Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16142 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16142 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 10443/22 proposto da:
-) NOME COGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) Presidenza del consiglio dei Ministri e Ministero della Salute , in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dall’Avvocatura dello Stato ;
– controricorrenti – avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Roma 11 ottobre 2021 n. 7382; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME dopo essersi laureata in medicina, nel 1992 conseguì un diploma di specializzazione post lauream .
Ventiquattro anni dopo (2016) convenne dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri, esponendo:
-) che durante il corso di specializzazione non le fu corrisposta alcuna remunerazione;
Oggetto:
inammissibilità
per tardività.
-) che la Direttiva 82/1976 imponeva agli Stati membri dell’Unione Europea di remunerare i laureati in medicina iscritti alle scuole di specializzazione;
-) che lo Stato italiano non aveva tempestivamente attuato tale Direttiva.
Chiese pertanto la condanna dello Stato italiano al risarcimento del danno.
Con sentenza 13.2.2020 n. 3176 il Tribunale di Roma rigettò la domanda dichiarando prescritto il diritto. La sentenza fu appellata dalla soccombente.
Con ordinanza 11.10.2021 n. 7382, pronunciata ai sensi dell’art. 348 -bis c.p.c., la Corte d’appello di Roma dichiarò inammissibile il gravame.
La suddetta ordinanza è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su un motivo.
La Presidenza del Consiglio ed il Ministero della Salute hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata sarebbe nulla, per avere la Corte d’appello deciso la causa ai sensi dell’art. 348bis c.p.c. senza previamente sentire le parti, come prescritto dalla norma appena citata.
1.1. Il ricorso è inammissibile per tardività.
L’ordinanza pronunciata in appello ai sensi dell’art. 348 -bis c.p.c. va impugnata nel termine di 60 giorni, decorrente dalla sua comunicazione da parte della cancelleria ( ex multis , Cass. Sez. 6, 22/09/2016, n. 18622).
Nel caso di specie l ‘ordinanza impugnata è stata comunicata al difensore dell’odierna ricorrente in data 11 ottobre 2021, ed in pari data ha iniziato a decorrere il termine di 60 gg. previsto dall’art. 325 c.p.c. , che pertanto è spirato il 10 dicembre 2021.
Il ricorso tuttavia è stato notificato l’11 aprile 202 2.
1.2. Ad abundantiam, rileva la Corte che il ricorso sarebbe stato comunque manifestamente infondato.
Dinanzi alla Corte d’appello le parti hanno avuto la possibilità di esporre le proprie difese nella prima udienza, sostituita con la c.d. modalità di trattazione ‘cartolare’.
Tanto basta per ritenere assolto l’obbligo del giudice di sentire le parti.
Il ‘sentite le parti’ non significava che il giudice di appello dovese segnalare l’intenzione di decidere ai sensi del 348 -ter c.p.c., ma implicava solo che le parti dovessero essere appunto sentite e che ciò dovesse avvenire prima di dar corso alla trattazione ai sensi dell’art. 350 c.p.c.
Nella specie, secondo la normativa emergenziale ebbe luogo, nel senso che fu assicurata, la trattazione scritta e, dunque, essa assicurò il ‘sentite le parti’.
Il fatto che la controparte non avesse fruito della possibilità della trattazione viene invocato in maniera erronea, perché la ricorrente legge il ‘sentite le parti’ affidando alla scelta di una parte di … non farsi sentire l’ effettiva applicazione della norma. Il che è assurdo.
1.2. Né, come pretenderebbe la ricorrente, sussiste alcun obbligo del giudice di appello di rivolgere alle parti uno specifico avviso dell’eventualità che la decisione venga assunta ai sensi dell’art. 348bis c.p.c.: avviso del resto superfluo, essendo la suddetta eventualità implicita nell’assunzione della causa in decisione ancor prima di procedere alla sua trattazione (come già ritenuto da questa Corte: così Cass. Sez. 1, 12/02/2021, n. 3642, § 1.1.3).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
2.1. Il valore della causa viene determinato in base al petitum . In primo grado l’odierna ricorrente chiese la condanna delle amministrazioni al pagamento di euro 44.000 ‘ oltre interessi e rivalutazione ‘ dal 1992.
Ai sensi dell’art. 10, secondo comma, c.p.c., gli interessi si sommano al capitale ai fini della determinazione del valore della domanda.
Il valore della presente causa è dunque di euro 129.000, ed in base ad esso vengono liquidate le spese, come in dispositivo.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 5.880, oltre spese prenotate, a debito;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della