Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20187 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20187 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17985/2023 R.G. proposto da: CONDOMINIO IL COGNOME, in persona dell’Amministratore, NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI ARAGONA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1415/2023, depositata il 27/07/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Agrigento, con la sentenza n. 381/2018, rigettava le domande del Condominio ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nei confronti del Comune d’Aragona, gestore in via diretta del servizio idrico nel medesimo comune, volte ad ottenere: a) l’installazione e la manutenzione a spese del comune dei contatori idrometrici uno per ciascuna unità immobiliare; b) l’applicazione della fornitura idrica con ‘il sistema di consegna a deflusso libero’; c) l’accertamento negativo del credito per il canone per disinquinamento e per il canone acqua e, di conseguenza, la natura indebita dei versamenti effettuati, per un totale di euro 34.285,23, avendo il comune calcolato le tariffe non sulla base dei consumi effettivi, ma «con metodi induttivi, ad abbonamento, o con sistema di ‘consumo presunto’».
Con la sentenza n. 1415/2023, depositata il 27/07/2023, la Corte d’ Appello di Palermo ha accolto parzialmente il gravame interposto dal condominio nella parte in cui il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda di condanna all’installazione del misuratore dei consumi previsto dal Regolamento del servizio idrico e in quella in cui non aveva riconosciuto il diritto dell’istante ad ottenere la restituzione di quanto percepito a titolo di canone di depurazione, in assenza di prova che il servizio di depurazione fosse stato effettivamente reso, ma ha rigettato la domanda relativa alla illegittimità della tariffa forfettaria e alla condanna al rimborso del corrispettivo non dovuto.
Per quanto ancora d’interesse , la corte d’appello ha ritenuto che il condominio, avendo agito per la ripetizione delle somme pagate a titolo di corrispettivo del servizio idrico e non trattandosi di una
pretesa vantata dal comune o di una opposizione a detta pretesa (pp. 5-6, 8), era onerato della prova che la tariffa applicata non fosse corretta e che, discutendosi «dello stesso metodo di pagamento, non essendo controversa tra le parti l’assenza del contatore» (p. 6), non poteva farsi applicazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre l’utente è tenuto a dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo.
Ha osservato che solo nel 2017 il condominio aveva chiesto la variazione da condominiale a singolo utente del contatore e, pertanto, ha ritenuto accettato «di fatto», per tutto il periodo precedente, che la fatturazione dei consumi avvenisse diversamente o comunque non dimostrato, da parte dell’istante, un diverso accordo o che il comune si fosse autoimposto di fatturare i consumi effettivi (mancavano il contratto e le delibere comunali che in thesi avessero imposto la tariffazione a consumo).
Il Condominio ‘RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, avverso la sentenza della corte di merito.
Il Comune di Aragona resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1559 e segg. cod.civ., dell’art. 13 della L. n. 36/1994 e dell’art. 31, 28° comma, della L. n. 448/98.
Attinta da censura è la statuizione con cui la corte di merito ha ritenuto legittima la quantificazione del corrispettivo dovuto per le prestazioni idriche con metodi induttivi del tutto disancorati
dall’effettivo consumo dell’utente, poiché così facendo verrebbe alterato il sinallagma sotteso ai contratti con prestazioni corrispettive, codificato dall’art. 1562 cod.civ.
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 33 ss. del d.lgs. n. 206/2005 e dell’art. 1341 cod.civ.
Lamenta che l’eventuale clausola contrattuale che avesse riconosciuto al somministrante il potere di determinare con accertamenti tecnici e criteri insindacabili il consumo, nel caso in cui il contatore si fosse guastato e fossero mancati elementi di riferimento a consumi precedenti, avrebbe dovuto essere dichiarata nulla; diversamente opinando sarebbero stati violati gli artt. 33 ss. del d.lgs. n. 206/2005, ma anche l’art. 1341 cod. civ., applicabili ai contratti della P.A. stipulati con gli utenti (Cass. n.13216/1996).
