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Tariffe forensi: importo sotto i minimi, che fare?

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di un tribunale di merito che aveva liquidato le spese legali in misura inferiore ai minimi tariffari. In una causa per una prestazione assistenziale, la Corte ha ribadito che il valore della controversia si calcola sulla base di due annualità del beneficio. L’importo di 600 euro, precedentemente stabilito, è stato ritenuto inadeguato rispetto al minimo legale di 911 euro, portando al rinvio del caso per una nuova determinazione delle corrette tariffe forensi.

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Tariffe Forensi: Quando il Compenso dell’Avvocato è Troppo Basso, la Cassazione Interviene

La corretta determinazione delle tariffe forensi rappresenta un pilastro per la tutela del lavoro dell’avvocato e per la garanzia di un’adeguata difesa. Ma cosa succede quando un giudice liquida un compenso che risulta palesemente inferiore ai minimi stabiliti dalla legge? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce proprio su questo punto, annullando un decreto che aveva liquidato spese di lite per soli 600 euro in una causa di previdenza sociale.

I Fatti del Caso

Una cittadina si era rivolta al Tribunale per ottenere il riconoscimento di un assegno mensile di assistenza. Il Tribunale le dava ragione nel merito, riconoscendo il suo diritto alla prestazione, ma condannava l’istituto di previdenza a rimborsare le spese legali per un importo forfettario di 600 euro, oltre agli accessori di legge. Ritenendo tale somma inadeguata e non conforme ai parametri legali, la cittadina, tramite il suo legale, decideva di impugnare la decisione direttamente davanti alla Corte di Cassazione, lamentando proprio la violazione delle norme sulle tariffe forensi.

Il Ricorso in Cassazione e le Tariffe Forensi

L’unico motivo del ricorso si basava sulla violazione e falsa applicazione di diverse norme, tra cui il D.M. 55/2014, che regolamenta i parametri per i compensi professionali. Secondo la ricorrente, il Tribunale aveva liquidato un importo inferiore ai minimi previsti dalla tariffa professionale, senza fornire una motivazione adeguata per tale scostamento. La questione centrale, quindi, non era più il diritto alla prestazione assistenziale, ormai accertato, ma la corretta quantificazione del lavoro svolto dal difensore.

La Determinazione del Valore della Causa

Per stabilire se un compenso è adeguato, il primo passo è determinare il valore della controversia. La Corte di Cassazione ha ricordato un principio consolidato, specialmente nelle cause relative a prestazioni assistenziali o alimentari: il valore si calcola sulla base dell’ammontare delle somme dovute per due anni. Questo criterio ha permesso di collocare la causa in uno specifico scaglione di valore, compreso tra 5.200,00 e 26.000,00 euro, che funge da riferimento per il calcolo dei compensi minimi.

le motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno proceduto a un calcolo analitico per dimostrare l’errore del giudice di primo grado. Applicando i parametri minimi previsti dal D.M. 55/2014 per lo scaglione di valore identificato, e considerando le tre fasi processuali svolte (studio, introduzione e istruttoria), il compenso minimo dovuto sarebbe stato pari a 911,00 euro. Tale importo è il risultato della somma dei compensi minimi per ciascuna fase (€270,00 per lo studio, €337,50 per l’introduzione e €303,00 per la fase istruttoria), tenendo conto delle specifiche riduzioni applicabili. Confrontando questo risultato con i 600 euro liquidati dal Tribunale, è emersa in modo inequivocabile la violazione dei minimi tariffari. La liquidazione, pertanto, è stata giudicata illegittima perché inferiore ai minimi di legge previsti ratione temporis, ovvero in base alle norme vigenti al momento della decisione.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto impugnato limitatamente alla parte relativa alle spese. Ha quindi rinviato la causa allo stesso Tribunale, ma in persona di un diverso giudice, affidandogli un duplice compito: rideterminare le spese legali del giudizio di primo grado in conformità ai parametri minimi di legge e provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: il compenso dell’avvocato non può essere liquidato in misura inferiore ai minimi stabiliti dalla normativa, a garanzia della dignità della professione e del diritto di difesa. Per i professionisti legali, ciò rappresenta un’importante conferma della necessità di vigilare sulla corretta applicazione delle tariffe forensi e di non esitare a impugnare decisioni che se ne discostino ingiustificatamente.

Come si calcola il valore di una causa per prestazioni assistenziali ai fini della liquidazione delle spese legali?
Sulla base di un principio consolidato, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per un periodo di due anni.

Il giudice può liquidare un compenso inferiore ai minimi previsti dalle tariffe forensi?
No, il giudice non può liquidare compensi inferiori ai minimi stabiliti dai parametri professionali vigenti, poiché ciò costituirebbe una violazione di legge.

Cosa succede se un decreto liquida spese legali in misura inferiore ai minimi?
Il provvedimento può essere impugnato davanti alla Corte di Cassazione. Se il ricorso viene accolto, la decisione viene annullata (cassata) e la causa viene rinviata al giudice precedente per una nuova e corretta determinazione dei compensi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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