sì che il contrat to era conforme all’art. 117 t.u.b.;
-la doglianza del COGNOME non investiva l’indeterminatezza delle condizioni economiche e l’assenza di forma scritta, quanto l’assenza di trasparenza del testo contrattuale per la mancata indicazione del TAN, la cui menzione, ancora nel 2001, non era obbligatoria, risalendo solo al nono aggiornamento del 25.7.2003 della circolare 229/1999 della Banca d’Italia l’obbligo di indicazione del ‘tasso interno di attualizzazione’;
-in relazione alle norme sulla trasparenza il testo del contratto rispettava la ratio legis , perché non residuava in favore del lessor nessun margine di discrezionalità e, quindi, di abuso in danno del finanziato.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre il COGNOME, sulla base di due motivi. Risponde con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata la ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 1277, 1284 e 1346 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché connessa violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. in relazione al n. 3 o, in subordine, al n. 4 de ll’art. 360 c.p.c.’
Il ricorrente lamenta la violazione da parte della Corte d’appello del giudicato interno in ordine all’applicabilità dell’art. 1284 cod. civ., posto che il Tribunale di Sassari, pur avendo esclusa la violazione, ne aveva affermata l’astratta applicabilità e sul punto non era intervenuto appello incidentale da parte di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello, inoltre, sarebbe incorsa in una erronea sussunzione della fattispecie per la negata applicabilità dell’art. 1284 cod. civ. al contratto di leasing sul rilievo, del pari violativo dell’art. 1277 cod. civ., che le obbligazioni a carico del lessee non fossero pecuniarie. Nel caso di specie, come emerso nel corso della C.T.U., il tasso di interesse non era indicato nel contratto, ma era stato ricostruito ex post , fermo restando che quello indicato dall’ausiliario del giudice era solo una delle possibili ipotesi condizionate dal sistema di ammortamento e dal regime di capitalizzazione. Posto che nel leasing finanziario
il lessee è gravato da una obbligazione di restituzione del controvalore del godimento del bene e degli interessi remunerativi, si sarebbe imposta l’applicazione dell’art. 1284 cod. civ., peraltro riconosciuta da Cass. 12889/2021.
La Corte d’appello, altresì, erroneamente avrebbe ritenuto la mancata indicazione in contratto del tasso di interesse come non contrastante con l’art. 1284 cod. civ., inteso come norma prescrittiva di un onere di forma e non di contenuto, sì che, indicando il contratto ‘il finanziamento di un capitale’ e ‘il valore fisso e il numero delle rate’, esso era conforme alla disposizione. Per contro, gli artt. 1284 e 1346 cod. civ. ammettono la determinazione per iscritto del tasso di interesse anche mediante il richiamo di un separato documento, purché contenente l’indicazione del tasso o del criterio di individuazione. Nel caso di specie, tuttavia, alla determinabilità ex ante del tasso di interesse ostava altresì che non era stato definito il momento a partire dal quale le 95 rate sarebbero state pagate connesso all’ultimazione dei lavori di ristrutturazione.
Con il secondo motivo il COGNOME denuncia la ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 delle Preleggi, 1284 c.c. e 117 T.U.B. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., con connessa violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. ai sensi del n. 3 o, in subo rdine, 4 dell’art. 360’.
Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto il contratto di leasing conforme alle disposizioni in materia di trasparenza bancaria. Norme, queste ultime, che all’epoca della stipula del contratto (1995) e della sua proroga (2001) non avrebbero imposto l’indicazione del TAN. Tale affermazione, tuttavia, attribuiva alle Istruzioni della Banca d’Italia, circolari con limitata efficacia normativa rispetto alla rilevazione dei tassi soglia, una efficacia abrogativa tanto d ell’art. 1284 cod. civ., quanto dell’art. 117 t.u.b. applicabile anche ai contratti di leasing in base all’art. 115 t.u.b.