Con il terzo motivo denunzia violazione falsa applicazione degli artt. 3, 27, 33, 36-38, 40 del Reg. comunale del 2003 che contiene le condizioni generali del contratto di somministrazione e che costituisce parte integrante e sostanziale di ogni contratto di somministrazione (art. 40), il quale prevede che la fornitura dell’acqua sia effettuata «con sistema di consegna a deflusso libero, misurato da opportuno contatore per ciascun corpo di fabbrica o per ciascuna unità abitativa» (art. 3), che la rilevazione dei consumi avvenga mediante lettura dei contatori (art. 37), che la fatturazione sia fatta, anche attraverso conguagli, ma in modo da garantire che l’utente paghi per i consumi effettivi (art. 38).
La conseguenza che ne trae è che il singolo contratto d’utenza contrariamente a quanto in implicito sostenuto dal giudice a quo -non potrebbe obbligare al pagamento di un corrispettivo diverso da quello previsto nel regolamento, atteso che, ai sensi dell’art. 27 e 38 del medesimo, tutti i contratti di somministrazione stipulati dal comune sono uniformemente soggetti al sistema tariffario «a consumo rilevato dal contatore».
Il ricorrente si duole della contraddittorietà tra l’accoglimento del motivo di appello con cui era stata chiesta l’installazione a cura del Comune di un misuratore proprio al fine di evitare la contabilizzazione forfettaria, e l’affermazione della sussistenza e liceità dell’obbligo di pagare un importo forfettario.
Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato che nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che l’art. 36 del regolamento relativo al consumo minimo impegnato -pure nell’impugnata sentenza evocato ( pag. 7)- che consente al Comune di fissare minimi contrattuali, presuppone invero un provvedimento, con i necessari requisiti di specificità e concretezza, che fissi la misura dei volumi idrici (in litri o mc) che l’utente dovrebbe obbligarsi a pagare, nonché il prezzo unitario dell’acqua.
Ancora, che un discorso è l’applicazione di una tariffa forfettaria del tutto prescindente dal consumo effettivo, altro è la configurazione bipartita della tariffa idrica, tipica della somministrazione del ‘minimo garantito’, che presuppone una parte fissa (comprendente ai costi per la produzione e per la erogazione del servizio) e una parte variabile (commisurata alla effettiva quantità di acqua consumata dall’utente).
Si suole essersi dalla corte di merito erroneamente rigettato motivo di gravame concernente la domanda di accertamento dell ‘obbligo del Comune di installazione dei contatori idrometrici uno per ciascun appartamento del condominio.
In proposito l’art. 40 del regolamento – capo X, Servizio di riparto tra le sottoutenze prevede che «l’utente, nel caso di condominio, può chiedere all’Acquedotto comunale di provvedere al servizio di riparto dei costi della somministrazione tra le relative «sottoutenze».
La norma subordina il servizio di riparto alla istallazione per ogni sottoutenza di «un apparecchio di misura dall’Acquedotto Comunale» e precisa che «ai fini della determinazione dei costi
della somministrazione facciano fede unicamente i consumi registrati dall’apparecchio di misura di cui al contratto di somministrazione» ovvero quello di cui risulta titolare il condominio.
Dalla lettura della norma in esame dovrebbe desumersi la violazione da parte del giudice a quo di due principi: il corrispettivo del servizio dovuto dalla utenza condominiale non potrebbe risolversi nella imposizione di una somma forfettaria, ma andrebbe comunque proporzionato al consumo complessivo del condominio; il condominio, titolare di una utenza, può chiedere al comune il riparto del corrispettivo, e quindi, la «istallazione per ogni sotto utenza di un apparecchio di misura dell’Acquedotto comunale».
Con il quarto motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod.civ. anche in combinato disposto con l’art. 2721 cod.civ.
Si duole che, nel ritenere accettato in fatto che la tariffazione avvenisse forfettariamente fino al 2007, la corte d’appello abbia ragionato induttivamente, in violazione dell’ art. 2729 cod.civ., in quanto il pagamento non costituisce indice inequivoco del fatto che gli importi indicati nelle bollette corrispondessero al consumo effettivo o che fosse stato accettato un sistema tariffario diverso da quello proporzionato al consumo che il regolamento del servizio che il comune si era autoimposto espressamente vieta (art. 27): l’utente avrebbe potuto pagare in attesa di un conguaglio o nel timore che il comune gli sospendesse l’erogazione. Soggiunge che l’installazione dei contatori, la relativa manutenzione e la periodica lettura sono obblighi imposti dal regolamento fin dal momento di attivazione dell’utenza (art. 5, 18, 19 e 2013) a prescindere da una richiesta dell’utente e che come accertato da ARERA nella del. 296/2021/S/IDR del 06 luglio 2021 il Comune aveva provveduto alla installazione di misuratori idrometrici «che tuttavia, non risultavano funzionanti».
Sul punto il ricorrente evoca Cass. n. 1730/2021 che in una vicenda analoga a quella in decisione, la quale aveva coinvolto proprio il Comune di Aragona, non aveva ritenuto di poter desumere dal pagamento delle fatture che avevano contabilizzato i consumi idrici a forfait l’accettazione della tariffa forfettaria, anche e soprattutto in ragione del fatto che il contratto con un ente pubblico richiede la forma scritta a pena di nullità e, quindi, la sottoscrizione di un accordo scritto relativo alla determinazione del corrispettivo, a nulla valendo l’evocazione operata anche dal giudice a quo – della buona fede nell’esecuzione del contratto, per avere l’utente ingenerato nel gestore del servizio idrico l’affidamento sulla circostanza che avesse accettato un sistema di pagamento sulla base di criteri sganciati dai consumi reali.
Con il quinto motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 2, della L. n. 241/1990 e dell’art. 97 Cost.
Lamenta che , avendo ritenuto sussistente l’obbligo per l’utente di pagare l’importo forfettario pur in assenza di un contratto scritto, ma considerando rilevante la circostanza «che avesse accettato, quanto meno di fatto» tale sistema di tariffazione, il giudice di merito ha violato l’art. 11, comma 2, della L. n. 241/1990 che prescrive la forma scritta ad substantiam per i contratti stipulati dalla P.A.
Con il sesto motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1339 cod.civ., 2 L. n. 481/1995, nonché delle deliberazioni A.R.E.R.A 296/2021/s/idr del 06.07.2021 e 218/2016//idr.
Premesso che l’art. 2, commi 12, lett. h, e 37, della L. n. 481/ 1995 prevede espressamente il potere dell’ARERA più volte ribadito da questa Corte (cfr. Cass. n. 16401/2011; Cass. n. 11992/2012; Cass. n. 19333/2012) – di incidere, con gli effetti tipici dell’art. 1339 cod.civ., sulle obbligazioni che caratterizzano lo
svolgimento dei contratti di utenza, il ricorrente lamenta che, nonostante il Comune di Aragona fosse stato sanzionato proprio per avere determinato il quantum delle fatture idriche in maniera forfettaria, quindi, scollegata dai consumi effettivi, il giudice a quo abbia ritenuto lecita la tariffazione forfettaria.
7) Con il settimo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. e dell’art. 115 cod.proc.civ.
Si duole che la corte di merito non abbia tenuto conto che anche in caso di domanda di accertamento negativo del credito l’onere della prova del diritto grava sul creditore, ancorché rivesta la posizione processuale di convenuto, e che rimangono, pertanto, «a suo carico le conseguenze della mancata dimostrazione degli elementi costitutivi della pretesa».
Lamenta non essersi considerato spettante al Comune provare per iscritto l’accordo per il pagamento fondato sul consumo presunto, in quanto in mancanza di mancanza di prova scritta l’utente non è tenuto a corrispondere un pagamento fondato sul calcolo presunto dei consumi.
Si duole non essersi dalla corte di merito altresì considerato che, i n applicazione dell’art. 2697 cod.civ e del principio della vicinanza della prova, in ipotesi come nella specie di contestazione dei consumi esposti in bolletta è onere del somministrante provare il quantum dei beni somministrati ovvero la corrispondenza tra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore.
Lamenta che la corte territoriale ha erroneamente posto a suo carico l’onere di provare la discontinuità della fornitura di acqua potabile, disattendendo l’eccezione di inadempimento formulata nei confronti del Comune, il quale, piuttosto che fornire l’acqua con il sistema a deflusso libero, ovvero h 24, la forniva soltanto una o due volte la settimana per poche ore a volta. E che, trattandosi di circostanza pacifica e non contestata ( il Comune nella comparsa di costituzione in appello ha affermato che il sistema a deflusso libero
era irrealizzabile ) la corte d’appello ha violato l’art. 115 cod.proc.civ. in base al quale, in tema di prova dell’inadempimento o dell’inesatto inadempimento di un’ obbligazione, il creditore è tenuto soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova dell’adempimento.
Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che, essendo nella specie incontestata l’esistenza di un contratto di fornitura tra le parti, risultante anche dalle fatture, ed essendo emersa documentalmente la prova dell’obbligo del Comune di fornire l’acqua con il sistema a deflusso libero (art. 3 Reg. cit.), attesa la contestazione mossa dall’utente è onere dell’ente fornire la prova dell’esatto adempimento, conforme al regolamento idrico.
Con l’ottavo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 e ss. cod.civ.
Si duole che la corte di merito abbia sostanzialmente riconosciuto il diritto al rimborso limitatamente al canone di depurazione, a decorrere dalla annualità del 2011, a tale stregua applicando un periodo di prescrizione inferiore a quello decennale, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di ripetizione dell’indebito non può trovare applicazione la prescrizione breve di cui all’art. 2948 cod.civ. (Cass. n. 6756/2012; Cass. n. 7897/2014; Cass. n. 6857/2014).
Per ragioni di carattere logico vanno esaminati prioritariamente il quarto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi.
I motivi sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Va anzitutto osservato -con particolare riferimento al settimo motivo- che, come questa Corte ha già avuto modo di porre in
rilievo, è necessario «riconsiderare la posizione di attore e convenuto nel processo ed i rispettivi diritti di azione e di difesa, escludendosi che sia sufficiente una mera trasposizione delle soluzioni sviluppate ed accettate in relazione alle azioni di accertamento in positivo o l’applicazione estensiva dell’art. 949 c.c., stante la difficoltà di stabilire i contorni dei fatti costitutivi e di quelli posti a fondamento delle eventuali eccezioni, in considerazione del fatto che la parte che si afferma titolare del diritto non coincide con quella che ha agito in giudizio>> ( v. Cass. n. 25787/2019).
Si è al riguardo altresì sottolineato che la sostanza della sua domanda, preordinata alla declaratoria di inesistenza dell’altrui diritto, corrisponde a un’eccezione, la quale proprio perché esercitata con la veste esteriore dell’azione, fissa, a differenza di quanto avviene ove l’eccezione contrasti l’azione altrui, il perimetro dell’oggetto del giudizio» (v. Cass. n. 25787/2019).
Orbene, la domanda del condominio è nella specie volta ad ottenere non solo l’accertamento negativo del debito nei confronti del Comune ma altresì la condanna di quest’ultimo alla restituzione delle somme indebitamente riscosse nella veste di gestore diretto del servizio idrico, per avere fatturato i consumi idrici a forfait .
La corte territoriale ha pertanto errato nel ritenere che, vertendosi in tema di accertamento negativo del credito, l’onere della prova in ordine alla non correttezza della tariffa applicata spettasse al Condominio, pervenendo a trarre conseguenze negative a suo carico per non aver prodotto né il contratto sottoscritto dal Comune né le delibere comunali che obbligavano la tariffazione a consumo.
Trova infatti nel caso applicazione il principio secondo cui la «regola generale sulla ripartizione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. è applicabile indipendentemente dalla natura dell’azione esperita, con la conseguenza che, anche in caso di domanda di accertamento negativo del credito, sono a carico di chi
si afferma creditore le conseguenze della mancata dimostrazione dei fatti costitutivi del suo diritto» ( Cass. 10/4/2024, n. 9706 ).
Come dalla S.C. ben chiarito con detta pronuncia:
l’art. 2697 cod.civ. «adotta come inderogabile punto di partenza che si agisca pur sempre per far valere un diritto», essendo pertanto diverso il caso in cui si agisca solo allo scopo di ottenere una sentenza meramente dichiarativa volta a negare il diritto altrui;
non si deve aggravare ingiustificatamente la posizione del soggetto indotto o praticamente costretto a promuovere un’azione di accertamento negativo;
il soggetto passivo del rapporto, ove si alterasse la distribuzione dell’onere della prova, sarebbe tenuto a provare fatti negativi: vero è che la prova di tali fatti è astrattamente possibile (mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (Cass. n. 14854/2013, n. 384/2007; Cass. n. 23229/2004; Cass. n. 5427/2002), ma è altrettanto vero che in concreto non sempre è agevole;
svanirebbero i criteri elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza ai fini della distinzione tra fatti costitutivi e fatti impeditivi, e, in particolare, quello secondo il quale è maggiormente ragionevole gravare dell’onere probatorio la parte a cui è più vicino il fatto da provare.
