Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22162 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22162 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22738/2024 R.G. proposto da :
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE e FALLIMENTO in estensione della supersocietà di fatto costituita da RAGIONE_SOCIALE in fallimento, RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrenti
–
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura in calce al controricorso
contro
ricorrenti –
contro
PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE D’APPELLO di ROMA e RAGIONE_SOCIALE
– intimati
–
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5679/2024 depositata il 12/9/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/6/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Frosinone, con sentenza n. 14/2020, dichiarava, su istanza del fallimento RAGIONE_SOCIALE, il fallimento della supersocietà di fatto ritenuta esistente fra la stessa RAGIONE_SOCIALE (già dichiarata fallita dal medesimo Tribunale di Frosinone con sentenza pubblicata in data 13 giugno 2020), RAGIONE_SOCIALE e i coniugi NOME COGNOME ed NOME COGNOME (i quali avevano rivestito la carica di amministratori, rispettivamente, di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nonché dei soci di fatto illimitatamente responsabili.
La Corte d’appello di Roma, a seguito del reclamo presentato da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME, constatava -fra l’altro e per quanto qui di interesse che il tribunale aveva valorizzato, al fine di ravvisare la qualità di soci della supersocietà di fatto di COGNOME e COGNOME, la circostanza che gli stessi avevano messo a disposizione di RAGIONE_SOCIALE a titolo gratuito tutti i beni immateriali ( know-how , marchi, software e hardware) dei cui diritti di sfruttamento economico erano titolari esclusivi, nonostante tali beni, dall’anno 2008, fossero stati formalmente concessi in licenza esclusiva a RAGIONE_SOCIALE
Registrava che il tribunale, a ulteriore riprova della sussistenza della loro qualità di soci, aveva valutato il fatto che i coniugi non avevano mai tratto la remunerazione alla quale avrebbero avuto diritto dall’utilizzo dei beni concessi alle due società, a dispetto dell’elevata consistenza delle royaltes e del fatto che svolgevano professionalmente attività imprenditoriale, con una rinuncia che trovava la sua sola possibile giustificazione nell’intento di finanziare indirettamente il meccanismo societario di fatto, apportando un elemento di ricchezza e indubbia produttività a costo zero.
Riteneva che queste considerazioni del primo giudice, seppur idonee a fondare la prova dell’elemento oggettivo della qualità di soci di COGNOME e COGNOME nella società di fatto, non fossero sufficienti a considerare dimostrata l’esistenza in capo ai medesimi coniugi della cd. affectio societatis , ovverosia dello svolgimento di un’attività in comune secondo un’intenzione condivisa, con la conseguente partecipazione diretta di ciascun socio a perdite e profitti riferibili all’attività comune.
Osservava che la circostanza per cui COGNOME e COGNOME fossero amministratori e soci delle due compagini imponeva di considerare con maggior rigore il requisito dell’ affectio societatis , perché il loro interesse al buon esito dell’attività d’impresa della società di fatto era giustificato, da un lato, dalla qualità di amministratori delle due compagini e dalla circostanza che fossero i soggetti che avevano concretamente ideato e realizzato il meccanismo imprenditoriale qualificato come società di fatto, dall’altro dalla veste di soci e dal tornaconto che conseguentemente avevano alla sopravvivenza delle due società e alla prosecuzione della loro attività d’impresa.
Evidenziava che il diretto coinvolgimento della coppia nel meccanismo imprenditoriale era inevitabile, ma non sufficiente a ritenere che la loro partecipazione allo stesso eccedesse quello di amministratori di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Giudicava che l’unico elemento eccedente rispetto al ruolo di amministratori delle due società -ravvisato dal tribunale nel fatto che avevano apportato i marchi e i brevetti in loro titolarità e proprietà e i know-how indispensabili per l’attività d’impresa rinunciando ai relativi corrispettivi, in tal modo finanziando la società di fatto -costituisse un elemento occasionale e insufficiente a manifestare l’intento di perseguire una stabile compartecipazione, in quanto esauritosi in un unico atto.
