Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 64 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 64 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 10848/2021 proposto da: RAGIONE_SOCIALE in qualità di amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in Roma INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in atti
– ricorrenti –
Fallimento della società di fatto composta dai soci RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Rita, COGNOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e dei soci illimitatamente responsabili elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 259/2021, depositata in data 5/3/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 5/12/2023 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’Appello di Ancona, con la gravata sentenza, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE, in qualità di amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Fermo che aveva dichiarato il fallimento in estensione di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già dichiarata fallita) e RAGIONE_SOCIALE, ritenuti soci della supersocietà di fatto costituita tra essi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, ha ritenuto la sussistenza della società di fatto tra i predetti soggetti, sulla scorta di plurimi elementi, puntualmente esaminati, che fornivano la piena prova dell’attività in un gruppo paritetico di soggetti, del comune intento perseguito, conforme all’interesse dei soci e della affectio societatis , mentre non risultava dimostrata la struttura verticale della holding di fatto incentrata sulla posizione di controllo e sovraordinazione gerarchica sull’attività delle società da parte della famiglia COGNOME.
2.1 Quanto alla sussistenza dello stato di insolvenza, i giudici marchigiani lo desumevano, oltre che dal deposito da parte delle società del piano di risanamento non andato a buon fine, anche dall’analisi della contabilità delle società che presentavano una strettissima commistione patrimoniale e gestionale, sicché l’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE, certificata con la
dichiarazione di fallimento, costituiva un elemento di forte pregnanza dell’insolvenza delle altre società partecipanti.
3 COGNOME NOME, nella spiegata qualità, ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di sette motivi; il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con la memoria, ex art. 380 bis cpc, COGNOME Guglielmo ha eccepito la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento della supersocietà di fatto tra la soc. RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per difetto di assistenza tecnica del curatore nell’istanza per estensione del fallimento, invero presentata personalmente – e di inesistenza originaria della procura alle liti -che ha impedito la valida instaurazione del rapporto processuale.
1.1 A sostegno del proprio assunto il ricorrente ha trascritto nella memoria non l’atto introduttivo del giudizio ‘prefallimentare’ volto all’accertamento della società di fatto ma l’istanza del curatore al Giudice Delegato con la quale si chiedeva che ‘ codesto giudice delegato voglia autorizzare il curatore a proporre ricorso per l’estensione del fallimento ai seguenti soggetti : ………… Voglia altresi’ disporre in favore della scrivente curatela l’ammissione al patrocinio delle spese dello Stato, in mancanza di fondi in capo al fallimento ‘.
1.2 L’eccezione difetta di specificità , ed è pertanto inammissibile, in quanto non viene data puntuale indicazione del fatto processuale (istanza di fallimento proposta senza l’assistenza del difensore) alla base dell’errore pur denunciato.
2 I motivi del ricorso possono così essere riassunti:
violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc, 115 , 116 cpc e 132 nr 4 cpc, in relazione all’art 360 1° comma nr. 3 e 4, per avere la sentenza fatto riferimento alla ‘contabilità della fallita
COGNOME Macchine ‘ o a ‘mastrini di debito e credito’ senza indicare i documenti con la conseguente mancata prova dell’esistenza del ‘fondo’ comune ;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc, 115 e 116 cpc 132 nr 4 cpc, in relazione all’art 360 1° comma nr 3 e 4; per avere la corte valorizzato il piano di risanamento ritenendo erroneamente che avessero partecipato tutte le società ad eccezione di RAGIONE_SOCIALE quando invece il piano era stato presentato solo dalla RAGIONE_SOCIALE e le altre società erano state indicate solo per la valutazione delle partecipazioni della RAGIONE_SOCIALE;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cc, 115 e 116 cpc e 132 nr. 4 cpc, in relazione all’art 360 1° comma nr 3 e 4, perché secondo la sentenza impugnata tra le modalità esecutive del piano di risanamento vi era la ripartizione dei flussi derivanti dalla vendita degli immobili a favore di società diverse da quella proprietaria senza che tale affermazione avesse trovato riscontro probatorio;
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cc, 115, 116 e 132 nr 4 cpc, in relazione all’art 360 1° comma nr 3 e 4, nonché omesso esame di un fatto decisivo ai fini del decidere ai sensi dell’art 360 1 comma nr 5 cpc, perché la Corte ha ritenuto complementari alla attività della RAGIONE_SOCIALE le attività RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE senza tener conto delle contestazioni svolte nell’atto di appello e delle visure camerali di dette società;
