Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12469 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12469 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti nn. 9120-2021 e 10837-2021 r.g. proposti, il primo, da:
RAGIONE_SOCIALE -nella qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE nonché nella qualità di procuratrice della INTESA SANPAOLO RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE già Banca Intesa s.p.a., già IntesaBci s.p.aRAGIONE_SOCIALE -con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona della procuratrice speciale dott.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale conferita con scrittura privata del 9 ottobre 2023, autenticata nelle sottoscrizioni, in pari data, dal Notaio NOME COGNOME, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio d ell’Avvocato NOME COGNOME.
-controricorrenti –
avverso la sentenza, n. cron. 380/2016, della CORTE DI APPELLO di LECCE, SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, pubblicata il giorno 28/07/2016.
ed il secondo da:
RAGIONE_SOCIALE -nella qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE nonché nella qualità di procuratrice della INTESA SANPAOLO RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE già Banca Intesa s.p.a., già IntesaBci s.p.aRAGIONE_SOCIALE -con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona della procuratrice speciale dott.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale conferita con scrittura privata del 9 ottobre 2023, autenticata nelle sottoscrizioni, in pari data, dal Notaio NOME COGNOME, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME.
-controricorrenti –
avverso la sentenza, n. cron. 362/2020, della CORTE DI APPELLO di LECCE, SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, pubblicata il giorno 28/10/2020.
Udita la relazione svolta, per entrambi i ricorsi, nella camera di consiglio del giorno 24/04/2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Banca Carime s.p.a. chiese ed ottenne dal Tribunale di Taranto il decreto ingiuntivo n. 202/1998, provvisoriamente esecutivo, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (debitrice principale) e di NOME COGNOME e NOME COGNOME (fideiussori) per la complessiva somma di £. 182.236.202, oltre interessi e spese della procedura monitoria.
1.1. L’opposizione promossa dagli ingiunti ex art. 645 cod. proc. civ. fu accolta, per quanto di ragione, dal medesimo Tribunale, con sentenza del 20 luglio 2009, n. 1277, pronunciata nel contraddittorio con Banca Carime s.p.a. ed IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. (costituitasi, ex art. 111 cod. proc. civ., affermandosi cessionaria in blocco dei crediti di Banca Carime s.p.a., dopo la riassunzione del giudizio seguita alla sua interruzione determinata dal sopravvenuto fallimento di Viroma s.r.l.). Quel tribunale, dopo aver disatteso un’eccezione di difetto di procura del difensore dell’opposta e di carenza di rappresentanza della banca ricorrente in monitorio dell’Avv. NOME COGNOME come sollevata dagli opponenti, così dispose: « Accoglie parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto; accoglie in parte la domanda avanzata dall’opposta e, per l’effetto, condanna gli opponenti a versare, in favore dell’opposta, la somma di € 87.016,55, oltre interessi convenzionali dal 19.6.1998 e fino al soddisfo, purché entro i limiti delle rilevazioni trimestrali effettuate ai sensi della legge n. 108/96, nonché la somma di 3.334,56 oltre interessi al saggio legale dalle singole scadenze fino al soddisfo ; ».
1.2. Decidendo il gravame promosso dal COGNOME e dal Frassanito avverso tale decisione, l’adita Corte di appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 28 luglio 2016, n. 380, pronunciata nei confronti di Banca Carime s.p.a, Intesa Sanpaolo s.p.a., Intesa Gestione crediti s.p.a. e di Italfondiario s.p.a., ‘ quale procuratrice della Castello Finance s.r.l., n.q. di procuratrice della Intesa Sanpaolo s.p.a., già Banca Intesa s.p.a., già Intesa Bci ‘, così dispose: « Accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara inammissibili le domande avanzate da Banca Carime s.p.a. nei confronti di COGNOME e COGNOME COGNOME; compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado ».
Per quanto qui di interesse, quella corte esaminò, preliminarmente, ‘ l’eccezione di nullità e/o inesistenza del mandato conferito al legale della Banca Carime s.p.a. con il ricorso ingiuntivo in quanto asseritamente conferito da soggetto non abilitato sprovvisto della rappresentanza legale e processuale della società ‘, osservando, in proposito, che: i ) « Il primo giudice
ha rigettato l’eccezione sul rilievo che, dalla procura per Notar Giglio dell’1.4.1998 (in atti), risultava il conferimento, da parte del legale rappresentante di Carime, del potere di nominare difensori, per tutte le controversie non eccedenti il valore di £. 200.000.000, i funzionari dei servizi legali periferici. Tale era stato qualificato l’Avv. NOME COGNOME che aveva provveduto a conferire la procura alle liti per la richiesta di monitorio, procura richiamata nella costituzione avverso l’opposizione, all’Avv. NOME COGNOME »; ii ) « A ben vedere, però, la procura sopra richiamata non fornisce contezza della qualifica di ‘funzionario del servizio legale e contenzioso, responsabile del nucleo legale periferico di Taranto’ in capo all’Avv. NOME COGNOME ». Successivamente, richiamate alcune pronunce di legittimità in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche e ripartizione degli oneri probatori nell’ipotesi di sua contestazione, opinò che , « Nella specie, ricorre proprio un’ipotesi in cui l’inversione dell’onere probatorio non opera, giacché il potere in virtù del quale l’Avv. NOME (rectius: NOME. Ndr] Altamura ha conferito la procura alle liti non deriva dallo statuto societario, peraltro allegato irritualmente, in quanto non citato nell’indice dei documenti, ma da un atto che non risulta prodotto. La medesima situazione è dato riscontrare in ordine alla comparsa di costituzione di Intesa BCI Gestione Crediti s.p.a., non essendo rinvenibile nella documentazione prodotta, pur se citata in indice, la procura per COGNOME COGNOME e P. COGNOME del 19.11.2001. Il potere di rappresentanza processuale, con la connessa facoltà di conferire la procura alle liti al difensore non può mai essere attribuito disgiuntamente dal potere di rappresentanza sostanziale (Cassazione civile, sez. II, 04/06/2013, n. 14110) che, nella specie, non risulta provato. L’inesistenza della procura alle liti relativa al ricorso per decreto ingiuntivo comporta l’invalidità non solo della fase monitoria e dell’ingi unzione, ma anche delle domanda agli effetti della cognizione piena con il rito ordinario in sede di giudizio di opposizione, allorché l’opposto non abbia prodotto in quest’ultimo una nuova valida procura nella comparsa di risposta, con la conseguenza che il giudice deve definire l’opposizione con una pronuncia di mero rito, dichiarativa del difetto
del presupposto processuale del ministero del difensore (Cassazione civile, Sez. III, 16/02/2013,n. 4780). ».