Sosteneva che il finanziamento indirettamente effettuato da parte di COGNOME e COGNOME in favore della società di fatto, pur costituendo
un indice rivelatore dell’ affectio societatis , non fosse sufficiente a concludere per la sua effettiva sussistenza, in quanto difettava di una sistematicità tale da consentire di ravvisare una costante opera di sostegno – eccedente rispetto al ruolo di amministratori di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE – all’attività di impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali.
Revocava pertanto, in parziale accoglimento del reclamo, la sentenza impugnata limitatamente alla partecipazione alla supersocietà di fatto di NOME COGNOME ed NOME COGNOME ed al loro conseguente personale fallimento, confermando per il resto la pronuncia emessa dal Tribunale di Frosinone.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE e il fallimento in estensione della supersocietà di fatto costituita da RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché dei soci illimitatamente responsabili hanno proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 12 settembre 2024, prospettando tre motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Gli intimati RAGIONE_SOCIALE e Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Roma non hanno svolto difese.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 147, commi 4 e 5, l. fall., 2247, 2253, 2267, 2697 e 2729 cod. civ., 112 e 115 cod. proc. civ., con riferimento alla negazione della sussistenza della cd. affectio societatis , quale indice sintomatico di un rapporto sociale di fatto dimostrato per presunzioni: la corte territoriale -in tesi di parte ricorrente – ha
violato le disposizioni in tema in prova presuntiva (e, segnatamente, quelle di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ.), laddove ha del tutto illogicamente ritenuto che il rilevante finanziamento indiretto all’attività imprenditoriale della supersocietà di f atto da parte dei coniugi COGNOME e COGNOME, realizzato nel corso di oltre dieci anni attraverso l’apporto di beni immateriali ( know-how , marchi, brevetti) nonché di hardware e software ritenuti dagli stessi giudici distrettuali indispensabili ai fini dell’attività d’impresa, di loro esclusiva titolarità e proprietà a titolo assolutamente gratuito, non costituisse un elemento indiziario preciso e grave sulla base del quale poter inferire la sussistenza del requisito dell’ affectio societatis .
Un simile apporto -protrattosi per un lungo lasso di tempo, indispensabile per l’esercizio dell’attività di impresa e, in quanto a titolo gratuito, costituente una forma di finanziamento indiretto -non poteva evidentemente essere qualificato come elemento meramente occasionale, non sintomatico di un’ affectio societatis , cioè del vincolo di collaborazione in funzione dell’attività sociale, diversamente da quanto apoditticamente ritenuto dalla Corte d’appello.
4.2 Il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. e 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso la partecipazione dei coniugi COGNOME e COGNOME alla supersocietà di fatto esistente tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, risulta -a dire dei ricorrenti – gravemente viziata per la presenza di una motivazione apparente, di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e di motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile.
In particolare, la Corte d’appello, laddove ha affermato, al fine di verificare l ‘e sistenza di un ‘ affectio societatis , che « l’unico elemento eccedente rispetto al ruolo di amministratori delle due società -ravvisato dal Tribunale nel fatto che hanno apportato i marchi e i
brevetti in loro titolarità e proprietà, i know-how indispensabili per l’attività d’impresa rinunciando ai relativi corrispettivi, in tal modo finanziando la Sdf -appare quale elemento occasionale, insufficiente a manifestare l’intento di perseguire una stabile compartecipazione in quanto esauritosi in un unico atto », sarebbe incorsa in una manifesta illogicità e in un’irredimibile contraddizione, in quanto la messa a disposizione a titolo gratuito di beni immateriali, quali knowhow , marchi e brevetti, nonché hardware e software , indispensabili per l’esercizio dell’attività di impresa, giorno dopo giorno e per oltre dieci anni, non poteva logicamente esaurirsi « in un unico atto » o costituire un « elemento occasionale ».
La decisione impugnata, inoltre, pur ammettendo che un simile finanziamento indiretto costituisse « un indice rivelatore dell’ affectio societatis», ha ritenuto che lo stesso difettasse di una « sistematicità tale da ravvisare una costante opera di sostegno all’attività di impresa », dopo però aver riconosciuto che la messa a disposizione da parte dei coniugi COGNOME dei beni immateriali a loro appartenenti, iniziata nel 2008, era stata indispensabile per l’attività di impresa, rispetto alla quale aveva rappresentato una costante « opera di sostegno ».
