Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1172 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 30857 del ruolo generale dell’anno 2020 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo (già RAGIONE_SOCIALE) (C.F. P_IVA, con sede legale in Torino, INDIRIZZO in persona dei liquidatori giudiziali avv. NOME COGNOME e dott. NOME COGNOME e del liquidatore sociale NOME COGNOME in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo d’imprese costituito con RAGIONE_SOCIALE, con sede in Greggio (P. IVA P_IVA, e con RAGIONE_SOCIALE, con sede in Cossato (P. IVA 0123860027), costituita con atto del notaio NOME COGNOME, rep. 181174 – racc. 20993 del 6 maggio 2009, rappresentata e difesa disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE; fax NUMERO_TELEFONO; posta elettronica certificata: EMAILordineavvocatitorinoEMAIL) e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE; fax NUMERO_TELEFONO; posta elettronica certificata: EMAILordineavvocatitorinoEMAILit), per procure speciali rilasciate su fogli separati ai sensi dell’art. 83, comma 3, c.p.c. (doc. A), ed
elettivamente domiciliata presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in Roma, INDIRIZZO
Ricorrente
contro
Provincia di Vercelli (C.F. CODICE_FISCALE), con sede in Vercelli, INDIRIZZO in persona del Dirigente dell’Area Segreteria e Affari Generali Dott. NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per delega separata, dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) pec: EMAIL – fax NUMERO_TELEFONO e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) pec EMAIL, fax: NUMERO_TELEFONO del Foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, V.le INDIRIZZO, 14.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n° 920 depositata il 22 settembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in intestazione la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione ed in concordato preventivo -quale capogruppo del Raggruppamento temporaneo d’imprese (Rti) costituito con RAGIONE_SOCIALE e con RAGIONE_SOCIALE -avverso la sentenza del tribunale di Vercelli con la quale era stata respinta la domanda della stessa COGNOME al pagamento di due riserve iscritte nella contabilità dell’appalto pubblico avente ad oggetto il compimento dei « lavori di realizzazione della variante all’abitato di Ghislarengo, lungo la ex S.S. n. 594 ‘Destra Sesia’ I° Lotto funzionale » in forza di contratto 1° luglio 2009.
2 .- Premetteva la Corte che le due riserve riguardavano, la prima, i maggiori oneri conseguenti alla ritardata esecuzione dei lavori
contrattualmente programmati e, la seconda, l’adeguamento dei corrispettivi di tutti i lavori ancora da eseguire dopo la data del termine originario di scadenza del contratto.
Secondo l’appellante, il pregiudizio economico esplicitato nelle riserve era da imputare alla responsabilità contrattuale della Provincia, che aveva tardivamente ottenuto l’autorizzazione di Rete ferroviaria RAGIONE_SOCIALE (Rfi) all’esecuzione delle opere di sovrappasso interferenti con la linea ferroviaria.
Inoltre, sempre secondo l’appellante, la Provincia, sebbene più volte sollecitata, non avrebbe nemmeno attivato la procedura prevista dall’art. 240 d.lgs. n° 163/2006 per la definizione delle riserve in via bonaria, né adottato la determinazione di cui al combinato disposto degli artt. 203, primo comma, e 204, terzo comma, del d.P.R. n° 554/1999, che invece la stazione appaltante avrebbe dovuto assumere al più tardi dopo che l’appaltatore aveva sottoscritto il certificato di collaudo con riserva.
I motivi di impugnazione erano tuttavia infondati, secondo la Corte territoriale, in quanto in caso di tardiva consegna dei lavori, l’appalto pubblico non sarebbe disciplinato dagli artt. 1218 e seguenti e 1453 e seguenti del cod. civ., ma dagli artt. 129 e 130 del d.P.R. n° 554/1999, la cui ratio consisterebbe nel porre la PA nella condizione di conoscere immediatamente le conseguenze del ritardo della consegna e, quindi, di stabilire l’opportunità di mantenere in vita il rapporto, ovvero di adottare una diversa determinazione in vista dell’eventuale superamento degli originari limiti di spesa.
Pertanto, a fronte della tardiva consegna dei lavori, l’appaltatore poteva solo chiedere di recedere dal contratto, con un’istanza che poteva anche essere respinta dalla PA.
Solo, in tal caso (ossia: di rigetto del recesso) egli avrebbe diritto ad un compenso per i maggiori oneri dipendenti dal ritardo.
