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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento

La Cassazione conferma il fallimento esteso al socio di una Srl, ritenendo provata l’esistenza di una supersocietà di fatto sulla base di nuovi elementi. Viene escluso il principio del ne bis in idem rispetto a una precedente decisione di revoca, poiché il rigetto di un’istanza di fallimento non crea un giudicato tombale.

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Supersocietà di fatto: La Cassazione chiarisce i limiti del giudicato e i criteri per l’estensione del fallimento

L’ordinanza in esame affronta il tema complesso e delicato della supersocietà di fatto, ovvero quella società non formalizzata che sorge tra una società di capitali e una persona fisica, con conseguenze dirette sull’estensione del fallimento. La Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su due aspetti cruciali: l’inapplicabilità del principio del ne bis in idem a un precedente rigetto dell’istanza di fallimento e gli elementi probatori sufficienti a dimostrare l’esistenza di tale vincolo societario occulto, anche in presenza di legami familiari.

Il caso: dal primo fallimento al ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria prende le mosse dal fallimento di una società a responsabilità limitata. La curatela fallimentare richiedeva l’estensione del fallimento a una persona fisica, ritenuta socio illimitatamente responsabile di una supersocietà di fatto costituita con la Srl.
In un primo momento, la Corte d’Appello aveva revocato una precedente estensione del fallimento, ritenendo che la collaborazione della persona fisica rientrasse nella mera affectio familiaris, ovvero un aiuto prestato in ambito familiare senza un reale intento societario.
Successivamente, la curatela presentava una nuova istanza di estensione del fallimento basata su nuovi elementi probatori emersi durante le attività di verifica. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la nuova istanza, dichiarando nuovamente il fallimento della persona fisica in qualità di socio di fatto. Contro quest’ultima decisione, il socio proponeva ricorso in Cassazione.

La questione della supersocietà di fatto e il ne bis in idem

Il ricorrente lamentava la violazione del principio del ne bis in idem (o del giudicato), sostenendo che la precedente sentenza della Corte d’Appello, che aveva escluso la sua qualità di socio, non potesse essere superata da una nuova pronuncia sullo stesso tema.
La Cassazione ha rigettato fermamente questa tesi, chiarendo un punto fondamentale del diritto fallimentare: il provvedimento che rigetta un’istanza di fallimento è privo di attitudine al giudicato. Esso costituisce una mera preclusione di fatto, ma non impedisce la presentazione di una nuova istanza basata su elementi sopravvenuti, preesistenti ma non dedotti, o persino sulla stessa prospettazione, se avanzata da un creditore diverso o, come in questo caso, dallo stesso creditore sulla base di nuove prove. La precedente revoca, quindi, non precludeva un nuovo esame della questione.

Gli indizi della supersocietà di fatto secondo la Corte

Superato l’ostacolo del giudicato, la Corte ha confermato la correttezza della decisione di merito che aveva ritenuto provata l’esistenza della supersocietà di fatto. La valutazione si è basata su una serie di indici significativi e convergenti, che andavano ben oltre la semplice collaborazione familiare.

Elementi probatori decisivi

I giudici hanno valorizzato i seguenti elementi:
1. Attività operativa: Lo svolgimento di attività di consegna e ricezione di prodotti nel magazzino della società.
2. Messa a disposizione di immobili: La concessione in comodato gratuito di un locale di proprietà del socio, utilizzato dalla società per la vendita al minuto.
3. Investimenti condivisi: La messa a disposizione di un terreno di proprietà del socio, sul quale la società ha poi edificato il proprio capannone-magazzino.
4. Imputazione dei costi: L’imputazione dell’imposta sui rifiuti (Tari) relativa a beni di proprietà del socio direttamente alla società.
Questi elementi, valutati complessivamente, hanno delineato un quadro di sistematica collaborazione e confusione patrimoniale che trascendeva la mera affectio familiaris per configurare una vera e propria affectio societatis.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto il secondo motivo di ricorso, relativo all’omesso esame di fatti decisivi, inammissibile. Ha ribadito che l’accertamento dell’esistenza di una società di fatto costituisce una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è supportata da una motivazione logica e coerente. I giudici di merito avevano correttamente esaminato gli indizi e concluso per l’esistenza del vincolo sociale. La censura del ricorrente, secondo la Suprema Corte, si traduceva in una richiesta di nuova valutazione delle prove, non consentita in Cassazione. Infine, anche il motivo relativo alle spese legali è stato rigettato in quanto la Corte d’Appello aveva correttamente applicato il principio della soccombenza.

Le conclusioni

L’ordinanza rafforza due principi di grande rilevanza pratica. In primo luogo, stabilisce che la ‘partita’ del fallimento non è necessariamente chiusa dopo un primo rigetto dell’istanza di estensione; l’emersione di nuove prove può riaprire i giochi. In secondo luogo, conferma che per provare l’esistenza di una supersocietà di fatto è necessario un approccio basato sulla valutazione complessiva di una pluralità di indizi, quali la condivisione di risorse, spazi e costi, che dimostrino un intento comune di esercitare un’attività economica con divisione dei rischi e dei profitti.

Una precedente decisione che esclude il fallimento di un socio di fatto impedisce per sempre una nuova istanza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il provvedimento di rigetto di un’istanza di fallimento, anche in estensione, è privo di attitudine al giudicato. Pertanto, è possibile presentare una nuova istanza basata su elementi sopravvenuti o su prove preesistenti ma non dedotte in precedenza.

Quali elementi possono dimostrare l’esistenza di una supersocietà di fatto tra una Srl e una persona fisica?
L’esistenza di una supersocietà di fatto può essere provata da una serie di indici, tra cui: lo svolgimento di attività operative per la società, la messa a disposizione gratuita di locali e terreni di proprietà personale per l’attività aziendale, e l’imputazione di costi personali (come la tassa sui rifiuti) alla società. È la valutazione complessiva di questi elementi a essere decisiva.

La presenza di un legame familiare tra i soci esclude automaticamente la sussistenza di una società di fatto?
No. Sebbene il legame familiare (affectio familiaris) richieda un accertamento più rigoroso, non esclude la configurabilità di un rapporto societario. Se gli elementi probatori dimostrano un’ingerenza e una condivisione di risorse che vanno oltre la semplice collaborazione familiare, si può configurare l’esistenza di una società di fatto (affectio societatis).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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