Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23615 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23615 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36577-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Oggetto
Previdenza
Contributi
Minimale
R.G.N.36577/2019
COGNOME
Rep.
Ud 28/05/2025
CC
avverso la sentenza n. 252/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 31/05/2019 R.G.N. 27/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Corte di Appello di Genova ha confermato la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva accertato la debenza dei contributi richiesti dall’INPS , con avviso di addebito.
1.1. Per quanto qui più rileva, la Corte di appello ha ritenuto, in primo luogo, che l’avviso di addebito contenesse le informazioni necessarie per comprendere le violazioni contestate.
1.2. Nel merito, ha osservato che la parte datoriale aveva applicato il CCNL Confederale, fino al novembre 2014. Successivamente aveva applicato il contratto sottoscritto da SNA in data 20 novembre 2014.
1.3. Per il primo periodo, pertanto, non vi era alcuna questione; le minime differenze derivavano da un errore nella quantificazione dell’ una tantum prevista da tale CCNL per il periodo di vacanza contrattuale; tale indennità aveva sicuramente natura retributiva in quanto era volta a compensare il mancato adeguamento delle retribuzioni. Sulla differenza non pagata era dovuta la contribuzione.
1.4. Per il periodo successivo, invece, la società aveva applicato il nuovo CCNL meno favorevole; aveva, però, mantenuto il trattamento retributivo di maggior favore con l’erogazione di un super minimo senza, tuttavia, assoggettarlo a contribuzione; in tal modo, aveva posto in essere una condotta di evasione contributiva. Non era condivisibile la tesi
della società secondo cui tale voce (quella del superminimo) costituisse un forfait risarcitorio. In modo evidente, parte datoriale aveva proceduto ad un adeguamento della retribuzione conseguente all’applicazione di un contratto collettivo meno favorevole.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso la società in epigrafe, con sei motivi, successivamente illustrati con memoria. Ha resistito l’Inps con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 4 c.p.c.è dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia su un profilo decisivo per il giudizio nonché la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art 112 c.p.c. e dell’art 57 del d.lgs. nr. 546 del 1992.
3.1. Parte ricorrente assume che la Corte di appello avrebbe deciso sulla base di circostanze di fatto erronee; in particolare, avrebbe affermato la mancata sottoposizione a contribuzione del superminimo mentre il versamento della contribuzione su tale emolumento non era mai stato contestato da parte dell’Inps.
Le censure sono inammissibili perché genericamente argomentate, senza il puntuale richiamo agli atti di causa. Come sviluppati, i rilievi non rispettano i criteri di specificità e completezza previsti dal codice di rito ( per tutte, v., di recente, Cass. nr. 7344 del 2025) e non consentono, in definitiva, al Collegio di verificarne la fondatezza.
Con il secondo motivo, è dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia su un profilo decisivo per il giudizio. In particolare, è dedotta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 del D .L. nr. 338 del 1989 e dell’art. 2, comma 25, della legge nr. 549 del 1995.
5.1. Parte ricorrente insiste nel ritenere che ha sempre corrisposto, per effetto di superminimi ed altri monumenti, retribuzioni ben più elevate rispetto a quelle dovute, facendo da ciò derivare l’insussistenza dell’inadempimento contributivo .
Anche le censure del secondo motivo vanno disattese.
6.1. E’ sufficiente osservare che l ‘ obbligazione contributiva è rapportata alla retribuzione imponibile, secondo la regola di cui all’ art. 1, comma 1, del d.l. n. 338 del 1989, convertito con modificazioni in legge n. 389 del 1989. I contributi previdenziali vanno perciò calcolati sulla retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore, ove questa sia superiore al minimo stabilito dalla legge o dai contratti collettivi nazionali di lavoro. La Corte di appello, con affermazioni non efficacemente contrastate, a tanto si è attenuta.
Con il terzo motivo è dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30, comma 2, D.L. nr. 78 del 2010 (convertito in legge nr.122 del 2010) nonché nullità dell’avviso di addebito per omessa indicazione di elementi essenziali. Parte ricorrente assume che l’unico termine decadenziale da rispettare era quello di quaranta giorni.
Fuori centro sono le censure del terzo motivo.
8.1. La Corte di appello non ha dichiarato inammissibile il ricorso perché tardivo. Si è limitata ad osservare, quanto ai profili formali, che l’avviso di addebito conteneva i riferimenti necessari a chiarire le ragioni della pretesa e che, in ogni caso, il giudice -in quanto giudice del rapporto controverso e non dell’atto – doveva comunque valutare nel merito la sussistenza o meno del diritto ai contributi.
Con il quarto motivo, è dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma quarto, del D.Lgs. nr. 124 del 2004 nonché nullità e/o illegittimità dell’avviso di addebito per omessa indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevanti.
Il quarto motivo è inammissibile.
10.1. Si è già chiarito che, per la Corte di appello, l’avviso di addebito conteneva informazioni idonee a chiarire le ragioni della pretesa. A tacer d’altro, le censure che contestano queste affermazioni sono carenti di autosufficienza: non è neppure trascritto, nel corpo del ricorso per cassazione , l’avviso di cui si contesta l ‘idoneità a palesare i termini della richiesta.
Con il quinto motivo è dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia su un profilo di doglianza. È denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del D.L. nr. 338 del 1989 nonché dell’art. 2, comma 25, della legge nr. 549 del 1995. La Corte di appello avrebbe totalmente omesso qualsivoglia valutazione e decisione in ordine al motivo principale di opposizione che verteva sull’applicabilità del contratto collettivo nazionale di lavoro invocato dall’Inps e posto a fondamento del verbale di accertamento.
Il quinto motivo non si confronta con il decisum. Esso non coglie il reale portato della decisione impugnata.
12.1. La sentenza ha giudicato la questione del CCNL maggiormente rappresentativo assorbita dalle altre argomentazioni in base alle aveva ritenuto, comunque, accertata la corresponsione del trattamento retributivo dovuto. Ha, in definitiva, giudicato non necessaria la pronuncia in ordine al CCNL applicabile, in ragione della verifica, a monte, dell’adempimento dell’obbligazione retributiva.
12.2. Le censure, come sviluppate, sono inammissibili. Parte ricorrente avrebbe dovuto, eventualmente, impugnare la correttezza della valutazione di assorbimento, ciò che non è invece accaduto.
Con l’ulti mo motivo è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116, comma 15, lett. a) della legge nr. 388 del 2000 ed il diritto alla riduzione delle sanzioni in misura pari agli interessi legali, con riferimento alle differenze contributive dovute per l’una tantum .
Il motivo è infondato. L ‘attenuazione del carico sanzionatorio nei termini richiesti postula, infatti, la sussistenza di una situazione di incertezza interpretativa, in relazione alla normativa di riferimento, di particolare rilevanza, ovvero la ricorrenza di situazioni di crisi, riconversione o ristrutturazione aziendale che presentino particolare rilevanza sociale ed economica.
14.1. Nessuna delle condizioni esposte ricorre nel caso di specie, ove l’inadempimento contributivo è scaturito da errori contabili e, dunque, di altra natura.
14.2. Sia pure per ragioni diverse da quelle indicate dal giudice di merito, la pronuncia è corretta ed il motivo va perciò respinto.
Per quanto innanzi, il ricorso va complessivamente rigettato, con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in
Euro 1.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 28 maggio 2025
La Presidente NOME COGNOME