Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23028 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23028 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14325-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5929/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/12/2019 R.G.N. 537/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Oggetto
Mansioni rapporto privato
R.G.N.14325/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 06/05/2025
CC
NOME COGNOME, assunto alle dipendenze del Consorzio Interprovinciale Alto Calore, premesso di essere stato inquadrato, da ultimo, con provvedimento del 4.2.2013 a conclusione della procedura prevista dall’art. 53 del CCNL Unico GasAcqua, nell’Area Quadri, e che, successivamente al suo inquadramento, il nuovo Consiglio di amministrazione aveva ritenuto di sospendere i provvedimenti adottati dalla Direzione Generale (circa n. 107 avanzamenti di carriera) ritenendo poi ingiustificati alcuni, tra i quali il suo, adiva il Tribunale di Avellino al fine di sentire accertare l’illegittimità del provvedimento di retrocessione nonché il ripristino del cd. superminimo nella misura concessa con determina n. 30 del 23.1.2013, ossia euro 1.200,00 mensili, messo in relazione alla qualifica di Quadro.
L’adito Tribunale rigettava le domande del lavoratore.
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 5929/2019, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava la Società a reintegrare il Di COGNOME nelle funzioni di Quadro dall’1.8.2013, con il pagamento delle differenze retributive relative a tutte le voci stipendiali, ‘superminimo’ compreso, oltre accessori e spese di giudizio.
I giudici di seconde cure rilevavano che, conformemente a quanto disposto dagli artt. 19 e 53 del CCNL di settore, l’originario ricorrente aveva chiesto, prima di adire l’autorità giudiziaria, in via stragiudiziale il riconoscimento delle mansioni superiori che gli erano state attribuite, con carattere di definitività e poi sospese e revocate, a distanza di sei mesi dalla data di attribuzione, senza una valida, puntuale e specifica motivazione del provvedimento stesso; per il ‘superminimo’, opinavano che il COGNOME NOME ne avesse diritto sulla base del principio della irriducibilità della
retribuzione nella stessa misura in godimento al momento della sospensione dell’avanzamento in carriera, senza però disporre alcuna condanna per il futuro considerando gli accordi aziendali in peius .
Avverso la sentenza di secondo grado l’ RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a sei motivi cui resisteva con controricorso NOME COGNOME
Le parti depositavano memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 53 del CCNL di settore, anche in relazione agli artt. 1362 e 1363 cod. civ., nonché la violazione dell’art. 2103 cod. civ., per avere la Corte territoriale riconosciuto la legittimità del superiore inquadramento del lavoratore, omettendo ogni raffronto tra le mansioni svolte e quelle riconducibili all’Area Quadri, ritenendo non più revocabile il relativo provvedimento adottato dalla società. Si sostiene che, nella fattispecie, vi era stata l’attribuzione della qualifica di Quadro da essa datrice di lavoro senza che le mansioni superiori espletate fossero state tali e che, quindi, giustamente il provvedimento di attribuzione era stato in seguito revocato in quanto difettavano i relativi presupposti.
Con il secondo motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 cpc e dell’art. 118 disp. att. cpc., nonché dell’art. 111 co. 6 Cost., per avere la Corte territoriale riconosciuto al Di Cicilia il diritto al ‘superminimo’, nella stessa misura in godimento al
momento della sospensione dell’avanzamento in carriera, con una motivazione apparente e incomprensibile perché, da un lato, aveva affermato il principio di irriducibilità della retribuzione e, dall’altro, in pratica aveva considerato legittimi gli accordi sindacali aziendali di modifica in peius del beneficio.
Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, si obietta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 163 e 2077 cod. civ., perché la Corte territoriale, premesso che il ‘superminimo’ era stato attribuito sulla base di accordi azien dali, era poi giunta all’errata conclusione che lo stesso non poteva essere successivamente ridotto o eliminato in quanto era legato alla prestazione individuale lavorativa del dipendente, entrando in tal modo a far parte della sua retribuzione.
Con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ., per non avere considerato la Corte territoriale la legittimità del provvedimento di sospensione del ‘superminimo’ che, nei confronti del Di Cicilia, non aveva carattere personale ma si inseriva in una più ampia sussistenza delle condizioni contrattuali vigenti all’interno dell’azienda.
Con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cpc, parte ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 cod. civ. nonché dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dalla effettiva sussistenza di una difficile situazione economica aziendale che, ai sensi dell’accordo del 2006, subordinava l’erogazione del ‘superminimo’ ad una
situazione di bilancio ed economica in grado di giustificare l’ulteriore beneficio economico dei dipendenti.
Con il sesto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1322 cod. civ., per non avere considerato la Corte territoriale che la contrattazione aziendale non avrebbe potuto disciplinar e l’istituto del superminimo, derogando al CCNL di settore, in quanto il rinvio agli accordi aziendali era consentito solo ed unicamente per la disciplina dei premi di risultato.
Il primo motivo non è fondato.
La Corte territoriale ha correttamente specificato che lo svolgimento in concreto delle mansioni superiori di Quadro, da parte del Di RAGIONE_SOCIALE, non costituiva l’oggetto della causa che riguardava, invece, l’applicazione degli artt. 19 e 53 dl CCNL di settore nonché gli effetti del riconoscimento stragiudiziale del superiore inquadramento.
L’art. 19 del CCNL Unico Gas -Acqua, applicato al rapporto di lavoro, prevede -in sintesi- che se un lavoratore svolge per tre mesi mansioni superiori, deve essere inquadrato nelle stesse definitivamente (con riconoscimento per i Quadri a seguito di un periodo di 180 giorni continuativi di calendario). L’art. 53 dello stesso CCNL, per quello che interessa, stabilisce che il lavoratore che ritenga di avere svolto mansioni superiori, prima di adire l’autorità giudiziaria, può chiedere in via stragiudiziale il riconoscimento delle mansioni superiori.
Tale procedura è stata seguita dal COGNOME al quale, con verbale del 28.1.2013, gli era stato comunicato l’impegno della società alle definitive determinazioni e, il 4.2.2013, gli
era stata poi riconosciuta la progressione in carriera nell’area Quadri.
Successivamente, in data 29.7.2013, il suddetto riconoscimento veniva sospeso e il 21.8.2013 venivano sospesi anche i pagamenti nei confronti del personale utilizzato dalle progressioni in carriera; il 22.8.2013, con comunicazione a firma del Direttore generale, veniva disposta la sospensione in autotutela in via definitiva dei provvedimenti di riconoscimento di mansioni superiori.
Orbene, ritiene questo Collegio che la Corte territoriale condivisibilmente ha incentrato la propria analisi sulla legittimità dei provvedimenti di sospensione, e non sulla verifica in concreto dell’espletamento in fatto delle mansioni di Quadro, rilevando, in sostanza, la loro illegittimità sia perché gli stessi non potevano neutralizzare gli effetti di un precedente provvedimento (del 28.1.2013) espressamente riconosciuto quale definitivo, sia perché le eventuali ragioni delle sospensioni (provvisorie e definitive) non erano state a tutti i lavoratori coinvolti dalla procedura mai comunicate.
Le statuizioni sono corrette perché, a fronte di un riconoscimento definitivo al diritto delle mansioni superiori da parte della società , previsto all’esito di una procedura disciplinata dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro non poteva, senza alcuna motivazione (come accertato in fatto dalla Corte territoriale), procedere alla revoca unilaterale ma avrebbe dovuto impugnare, innanzi al giudice ordinario, i provvedimenti del pregresso riconoscimento per vizi sul compiuto accertamento e, quindi, verificare, nel contraddittorio, la correttezza della prima valutazione.
Il secondo motivo, da scrutinare per connessione insieme al quinto, è invece fondato.
In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819/2020).
Va anche ribadito che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 7090/2022).
Nella fattispecie in esame, con riguardo al riconoscimento del ‘ superminimo ‘ , la Corte territoriale è incorsa nei vizi sopra denunciati perché, da un lato, ha affermato il diritto del Di Cicilia sulla base del principio di irriducibilità della
retribuzione nella stessa misura in godimento al momento della sospensione dell’avanzamento in carriera e, dall’altro, ha considerato in qualche modo legittimi gli accordi sindacali aziendali in peius , concludendo per la condanna della società al pagamento del ‘superminimo’ dall’1.8.2013 ma non per il futuro (senza alcuna altra indicazione).
Tali assunti non danno, poi, assolutamente adeguata spiegazione e conto sia del contenuto dell’accordo aziendale del 4.12.2006, che della Delibera del C.d.A. e della Disposizione del Direttore generale del maggio/giugno 2013, delle comunicazioni di disdetta degli accordi aziendali con le successive intese intervenute e, soprattutto, non viene esaminato se la situazione economica aziendale della società giustificasse il riconoscimento di questo ulteriore beneficio economico ai dipendenti.
Non sono, pertanto, esposte le argomentazioni e gli elementi idonei a disvelare, con chiarezza, il percorso logicogiuridico seguito dal giudice per l’attribuzione ( ovvero in che precisi termini) del ‘ supe rminimo’ all’odierno controricorrente e rendere, conseguentemente possibile, il controllo di legittimità.
L’accoglimento delle suddette censure determina l’assorbimento degli altri motivi articolati dalla società ricorrente.
Alla stregua di quanto esposto, il secondo ed il quinto motivo vanno accolti nei sensi di cui in motivazione, rigettato il primo ed assorbiti gli altri. La gravata sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei citati principi di diritto in tema di motivazione, e provvederà,
altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il secondo ed il quinto motivo nei sensi di cui in motivazione, rigettato il primo ed assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 maggio 2025
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME