Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 144 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 144 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 11554/2021 proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv . NOME COGNOME giusta procura in atti;
– ricorrente –
NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME;
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e
sul ricorso qui riunito nr. 24845/2021 proposto da NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
avverso Sentenza di Corte D’appello Catanzaro n. 387/2021 depositata il 23/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’Appello di Catanzaro, con la gravata sentenza, in accoglimento del reclamo proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME ha revocato la dichiarazione di fallimento in estensione di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, ritenuti soci della ‘ supersocietà di fatto ‘ costituita tra essi, NOME COGNOME e le società RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita dal Tribunale di Vibo Valentia con sentenza del 24.10.2014 a seguito di risoluzione del concordato fallimentare) e RAGIONE_SOCIALEdichiarata fallita dal Tribunale di Reggio Emilia in data 16.11.2016).
A fondamento della propria decisione i giudici calabresi rilevavano che gli elementi valorizzati dal primo giudice, pur evidenziando l’esistenza di un evidente collegamento tra le due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (entrambe fallite) e l’avvicendamen to dei fallendi, persone fisiche, legati tra loro da stretti vicoli di parentela, nella titolarità delle partecipazioni e nell’amministrazione delle due srl, non erano sufficienti per ritenere che le due società e i loro soci avessero dato vita a un’entità imprenditoriale del tutto autonoma e occulta (la cd. supersocietà di fatto) alla quale imputare i risultati dell’attività d’impresa comune. A ciò andava aggiunta, secondo Corte distrettuale, l’ulteriore e dirimente considerazione circa l’omesso accertamento da parte del Tribunale dello stato d’insolvenza della società di fatto, pur necessario per dichiarare il fallimento in estensione dei suoi soci, né il dato dell’insolvenza dei
soci di fatto era stato mai allegato dalla curatela sì da ritenerlo, per ipotesi, pacifico per difetto di contestazione.
3 Il Fallimento ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi; NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno svolto difese con controricorso e proposto ricorso incidentale. Ha proposto ricorso per Cassazione con separato atto anche COGNOME Domenico affidato a tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Va preliminarmente dato atto della riunione del processo rubricato al nr. 24845/2021 (ricorso proposto da COGNOME COGNOME) al procedimento nr. 11554/2021 (ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, posto che si tratta di ricorsi proposti avverso la medesima sentenza sicché sussistono evidenti ragioni di connessione; COGNOME va, quindi, considerato ricorrente incidentale.
1 Con il primo motivo il Fallimento denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 cpc, con riferimento alla mancata considerazione di elementi rilevanti e circostanziati comprovanti la affectio societatis , il fondo comune, l’esercizio della unica attività di impresa; in particolare la Corte non avrebbe, a dire del ricorrente, correttamente valutato le seguenti circostanze: le reciproche prestazioni di garanzie e fideiussioni fra i soci di fatto; l’avvicendamento nell’amministrazione di diritto della Impresa Individuale ‘RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE (poi ETA), i trasferimenti di asset, le distribuzioni di risorse finanziarie senza apparente giustificazione se non per attuare una forma di distribuzione tra soci di fatto e gli impegni nei confronti del sistema bancario erogatore delle risorse.
1.1 Il secondo motivo oppone violazione e falsa applicazione dell’art. 147, 5° comma, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 con riferimento all’accertamento della sussistenza della società di fatto ed insolvenza della stessa, laddove il ricorrente riporta brani di due precedenti di questa Corte che supererebbero il principio della necessaria verifica dell’insolvenza della ‘supersocietà di fatto’.
2 Ragioni di linearità logica impongono di scrutinare prioritariamente il secondo motivo che investe la questione, ritenuta dalla stessa Corte dirimente, della sussistenza dello stato di insolvenza.
