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Tardività del ricorso: appello inammissibile

Una dottoressa impugna un’ordinanza di inammissibilità. La Cassazione dichiara il suo ricorso inammissibile per tardività del ricorso, essendo stato notificato oltre il termine di 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento. La Corte chiarisce anche che la trattazione scritta soddisfa l’obbligo di sentire le parti.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Tardività del Ricorso: Quando un Giorno di Ritardo Costa l’Intera Causa

Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. La tardività del ricorso è uno degli ostacoli procedurali più insidiosi, capace di vanificare le ragioni di merito più fondate. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda in modo inequivocabile quanto sia perentorio il rispetto dei termini per le impugnazioni. Analizziamo una vicenda che, partita da una richiesta di risarcimento per mancata retribuzione durante la specializzazione medica, si è conclusa con una declaratoria di inammissibilità per un ritardo di pochi mesi nella notifica del ricorso.

I Fatti del Caso: Dalla Specializzazione Medica al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da una richiesta avanzata da una dottoressa che, dopo aver conseguito la specializzazione post lauream nel 1992, non aveva ricevuto alcuna remunerazione durante il corso, in violazione di una direttiva europea. Nel 2016, la professionista citava in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere il risarcimento del danno.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, dichiarando il diritto prescritto. La dottoressa proponeva appello, ma la Corte d’Appello, con un’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., dichiarava il gravame inammissibile in quanto privo di una ragionevole probabilità di essere accolto. Contro questa decisione, la soccombente decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Il Motivo del Ricorso: La Presunta Violazione del Diritto di Difesa

L’unico motivo di ricorso in Cassazione si basava su un vizio procedurale. La ricorrente sosteneva che l’ordinanza della Corte d’Appello fosse nulla perché emessa senza aver prima sentito le parti, come invece prescritto dalla norma (art. 348-bis c.p.c.). La questione centrale, quindi, non riguardava più il merito della richiesta risarcitoria, ma la correttezza della procedura seguita nel giudizio di secondo grado.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Tardività del Ricorso

La Corte di Cassazione non è nemmeno entrata nel merito del motivo sollevato, fermandosi a una valutazione preliminare e fatale: la tardività del ricorso. I giudici hanno rilevato che l’ordinanza impugnata era stata comunicata al difensore della ricorrente l’11 ottobre 2021. Da quella data, secondo l’art. 325 c.p.c., iniziava a decorrere il termine di 60 giorni per proporre ricorso per Cassazione.

Il calcolo è semplice: il termine scadeva il 10 dicembre 2021. Il ricorso, tuttavia, è stato notificato solo l’11 aprile 2022, ben oltre la scadenza. Questa tardività ha reso il ricorso irrimediabilmente inammissibile, impedendo alla Corte qualsiasi valutazione sulla fondatezza delle doglianze procedurali.

Argomenti Aggiuntivi: La Trattazione Cartolare e la Tardività del Ricorso

Sebbene la questione fosse già chiusa, la Corte ha voluto aggiungere, ad abundantiam, che il ricorso sarebbe stato comunque infondato. I giudici hanno chiarito che, nel contesto della normativa emergenziale, la trattazione scritta (o “cartolare”) aveva sostituito l’udienza in presenza, garantendo comunque alle parti la possibilità di esporre le proprie difese. Tale modalità, secondo la Corte, è pienamente idonea a soddisfare il requisito di “sentire le parti”.

Inoltre, è stato precisato che il giudice d’appello non ha l’obbligo di avvisare preventivamente le parti della sua intenzione di decidere la causa con l’ordinanza di inammissibilità, essendo tale eventualità implicita nella procedura stessa.

Le Motivazioni

La motivazione principale della Corte di Cassazione è netta e si fonda su un puro dato procedurale: il mancato rispetto del termine perentorio di 60 giorni per l’impugnazione. La legge stabilisce chiaramente che il termine decorre dalla comunicazione del provvedimento. Poiché il ricorso è stato notificato mesi dopo la scadenza, la sua sorte era segnata. Le argomentazioni aggiuntive sul concetto di “sentire le parti” e sulla validità della trattazione cartolare servono a rafforzare la decisione, sottolineando che, anche se il ricorso fosse stato tempestivo, non avrebbe avuto possibilità di accoglimento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale sull’importanza del rigore e della precisione nella gestione dei termini processuali. La tardività del ricorso è un errore che non ammette sanatorie e che preclude l’esame nel merito della controversia, vanificando il lavoro e le aspettative del cliente. La decisione ribadisce che il rispetto delle regole procedurali non è un mero formalismo, ma un pilastro essenziale della giustizia che garantisce certezza e ordine nello svolgimento dei processi.

Qual è il termine per impugnare un’ordinanza pronunciata in appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.?
Il termine è di 60 giorni, che decorrono dalla comunicazione dell’ordinanza da parte della cancelleria al difensore.

La modalità di trattazione scritta (‘cartolare’) soddisfa il requisito di ‘sentire le parti’ previsto dalla legge?
Sì. Secondo la Corte, la trattazione scritta, che permette alle parti di depositare le proprie difese, assicura il rispetto del principio del contraddittorio e soddisfa l’obbligo del giudice di sentire le parti.

Cosa succede se un ricorso per Cassazione viene notificato dopo la scadenza del termine di 60 giorni?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per tardività, senza che la Corte possa esaminare nel merito i motivi di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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