Da ultimo, la Corte d’appello nella sua decisione non aveva considerato che l’indicazione prescritta nel nono aggiornamento del 25.7.2003 della circolare 229/1999 della Banca d’Italia aveva ad oggetto il ‘tasso interno di attualizzazione’, altrimenti dett o TIR [teso a mettere in evidenza il rapporto fra il costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e il valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte)
contrattualmente previsti]. Indicatore, quest’ultimo, del tutto diverso dal TAN (tasso annuale nominale, ossia il prezzo in percentuale e su base annua richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento), della cui mancata indicazione il ricorrente si era sempre lamentato, fermo restando che esso non era determinabile per relationem e la stessa misurazione ex post fatta dal C.T.U. poggiava sull’assunto che fosse stato adottato il sistema di ammortamento alla francese. Erroneamente, pertanto, la C orte d’appello av rebbe ritenuto il contratto conforme alla ratio delle norme sulla trasparenza, perché sulla base dei dati indicati non residuava in favore del lessor nessun margine di discrezionalità e, quindi, di abuso in danno del finanziato, mentre il fine perseguito dal legislatore a partire dalla l. 154/1992 è quello di propiziare una conoscenza ex ante a supporto di una negoziazione consapevole.
I motivi di ricorso – da esaminarsi congiuntamente stante l’evidente connessione – sono in parte inammissibili e in parte infondati.
3.1. Il primo motivo si articola in tre distinte censure: a) violazione del giudicato interno; b) erronea negazione dell’astratta applicabilità dell’art. 1284 cod. civ.; c) erronea negazione della violazione degli artt. 1346 cod. civ. e 1284 cod. civ.
Le censure sub b) e c) devono essere esaminate congiuntamente alla disamina del secondo motivo, che affronta sul versante della ‘trasparenza’ le stesse questioni. Viceversa, è possibile procedere separatamente allo scrutinio della censura indicata sub a).
3.2. Il ricorrente assume che a seguito della pronuncia di primo grado, data la mancata impugnazione incidentale da parte di RAGIONE_SOCIALE, sulla questione dell’inquadramento della fattispecie nell’ambito dell’art. 1284 cod. civ. si sarebbe formato il giudicato, sì che tale profilo sarebbe stato erroneamente rimesso in discussione da parte della Corte d’appello.
3.3. La doglianza è infondata. Il Tribunale di Sassari, decidendo in primo grado, ha disatteso le conclusioni del proprio ausiliario C.T.U., osservando come il tasso fosse determinabile sulla base del contenuto del contratto, ma tale valutazione nella sua gene ricità è riferibile sia all’art. 1284 cod. civ., sia all’art. 1346 cod. civ., nonché all’art. 117, comma quarto, t.u.b. A ciò si aggiunga che lo stesso
COGNOME nel proporre appello avverso la sentenza del primo grado sul presupposto della violazione, tra le altre, dell’art. 1284 cod. civ., stante l’ampiezza dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, ha impedito la formazione del giudicato.
Le censure sub b) e c) investono i temi della determinazione degli interessi in misura superiore a quella legale e de i requisiti dell’oggetto del contratto sul rilievo della mancata indicazione nel contratto del tasso praticato dal lessor .
4.1. Relativamente alla censura riguardante la falsa applicazione dell’art. 1284, comma terzo, cod. civ. (sebbene mai evocato, è evidente che il ricorrente si sia riferito al terzo comma della norma, imponente la determinazione per iscritto degli interessi superiori alla misura legale), potrebbe bastare il richiamo alla natura del canone, quale corrispettivo per l’uso del bene e ricordare che ‘In tema di leasing di godimento, il canone pattuito – anche se la sua funzione causale è prevalentemente finanziaria, dovendo garantire, per la società di leasing, il rientro del capitale maggiorato degli interessi finanziari e degli utili di rischio di impresa – ha comunque natura di corrispettivo per l’uso del bene, essendo ragguagliato al valore di utilizzazione di quest’ultimo per la durata della vita tecnico-economica dello stesso; alla stregua di siffatta ricostruzione della suddetta figura contrattuale, gli interessi finanziari pattuiti per assolvere la relativa funzione remuneratoria, dipendendo dalle dette variabili economiche, sono inglobati nel canone e non assumono configurazione autonoma da questo e dalla natura sinallagmatica del godimento del bene, con la conseguenza che, in proposito, non si applica la disciplina di cui all’art. 1284 c.c.’ (v. Cass. , sez. III, 4 giugno 2008, n. 14760).
