Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11046 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11046 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7901/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore quale mandataria di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
Oggetto: Contratti bancari – Linee di credito – Garanzia fideiussoria
R.G.N. 7901/2021
Ud. 03/04/2025 CC
elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME
-resistente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO TORINO n. 1294/2020 depositata il 30/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1294/2020, pubblicata in data 30 dicembre 2020, la Corte d’appello di Torino, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Torino n. 2744/2019 del 5 giugno 2019.
Quest’ultima, a propria volta, aveva respinto l’opposizione proposta dal medesimo NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 7454/2016 col quale il Tribunale di Torino, su ricorso di RAGIONE_SOCIALE, aveva ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) quale debitrice
principale, nonché a NOME COGNOME ed allo stesso NOME COGNOME quali fideiussori e avallanti, il pagamento della complessiva somma di € 97.146,00 – oltre interessi e spese della procedura – di cui €. 64.207,93 per linee di credito in affidamento de l conto corrente n. 10721964, intestato alla RAGIONE_SOCIALE ed €. 32.938,07 per sconto di cambiali pro soluto , con cessione del credito ex art. 12, Legge n. 1329/1965.
La Corte d’appello ha integralmente disatteso i motivi di gravame, osservando:
-quanto al primo motivo -col quale si censurava la decisione di prime cure per non avere ritenuto insufficiente la documentazione prodotta a sostegno del ricorso monitorio -che il decreto era stato emesso sulla base di ampia documentazione (contratti di conto corrente; contratti di concessione delle linee di credito in affidamento; lettere di fideiussione; riconoscimento di debito sottoscritto dal medesimo NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE; cambiale di €. 103.345,00; copia delle lettere di sconto cambiali; copia delle cambiali protestate);
-quanto al secondo motivo -col quale si censurava la sentenza del Tribunale per avere disatteso l’eccezione d’inefficacia del decreto ex art. 644 c.p.c. – che la reiterata sequenza di tentativi di notifica da parte della banca opposta veniva ad evidenziare che il protrarsi del processo notificatorio era dipeso da circostanze eccezionali non imputabili all’opposta;
-quanto al terzo motivo -con il quale si censurava la decisone di prime cure per non avere correttamente applicato le regole sull’onere della prova -che, a fronte delle ampie produzioni documentali della banca opposta, era onere dello stesso
appellante
allegare e precisare con esattezza l’oggetto delle contestazioni mosse alla pretesa fatta valere dalla banca, sia per quanto riguardava la validità delle clausole contrattuali sottoscritte e la loro corretta applicazione nel corso del rapporto, sia per quanto riguardava l’ammontare delle somme richieste, laddove le contestazioni dell’appellante erano risultate del tutto generiche ed infondate;
-quanto all’ultimo motivo col quale l’appellante si doleva del mancato esame delle contestazioni formulate sull’autenticità delle sottoscrizioni apposte alle cambiali emesse dalla RAGIONE_SOCIALE -che lo stesso era inammissibile, dal momento che la ratio della decisione di prime cure si fondava sulla responsabilità dell’opponente quale socio accomandatario della società debitrice, chiamato a rispondere delle obbligazioni sociali a prescindere da ulteriori ed eventuali titoli, e sulla mancata contestazione del debito della società.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino ricorre NOME COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e, per essa, la mandataria RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Con atto depositato in data 20 marzo 2023 si è costituita in proprio RAGIONE_SOCIALE dando atto della revoca del mandato precedentemente conferito a RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 644 c.p.c.
Si censura la decisione impugnata per aver disatteso l’eccezione di sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo per sua tardiva notifica.