4.3 Con il terzo motivo di ricorso la sentenza impugnata è censurata, ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in quanto i giudici del reclamo hanno omesso di considerare diverse circostanze di fatto e, in questo modo, hanno erroneamente ritenuto non raggiunta la prova presuntiva della partecipazione dei coniugi COGNOME e COGNOME in qualità di soci, alla supersocietà di fatto esistente tra le società RAGIONE_SOCIALE e Iperblock.
Queste circostanze erano costituite: i) dal fatto che i due coniugi erano stati gli ideatori e gli autori del complessivo disegno imprenditoriale unitario che aveva portato, dal 2008, allo ‘spacchettamento’ dell’attività originariamente esercitata dalla so la
RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE, a cui si era sommato il contestuale apporto dei beni immateriali di loro esclusiva titolarità indispensabili all’esercizio dell’attività di impresa; ii) dal fatto che COGNOME, uti singulus , aveva concesso sin dagli anni novanta in comodato a RAGIONE_SOCIALE il terreno di sua proprietà confinante con il sito produttivo perché venisse adibito a deposito dei rifiuti derivanti dalla produzione industriale, con un’agevolazione che dal 2008 andava imputata alla supersocietà di fatto fino alla dichiarazione di fallimento.
I motivi, da esaminare congiuntamente per il rapporto di connessione che li unisce, risultano tutti fondati e meritano accoglimento.
5.1 È ormai diritto vivente (formatosi a partire dal leading case esaminato da Cass. 10507/2016; si vedano nello stesso senso, fra molte, Cass. 12120/2016, Cass. 1095/2016 e, più di recente, Cass. 8360/2025) la configurabilità della cd. supersocietà di fatto (così qualificandosi la società di fatto, o occulta, tra società di capitali o tra persone fisiche e società di capitali) anche a fini fallimentari; la giurisprudenza di legittimità ha dato ingresso a un’interpretazione che non solo ha riconosciuto la possibilità che una società di capitali possa partecipare a una società di fatto, apparente o occulta, anche per facta concludentia , ma consente anche di affermare che, una volta acquisito, secondo un procedimento definito “ascendente”, che la cooperazione fra un soggetto persona fisica e una società a responsabilità limitata ha operato anche per facta concludentia sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell’esercizio in comune dell’attività economica, dell’esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) e dell’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite, dunque attraverso un agire nell’interesse dei soci nonché dell’assunzione ed esteriorizzazione del vincolo anche verso i terzi, ne deriva – in via “discendente” – dalla conseguente società di persone, di fatto e irregolare, la necessaria responsabilità personale
dei suoi componenti, così instaurandosi il presupposto per le rispettive dichiarazioni di fallimento, diretta quanto al soggetto collettivo, e per ripercussione, quanto ai suoi soci, ai sensi dell’art. 147 l. fall. (cfr. Cass. 31999/2022).
La sussistenza di un simile fenomeno postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e di regola non contrario, all’interesse dei soci.
La supersocietà è peraltro configurabile anche se l’interesse dei soci viene perseguito accanto a quello della società da essi partecipata, intendendosi per ‘conformità’ una non assoluta contrarietà a quello della società, ma ammettendosi -pure se in ipotetiche proporzioni non equivalenti -la concomitanza del perseguimento dei due interessi.
5.2 Nel caso di specie, la Corte territoriale ha preso le mosse da quanto già constatato in fatto dal tribunale -in ordine alla circostanza che COGNOME e COGNOME avevano messo a disposizione di RAGIONE_SOCIALE a titolo gratuito tutti i beni immateriali ( knowhow , marchi, software e hardware ) dei cui diritti di sfruttamento economico erano titolari esclusivi, nonostante dall’anno 2008 essi fossero stati formalmente concessi in licenza esclusiva a RAGIONE_SOCIALE, ratificando e legittimando a posteriori, attraverso una dichiarazione resa in data 17 luglio 2020, la consolidata situazione di utilizzo di fatto di detti beni e la commistione necessariamente occorsa di risorse, funzionale al perseguimento dell’unitario progetto imprenditoriale -, ma ha ritenuto che i rilievi del primo giudice fosse ro idonei a fondare la prova dell’elemento oggettivo, e tuttavia non dell’esistenza in capo ai coniugi della cd. affectio societatis , vale a dire dello svolgimento di un’ attività in comune secondo un ‘intenzione condivisa (come a voler riconoscere l’esistenza d i un apporto all’attività comune ma non d i un intento sociale).
