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Tariffa incentivante fotovoltaico: i limiti del giudice

Due società agricole contestano la decisione dell’Ente Gestore di applicare una tariffa incentivante fotovoltaico ridotta ai loro impianti su serre. La Cassazione, Sezioni Unite, ha stabilito i limiti del potere del giudice amministrativo, chiarendo che l’interpretazione delle norme per determinare i requisiti per la tariffa maggiore (uso permanente e integrale delle serre per l’agricoltura) non costituisce un eccesso di potere giurisdizionale, ma un’attività interpretativa propria del giudice. Entrambi i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili.

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Tariffa Incentivante Fotovoltaico: Quando il Giudice può Intervenire?

La questione della corretta applicazione della tariffa incentivante fotovoltaico per gli impianti installati su serre agricole è al centro di una recente e importante ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La pronuncia chiarisce i confini del potere del giudice amministrativo nell’interpretare le norme che regolano gli incentivi, distinguendo tra legittima attività interpretativa ed eccesso di potere giurisdizionale. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso: serre fotovoltaiche e tariffe contese

Due società agricole avevano realizzato impianti fotovoltaici integrandoli nella copertura di alcune serre destinate alla produzione. Sorgeva una controversia con l’Ente Gestore dei servizi energetici riguardo al quantum della tariffa incentivante da riconoscere. Le società ritenevano di aver diritto alla tariffa più alta, prevista per gli “impianti architettonicamente integrati”, mentre l’Ente sosteneva che dovesse applicarsi la tariffa inferiore, prevista per gli “impianti a terra”.

Il caso, dopo un primo grado favorevole alle aziende, giungeva al Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Giudice amministrativo di secondo grado accoglieva l’appello dell’Ente Gestore. La sua tesi era che la tariffa incentivante più elevata spettasse solo a condizione che le serre fossero utilizzate in modo permanente ed interamente per la produzione agricola. Secondo il Consiglio di Stato, l’onere di fornire tale prova gravava sulle società produttrici, onere che nel caso di specie non era stato assolto.

Le censure alla Cassazione e la tariffa incentivante fotovoltaico

Le società agricole impugnavano la decisione del Consiglio di Stato davanti alle Sezioni Unite della Cassazione, lamentando un eccesso di potere giurisdizionale sotto tre distinti profili:

1. Invasione della sfera del legislatore: Sostenevano che il giudice avesse di fatto creato un nuovo requisito (l’uso permanente e integrale della serra) non previsto dalla legge.
2. Sindacato sull’opportunità: Affermavano che il Consiglio di Stato avesse basato la sua decisione su una valutazione di convenienza dell’attività agricola svolta, sconfinando nel merito amministrativo.
3. Disapplicazione di atti amministrativi: Ritenevano che la sentenza avesse illegittimamente “disapplicato” i titoli autorizzativi e le attestazioni comunali che certificavano la regolarità degli impianti.

Anche l’Ente Gestore presentava un ricorso incidentale, lamentando che la sentenza fosse “abnorme” nel riconoscere un precedente giudicato che garantiva la tariffa maggiore alle società per un limitato periodo di tempo.

Le motivazioni delle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili sia il ricorso principale che quello incidentale, fornendo chiarimenti fondamentali sui limiti della giurisdizione.

Nessuna invasione della sfera legislativa

Le Sezioni Unite hanno ribadito un principio cardine: l’attività di interpretazione della legge, anche se porta a conclusioni non condivise, rientra pienamente nella funzione del giudice. Stabilire che la normativa esistente richiedesse un uso “permanente ed intero” delle serre non significa creare una nuova norma, ma semplicemente interpretare quelle vigenti. Un’eventuale interpretazione errata configura un error in iudicando (errore di giudizio), non un eccesso di potere giurisdizionale. Quest’ultimo si verifica solo quando il giudice si sostituisce al legislatore, inventando una regola dal nulla.

Il controllo sulla legittimità e non sull’opportunità

La Corte ha respinto anche la seconda censura, chiarendo che il Consiglio di Stato non ha effettuato una valutazione di merito sulla convenienza dell’attività agricola. La sua decisione si è fondata su un presupposto puramente processuale: la mancata prova, da parte delle società, del rispetto dei requisiti necessari per ottenere la tariffa più alta. Si è trattato quindi di un giudizio di sussunzione della fattispecie concreta (l’uso effettivo delle serre) nella previsione normativa astratta, un’operazione tipica del sindacato di legittimità.

L’inquadramento tariffario non è disapplicazione

Infine, la Cassazione ha precisato che qualificare un impianto su serra non coltivata come un “impianto a terra” ai soli fini tariffari non equivale a “disapplicare” i titoli autorizzativi. Il giudice si è limitato a individuare la norma corretta da applicare al caso di specie per determinare la tariffa spettante, senza incidere sulla validità o efficacia degli atti amministrativi che autorizzavano la costruzione dell’impianto.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale, la Corte ha sottolineato che accertare l’esistenza o meno di un giudicato esterno è una questione di diritto, la cui eventuale errata risoluzione costituisce, ancora una volta, un error in iudicando e non un vizio di giurisdizione.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, le Sezioni Unite tracciano una linea netta tra l’attività interpretativa del giudice e l’eccesso di potere giurisdizionale. La pronuncia conferma che rientra pienamente nelle prerogative del giudice amministrativo definire, attraverso l’interpretazione delle norme di settore, i presupposti concreti per l’accesso a benefici e incentivi, come la tariffa incentivante fotovoltaico. Un’interpretazione ritenuta errata può essere contestata con gli ordinari mezzi di impugnazione, ma non può essere portata dinanzi alla Suprema Corte come un vizio che eccede i limiti della giurisdizione.

Interpretare una norma per stabilire i requisiti di una tariffa incentivante è un eccesso di potere del giudice?
No, la Corte ha chiarito che questa è una normale attività di interpretazione della legge, non un’invasione della sfera del legislatore. Un’eventuale interpretazione errata costituisce un “error in iudicando”, non un vizio di giurisdizione.

Il giudice amministrativo può valutare se l’attività agricola svolta in una serra fotovoltaica è ‘opportuna’ o ‘conveniente’?
No, il suo compito è verificare la legittimità degli atti sulla base dei presupposti di legge. Nel caso specifico, la decisione non si basava sull’opportunità dell’attività, ma sulla mancata prova da parte dell’azienda che la serra fosse interamente e permanentemente destinata a uso agricolo, come richiesto dalla norma secondo l’interpretazione del giudice.

L’esistenza di un precedente giudicato tra le parti può essere contestata davanti alle Sezioni Unite come un ‘errore abnorme’ del giudice?
No, stabilire se esista o meno un giudicato esterno è una questione di diritto. Un eventuale errore del giudice nel rilevarlo è un “error in iudicando” e non costituisce un eccesso di potere giurisdizionale o un atto “abnorme” sindacabile in sede di legittimità per soli motivi di giurisdizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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