1.3. Per la cassazione di questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE e di Intesa Sanpaolo s.p.a., ha promosso ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 9120-2021) affidato a cinque motivi, altresì evidenziando, al fine della valutazione della sua tempestività, di aver promosso, contro la medesima sentenza, anche un’impugnazione per revocazione, ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., decisa dalla Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto con sentenza del 28 ottobre 2020, n. 362, nel corso della quale aveva ottenuto il provvedimento di sospensione dei termini per il ricorso per cassazione di cui all’art. 398 cod. proc. civ. Hanno resistito, con unico controricorso, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
2. Con atto di citazione ritualmente notificato il 16 marzo 2017, RAGIONE_SOCIALE adì la Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto chiedendo la revocazione, ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., della sentenza del 28 luglio 2016, n. 380, con cui quest’ultima, accogliendo il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Taranto n. 1277/2010 ed in riforma della stessa, aveva dichiarato inammissibili le domande formulate da Banca Carime s.p.a. nei loro confronti.
In particolare, RAGIONE_SOCIALE denunciò l’errore di fatto asseritamente contenuto nella citata sentenza n. 380/2016 e consistito nell’essersi ivi affermata la mancanza agli atti di causa delle procure per Notar Giglio dell’1 aprile 1998 e per Notar COGNOME e COGNOME del 19 novembre 2001, invece, ritualmente allegate nel proprio fascicolo e comprovanti i poteri dell’Avv. NOME COGNOME, funzionario della banca che aveva a suo tempo conferito la procura ad litem per il monitorio e per il conseguente giudizio di opposizione all’Avv. NOME COGNOME Documenti, questi, che, a suo dire, dopo la conclusione del giudizio erano stati rinvenuti nel fascicolo del difensore di controparte, come attestato dalla cancelleria.
Instauratosi il contraddittorio, si costituirono NOME COGNOME e NOME COGNOME, evidenziando l’inammissibilità dell’avversa impugnazione e chiedendone, anche nel merito, il rigetto.
2.1. L’adito corte di appello, con sentenza del 28 ottobre 2020, n. 362, così dispose: « Rigetta la richiesta di revocazione della sentenza di questa Corte n. 380/2016 del 28.6.2016; condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di Santoro Vito e Frassanito Marino, delle spese di questa fase ».
Per quanto qui di interesse, quella corte: i ) spiegò che « La sentenza di questa Corte n. 380/2016, oggetto del presente giudizio, ha dichiarato inammissibili per difetto di valida procura alle liti le domande avanzate dalla banca Carime s.p.a. (e proseguite dai suoi successori) sia nel monitorio che nel conseguente giudizio di opposizione, così ribaltando la sentenza di primo grado che aveva superato l’eccezione tempestivamente formulata da controparte sulla base del rilievo che i poteri di rappresentanza dell’Avv. NOME COGNOME funzionario bancario, traevano origine dalla procura generale per notar COGNOME dell’1.4.1998, con cui il legale rappresentante della Carime s.p.a. aveva conferito tale potere (nei limiti di valore di £. 200.000.000) ai funzionari dei servizi legali periferici. La Corte (in modo apparentemente contraddittorio) motivava la sua decisione sulla base del rilievo che “la procura richiamata non fornisce contezza della qualifica di “funzionario del servizio legale e contenzioso, responsabile del nucleo legale periferico di Taranto” in capo all’Avv. NOME COGNOME , citando la pertinente giurisprudenza della S.C. in materia di rappresentanza legale delle persone giuridiche, e quindi dava atto dell’assenza agli atti sia della menzionata procura che di quella del 19.11.2001, in forza della quale si era costituita in giudizio Intesa BCI Gestione Crediti s.p.a. quale successore di Carime s.p.a. nel rapporto bancario controverso »; ii ) ritenne che « La conclusione appare del tutto condivisibile, a prescindere dalla presenza o meno in atti dei contestati documenti al momento della decisione, circostanza questa che diventa a questo punto del tutto irrilevante e quindi in idonea a fondare la richiesta di revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. »; iii ) richiamati i
principi sanciti da Cass., SU, n. 20596/2007, da Cass. n. 20563/2014 e da Cass. n. 8120/2019, osservò che, « Nella specie, la procura all’Avv. NOME COGNOME veniva conferita per il monitorio dall’Avv. NOME COGNOME che nell’atto veniva qualificato “funzionario del servizio legale e contenzioso, responsabile del nucleo locale periferico di Taranto, autorizzato al presente atto in virtù di procura generale a firma del prof. Ing. NOME COGNOME nella qualità di Vice Presidente e legale rappresentante della Banca Carime s.p.a. -atto notar NOME COGNOME di Cosenza dell’1.4.1998, rep. 16873 e racc. 5918; nella menzionata procura notarile la delega per i contenziosi sino a 200 milioni di lire viene genericamente ed indistintamente conferita ai “funzionari nuclei