2.1 Questa Corte ha affermato che il fallimento della ‘ supersocietà ‘ , che “costituisce presupposto logico e giuridico della dichiarazione di fallimento, per ripercussione, dei soci”, presuppone ‘ l’accertamento sia dell’esistenza di una società occulta (o di fatto) cui sia riferibile l’attività dell’imprenditore già dichiarato fallito, sia della sua insolvenza”; “all’insolvenza del socio già dichiarato fallito”, del resto, “potrebbe non corrispondere l’insolvenza della s.d.f.”. Va escluso, in sostanza, che il fallimento di questi ultimi possa essere dichiarato in forza di un accertamento meramente incidentale della ricorrenza fra gli stessi e il fallito di una cd. supersocietà di fatto, non solo perché la sentenza dichiarativa ha natura costitutiva ed efficacia ex nunc (onde non si vede come il fallimento dei soci possa conseguire ad una dichiarazione di fallimento meramente virtuale, od implicita, della società) ma anche perché all’insolvenza del socio già dichiarato fallito potrebbe non corrispondere l’insolvenza della s.d.f. (cui gli altri soci potrebbero, in tesi, conferire le liquidità necessarie al pagamento dei debiti) (così Cass., 20 maggio 2016, n. 10507).
2.2 E’ dunque necessario il riscontro di una “autonoma e affatto propria insolvenza” della supersocietà, che nel concreto sia fatta oggetto di analisi: con la puntualizzazione che all’esito di questa verifica sarà possibile “giungere anche eventualmente muovendo –
quale fatto indiziante – dalla rilevazione dell’insolvenza di uno o più soci, ovvero del socio cui era inizialmente imputabile l’attività economica, ma senza alcuna automatica traslazione ovvero dogmatico esaurimento in esse della prova richiesta, come per tutti gli insolventi fallibili, dall’art. 5 L. Fall.” (cfr. Cass. 12120/2016 e 6030/2021).
2.3 I precedenti richiamati dal ricorrente non confliggono con i suindicati principi in quanto il primo (Cass. 1234/2019) ha ad oggetto la fattispecie del socio illimitatamente responsabile, dichiarato fallito ai sensi dell ‘art.147 L. Fall., il quale non è legittimato a contestare il fondamento della dichiarazione di fallimento della società, in relazione al quale la sentenza dichiarativa di fallimento fa stato erga omnes, il secondo (Cass. 12120/2016) contiene un espresso riferimento all a ‘ autonoma e affatto propria insolvenza della società di fatto ‘ .
2.4 Nel caso di specie la Corte ha accertato che nessuna verifica è stata compiuta dal Tribunale circa la sussistenza dello stato di insolvenza della società, né risulta che il ricorrente abbia allegato elementi in tal senso.
2.5 Si tratta di circostanze non contestate dal ricorrente, il quale si è limitato a riportare brani di pronunce di questa Corte senza neanche spiegare l’asserito contrasto con il principio della riferibilità dell’insolvenza della ‘supersocietà di fatto’.
3 Il primo motivo è, parimenti, inammissibile.
3.1 In esso vengono articolate doglianze che investono l’ulteriore e distinta ratio decidendi dell’impugnata sentenza concernente l’esistenza stessa della società di fatto.
3.2 Orbene, si è già visto, disattendendosi il secondo, che la ulteriore ragione fondante il menzionato convincimento della corte territoriale è rimasta vanamente impugnata. Pertanto, deve trovare
applicazione il principio secondo cui, ove la corrispondente motivazione della sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata sul punto, l’omessa o infruttuosa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione inutilmente impugnata, non potrebbe produrre in alcun caso l’annullamento, in parte qua, della sentenza (cfr., ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4738 del 2022; Cass. n. 22697 del 2021; Cass., SU, n. 10012 del 2021; Cass. n. 3194 del 2021; Cass. n. 15075 del 2018; Cass. n. 18641 del 2017; Cass. n. 15350 del 2017).
3 Il motivo del ricorso incidentale condizionato proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME con il quale si deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. in relazione all’art. 147 l.f. per intervenuta decadenza della azione per decorso del termine di legge, proposto tardivamente, è privo di efficacia essendo inammissibile il ricorso principale.
4 Venendo al ricorso proposto da COGNOME , il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 15 n. 3, L. F., per violazione del termine a comparire e violazione del contraddittorio nei propri confronti, posto che risulta documentalmente provato che il Tribunale di Vibo Valentia aveva concesso termine, stante il mancato perfezionamento della prima notificazione, per rinnovare la notifica nei confronti di NOME e COGNOME NOME dell’originario ricorso in estensione fino a 15 giorni prima dell’udienza fissata del 23/10/2019 , notifica che si era perfezionata 10 giorni prima dell’udienza con la conseguente nullità del procedimento essendo il COGNOME rimasto contumace nel
procedimento di primo grado e non avendo lo stesso partecipato al giudizio di reclamo perché non evocato.