Il richiamo sul punto, fatto dal ricorrente, di Cass. 13 maggio 2021, n. 12889 è improprio, posto che con tale pronuncia non è stata ritenuta l’applicabilità dell’art. 1284, comma terzo, cod. civ. al contratto di leasing , ma solo che (nel caso in quella sede esaminato) tasso ex lege non è solo quello stabilito dall’art. 1284 cod. civ., ‘ma anche qualsiasi interesse che, ancorché in misura diversa sia imposto da una fonte primaria o secondaria’, tale risultando il ‘tasso di leasing’ in base alle istruzioni della Banca d’Italia (al riguardo, il collegio richiamò Cass., sez. II, 4 luglio 2012, n. 11187).
Sennonché, nello specifico ambito del contratto di leasing la norma imponente un obbligo di forma scritta e di contenuto è l’art. 117 t.u.b., che al comma primo prevede la redazione dei contratti per iscritto ed al comma quarto prescrive che ‘I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora’. In questo contesto, si sarebbe dovuta porre la questione (come portato in esponente da Cass. 12889/2021) se vi fossero i presupposti per l’applicazione del meccanismo di sostituzione previsto dall’art. 117, comma settimo, t.u.b. in ipotesi di violazione del comma quarto (ossia la mancata, e non l’erronea, indicazione del tasso).
Va osservato come la c orte d’appello abbia ritenuto sufficiente, ai fini del rispetto nella disposizione normativa poc’anzi richiamata, la circostanza che i dati forniti con il contratto fossero idonei a consentire un calcolo adeguatamente trasparente, perché non rimesso alla discrezionalità del creditore sui costi dell’operazione economica, essendo state espresse ‘ le prestazioni che formavano oggetto delle reciproche obbligazioni tra le parti erano infatti del tutto determinate. Era esattamente identificata la prestazione di RAGIONE_SOCIALE, che si impegnava ad acquistare un bene per un prezzo determinato e a finanziare dei lavori per un importo altrettanto determinato. Era identificata la prestazione dovuta da NOME COGNOME che si impegna a versare un anticipo iniziale, pari al valore degli interessi sulle somme sborsate dal lessor prima dell’inizio della locazione finanziaria … Il piano finanziario infatti era del tutto completo e non lasciava alcun elemento alla futura determinazione delle parti… il consulente nominato dal tribunale ha sì evidenziato la mancata indicazione del tasso di interesse, ma è comunque riuscito a determinarlo’ (pag. 4 e 6 della sentenza).
5.1. Nella traiettoria indicata, le censure sollevate con il primo motivo si saldano con le enunciazioni alla base del secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione delle disposizioni in tema di ‘trasparenza’, ma non nella prospettiva della mancata indicazione del ‘tasso di leasing’, ma del TAN, richiamando il dictum di Cass. 12889/2021 (dove però, nella prospettiva della trasparenza, l’ordine dei problemi era opposto, assumendosi in quella sede la
non sufficienza dell’indicazione del tasso indicato in contratto, perché relativo al tasso annuale nominale, a fronte di una diversa periodicità dei pagamenti e, quindi, dell’effettivo costo del credito).