Il ricorrente contesta che il mancato perfezionarsi della notifica intrapresa tempestivamente non sia imputabile alla controricorrente, affermando invece la responsabilità della stessa per aver ripreso il procedimento di notificazione in modo non tempestivo e deducendo l’assenza di circostanze eccezionali tali da giustificare il protrarsi del processo notificatorio.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ‘nonché dei corrispondenti principi applicativi elaborati dalla cassazione in tema di dimostrazione del quantum debeatur (e di riflesso l’an) per la banca che agisce con procedimento monitorio opposto in attuazione di rapporto di conto corrente bancario anche con particolare riferimento alla ricognizione di debito operata dal correntista nell’ambito di un piano dl rientro ‘.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. ‘in relazione ad una ricognizione di debito erroneamente ritenuta efficace sebbene basata su negozio nullo e/o viziato nel suo contenuto per illegittima capitalizzazione degli interessi passivi’ .
Con i due motivi – argomentati congiuntamente -il ricorrente censura la decisione impugnata in quanto la stessa:
-avrebbe ritenuto non necessaria, ai fini della prova del credito azionato in monitorio, la produzione integrale degli estratti di conto corrente dall’apertura del conto sino all’estinzione,
ritenendo sufficiente un dettaglio delle somme vantate sotto forma di schede contabili parziali;
-avrebbe erroneamente escluso la nullità della clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, laddove quest’ultima doveva ritenersi nulla, non determinando nel concreto alcun riconoscimento di capitalizzazione in favore del correntista;
-avrebbe, altrettanto erroneamente, ritenuto valida ed efficace una ricognizione di debito da ritenersi invece del tutto inefficace in quanto riferita ad un negozio nullo.
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Quanto al primo motivo di ricorso, si deve rammentare che -come evidenziato dallo stesso ricorrente -questa Corte ha costantemente affermato il principio per cui, in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (Cass. Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009).
Questa Corte, poi, ha indicato come termina di massima per detta attività quello pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., facendo tuttavia salve circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa in giudizio (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20700 del 09/08/2018; Cass. Sez. L Ordinanza n. 17577 del 21/08/2020).
Operata tale premessa, si deve osserva che la Corte territoriale, dopo una puntuale ricostruzione dei reiterati tentativi di notifica del decreto ingiuntivo opposto, ha ritenuto che nella specie non solo l’odierna controricorrente avesse tempestivamente proceduto alla riattivazione del procedimento notificatorio ma anche ricorressero circostanze eccezionali -costituite sia dalla distanza tra la sede dell’Ufficio giudiziario che aveva emesso il decreto ed il luogo di notifica sia dalla ricorrenza del periodo feriale sia ‘dal fatto che il COGNOME per ben due volte è risultato irreperibile presso la residenza anagrafica’ (pag. 6 della motivazione) -tali da giustificare la dilatazione dei tempi di notifica anche oltre i termini indicati da questa Corte.
L’inammissibilità del ricorso, a questo punto, discende direttamente dal fatto che lo stesso viene a sindacare la valutazione in fatto espressa dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza di circostanze eccezionali che giustificavano il protrarsi dei tempi di notifica, peraltro limitandosi a contestare il carattere eccezionale delle circostanze medesime, senza tuttavia neppure esplicitare perché in primis la reiterata irreperibilità del destinatario della notificazione -poi reperito fortunosamente ed inspiegabilmente nei pressi dello stesso Tribunale non dovrebbe poter essere valorizzata quale circostanza eccezionale, in quanto circostanza che -come illustra lo stesso ricorso -‘non si sarebbe comunque potuta evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso’ .
Si deve, invero ritenere che proprio la reiterata irreperibilità del destinatario della notificazione preso il domicilio ben possa costituire fattore eccezionale che, traducendosi in una serie di incombenti supplementari per il soggetto che ha chiesto la notifica -a cominciare dalle verifiche anagrafiche – giustifica il dilatarsi dei tempi della notifica medesima .