periferici servizio legale contenzioso”, senza alcuna specifica menzione, per la sede di Taranto, all’Avv. NOME COGNOME. A fronte della tempestiva e rituale contestazione di tale qualifica in capo all’Avv. COGNOME, contenuta nell’atto di opposizione a DI e poi reiterata in tutti i successivi scritti difensivi, la banca avrebbe dovuto dimostrare tale qualità, pacificamente non derivante dallo statuto o da altro atto soggetto a pubblicità legale e, quindi, non verificabile da parte dei terzi; in mancanza di tale prova, la procura alle liti è invalida poiché non proveniente da soggetto rappresentativo della persona giuridica e questo è il primo ed assorbente motivo per cui questa Corte, nella sentenza n. 380/2016, ha dichiarato inammissibili le domande proposte dall’istituto di credito nei confronti dei suoi clienti , cosi dimostrando di aver preso cognizione della procura dell’1.4.1998 ovvero, quanto meno, di averne assimilato il contenuto dalla sentenza di primo grado o da altri atti processuali. L’invalidità della procura nel monitorio travolge anche la costituzione della banca Carime s.p.a. nel conseguente giudizio di opposizione, nel quale l’Avv. NOME COGNOME si accreditava “giusta procura a margine del decreto ingiuntivo”, formulando, in via subordinata, la domanda di condanna al “pagamento delle somme effettivamente dovute” che veniva poi accolta in prima istanza; ovviamente l’invalidità di entrambe le citate procure rende inammissibili tutte le domande formulate dalla banca opposta e, poi, proseguite dai vari istituti resisi cessionari del credito litigioso, tra cui Intesa Gestione Crediti s.p.a., che si costituiva in riassunzione dopo
l’interruzione del giudizio per il fallimento della RAGIONE_SOCIALE (società garantita dai sigg. COGNOME e COGNOME) in forza di procura notarile del 19.11.2001, la cui validità e presenza agli atti del giudizio al momento della decisione diventa, a questo punto, del tutto irrilevante. In conclusione, fondandosi la sentenza qui contestata innanzitutto e principalmente sulla valutazione della fondamentale procura notarile dell’1.4.1998, nonché sulla constatazione che la banca non aveva dimostrato (come vi era onerata, in base alla costante giurisprudenza della SC) la qualità di “funzionario del nucleo periferico servizio legale e contenzioso” di Taranto in capo all’Avv. NOME COGNOME (circostanza contestata da controparte e non verificabile in base agli ordinari strumenti di pubblicità legale), non ricorre l’ipotesi legale della revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. per il solo fatto che la menzionata procura e quella del 19.11.2001 (d’altra parte irrilevante ai fini della decisione per quanto evidenziato) fossero, o meno, presenti in atti al momento della decisione ».
2.2. Per la cassazione di questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE e di Intesa Sanpaolo s.p.a., ha promosso ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 10837-2021) affidato a sette motivi, altresì evidenziando la pendenza innanzi questa Corte, e tra le stesse parti, del giudizio avente ad oggetto il proprio ricorso contro la sentenza n. 380/2016, oggetto della odierna impugnazione per revocazione, e chiedendo la riunione dei due procedimenti. Hanno resistito, con unico controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., NOME COGNOME e NOME COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, ritiene il Collegio di poter procedere alla riunione, al presente procedimento (n.r.g. 9120-2021), di quello (n.r.g. 10837-2021), oggi pendente tra le stesse parti innanzi a questa Corte, concernente il ricorso promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza n. 362/2020 della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, che ha deciso l’impugnazione per revocazione , ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., proposta dalla medesima RAGIONE_SOCIALE s.p.a. contro la sentenza oggetto del ricorso n.r.g. 9120-2021.
Secondo la consolidata, e qui condivisa, giurisprudenza di legittimità, infatti, i ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno riuniti in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 cod. proc. civ. ( cfr . tra le più recenti, Cass. nn. 30184 e 18966 del 2024; Cass. n. 21315 del 2022).
La complessiva inammissibilità di entrambi i suddetti ricorsi, per le ragioni di seguito esposte per ciascuno di essi, consente, poi, di soprassedere in ordine alle eccezioni pregiudiziali dei controricorrenti (formulate in tutti e due i procedimenti oggi riuniti) concernenti la carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE, di carenza di interesse della medesima RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, qual procuratrice di Intesa Sanpaolo s.p.a. e di difetto di rappresentanza, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE per pretesa nullità della procura e/o mancata prova del contenuto della cessione del 6 dicembre 2015.
Il ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 9120-2021) promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 380 del 2016 .