Nella prospettiva di Cass. 12889/2021 (cui adde Cass. 17 ottobre 2023, n. 28884) ‘ a funzione della trasparenza -come sostenuto anche in dottrinanon è più quella meramente bancaristica orientata ad introdurre il principio di concorrenza all’interno del settore bancario, né quella di mero contenimento di scelte irrazionali ma un valore che merita di essere in sé e per sé considerato per la sua idoneità ad incidere sull’equilibrio delle relazioni contrattuali, tanto da imporre il sindacato ex lege del contenuto del contratto. Oggi se ne può affermare la declinabilità in senso economico, giacché essa poggia sul convincimento che il contratto trasparente sia quello che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata. Trasparente è solo il contratto corredato di clausole la cui giustificazione economica risulti comprensibile, di tal ché senza tale trasparenza a risultare opaco è il costo totale del credito, donde una rilevanza di rimbalzo della trasparenza, come si è detto, sull’equilibrio economico del contratto. Il viatico all’adozione di una nozione di trasparenza declinata in senso economico si è avuto con la sentenza della Corte di Giustizia del 21 dicembre 2016, cause riunite C-154/15, C-307/15, C-308/15, ove essa ha assunto lo stesso rango di norma di ordine pubblico, la cui imperatività di fatto sostituisce all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibro reale, finalizzato a ristabilire l’eguaglianza tra queste ultime. La trasparenza economica nella portata che ne risulta è da considerare, secondo autorevole dottrina, l’antidoto ad una opacità precontrattuale che il diritto comune rinserra nel perimetro tassativo dei vizi del consenso’. Sentenza, quest’ultima, che ha proseguito nel solco della trasparenza materiale inaugurata da Corte di Giustizia 30 aprile 2014, C-26/1 a presidio di un consenso responsabile del contraente per potere valutare le conseguenze economiche derivanti dal contratto.
5.2. Sempre in Cass. 12889/2021 è stato affermato che l’indagine in tema di trasparenza, al fine dell’applicazione del meccanismo sostitutivo ex art.
117, comma quarto, t.u.b., fa il paio con la verifica circa la determinabilità del tasso di leasing anche mediante il ricorso a calcoli di tipo matematico, a prescindere dalla relativa difficoltà.
Al riguardo, è stato precisato che ‘ La giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di occuparsi della determinabilità del tasso di interesse in varie occasioni, stabilendo, nella pronuncia n. 8028 del 30 marzo 2018, che in tema di contratto di mutuo, affinché una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sulle rate di ammortamento scadute sia validamente stipulata, ai sensi dell’ art. 1346 c.c. , è sufficiente che la stessa – nel regime anteriore all’entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154 – contenga un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse. A tal fine occorre che quest’ultimo sia desumibile dal contratto con l’ordinaria diligenza, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo all’istituto mutuante, non rilevando la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale, né la perizia richiesta per la sua esecuzione. Per Cass. 26 giugno 2019 n. 17110, nella vigenza del D.L.vo n. 385 del 1993 , art. 117, comma 4, il tasso di interesse può essere determinato per relationem, con esclusione del rinvio agli usi, ma in tal caso il contratto deve richiamare criteri prestabiliti ed elementi estrinseci che, oltre ad essere oggettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del tasso, non devono essere determinati unilateralmente dalla società di leasing. La Corte chiarisce che tale possibilità si desume in via indiretta dall’art. 117 TUB – perché non avrebbe senso vietare il rinvio agli usi se non fosse possibile ammettere la determinazione per relationem alle altre condizioni del contratto attraverso fonti esterne, purché non dipendenti dalla unilaterale volontà della banca -oltre che dalla ratio della norma individuata nell’esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza e della eliminazione delle cosiddette asimmetrie informative: infatti, la prescrizione che fa obbligo di indicare nel contratto “il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati intende porre il cliente nelle condizioni di conoscere e apprezzare
con chiarezza i termini economici dei costi, dei servizi e delle remunerazioni che il contratto programma: ed è evidente, allora, che tale finalità possa essere perseguita, con riguardo alla determinazione dell’interesse, non solo attraverso l’indicazione numerica del tasso, ma anche col rinvio a elementi esterni obiettivamente individuabili, la cui materiale identificazione sia cioè suscettibile di attuarsi in modo inequivoco (cfr. anche Cass. 19 maggio 2010, n. 12276). La determinabilità per relationem del tasso di leasing escluderebbe dunque l’irrogazione della sanzione sostitutiva applicata nel caso di specie, riservata alle ipotesi nelle quali nel contratto manchi la relativa pattuizione (Cass. 26 giugno 2019 n. 17110; Cass. 26 giugno 2019, n. 16907) ‘.