4.2 Il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. in relazione all’art. 147 l.fall. per intervenuta decadenza della azione per decorso del termine di legge.
4.4 Il terzo motivo prospetta la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. in relazione all’art. 147 l.fall. per insussistenza dei presupposti per l’estensione di fallimento nei confronti del ricorrente, avendo la sentenza impugnata, dopo aver escluso l’esistenza della ‘supersocietà di fatto’ e, in ogni caso , lo stato di insolvenza, limitato la revoca della dichiarazione di fallimento in estensione nei confronti dei soli reclamanti NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
4.5 Il terzo motivo, da esaminare prioritariamente per ragioni di economia processuale, è fondato e il suo accoglimento comporta l’assorbimento del primo e del secondo.
4.6 Una volta accertato, secondo un procedimento definito ‘ascendente’, che la cooperazione tra le persone fisiche NOME NOME e COGNOME e le società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (già dichiarate fallite) non ha operato, anche per facta concludentia , sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell’esercizio in comune dell’attività economica, esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) ed effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e che non era stata neppure prospettata la situazione di insolvenza della asserita supersocietà di fatto, viene meno la dichiarazione di fallimento, per ripercussione, di tutti i soci componenti la società di persone irregolare e di fatto; ne consegue che la Corte avrebbe dovuto revocare anche il fallimento di COGNOME Domenico.
5 In conclusione va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Fallimento, mentre in accoglimento del terzo motivo del ricorso incidentale, proposto da COGNOME va cassata l’impugnata
sentenza e, sul punto, la causa può essere decisa nel merito con la pronuncia di revoca della declaratoria di fallimento per ripercussione anche nei confronti di quest’ultimo.
6 Le spese del presente giudizio relative al rapporto processuale tra il Fallimento e NOME COGNOME e di NOME COGNOME seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Vanno invece compensate le spese nel rapporto tra COGNOME NOME, non comparso nel giudizio di secondo grado, e le altre parti, non avendo queste ultime provatamente dato causa alla decisione della Corte di non revocare il fallimento in ripercussione anche del COGNOME.
6.1 Essendo stata revocata la dichiarazione di fallimento, trova applicazione l’art. 366 del CCII, che, nel sostituire l’art. 147 T.U. Spese di Giustizia ha previsto, altresì, che la Corte di appello, quando revoca la liquidazione giudiziale, deve accertare se l’apertura della procedura sia imputabile al creditore o al debitore. 6.2 Siffatta verifica può essere parimenti svolta, anche dalla Corte di cassazione purché, tuttavia, non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, secondo la previsione di indispensabile completezza presupposta dall’art . 384 2 comma cpc (cfr. Cass. 32533/2022).
6.3 Nel caso di specie non si ravvisano gli estremi della grave negligenza del curatore nel chiedere l’accertamento e il fallimento della ‘supersocietà di fatto’ e il fallimento in ripercussione dei soci illimitatamente responsabili, avendo la Corte evidenziato che l’iniziativa del curatore appariva sorretta da plurimi elementi ed indici esteriori (elencati in nota a pag. 4 della sentenza), pur non ritenuti sufficienti per affermare in termini di ragionevole certezza l’esistenza di una ‘supersocietà di fatto’.
PQM
La Corte, sui ricorsi di cui in epigrafe per come riuniti, dichiara inammissibile il ricorso proposto dal RAGIONE_SOCIALE e inefficace il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME in accoglimento del terzo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME COGNOME dichiarando assorbiti il primo e il secondo motivo, cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, revoca la dichiarazione di fallimento per ripercussione anche nei confronti di NOME COGNOME condanna il Fallimento al pagamento delle spese anticipate da NOME COGNOME e NOME COGNOME che liquida in complessive € 7.200 di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%; compensa integralmente le spese di giudizio relative al rapporto processuale tra NOME COGNOME e le altre parti costituite ; dichiara il curatore del Fallimento RAGIONE_SOCIALE non responsabile ai sensi degli artt. 147 d.P.R. n. 117/2002 e 366 d.lgs. n. 14/2019; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di Fallimento RAGIONE_SOCIALEr.l., dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto .
Così deciso nella Camera di Consiglio del 5 dicembre 2023