I formulati motivi di questo ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
«Errores in procedendo et in iudicando sulla ritenuta omessa prova dell’esistenza di una valida procura alle liti. Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si contesta la sentenza impugnata perché « fa malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., posto che il giudice di secondo grado ha attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di cui all’art. 2697 c.c. Divers amente da quanto ritenuto dalla Corte di appello, infatti, le procure de quibus per atto pubblico notarile [Procura Generale del 29/12/1997 e Procura Generale 1/4/98 per notaio NOME COGNOME relative alla Banca Carime s.p.a., e Procura speciale 14/11/2001, per
Notaiassociati COGNOME, pertinente alla Intesa BCI Gestione Crediti s.p.a.] erano state ritualmente prodotte e versate in atti dalle rispettive opposteconvenute . Peraltro, il rituale deposito di tale documentazione risulta(va) provato anche dall’attestazione del 19.09.2016 della Cancelleria della Corte di appello di Lecce, Sez. Dist. di Taranto, dalla quale emerge(va) come i documenti de quibus fossero stati rinvenuti nel fascicolo dell’Avv. COGNOME difensore degli opponenti. Ne conseguiva che, appunto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello, sia la Banca Carime s.p.a. che Intesa BCI Gestione Crediti s.p.a. avevano pienamente assolto l’onere probatorio su di esse incombente, ai sensi dell’art. 2697 c.c., che era quello di pro durre in giudizio le relative procure. . Di contro, spettava agli opponenti, che avevano contestato la qualità dell’Avv. NOME COGNOME, fornire la relativa prova negativa di tale qualità, ai sensi dell’art. 2697, c omma 2, c.p.c. Ma l’errore più clamoroso commesso dal Giudice di secondo grado ha riguardato, in particolar modo, la posizione della cessionaria del credito BCI Gestione Crediti s.p.a. Il potere di rappresentanza processuale risulta(va) ritualmente conferito dalla IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a., atteso che la medesima -per atto Notar NOME COGNOME e NOME COGNOME, rep. n. 18726, racc. n. 5144 del 14.11.2001, debitamente allegato al fascicolo del giudizio di primo grado sub doc. 10 aveva nominato proprio procuratore speciale, tra gli altri, l’Avv. NOME COGNOME il quale aveva conferito il relativo mandato difensivo all’Avv. NOME COGNOME che si era quindi costituito nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, facendo proprie le difese svolte dalla Banca Carime s.p.a. e formulando proprie conclusioni, tra le quali una domanda di condanna degli opponenti al pagamento delle somme effettivamente dovute in dipendenza dei rapporti dedotti nel ricorso monitorio . Dunque, sia il nome del procuratore speciale (Avv. NOME Altumura), che le funzioni allo stesso delegate, erano ben indicate nella procura speciale per atto Notar NOME COGNOME e NOME COGNOME, rep. n. 18726, racc. n. 5144 del 14.11.2001, di talché il conferimento del mandato difensivo dall’Avv. COGNOME all’Avv. NOME COGNOME era pienamente valido. Anche in tale circostanza, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata,
RAGIONE_SOCIALE aveva integralmente assolto l’onere probatorio , »;
II) «Error in iudicando sulla ritenuta inammissibilità della domanda per nullità/inesistenza della procura alle liti. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 77, 82, 83 e 111 c.p.c., nonché degli artt. 1398 e 1399 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si assume che, « la Corte di Appello di Lecce non ha valorizzato un dato fondamentale, vale a dire che la costituzione in giudizio della cessionaria del credito IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. aveva integralmente sanato il presunto vizio della procura ad litem , con efficacia ex tunc , della cedente Banca Carime s.p.a. a cui intesaBCI Gestione Crediti s.p.a. era succeduta ad ogni effetto di legge »;
III) «Error in procedendo per omessa pronuncia sulla domanda di condanna formulata dalla cessionaria del credito IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 4, c.p.c. ». Si contesta alla corte distrettuale di non avere provveduto sulla domanda di condanna formulata autonomamente dalla cessionaria del credito IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. e sicuramente ammissibile alla luce della regolare procura e conseguente costituzione in giudizio della medesima;
IV) «Error in procedendo, per violazione/omessa applicazione dell’art. 182 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c. ». Si ascrive alla corte territoriale di non avere fatto applicazione dell’art. 182 cod. proc. civ. che, in un contesto in cui si era rilevato (ma erroneamente) il difetto di procura alle liti, avrebbe permesso la regolarizzazione di quest’ultima e sanato il vizio;
V) «Error in procedendo : nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 182 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 , c.p.c. ». Si ripropone la medesima censura di cui al procedente motivo questa volta da valutarsi alla stregua del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.
Ancor prima di procedere allo scrutinio degli appena descritti motivi, occorre esaminare l’eccezione di tardività d i questo ricorso come formulata, nel loro controricorso ( cfr . pag. 13-15), da NOME COGNOME e NOME COGNOME
2.1. Essa si rivela fondata alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.
2.2. È opportuno ricordare, innanzitutto, che: i ) la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 380/2016, oggetto della odierna impugnazione, risulta essere stata pubblicata il 28 luglio 2016 e pacificamente rimasta non notificata; ii ) RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE e di Intesa Sanpaolo s.p.a., ha affermato di aver promosso, contro la medesima sentenza, anche un’impugnazione per revocazione, ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., introdotta con citazione notificata il 28 marzo 2017 ( cfr . pag. 14 del suo odierno ricorso) e decisa dalla Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 28 ottobre 2020, n. 362 (che il COGNOME ed il COGNOME hanno dedotto e documentato essere stata comunicata in pari data. Cfr . pag. 14 del loro controricorso), e che, nel corso di quel procedimento, aveva ottenuto il provvedimento, depositato il 17 maggio 2017 (e non 17 maggio 2018, come indicato, evidentemente per mero errore materiale, nel ricorso), di sospensione dei termini per il ricorso per cassazione di cui all’art. 398, comma 4, cod. proc. civ.; iii ) ai sensi dell’art. 398, comma 4, cod. proc. civ., ‘ La proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo. Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta ‘.
2.3. Va rimarcato, poi, che la qui condivisa giurisprudenza di legittimità, interpretando la disposizione del codice di rito da ultimo menzionata, ha avuto modi di chiarire, tra l’altro, che: i ) « La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale, sia per la parte notificante che per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini
della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398, comma 4, c.p.c. » ( cfr . Cass. n. 15926 del 2024; Cass. n. 22220 del 2019; Cass. n. 7261 del 2013; Cass. n. 309 del 2012; Cass. n. 10053 del 2009; Cass. n. 14267 del 2007); ii ) l’art. 398, comma 4, secondo inciso, cod. proc. civ. deve interpretarsi nel senso che l’accoglimento, da parte del giudice della revocazione, dell’istanza di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione determina l’effetto sospensivo (come, del resto, l’eventuale sospensione del corso del giudizio di cassazione, se medio tempore introdotto) soltanto dal momento della comunicazione del relativo provvedimento, non avendo la proposizione dell’istanza alcun immediato effetto sospensivo sebbene condizionato al provvedimento positivo del giudice ( cfr . Cass., SU, n. 21874 del 2019; Cass. n. 18913 del 2020; Cass. n. 15926 del 2024). In breve, a seguito della modifica introdotta dall’art. 68 della legge 26 novembre 1990, n. 353, la disciplina del concorso fra l’istanza di revocazione della sentenza d’app ello ed il ricorso per cassazione è caratterizzata, in linea generale, dall’insussistenza di un effetto sospensivo automatico, conseguente all’istanza di revocazione, del termine per proporre il ricorso per cassazione. Ciò comporta che, in caso di accoglimento dell’istanza di sospensione da parte del giudi ce della revocazione, il termine iniziale di decorrenza del periodo di sospensione non coincide con la data di presentazione dell’istanza medesima, ma con quella di emanazione del provvedimento previsto dall’art. 398, quarto comma, cod. proc. civ., senza c he ciò pregiudichi il diritto dell’istante di agire in giudizio, atteso che egli dispone comunque per intero del termine di sessanta giorni dalla prima notifica per ricorrere per cassazione, qualunque sia l’esito dell’istanza di sospensione, mentre gli effetti della scelta di attendere la decisione sull’istanza di sospensione non possono che imputarsi alla stessa
parte che tale scelta processuale ha ritenuto di compiere ( cfr . Cass. n. 12701 del 2014; Cass. n. 15926 del 2024).
2.4. Alla stregua di tali principi, quindi, nel caso di specie, la proposizione dell’odierno ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 380/2016 deve ritenersi inammissibile per tardività.
Invero, RAGIONE_SOCIALE nella duplice indicata qualità, ha affermato di aver notificato la citazione per revocazione della sentenza d’appello n. 380/2016 (oggetto pure dell’odierno suo ricorso) in data 28 marzo 2017 ( cfr . pag. 14 del ricorso) e di avere ottenuto il provvedimento di sospensione del termine per la proposizione del ricorso per cassazione il 17 maggio 2017 (alla pag. 13 del suo ricorso è indicata la data del 17 maggio 2018, ma trattasi di un evidente refuso, posto che i controricorrenti hanno allegato e documentato che detto provvedimento di sospensione è stato comunicato alle parti il 17 maggio 2017). Ne consegue, allora, che detta sospensione del termine venne disposta allorquando certamente non erano interamente decorsi il termine breve (che sarebbe spirato il 29 maggio 2017), decorrente dalla data di notificazione della citazione revocazione, né il termine lungo (che sarebbe spirato il 28 settembre 2017. Un anno -giusta l’art. 327, comma 1, cod. proc. civ., nel testo, qui utilizzabile ratione temporis , anteriore alla modifica apportatagli dalla legge n. 69 del 2009, essendo l’odierno giudizio iniziato, in primo grado, ex art. 643, ultimo comma, cod. proc. civ., con l’avvenuta notificazione del decreto opposto risalente al 1998 -dalla pubblicazione della sentenza predetta, maggiorato del periodo di sospensione feriale dei termini tra l’1 ed il 31 agosto del 2016 e del 201 7) per la proposizione del ricorso per cassazione avverso quella sentenza.
Tuttavia, al momento dell’invio della richiesta di notificazione dell’odierno ricorso per cassazione (risalente al 24 marzo 2021), entrambi i suddetti termini dovevano considerarsi definitivamente spirati, atteso che: i ) quello breve, iniziato a decorre il 29 marzo 2017 (giorno successivo a quello di avvenuta notificazione dell’impugnazione per revocazione, posto che dies a quo non computatur in termino ), è stato sospeso il 17 maggio 2017 (data di
comunicazione alle parti del provvedimento di sospensione ex art. 398, comma 4, cod. proc. civ.) ed ha ripreso il proprio corso il 28 ottobre 2020 (data di avvenuta comunicazione alle parti della sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 362/2020 reiettiva dell’impugnazione per revocazione suddetta), sicché è definitivamente scaduto il 6 novembre 2020 (venerdì), ricordandosi, in proposito, che la sospensione predetta, una volta disposta, produce i suoi effetti fino alla comunicazione della sentenza che ha pronunciato sulla revocazione, con la conseguenza che dalla data di quest’ultima riprende a decorrere, per la parte residua, il termine per la proposizione del ricorso per cassazione; ii ) quello lungo (un anno, giusta l’art. 327, comma 1, cod. proc. civ., ante riforma del 2009), iniziato il 28 luglio 2016 e rimasto sospeso, ex art. 398, comma 4, cod. proc. civ., tra il 17 maggio 2017 ed il 28 ottobre 2020, è comunque spirato alla suddetta data (24 marzo 2021) di inoltro del presente ricorso per cassazione in ragione del seguente conteggio effettuato già escludendo il periodo di sospensione feriale: 3 giorni, dal 29 al 31 luglio 2016; 259 giorni, dal’1 settembre 2016 fino al 17 maggio 2017; 147 giorni, dal 29 ottobre 2020 fino al 24 marzo 2021, data di notifica del ricorso per cassazione; totale: 409 giorni, dunque (a fronte dei 365 costituenti la durata di un anno), dalla pubblicazione della sentenza 380/2016.