Tale indirizzo è stato ribadito ancora di recente: ‘ Nei contratti bancari, l’obbligo di indicazione del tasso di interesse, previsto dall’art. 117, comma 4 e 7, t.u.b. ai fini della validità del contratto, non postula che il documento contrattuale contenga l’indicazione in cifre del tasso annuo nominale, ma s’intende assolto a norma dell’art. 1346 c.c. anche quando sia determinabile sulla scorta del tasso annuo effettivo globale e degli altri valori riportati nel contratto, oppure attraverso il rinvio a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché questi siano oggettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del tasso e non determinati unilateralmente dalla banca ‘ (v. Cass. 27 febbraio 2024, n. 5151; 13 giugno 2024, n. 16456).
5.3. Nel caso di specie, la corte territoriale, come già detto al parag. 4.2, ha ritenuto che gli elementi desumibili dal contratto di leasing fossero sufficienti a consentire un’oggettiva determinabilità per relationem del tasso applicabile al rapporto in esame: e tanto basta ai fini della piena trasparenza dell’operazione in oggetto, a nulla rilevando, in questa sede di legittimità, la soggettiva controvertibilità della valutazione discrezionale così espressa dal giudice di merito in termini logicamente e giuridicamente congrui.
A queste notazioni deve aggiungersi che gli ulteriori rilievi svolti dal ricorrente a pagina 13 e s. del ricorso, nonché a pagina 30 e s., compreso quello per cui la stessa misurazione ex post fatta dal C.T.U. (TAN 17,006% e successivamente, per effetto della proroga del 23.7.2001, 10,250%) poggiava
sull’assunto che fosse stato adottato il sistema di ammortamento alla francese (la cui omessa indicazione non rileva, comunque, ai fini della determinabilità dell’oggetto, v. Cass., sez. un., 29 maggio 2024, n. 15130), attengono a profili relativi al giudizio di fatto non scrutinabile in questa sede.
Deve essere osservato, peraltro, come l’indicazione del TAN, d ella cui mancata menzione oggi si duole il ricorrente, non avrebbe reso il contratto più trasparente rispetto a quanto non evincibile dal tenore del suo contenuto. Il TAN è un tasso solo nominale, perché non tiene conto del tipo di rateizzazione e, quindi, non dà conto dell’effettivo costo del credito formato dalle sole componenti di capitale ed interessi (ora) prescritte dalla Banca d’Italia per il leasing, non essendo il tasso effettivamente praticato ricavabile dividendo per dodici il TAN.
Da ultimo, quanto al rilievo secondo cui alla determinabilità ex ante del tasso di interesse ostava, altresì, che non fosse stato definito il momento a partire dal quale le 95 rate sarebbero state pagate, in quanto connesso al l’ ultimazione dei lavori di ristrutturazione, si è in presenza di una questione non menzionata nella sentenza impugnata.
6.1. Secondo un indirizzo costante di questa Corte (v., indicativamente, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. 1° luglio 2024, n. 18018; Sez. Un., 29 gennaio 2024, n. 2607; 17 febbraio 2023, n. 5131; 23 settembre 2021, n. 25909; 24 gennaio 2019, n. 2038; 13 giugno 2018, n. 15430; 28 luglio 2008, n. 20518), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (v. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; 24 gennaio 2019, n. 2038; 9 agosto 2018, n. 20694; 18 ottobre 2013, n. 23675). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità,
dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; 12 settembre 2000, n. 12025). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (v. Cass. 13 settembre 2007, n. 19164; 9 luglio 2013, n. 17041; 25 ottobre 2017, n. 25319; 20 maggio 2018, n. 20712; 6 giugno 2018, n. 14477).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del riorso .
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della