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Tariffa depurazione: estinzione del giudizio in Cass.

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio riguardante la legittimità della richiesta di pagamento della tariffa depurazione in assenza del servizio. A seguito della rinuncia al ricorso da parte della società creditrice, quest’ultima è stata condannata a rimborsare le spese legali al condominio resistente, in linea con la giurisprudenza consolidata che nega il diritto al corrispettivo se la prestazione non è effettivamente fornita.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Tariffa Depurazione: Rinuncia in Cassazione e Condanna alle Spese

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze processuali della rinuncia a un ricorso, specialmente in materie come la tariffa depurazione, dove esiste un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il caso in esame, conclusosi con una declaratoria di estinzione del giudizio, offre importanti spunti sul principio della soccombenza e sulla non debenza del canone in assenza di un servizio effettivo.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dalla richiesta di pagamento della tariffa di depurazione avanzata da una società di servizi idrici nei confronti di un condominio. La società aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, che era stato però revocato in primo grado. La decisione era stata confermata anche in appello dal Tribunale, il quale aveva ribadito un principio fondamentale: la tariffa depurazione costituisce il corrispettivo di una prestazione commerciale su base contrattuale. Di conseguenza, in assenza della fruizione effettiva del servizio di depurazione, come nel caso di impianti mancanti o inattivi, il pagamento non è dovuto. Questa interpretazione è allineata con la storica pronuncia della Corte Costituzionale n. 335 del 2008.

Contro la sentenza d’appello, sia la società originaria che un’altra società intervenuta nel giudizio proponevano ricorso in Cassazione, rispettivamente in via principale e incidentale. Il condominio si costituiva in giudizio resistendo con controricorso.

La Rinuncia al Ricorso e la Gestione della Tariffa Depurazione

Il colpo di scena nel giudizio di legittimità è rappresentato dalla rinuncia al ricorso da parte di entrambe le società ricorrenti. Di fronte a tale atto, il procedimento è destinato a concludersi. La Corte di Cassazione, infatti, non può fare altro che prendere atto della volontà delle parti e dichiarare l’estinzione del giudizio. Tuttavia, la questione principale da risolvere rimaneva la regolamentazione delle spese legali, chieste dal condominio a carico della ricorrente principale.

Le Motivazioni

La Corte, nel decidere sulla liquidazione delle spese, ha seguito un ragionamento basato sulla cosiddetta ‘soccombenza virtuale’. Sebbene il giudizio si sia estinto per rinuncia e non per una decisione di merito, i giudici hanno valutato quale sarebbe stato l’esito più probabile del ricorso. La Corte ha osservato che la giurisprudenza recente e consolidata (citando le sentenze Cass. n. 20361/2023, n. 25258/2023 e n. 25262/2023) aveva già confermato la correttezza delle decisioni dei giudici di merito su casi analoghi. I ricorsi, pertanto, avevano scarse probabilità di essere accolti.

In applicazione dell’art. 391 del codice di procedura civile, in caso di rinuncia, la parte rinunciante è tenuta a rimborsare le spese alla controparte che si è difesa, a meno che non vi sia un diverso accordo. In questo caso, il condominio aveva sostenuto dei costi per difendersi in Cassazione e aveva diritto al rimborso.

La Corte ha quindi compensato le spese tra la ricorrente principale e quella incidentale (poiché avevano interessi convergenti), ma ha condannato la ricorrente principale a rifondere le spese legali al condominio resistente.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce due principi cardine. Il primo, di natura sostanziale: la tariffa depurazione non è dovuta se l’utente non può usufruire del relativo servizio, in quanto il canone ha natura di corrispettivo contrattuale. Il secondo, di natura processuale: la rinuncia a un ricorso manifestamente infondato non esonera dalla condanna alle spese. Anzi, la Corte valuta l’esito probabile del giudizio per determinare la parte ‘virtualmente’ soccombente. Questa decisione serve da monito per evitare impugnazioni dilatorie o basate su tesi già ampiamente respinte dalla giurisprudenza, tutelando la parte che, pur avendo ragione, è costretta a difendersi in ogni grado di giudizio.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
Il giudizio di legittimità viene dichiarato estinto. La Corte non decide nel merito della questione, ma deve provvedere alla regolamentazione delle spese legali sostenute dalle altre parti.

La tariffa depurazione è dovuta se il servizio non è effettivamente fornito?
No. Sulla base di un orientamento consolidato, richiamato anche in questa ordinanza, la tariffa di depurazione è il corrispettivo di una prestazione commerciale. Se il servizio non viene erogato (ad esempio, per mancanza o inattività degli impianti), il pagamento non è dovuto.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
Salvo diverso accordo tra le parti, la parte che rinuncia al ricorso è tenuta a rimborsare le spese legali alla controparte che si è costituita per difendersi. La Corte liquida le spese anche valutando l’esito probabile del ricorso, condannando la parte ‘virtualmente’ soccombente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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