E ciò in quanto gli odierni controricorrenti avevano apportato i marchi e i brevetti in loro titolarità e proprietà e i know-how indispensabili
per l’attività d’impresa, rinunciando ai relativi corrispettivi e in tal modo finanziando la supersocietà di fatto, attraverso un’attività che appariva quale elemento occasionale, insufficiente a manifestare l’intento di perseguire una stabile compartecipazione in quanto esauritosi in un unico atto.
Una simile giustificazione appare viziata, ad un tempo, sotto un profilo motivazionale e sostanziale.
5.3 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza di una motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (si veda in questo senso, per tutte, Cass., Sez. U., 8053/2014).
Ora, nel caso di specie la motivazione della decisione impugnata risulta del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, giacché si estrinseca in affermazioni fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili, laddove da una parte riconosce che la disponibilità dei beni immateriali venne assicurata da COGNOME e COGNOME a decorre dal 2008 (e fino al 2020, epoca in cui RAGIONE_SOCIALE fu dichiarata fallita), dall’ altra definisce un simile supporto come ‘occasionale’, nonostante si fosse protratto, secondo gli accertamenti dei giudici di merito, per un arco temporale di dodici anni.
Non vale a identificare la ratio posta a fondamento della decisione neppure il riferimento alla dichiarazione del 17 luglio 2020 quale
attività occasionale ed episodica (con cui era stata ratificata e legittimata a posteriori la consolidata situazione di utilizzo di fatto di detti beni e la commistione necessariamente occorsa di risorse, funzionale al perseguimento dell’unitario progetto imprenditoriale).
La Corte d’appello, infatti, non è giunta a diversi approdi, in fatto, dagli accertamenti compiuti dal tribunale (e riportati all’interno della decisione impugnata, a pag. 12), in ordine all’avvenuta fornitura di beni immateriali ‘indispensabili per l’attività d’impresa’ ‘a titolo gratuito’ per un arco temporale di dodici anni.
La condivisione di questo accertamento in fatto compiuto dal tribunale, non rettificato o corretto in alcun modo, si pone in evidente contrasto con la constatazione del carattere ‘occasionale’ dell’unico elemento eccedente lo svolgimento del ruolo di amministratore da parte di COGNOME e COGNOME dato che una simile valutazione, se poteva valere per la dichiarazione di ratifica della consolidata situazione di utilizzo dei beni, non si attagliava di certo alla costante opera di sostegno compiuta attraverso la rinuncia alle royaltes per un così lungo periodo di tempo.
Al fondo della motivazione offerta dalla Corte distrettuale rimangono perciò argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse e, come detto, obiettivamente incomprensibili, quali l’accertamento in fatto della messa a disposizione di beni immateriali indispensabili per lo svolgimento dell’unitario progetto imprenditoriale fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a titolo gratuito e per un dodicennio, da un lato, e la constatazione del ricorrere di un elemento di prova solo occasionale, insufficiente a manifestare l’intento di perseguire una stabile compartecipazione in quanto esauritosi in un unico atto, dall’altro.
5.4 Gli accertamenti in fatto compiuti dal tribunale e recepiti dalla Corte distrettuale circa l’opera di sostegno dell’unitario progetto imprenditoriale realizzata nel tempo da COGNOME e COGNOME assumevano rilievo anche sotto un profilo sostanziale.
La supersocietà di fatto si caratterizza, come detto, anche perchè nella stessa tutti i soci perseguono un comune intento sociale (Cass. 4784/2023).
La dimostrazione del ricorrere di questa affectio societatis può essere ricavata, oltre che da prove dirette specificamente riguardanti la sua sussistenza, anche da manifestazioni esteriori che ne siano rivelatrici per il loro carattere di sistematicità e concludenza, tra le quali particolare significatività può essere riconosciuta ai rapporti di finanziamento e di garanzia che siano ricollegabili, per la loro sistematicità e per ogni altro elemento concreto, a una costante opera di sostegno del garante o finanziatore all’attività di impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali (Cass. 4385/2023, Cass. 27541/2019).