violazione degli artt. 2497, 2359, 2697 cc, 115 e 116 cpc in relazione all’art . 360 1° comma nr 3 cpc, nonché omesso esame di un fatto decisivo ai fini del decidere ai sensi dell’art 360 1 comma nr. 5 cpc, per aver la Corte, pur riconoscendo l’esistenza di una gestione verticistica, erroneamente escluso la configurabilità di holding di fatto ricollegabile all’attività di direzione e coordinamento della famiglia COGNOME, che emergeva con chiarezza anche dalla
lettura del piano di risanamento dal quale risultano specifiche assunzioni di impegni finanziari di COGNOME NOME con concessione di ipoteche su beni personali;
violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cc, 115 e 116 cpc 147 comma 1 e 5 e 5 l.fall. in relazione all’art 360 1° comma nr 3 cpc, perché la Corte ha accertato l’insolvenza della società di fatto, che non era stata neanche allegata dalla curatela, sulla base dell’insolvenza delle singole società , desunta da elementi indiziari inconcludenti, quali il piano di risanamento che riguardava solo la RAGIONE_SOCIALE e la commistione patrimoniale e gestionale non provata dalla documentazione;
violazione e falsa applicazione degli artt. 91 cpc e 130 del dpr 115/2002, per avere la Corte determinato le spese di giudizio senza indicare né gli scaglioni, né le fasi e senza operare la riduzione della metà essendo il Fallimento stato ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato.
2.1 I primi quattro motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione della sussistenza delle condizioni della società di fatto, sono inammissibili.
2.2 E’ ormai diritto vivente (formatosi a partire dal leading case di cui a Cass. n. 10507/2016;12120/2016;1095/2016) la configurabilità della cd. supersocietà di fatto (così qualificandosi la società di fatto tra società di capitali o tra persone fisiche e società di capitali); la giurisprudenza di legittimità, pertanto, ha dato ingresso ad un’interpretazione che non solo ha riconosciuto la possibilità che una società di capitali possa partecipare ad una società di fatto, apparente o occulta, anche per facta concludentia , ma consente di affermare che, una volta acquisito, secondo un procedimento definito “ascendente”, che la cooperazione fra un soggetto persona fisica ed una società a responsabilità limitata ha operato anche per facta concludentia sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell’esercizio in comune dell’attività economica,
dell’esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) e dell’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite, dunque un agire nell’interesse dei soci, nonché dell’assunzione ed esteriorizzazione del vincolo, anche verso i terzi, ne deriva – in via “discendente” – dalla conseguente società di persone, di fatto e irregolare, la necessaria responsabilità personale dei suoi componenti, così instaurandosi il presupposto per le rispettive dichiarazioni di fallimento, diretta quanto al soggetto collettivo, e per ripercussione, tanto ai suoi soci, ai sensi della L.Fall., art. 147 (cfr. Cass. n. 31999 /2022). La sussistenza di un tale fenomeno postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere tendenzialmente conforme, e non contrario, all’interesse dei soci, dovendosi ritenere che la circostanza che le singole società perseguano, invece, l’interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una possibile prova contraria all’esistenza della supersocietà di fatto. Simile circostanza può semmai costituire indice di esistenza di una “holding” di fatto nei cui confronti il curatore può agire in responsabilità (art. 2497 c.c.); la quale “holding” di fatto può essere dichiarata autonomamente fallita, ove ne sia accertata l’insolvenza a richiesta di uno dei soggetti legittimati (cfr. Cass. n. 7903/2020; 15346/2016; 5520/2017).La supersocietà sussiste, peraltro, anche se l’interesse dei soci viene perseguito accanto a quello della società da essi partecipata, intendendosi per ‘conformità’ una non assoluta contrarietà a quello delle società, ma ammettendosi -pure se in proporzioni non equivalenti -la concomitanza del perseguimento dei due interessi. 2.3. La corte distrettuale, condividendo la puntuale ricostruzione fattuale posta dal Tribunale di Fermo, ha tratto il proprio convincimento circa l’esistenza della cosiddetta affectio societatis da plurimi e convergenti elementi costituiti: i) dallo svolgimento da parte delle società fallite in estensione di attività complementari
alla attività della RAGIONE_SOCIALE (produzione e vendita di macchinari per la produzione di calzature); in particolare la RAGIONE_SOCIALE concedeva leasing operativi e finanziari, la RAGIONE_SOCIALE era una società commerciale, la RAGIONE_SOCIALE era un’immobiliare ; ii) dal legame di stretta parentela dei soci, dal fatto che a ricoprire le cariche sociali erano le stesse persone e dall’identità delle sedi delle società; iii) dalla fitta rete di dati, legami e rapporti tra le società, con riferimento ai continui e reciproci flussi finanziari e intrecci di posizioni debitorie/creditorie che hanno reso difficoltosa la ricostruzione della contabilità della fallita; iv) dalle modalità esecutive del piano di risanamento che prevedeva il pagamento dei debiti delle società dai flussi derivanti dalla vendita degli immobili. I giudici di secondo grado hanno, inoltre, valutato i rilievi critici dei reclamanti sostanzialmente giudicandoli inidonei a mutare la suddetta conclusione cui era pervenuto il primo giudice.
2.4 Devono, quindi, senz’altro respingersi le censur e afferenti un’asserita motivazione mancante; la corte distrettuale ha, infatti, fornito una motivazione in linea con il minimum costituzionale (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014) quanto alla configurabilità, nella specie, di una supersocietà di fatto, analizzando gli elementi indiziari (in relazione ai quali correttamente ha proceduto ad una loro valutazione complessiva) e costitutivi quali desumibili dagli atti di causa ed altresì esponendo diffusamente le ragioni del proprio convincimento.
2.5 Le residue censure di violazione di legge e di omesso esame di un fatto decisivo, che in sostanza reiterano i motivi del reclamo, mirano ad ottenere una rivisitazione, ad opera anche di questo Collegio, delle valutazioni effettuate dalla corte territoriale, laddove essa ha confermato l’esistenza della supersocietà di fatto come accertata dal tribunale, invocandone una nuova, sebbene rapportata, essenzialmente, ai medesimi elementi istruttori
utilizzati dalla corte territoriale, volta all’accertamento dell’assenza del collegamento funzionale all’esercizio, in via di fatto, dell’impresa comune e/o comunque dei presupposti che la suddetta giurisprudenza di legittimità richiede per la concreta configurabilità di una supersocietà di fatto.
2.6 Il ricorso per cassazione non rappresenta in realtà, va ricordato, uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).
3 Il quinto motivo è inammissibile.
3.1 Al di là della non chiara decisività del supposto fatto trascurato, va rilevato che la parte, laddove lamenti l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, deve indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass., Sez. U., 8053/2014).
3.2 Ciò posto i ricorrenti non hanno fornito la prova che la questione della specifica attività negoziale che il COGNOME avrebbe compiuto con le operazioni di finanziamento del piano di risanamento, ai fini della individuazione dell’attività di direzione e coordinamento ai sensi degli artt. 2497 e 2359 cc, sia stata oggetto di discussione nei giudizi di merito.
4 Anche il sesto motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
4.1 La Corte di merito, con accertamento di natura evidentemente fattuale, ha desunto l’insolvenza ‘autonoma’ della società di fatto dalla partecipazione delle società al piano di risanamento, presentato da RAGIONE_SOCIALE, non andato a buon fine e dall’analisi della contabilità delle società che presentavano una strettissima commistione patrimoniale e gestionale, sicché l’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE, certificat a con la dichiarazione di fallimento, costituiva elemento di forte pregnanza dell’insolvenza delle altre società partecipanti.
4.2 Ancora una volta la censura intendere ripetere un mero giudizio sul fatto, non consentito in questa sede, al fine di ottenerne un esito più consono alle proprie aspettative.
5 Il settimo motivo è inammissibile ex art 360 bis cpc.
5.1 In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili sia le ragioni dello scostamento dalla “forcella di tariffa”, sia le ragioni che ne giustifichino la misura (Cass. 19989/2021, 4782/2020 e 12537/2019).
5.2 Quanto alla omessa dimidiazione, delle spese questa Corte ha chiarito che “in tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora
risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità” (cfr. Cass. 19/2020,136/2020 11590/2019, 22017/2018).
6 Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
7 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessive € 10.200 di cui € 200 per esborsi oltre Iva Cap e rimborso forfettario nella misura del 15%; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13 se dovuto.
Cosi deciso nella Camera di Consiglio del 5 dicembre 2023
Il Presidente
NOME COGNOME