Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32458 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 32458 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27639/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE di PISA, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-resistente- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di PISA n. 35/2020, depositata il 14/01/2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del l’ 11/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il pubblico ministero, il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto alla Corte di rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto opposizione all’ordinanza con la quale la Prefettura di Pisa – dopo avere respinto il suo ricorso avverso il verbale di contravvenzione stradale che gli aveva contestato la violazione dell’art. 142, comma 9 del codice della strada a causa dell’eccesso di velocità (42,05 chilometri l’ora oltre il limite consentito) verificato da una postazione fissa con apparecchiatura autovelox – gli ha ingiunto il pagamento di euro 1.078, 32, nonché la sanzione accessoria della decurtazione di sei punti e della sospensione della patente di guida.
Il Giudice di pace di San Miniato ha rigettato l’opposizione con sentenza n. 43/2017.
La sentenza è stata impugnata dal ricorrente con atto articolato in sette motivi e, con la sentenza n. 35/2020, il Tribunale di Pisa ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
La Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Pisa, si è costituita ‘solo al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa’.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il ricorso, inizialmente assegnato alla sesta sezione, è stato rinviato in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 415/2022.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è articolato in due motivi, che ripropongono il quinto e il settimo motivo d’appello.
Il primo motivo denuncia, ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., ‘violazione e falsa applicazione della legge 273/1991, dell’art. 45, comma 6 c.d.s., come reintepretato a seguito della declaratoria di illegittimità della Corte costituzionale n. 113/2015,
per contrasto con l’art. 3 della Cost., e dell’art. 2697 c.c., nonché ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. omessa o contraddittoria motivazione’: il Tribunale ha ritenuto ‘sufficiente la mera affermazione, contenuta nel verbale d’accertamento, dell’esistenza dell’omologazione e della taratura dell’apparecchio elettronico e, sulla scorta della sentenza n. 18354/2018 della Suprema Corte, ha gravato l’appellante -odierno ricorrente dell’onere di provarne il difetto di costruzione, installazione o funzionamento; ha inoltre ritenuto sufficiente la taratura senza valutare se la parte appellataodierna resistente avesse provato anche la perfetta funzionalità, come precisato dalla Consulta con la sentenza n. 113/2015’.
Il motivo è infondato. Non è vero che il Tribunale abbia addossato al ricorrente l’onere di provare ‘il difetto di costruzione, installazione o funzionamento’ dell’apparecchio dell’autovelox. La sentenza d’appello dà infatti conto della ‘certificazione riscontrata dal giudice di prime cure con argomentazioni che l’appellante non ha posto in dubbio’, né il ricorrente contesta il fatto, menzionato nella sentenza del Tribunale (alla pag. 3 del provvedimento), che il certificato era stato prodotto e la taratura risaliva ‘a sei mesi prima dell’accertamento dell’infrazione’. La pronuncia impugnata non si pone pertanto in contrasto con l’orientamento di questa Corte (cfr., per tutte, Cass. n. 22015/2022) secondo cui è ‘a carico della pubblica amministrazione, in presenza di contestazione da parte del soggetto sanzionato, la prova positiva dell’omologazione iniziale e della taratura periodica dello strumento’, avendo ritenuto provate sia l’omologazione iniziale che la successiva taratura.
Il ricorrente formula poi un altro rilievo, ossia che il Tribunale ‘ha errato nel ritenere che la sola taratura fosse sufficiente, laddove invece è necessaria anche la funzionalità dell’apparecchiatura; i due concetti sono ben differenti e distinti, giacché le verifiche di funzionalità, sia iniziali che periodiche, a
differenza delle verifiche di taratura, sono finalizzate a valutare la capacità dell’autoveicolo di fornire indicazioni attendibili e devono essere effettuate successivamente alla verifica di taratura’ (così pag. 15 del ricorso per cassazione). La tesi -come ha osservato il Pubblico ministero nelle sue conclusioni -è suggestiva, perché è vero che la stessa Corte costituzionale (Corte cost. n. 113/2015), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6 del d.lgs. 285/1992, allude alla necessità di verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, così potendosi porre il dubbio che si tratti di attività distinte. Riferimenti in tal senso non mancano nella giurisprudenza di questa Corte che richiama la pronuncia del giudice delle leggi e dunque parla di verifiche di funzionalità e di taratura, talvolta espressamente indicandole come due attività da non confondere, perché ‘sono distinte e svolgono funzioni diverse’ (si veda Cass. n. 30126/2023, in motivazione).
In realtà, elemento sufficiente a dimostrare il corretto funzionamento dell’apparecchio di rilevazione della velocità è la sua taratura periodica. Tanto è vero -come sottolinea il Pubblico ministero -che le pronunzie di questa Corte che annullano i verbali di contravvenzione lo fanno o perché la taratura non risulta mai eseguita (ad esempio v. Cass. n. 5227/2018) o perché essa è risalente nel tempo (Cass. n. 30126/2023), mentre si esclude l’illegittimità dei verbali di contravvenzione qualora, a fronte della contestazione circa il corretto funzionamento dell’apparecchiatura, risulti prodotto il certificato di taratura (così, ad esempio, Cass. n. 17574/2021 e Cass. n. 6579/2023). Come ha chiarito Cass. n. 22015/2022, in presenza del certificato di omologazione e di quello di taratura, elementi di per sé ‘sufficienti a dimostrare il corretto funzionamento dell’apparato di rilevazione della velocità, spetta alla parte sanzionata l’onere della prova contraria’. Quanto al tempo di efficacia delle tarature, esse devono avere una cadenza almeno annuale, come chiarito dalla circolare del Ministero dell’interno 26
giugno 2015 già prima della sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2015 (vedi per tutte Cass. n. 1608/2021 e Cass. n. 22015/2022, appena citata).
Nel caso in esame, visto che risulta accertato in fatto che il certificato di taratura risaliva a sei mesi prima del verbale di contravvenzione e che il ricorrente non ha dedotto elementi di prova di segno contrario, deve presumersi il valido funzionamento dell’apparecchio autovelox, come ha correttamente affermato il giudice di merito.
2. Il secondo motivo contesta, ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3 della legge 168/2002, di conversione del d.l. 121/2002, recante disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale’: il Tribunale ha affermato che il numero di targa del veicolo era ‘chiaramente leggibile dalla fotografia’ allegata agli atti del giudizio, utilizzando il solo fotogramma dei dati di identificazione dello stesso e non i rilevamenti relativi a tutto lo spazio controllato dall’apparecchio.
Il motivo è inammissibile. Il ricorrente aveva con l’atto d’appello contestato che la targa del veicolo non sarebbe stata evincibile dalla fotografia relativa all’infrazione (così la sentenza alla pag. 2). A tale censura -che il ricorrente, in violazione dell’obbligo di specificità, non riporta nel motivo il Tribunale ha risposto che la targa del veicolo è ‘chiaramente leggibile dalla fotografia in questione’.
Tale accertamento in fatto è incensurabile di fronte a questa Corte di legittimità; appare poi oscuro il riferimento alla violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3 della legge 168/2002, che nel prevedere che ‘la violazione deve essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi che, nel rispetto delle esigenze correlate alla tutela della riservatezza personale, consentano di accertare, anche in tempi successivi, le
modalità di svolgimento dei fatti costituenti illecito amministrativo, nonché i dati di immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione’, avrebbe ad avviso del ricorrente prescritto che il numero di targa debba essere chiaramente leggibile nella totalità dei fotogrammi ‘relativi a tutto lo spazio controllato dall’apparecchio’.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è pronuncia sulle spese, essendosi la Prefettura costituita, ma non avendo presentato difese e non avendo partecipato alla pubblica udienza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi dopo la