In caso contrario, la mancata presentazione dell’istanza di recesso implicherebbe, secondo l’art. 129 d.P.R. n° 554/1999, l’accettazione da parte dell’appaltatore della tardiva consegna dei lavori e delle conseguenze di essa.
3 .- Per la cassazione di questa sentenza ricorre la COGNOME, nella qualità sopra indicata, sulla base di un solo motivo.
Resiste la Provincia di Vercelli, che conclude per l’inammissibilità del ricorso e nel merito per la sua reiezione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Solo il ricorrente ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- La COGNOME formula il seguente unico motivo : ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 129, comma 8, e 130, commi 6 e 7, d.p.r. 21 dicembre 1999 n. 554, recante il ‘Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109’, e successive modificazioni, nonché dell’art. 12 del capitolato speciale d’appalto ‘.
In sostanza, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente sussunto le domande della Lauro sub art. 129, ottavo comma, del d.P.R. n° 554/1999, mentre avrebbe dovuto applicare l’art. 130, sesto e settimo comma, che disciplinano i rimedi esperibili dall’appaltatore in caso di inadempimento delle modalità di esecuzione della consegna dei lavori frazionata da parte della stazione appaltante.
L’errore sarebbe evidente, essendo stato documentato e non essendo mai stato oggetto di contestazione che nell’appalto in esame erano state disposte consegne frazionate, in forza della previsione convenzionale dell’art. 12 del capitolato speciale, e che la stazione appaltante si era resa inadempiente rispetto a tale obbligazione posta a suo carico.
La Corte avrebbe dovuto, invece, applicare l’art. 130, sesto e settimo comma, del d.P.R. n° 554/1999, mentre sarebbe errato ogni riferimento al regime disciplinato dall’art. 129, ottavo comma, del predetto d.P.R.
5 .-Il motivo è inammissibile, in quanto il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento già espresso (art. 360 -bis n° 1, cod. proc. civ.).
La ratio decidendi della Corte è chiaramente espressa nella motivazione (paragrafo 2.2, pagina 5 in fondo e prime otto righe di pagina 6), in cui si precisa, citando vari precedenti di legittimità, che « n via generale, ‘in tema di appalto di opere pubbliche, il rimedio all’abusivo ritardo nelle consegne dei lavori frazionate cui è tenuto l’appaltante, contrattualmente previste, consiste nella facoltà di recesso concessa all’appaltatore e non nella disciplina generale prevista per l’inadempimento delle obbligazioni ex artt. 1218 e ss. cod. civ. e artt. 1453 ss. cod. civ.’ (…) ».
In sostanza, la Corte, a fronte del motivo di appello della COGNOME nel quale l’appaltatrice assumeva esservi stata una ‘ consegna frazionata dei lavori ‘, con conseguente non invocabilità dell’istituto del recesso -ha esplicitamente affermato che la regola prevista dall’art. 129, ottavo comma, si applica non solo nel caso di consegna unitaria, ma anche in caso di consegne ripartite.
Ora, il motivo in esame, il cui nucleo è contenuto nelle sole pagine 12 e 13 del ricorso (nonché illustrato alle pagine 5-7 della memoria ex 380bis .1 cod. proc. civ.), non fa altro che contrapporre la tesi già sostenuta nel primo e nel secondo grado di giudizio -ossia, come già detto, che nella fattispecie vi sarebbe stata una ‘ consegna frazionata ‘ (donde l’applicabilità dell’art. 130, sesto comma, del d.P.R. n° 554/1999) -senza addurre alcun elemento utile a mutare l’indirizzo già espresso da questa Corte (per tutte:
Cass., sez. I, 26 marzo 2012, n° 4780), secondo il quale la ‘ consegna frazionata ‘ non consentita dal contratto, o eseguita in difformità da esso, equivale a consegna tardiva o mancata, con la conseguente riconducibilità della fattispecie all’art. 129, ottavo comma, del d.P.R. n° 554/1999.
Peraltro, anche a voler seguire la (per quanto detto: infondata) prospettazione giuridica della ricorrente, sussisterebbe un’ulteriore ragione di inammissibilità del motivo, sol che si consideri che esso non è nemmeno accompagnato da una corrispondente (e sufficiente) esposizione delle circostanze di fatto dalle quali desumere che vi siano state in concreto consegne ripartite.
6 .- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere alla resistente le spese del presente grado di giudizio, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 1.075.931,03, pari a quanto domandato già in primo grado) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va inoltre dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 10.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2025, nella camera di