2.5. In definitiva, l’errore in cui è incorsa RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, al fine di supportare il proprio assunto concernente la invocata tempestività del suo ricorso, è quello di aver fatto decorrere la sospensione del termine di cui all’art. 398, comma 4, cod. proc. civ. direttamente dalla data di notifica della impugnazione per revocazione, invece che (correttamente per quanto si è detto in precedenza), dalla comunicazione del provvedimento di sospensione adottato dal giudice di quella impugnazione.
L’inammissibilità, per tardività, di questo ricorso osta, dunque, all’esame dei suoi motivi come in precedenza descritti.
B) Il ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 10837-2021) promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 362 del 2020 .
1. Allo scrutinio dei formulati motivi di questo ricorso giova premettere che, come ancora ricordato da Cass., SU, n. 8169 del 2025 ( cfr . pag. 7 della motivazione), « ai fini del giudizio di revocazione, si sostiene che la norma circoscrive la rilevanza e decisività dell’errore di fatto al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato (Cass., 14 novembre 2014, n. 24334; 29 marzo 2022, n. 10040). Si è anche affermato che l’errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., si configura come una falsa percezione della realtà, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa del giudice per situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Cass., 15 gennaio 2009, n. 844; 28 marzo 2018, n. 7617) ».
L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla decisione, l’altra dagli atti e documenti processuali ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4883 del 2025; Cass. n. 3544 del 2022; Cass., SU., n. 10854 del 2021; Cass., SU, n. 10249 del 2021; Cass., SU, n. 31032 del 2019), sempreché la realtà desumibile dalla decisione stessa sia frutto di supposizione e non di giudizio ( cfr., e plurimis , Cass. n. 4883 del 2025; Cass. n. 3544 del 2022; Cass. n. 13915 del 2005; Cass. n. 2425 del 2006; Cass. n. 22171 del 2010; Cass., SU, n. 9882 del 2001; Cass., SU, n. 23856 del 2008; Cass., SU, n. 4413 del 2016; Cass. n. 16138 del 2019).
Il vizio revocatorio, invece, non ricorre ove la statuizione impugnata sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle
risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione ( cfr . Cass. n. 20635 del 2017, menzionata, in motivazione, anche dalle più recenti Cass. n. 16138 del 2019 e Cass. n. 3544 del 2022.
Un siffatto errore, poi, deve: i ) essere essenziale e decisivo ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4883 del 2025; Cass., SU, n. 20013 del 2024; Cass. n. 3544 del 2022; Cass. n. 11200 del 2018; Cass. n. 25871 del 2017; Cass. 24334 del 2014), nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la statuizione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che, senza l’errore, la pronuncia sarebbe stata diversa ( cfr., ex aliis , Cass. n. 3544 del 2022; Cass. n. 16138 del 2019; Cass. n. 14656 del 2017); ii ) rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la decisione impugnata e gli atti o documenti del giudizio ( cfr . Cass. n. 4883 del 2025; Cass., SU, n. 20013 del 2024), senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.
Fermo quanto precede, i primi due motivi di questo ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
«Errores in procedendo et in iudicando sulla ritenuta omessa prova dell’esistenza di una valida procura alle liti. Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si contesta alla corte distrettuale di non avere « fatto altro che richiamare sostanzialmente, in toto e per relationem, la motivazione della sentenza rispetto alla quale si era richiesta la revocazione, così incorrendo nel medesimo vizio di illegittimità già denunciato dalla ricorrente in sede di gravame per la cassazione della sentenza n. 380/2016. E, dunque, anche in ques to caso, si evidenzia il malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., posto che il giudice di secondo grado e, conseguentemente, il giudice della revocazione hanno attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di cui al richiamato art. 2697 c.c. L’inversione dell’onere della prova, così come statuito nella
sentenza n. 380/2016 e ribadito nella sentenza n. 362/2020 qui gravata, non operava nel caso di specie, atteso che le procure de quibus erano state rilasciate per atto pubblico notarile e, quindi, perfettamente conoscibili dai terzi (ivi compresi, chiaramente, gli opponenti). Gli opposti, pertanto, non avevano alcun onere di dimostrare la qualità del soggetto conferente il mandato difensiv o all’Avv. NOME COGNOME atteso che tale qualità risultava dagli atti di causa. Di contro, spettava agli opponenti, che avevano contestato la qualità dell’Avv. NOME COGNOME fornire la relativa prova negativa di tale qualità, ai sensi dell’art. 2697 , comma 2, c.p.c. Ma l’errore più clamoroso commesso dal Giudice di secondo grado nella Sentenza n. 380/2016 ed incredibilmente reiterato nella Sentenza n. 362/2020 qui impugnata, ha riguardato, in particolar modo, la posizione della cessionaria del credito BCI Gestione Crediti s.p.a. Il potere di rappresentanza processuale risulta(va) ritualmente conferito dalla IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. atteso che la medesima -per atto Notar NOME COGNOME e NOME COGNOME, rep. n. 18726, racc. n. 5144 del 14.11.2001, debitamente allegato al fascicolo del giudizio di primo grado sub doc. 10 aveva nominato proprio procuratore speciale, tra gli altri, l’Avv. NOME COGNOME il quale aveva conferito il relativo mandato difensivo all’Avv. NOME COGNOME che si era quindi costituito nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, facendo proprie le difese svolte dalla Banca Carime s.p.a. e formulando proprie conclusioni, tra le quali una domanda di condanna degli opponenti al pagamento delle somme effettivamente dovute in dipendenza dei rapporti dedotti nel ricorso monitorio . Dunque, sia il nome del procuratore speciale (Avv. NOME COGNOME, che le funzioni allo stesso delegate, erano ben indicate nella procura speciale per atto Notar NOME COGNOME e NOME COGNOME, rep. n. 18726, racc. n. 5144 del 14.11.2001, di talché il conferimento del mandato difensivo dall’Avv. COGNOME all’Avv. NOME COGNOME era pienamente valido. Anche in tale circostanza, contrariamente a quanto sostenuto nella Sentenza impugnata, IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A. aveva integralmente assolto l’onere probatorio, »;
II) «Error in iudicando sulla ritenuta non configurabilità dell’errore revocatorio ex art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Con particolare riferimento alla posizione della cessionaria del credito IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a., si assume che, « diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, nella fattispecie in esame ricorre proprio un vizio di revocazione per errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa, atteso che la decisione impugnata è fondata sulla supposta inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita ». Il riferimento è « alla Procura speciale del 14.11.2001 per Notaiassociati COGNOME con cui era stato delegato l’Avv. NOME COGNOME a conferire la procura alle liti all’Avv. NOME COGNOME ai fini della costituzione in giudizio mediante atto di intervent o . In tale procura viene espressamente indicato il nominativo del soggetto delegato (Avv. NOME COGNOME a conferire il mandato difensivo all’Avv. NOME COGNOME e, pertanto, sotto tale profilo, cade l’intero impianto motivazionale sia della senten za gravata in questa sede che della sentenza n. 380/2016 già impugnata per revocazione ed oggetto di successivo giudizio di legittimità. La procura è stata data per inesistente, non prodotta in giudizio o, comunque, la sua presenza in atti è stata ritenuta irrilevante. Invece, il documento de quo era stato ritualmente prodotto da RAGIONE_SOCIALE al momento della costituzione in giudizio ed al momento della decisione si trovava nel fascicolo di parte opponente , come emerge dalla dichiarazione della Cancelleria in atti , di talché la Corte di Appello non lo ha potuto adeguatamente visionare ed assumere una decisione diversa da quella presa ».