Va altresì osservato che l’onere di provare altresì l’assenza del disservizio, cioè di aver fornito l’acqua con il sistema a deflusso libero, grava invero sul somministrante, giacché l’onere di provare l’inesistenza dei disservizi allegati dal somministrato, e pertanto l’ inesistenza dell ‘ inesatto adempimento, è a carico del somministrante, il quale è tenuto a dimostrare di avere reso una prestazione giustificante l’obbligazione di pagamento della controparte; lo stesso onere sussiste nel caso
di eccezione d’inadempimento, risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limita ad allegare l’altrui inadempimento, e il creditore deve dimostrare il proprio adempimento (Cass. 15/2/2024, n. 4197).
9.1) Con particolare riferimento al quarto motivo di ricorso, va per altro verso sottolineato che come questa Corte ha già avuto modo di affermare in presenza di contratto richiedente la forma scritta non può né presumersi l’accettazione di un meccanismo di tariffazione basato sui consumi presunti in ragione della circostanza che l’utente abbia per anni effettuato il pagamento di consumi conteggiati su base forfettaria né ritenere contrario a buona fede il comportamento dell’utente che se ne lamenti dopo anni (Cass. n. 1730/2021).
L’ affidamento riposto nella validità di un contratto concluso in violazione di norme imperative, dovendo in tal caso escludersi la non colposità della relativa ignoranza (Cass. 13/11/2024, n. 29257), non è invero tutelabile; e anche il pagamento di somma non dovuta, pur nella consapevolezza della sua non debenza, è tale da precludere l’accoglimento della domanda di ripetizione dell’indebito.
La corte d’appello sembra infatti ritenere non esperibile la domanda di ripetizione dell’indebito in presenza di pagamento volontario; al contrario, il solvens , al fine di ottenere l’accoglimento della domanda, non è tenuto affatto a dimostrare l’involontarietà del pagamento di cui lamenta la natura indebita.
Ai fini della ripetizione di indebito come nella specie oggettivo non è in realtà necessario che il solvens versi in errore circa l’esistenza dell’obbligazione, posto che, diversamente dall’indebito soggettivo “ex persona debitoris” ( in cui l’errore scusabile è previsto dalla legge come condizione della ripetibilità, ricorrendo l’esigenza di tutelare l’affidamento dell'”accipiens” il quale riceve ciò che gli spetta sia pure da persona diversa dal vero debitore ) nell’ipotesi di
cui all’art. 2033 cod.civ. non vi è un affidamento da tutelare, in quanto l'”accipiens” non ha alcun diritto di conseguire, né dal “solvens” né da altri, la prestazione ricevuta e la sua buona o mala fede rileva solo ai fini della decorrenza degli interessi (Cass. 12/3/2019, n. 7066).
Con particolare riferimento all’ottavo motivo, va infine osservato che la natura indebita del pagamento preteso e ottenuto giustifica l’applicazione del termine prescrizionale (decennale), in luogo di quello -più brevefissato per i crediti relativi a prestazioni periodiche dall’art. 2948, 1° comma n. 4, cod.civ. (che peraltro si applica solo alle prestazioni che maturano con il decorso del tempo e che, pertanto, divengono esigibili solo alle scadenze convenute, giacché costituiscono il corrispettivo della controprestazione resa per i periodi ai quali i singoli pagamenti si riferiscono), a ciò non ostando che la pretesa trovi titolo nella mancata esecuzione di una prestazione nascente dal contratto di utenza (in termini Cass. 19/4/2024, n. 10670).
12) Alla fondatezza nei suesposti termini del quarto, del settimo e dell’ottavo motivo di ricorso -assorbiti il primo, il secondo, il terzo, il quinto e il sesto motivo- consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza , con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto, il settimo e l’ottavo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti il primo, il secondo, il terzo, il quinto e il sesto motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte d’ Appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio dell’11 luglio 2025 dalla