Occorreva allora tenere conto, una volta accertato in fatto che l’avvenuta fornitura di beni immateriali ‘indispensabili per l’attività d’impresa’ ‘a titolo gratuito’ per un arco temporale di dodici anni, che i rapporti di finanziamento di carattere sistematico che abbiano assunto valenza di una costante opera di sostegno finanziatore all’attività di impresa sono qualificabili come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali e costituiscono, in via presuntiva, indici rivelatori di particolare significato del ricorrere di un’ affectio societatis .
A questo proposito è opportuno ricordare che l’espressa esclusione da parte del giudice di merito della configurabilità di una presunzione sia deducibile come vizio di falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in quanto nella motivazione della sentenza di merito si coglie e, quindi si denuncia, un’argomentazione motivazionale espressa con cui il giudice, violando alcuno dei paradigmi dell’art. 2729 cod. civ., si rifiuta erroneamente di sussumere la vicenda fattuale (assunta proprio come egli l’ha individuata) sotto la norma stessa e, quindi, di applicare una presunzione che doveva applicare (cfr. Cass. 17720/2018, ove si chiarisce che l’ipotesi è perfettamente
speculare a quella, considerata dalle Sezioni Unite nella sentenza 1785/2018, in cui il giudice di merito abbia in positivo applicato una presunzione in violazione dei detti paradigmi; « Il rifiuto espresso e motivato di individuare una presunzione hominis va trattato, dunque, allo stesso modo dell’applicazione di una presunzione senza rispetto dei paradigmi normativi indicati dall’art. 2729 cod. civ. In entrambi i casi la denuncia in Cassazione è possibile secondo il verso della c.d. falsa applicazione della norma dell’art. 2729 cod. civ. e si resta del tutto al di fuori dell’ipotesi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ .» Cass. 17720/2018, § 1.2, pag. 9).
5.5 Se è ben vero che spetta al giudice di merito, oltre che valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico, verificare la loro rispondenza ai requisiti di legge e apprezzare in concreto l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, il libero convincimento del giudice di merito a questo proposito è però sindacabile nei ristretti limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e cioè per mancato esame di fatti storici, anche quando veicolati da elementi indiziari non esaminati e dunque non considerati dal giudice sebbene decisivi, con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, nonché quando la motivazione non sia rispettosa del minimo costituzionale (Cass. 10253/2021).
Nel caso di specie la stessa Corte territoriale ha spiegato come fosse necessario verificare la presenza di indici sintomatici dello svolgimento di attività in comune secondo un’intenzione condivisa, con la conseguente partecipazione diretta di ciascun socio a perdite e profitti riferibili all’attività comune.
In quest’ottica, allora, occorreva non solo esaminare l’apporto senza corrispettivo, da parte di COGNOME e COGNOME, di marchi e brevetti di cui erano titolari e del know how indispensabile per lo svolgimento dell’attività d’impresa, ma anche la concessione in comodato, da
parte di COGNOME ed in favore di RAGIONE_SOCIALE, di un terreno di sua proprietà confinante con il sito produttivo di Anagni affinché venisse adibito a deposito dei rifiuti derivanti dalla produzione industriale, imputabile, dal 2008, alla supersocietà di fatto (come addotto all’interno dell’istanza di fallimento), giacché anche quest’ultima circostanza era potenzialmente dimostrativa di quell’indice sintomatico costituito dall’intento di perseguire una costante opera di sostegno all’attività di impresa che i giudici distrettuali hanno ritenuto decisiva al fine di ravvisare il ricorrere di una supersocietà di fatto.
Questa circostanza, ove effettivamente sussistente, doveva poi essere valutata complessivamente insieme a tutti gli altri elementi presuntivi isolati, al fine di accertare se essi fossero concordanti e se la loro combinazione fosse in grado di fornire una valida prova presuntiva che eventualmente non poteva dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi (Cass. 9108/2012).
Per tutto quanto sopra esposto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma in data 25 giugno 2025.