2.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connesse, si rivelano inammissibili, perché, da un lato, mostrano di non aver colto appieno la ratio decidendi della decisione oggi impugnata; dall’altro, perché censurano non già un asserito errore di percezione, bensì una valutazione effettuata dalla corte distrettuale relativamente alle procure de
quibus che, ove pure -in via di mera ipotesi -fosse erronea, non sarebbe configurabile come errore revocatorio alla stregua dei principi giurisprudenziali tutti, qui condivisi, in precedenza richiamati.
Invero la sentenza oggi impugnata, dopo aver descritto la concreta ragione per cui la corte di appello, nella sentenza n. 380/2016, aveva considerato invalida la procura conferita all’ Avvocato NOME COGNOME sposito dall’ Avv. NOME COGNOME ha precisato che « questo è il primo ed assorbente motivo per cui questa corte, nella sentenza n. 380/2016, ha dichiarato inammissibili le domande proposte dall’istituto di credito nei confronti dei suoi clienti , cosi dimostrando di aver preso cognizione della procura dell’1.4.1998 ovvero, quanto meno, di averne assimilato il contenuto dalla sentenza di primo grado o da altri atti processuali . L’invalidità della procura nel monitorio travolge anche la costituzione della Banca Carime s.p.a. nel conseguente giudizio di opposizione, nel quale l’Avv. NOME COGNOME si accreditava “giusta procura a margine del decreto ingiuntivo”, formulando, in via subordinata, la domanda di condanna al “pagamento delle somme effettivamente dovute” che veniva poi accolta in prima istanza; ovviamente l’invalidità di entrambe le citate procure rende inammissibili tutte le domande formulate dalla banca opposta e proseguite, poi, dai vari istituti resisi cessionari del credito litigioso , tra cui Intesa Gestione Crediti s.p.a., che si costituiva in riassunzione dopo l’interruzione del giudizio per il fallimento della RAGIONE_SOCIALE (società garantita dai sigg. COGNOME e COGNOME) in forza di procura notarile del 19.11.2001, la cui validità e presenza agli atti del giudizio al momento della decisione diventa, a questo punto, del tutto irrilevante. In conclusione, fondandosi la sentenza qui contestata innanzitutto e principalmente sulla valutazione della fondamentale procura notarile dell’1.4.1998, nonché sulla constatazione che la banca non aveva dimostrato (come vi era onerata, in base alla costante giurisprudenza della S.C.) la qualità di “funzionario del nucleo periferico servizio legale e contenzioso” di Taranto in capo all’Avv. NOME COGNOME (circostanza contestata da controparte e non verificabile in base agli ordinari strumenti di pubblicità legale), non ricorre l’ipotesi legale della revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. per il solo fatto che la menzionata procura e quella
del 19.11.2001 (d’altra parte irrilevante ai fini della decisione per quanto evidenziato) fossero, o meno, presenti in atti al momento della decisione ».
Il chiaro tenore di queste argomentazioni, dunque, convince questo Collegio che non è ragionevolmente sostenibile che la corte distrettuale non abbia visto le procure in questione: infatti, quanto alla prima, l’ha certamente esaminata e valutata inidonea per carenza di prova della qualifica dell’ Avv. NOME COGNOME ivi menzionata; circa la seconda, l’ha concretamente ritenuta irrilevante per le ragioni che ha spiegato.
Corrette, o meno, che siano tali sue affermazioni, quindi, si è al cospetto di giudizi/valutazioni, sicuramente al di fuori, pertanto, del perimetro dell’errore revocatorio come in precedenza descritto (del resto, la invocata violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 c od. civ., dimostrano palesemente che, sebbene erroneamente, si sia voluto censurare proprio una valutazione effettuata dalla corte di appello).