Vi è, poi, da richiamare -per completezza – il principio per cui, qualora il creditore, munito di decreto ingiuntivo, provveda alla notificazione del medesimo dopo il decorso del termine di efficacia fissato dall’art. 644 c.p.c., le ragioni del debitore, ivi comprese quelle relative all’inefficacia del titolo prevista dalla norma, possono essere fatte valere solo con l’ordinaria opposizione da esperirsi nel termine prefissato dal provvedimento notificato, fermo restando che, in tale giudizio, il debitore opponente che si limiti ad eccepire l’inefficacia del titolo tardivamente notificato non può impedire che ad un’eventuale dichiarazione di inefficacia del decreto si accompagni la decisione da parte del giudice dell’opposizione in merito all’esistenza del diritto fatto valere con il ricorso per ingiunzione, e l’inosservanza da parte del creditore del termine di cui all’art. 644 c.p.c. può acquisire rilevanza, nel caso di rigetto dell’opposizione, solo ai fini della condanna alle spese del giudizio, consentendo l’esclusione di quelle relative all’ottenimento dell’ingiunzione dichiarata inefficace (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27062 del 06/10/2021; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14910 del 13/06/2013; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 67 del 04/01/2002).
È allora da osservare che, anche accedendo alla tesi della sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo , ciò di cui l’odierno ricorrente avrebbe potuto dolersi sarebbe stata, in thesi , l’omessa declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo e – la conseguente omessa statuizione specifica sulle spese del monitorio mentre
comunque il ricorrente non avrebbe potuto dolersi -come sembra invece opinare -anche del l’accoglimento nel merito della domanda inizialmente formulata in via monitoria, non potendo conseguire dall’ipotetica ma nella specie insussistente -tardività della notifica del decreto ingiuntivo la caducazione dell’intero giudizio di opposizione , che quindi in ogni caso avrebbe dovuto statuire sul merito della pretesa azionata dall’Istituto di credito .
2.2. Il secondo ed il terzo motivo possono esaminati congiuntamente -come congiuntamente sono stati esposti -e sono, parimenti, inammissibili.
Quanto alle doglianze con le quali si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto provato il credito azionato, si deve rilevare che dette doglianze non intercettano adeguatamente la ratio decidendi della sentenza della Corte torinese.
Quest’ultima, infatti, è venuta espressamente ad affermare che il credito azionato risultava provato da una cospicua e varia serie di fonti documentali che la Corte stessa ha proceduto minuziosamente ad elencare alle pagg. 4 e 5 della decisione.
A fronte di tale affermazione della decisione impugnata, le deduzioni del ricorrente -che peraltro, nel riferimento alla mancata produzione dell’integralità degli estratti conto , non risulta fossero state formulate come specifico motivo di gravame nei confronti della decisione di prime cure che pure aveva già ritenuto adeguata la prova del credito -si traducono di fatto in una mera -ma inammissibile -critica alla valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di merito ed a quest’ultimo riservata (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187
del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004), sollecitando a questa Corte un nuovo sindacato che è tuttavia precluso in sede di legittimità.
Quanto alle deduzioni concernenti lo specifico profilo della capitalizzazione, ancora una volta la tesi del ricorso -che, a quanto è dato comprendere, si sostanzia nell’affermare che il tasso di capitalizzazione annua sul saldo attivo del conto corrente era calcolato in misura talmente irrisoria da risultare inesistente, comportando la nullità della clausola -non si misurano con quanto rilevato ed argomentato dalla Corte d’appello , la quale, sul punto ha osservato che l’indicazione del tasso era palesemente errata, alla luce del raffronto con il tasso di capitalizzazione trimestrale, e che, conseguentemente, non ricorreva un’ipotesi di nullità della relativa clausola, ponendosi solo l’esigenza di operare una mera rettifica della stessa.
Rispetto a tale ratio -che si basa anche su un accertamento che non è sindacabile nella presente sede -il motivo di ricorso si limita alla riproposizione del precedente motivo di appello, affermando apoditticamente l’erroneità delle conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale, senza tuttavia procedere ad una concreta e specifica analisi critica delle stesse.
L’inammissibilità dei me zzi come sinora esaminati si viene evidentemente a riverberare anche sulle deduzioni concernenti la ricognizione di debito, dal momento che queste ultime postulano -ma non dimostrano -l’insussistenza del debito oggetto di riconoscimento.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.400,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima