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Sviamento clientela: risarcimento e prova in giudizio

Un’azienda di logistica cita in giudizio un suo ex dirigente e la società concorrente presso cui è stato assunto, accusandoli di concorrenza sleale per storno di dipendenti e sviamento di clientela. Il Tribunale accoglie parzialmente la domanda, escludendo lo storno ma riconoscendo lo sviamento clientela. I convenuti sono stati condannati in solido a un risarcimento di 550.000 euro, calcolato sulla base del margine di contribuzione perso dall’azienda a causa della clientela illecitamente sottratta.

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Sviamento Clientela: Condanna e Risarcimento per l’Ex Dipendente Infedele

Il passaggio di un manager a un’azienda concorrente è un evento comune nel mondo del lavoro, ma quando questo trasferimento si accompagna alla migrazione di clienti strategici, la linea tra lecita mobilità professionale e concorrenza sleale diventa sottile. Una recente sentenza del Tribunale di Venezia ha affrontato un caso di sviamento clientela, fornendo importanti chiarimenti su come distinguere le condotte lecite da quelle illecite e su come quantificare il danno subito. La decisione evidenzia l’importanza delle prove documentali e testimoniali per dimostrare l’illecito.

I Fatti di Causa: Acquisizione, Dimissioni e Fuga di Clienti

Una società leader nel settore della logistica e delle spedizioni internazionali, per rafforzare la propria posizione di mercato, aveva acquisito una società più piccola. Con l’acquisizione, era entrato nel suo organico anche un dirigente della società incorporata, figura chiave con un ruolo strategico e una profonda conoscenza della clientela. Tuttavia, pochi mesi dopo la fusione, il dirigente rassegnava le proprie dimissioni e veniva immediatamente assunto da una società concorrente.

Contestualmente a questo passaggio, l’azienda attrice registrava un drastico calo degli ordini da parte di clienti storici, precedentemente gestiti dal dirigente dimissionario. Sospettando una manovra illecita, l’azienda citava in giudizio sia l’ex dirigente sia la nuova società datrice di lavoro, accusandoli di concorrenza sleale per storno di dipendenti e sviamento della clientela, chiedendo un cospicuo risarcimento per i danni patrimoniali subiti.

Le Posizioni delle Parti e lo Sviamento Clientela

L’azienda attrice sosteneva che l’ex manager avesse orchestrato un vero e proprio piano per sottrarre clienti e collaboratori, utilizzando informazioni riservate acquisite durante il precedente rapporto di lavoro. A riprova, produceva scambi di email che dimostravano come il manager, già prima delle dimissioni ufficiali, stesse dirottando ordini e comunicazioni verso la nuova azienda.

I convenuti, dal canto loro, negavano ogni addebito. L’ex dirigente affermava di non aver violato alcun obbligo, poiché le sue dimissioni erano motivate da una legittima insoddisfazione per la riorganizzazione aziendale post-fusione, che avrebbe ridimensionato il suo ruolo. Sosteneva, inoltre, che i clienti lo avessero seguito spontaneamente, in virtù del rapporto fiduciario costruito in anni di collaborazione, e non a causa di un’attività illecita di sviamento. La società concorrente, infine, imputava il calo di fatturato dell’attrice alla crisi di mercato dovuta alla pandemia.

La Decisione del Tribunale: Storno Lecito, Sviamento Illecito

Il Tribunale di Venezia ha analizzato separatamente le due condotte contestate, giungendo a conclusioni diverse.

Storno di dipendenti: La domanda è stata respinta. Il giudice ha ritenuto che il passaggio di un singolo dipendente, seppur strategico, non fosse sufficiente a integrare l’illecito di storno. Per configurare tale illecito, è necessario dimostrare un animus nocendi, ovvero l’intento specifico di disgregare l’organizzazione aziendale concorrente, cosa che in questo caso non è stata provata. Le dimissioni del manager sono state considerate una reazione plausibile alla riorganizzazione aziendale, escludendo quindi l’intento predatorio.

Sviamento di clientela: Su questo punto, il Tribunale ha dato pienamente ragione all’azienda attrice. Le prove prodotte (email inoltrate a indirizzi personali, testimonianze di altri clienti e agenti) hanno dimostrato inequivocabilmente che l’ex dirigente aveva posto in essere una condotta contraria alla correttezza professionale. Utilizzando informazioni e contatti acquisiti grazie al suo precedente ruolo, aveva attivamente dirottato ordini destinati alla sua ex azienda verso il nuovo datore di lavoro, mettendo i clienti di fronte al fatto compiuto.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su principi consolidati della giurisprudenza in materia di concorrenza sleale. Il giudice ha ribadito che il passaggio di dipendenti è espressione della libertà di circolazione del lavoro e di iniziativa economica. Diventa illecito solo quando assume i connotati di un’operazione finalizzata a danneggiare il concorrente.

Per lo sviamento clientela, invece, la condotta è illecita quando si utilizzano notizie riservate sui rapporti con i clienti, acquisite durante un precedente rapporto di lavoro, per ottenere un indebito vantaggio competitivo. In questo caso, l’ex manager si era appropriato della corrispondenza aziendale, contenente dettagli su ordini e contatti, e l’aveva usata per assicurare al suo nuovo datore di lavoro clienti che altrimenti sarebbero rimasti con l’attrice. Questa condotta, secondo il tribunale, costituisce un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, del Codice Civile.

Un aspetto cruciale della motivazione riguarda la quantificazione del danno. Il Tribunale ha nominato un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) che ha stimato il danno in 550.000 euro. La difesa aveva contestato il metodo di calcolo, ma il giudice ha validato l’approccio del CTU, basato non sul Margine Operativo Lordo (MOL), ma sul più specifico Margine di Contribuzione. Quest’ultimo, sottraendo dai ricavi persi solo i costi variabili direttamente imputabili a quei clienti, rappresenta in modo più accurato il guadagno effettivo che l’azienda ha perso a causa dello sviamento.

Le Conclusioni

La sentenza offre importanti spunti pratici per imprese e lavoratori. Per le aziende, sottolinea l’importanza di raccogliere prove documentali solide (email, comunicazioni, dati gestionali) per dimostrare un’eventuale condotta sleale. Dimostra inoltre che è possibile ottenere un risarcimento significativo anche in assenza di un patto di non concorrenza, qualora venga provata una violazione dei doveri di correttezza professionale. Per i lavoratori, specialmente quelli in posizioni apicali, la decisione serve come monito: la libertà di cambiare lavoro non autorizza a utilizzare il patrimonio di informazioni e relazioni acquisite per danneggiare l’ex datore di lavoro, poiché tale condotta può portare a pesanti condanne risarcitorie.

Quando il passaggio di un dipendente a un concorrente diventa illecito storno?
Secondo la sentenza, il semplice passaggio di dipendenti non è di per sé illecito. Diventa tale solo se è provato un ‘animus nocendi’, ovvero l’intenzione specifica di disgregare l’organizzazione produttiva del concorrente, ad esempio attraverso un’acquisizione massiccia e mirata di personale chiave.

Cosa costituisce sviamento di clientela e come si prova?
Lo sviamento di clientela si configura quando un soggetto, tipicamente un ex dipendente, utilizza informazioni riservate acquisite durante il precedente rapporto di lavoro (come contatti, dettagli degli ordini, prezzi) per dirottare i clienti verso un nuovo imprenditore. Nel caso esaminato, è stato provato attraverso email, che dimostravano il dirottamento di ordini, e testimonianze di clienti e agenti commerciali.

Come viene calcolato il danno economico derivante dallo sviamento di clientela?
Il Tribunale ha stabilito che il danno deve essere calcolato sulla base del ‘margine di contribuzione’ perso. Questo metodo consiste nel sottrarre dai ricavi che l’azienda avrebbe ottenuto dai clienti sviati i soli costi variabili direttamente associati a tali clienti (es. costi di trasporto, dazi). Questo calcolo è ritenuto più accurato del Margine Operativo Lordo (MOL) perché riflette il guadagno netto perso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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