I motivi di questo ricorso dal terzo al sesto denunciano, rispettivamente, in sintesi:
III) «Error in iudicando sulla ritenuta inammissibilità della domanda per nullità/inesistenza della procura alle liti. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 77, 82, 83 e 111 c.p.c., nonché degli artt. 1398 e 1399 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si assume che, « All’esito della fase rescindente tesa alla revocazione della sentenza n. 380/2016, nella successiva fase rescissoria la Corte di Appello di Lecce avrebbe dovuto valorizzare un dato fondamentale, vale a dire che la costituzione in giudizio della cessionaria del credito IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. aveva integralmente sanato il presunto vizio della procura ad litem, con efficacia ex tunc, della cedente Banca Carime s.p.a. a cui intesaBCI Gestione Crediti s.p.a. era succeduta ad ogni effetto di legge »;
IV) «Error in procedendo per omessa pronuncia sulla domanda di condanna formulata dalla cessionaria del credito IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ». Si contesta alla corte distrettuale di non avere provveduto sulla domanda di condanna formulata autonomamente
dalla cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE e sicuramente ammissibile alla luce della regolare procura e conseguente costituzione in giudizio della medesima;
V) «Error in procedendo, per violazione/omessa applicazione dell’art. 182 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c. ». Si ascrive alla corte territoriale di non avere fatto applicazione dell’art. 182 cod. proc. civ. che, in un contesto in cui si era rilevato (ma erroneamente) il difetto di procura alle liti, avrebbe permesso la regolarizzazione di quest’ultima e sanato il vizio;
VI) «Error in procedendo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 182 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ». Si ripropone la medesima censura di cui al procedente motivo questa volta da valutarsi alla stregua del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.
3.1. Tali doglianze possono essere scrutinate congiuntamente perché complessivamente caratterizzate dalla medesima ragione di inammissibilità.
Esse, infatti, investono tutte aspetti concernenti profili concernenti l ‘eventuale fase rescissoria dell’impugnazione per revocazione: fase, quest’ultima, che , però, nella vicenda processuale in esame, non si è svolta essendosi la corte d’appello arrestata a quella rescindente nel momento in cui ha considerato insussistente il necessario presupposto dell’errore di fatto ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ.
4. Il settimo motivo di questo ricorso, infine, è rubricato « Sulla procura del 19.11.2001, a rogito Notaiassociati COGNOME-Donati, relativa ad Intesa BCI Gestione Crediti s.p.a. Vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazi one all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ». Si deduce che, « per stessa ammissione del Giudicante, la procura del 19.11.2001, relativa ad IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a., con la quale l’Avv. NOME COGNOME aveva conferito il mandato difensivo all’Avv. NOME COGNOME ai fini della costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non è stata presa in esame perché erroneamente ritenuta ‘assente’ al momento della decisione. Sennonché, l’esame di detta procura avrebbe permesso di rilevare che il
nominativo dell’Avv. NOME COGNOME era specificamente indicato nel documento e ciò avrebbe permesso alla Corte di Appello di Lecce di addivenire ad una pronuncia di senso diametralmente opposto: accoglimento della domanda di revocazione (fase rescindente) con conseguente rigetto dell’appello nel merito e conferma della Sentenza di primo grado (fase rescissoria). . Sotto altro profilo, non può non osservarsi come la motivazione assunta dalla Corte territoriale nella sentenza n. 362/2020 qui impugnata sia affetta anche da contraddittorietà, atteso che se è stato reso un giudizio di irrilevanza della procura del 19.22.2001, ciò significa che la stessa è stata presa in esame (ma ciò non corrisponde al vero per stessa ammissione del Giudicante, ) ».
4.1. Questa doglianza si rivela inammissibile.
Anch’essa, infatti, mostra di non aver colto appieno l’effettiva ratio decidendi della corte distrettuale sul punto, potendosi, in proposito, richiamare le considerazioni già esposte in relazione ai primi due motivi.
C) Conclusioni e regime delle spese .
In definitiva, il ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. NUMERO_DOCUMENTO) promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 380 del 2016 deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi parte controricorrente, stante il principio di soccombenza, altresì rimarcandosi che l ‘Avv. NOME COGNOME costituitosi in sostituzione del precedente difensore (Avv. NOME COGNOME del COGNOME e del Frassanito, non ha formulato una propria, specifica richiesta di distrazione delle spese ex art. 93 cod. proc. civ. ( cfr . la Memoria di nomina e costituzione di nuovo difensore datata 11 ottobre 2023, e la memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 11 aprile 2025), sicché a lui certamente non giova la corrispondente istanza del precedente difensore dei controricorrenti.
Parimenti inammissibile va dichiarato il ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 10837-2021) promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto, n. 362 del 2020, restando a carico della prima le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi parte controricorrente, stante il principio di soccombenza, anche in questo caso non giovando all’Avv. NOME COGNOMEche non ha proposto analoga specifica richiesta in proprio. Cfr . la Memoria di nomina e costituzione di nuovo difensore datata 11 ottobre 2023, e la memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 11 aprile 2025), l’istanza di distrazione delle spese ex art. 93 cod. proc. civ. formulata dal precedente difensore dei controricorrenti.
3. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, atteso il tenore delle pronunce adottate su entrambi i menzionati ricorsi, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, nelle indicate qualità, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per ciascuno di quei ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte riunisce al ricorso n.r.g. 9120-2021 quello, oggi pendente tra le stesse parti, n.r.g. 10837-2021.
Dichiara inammissibile il ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 9120-2021) promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 380 del 2016.
Dichiara inammissibile il ricorso (introduttivo del procedimento n.r.g. 10837-2021) promosso da RAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, contro la sentenza della Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 362 del 2020.
Condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali sostenute dalla costituitasi parte controricorrente in ciascuno dei suddetti
procedimenti, che si liquidano: i ) quanto a quello n.r.g. 9120-2021, in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge ; ii ) quanto a quello n.r.g. 10837-2021, in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE nelle indicate qualità, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per ciascuno dei ricorsi suddetti, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile