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Superminimo collettivo: la Cassazione sulla modifica

Una lavoratrice si oppone alla soppressione di un ‘superminimo collettivo’ a seguito della disdetta di un accordo aziendale. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che un emolumento previsto da un contratto collettivo, e non per meriti individuali, può essere modificato o eliminato da un successivo accordo collettivo, anche se peggiorativo, in quanto fonte esterna al contratto individuale.

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Superminimo Collettivo: Quando Può Essere Ridotto? L’Analisi della Cassazione

Il tema del superminimo collettivo e della sua potenziale riduzione in caso di modifica della contrattazione collettiva è una questione cruciale nel diritto del lavoro. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, stabilendo che un emolumento di origine collettiva può essere modificato, anche in senso peggiorativo, da un accordo successivo, a meno che non sia stato specificamente ‘individualizzato’. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi espressi dai giudici.

Il Caso: La Soppressione del Superminimo non Assorbibile

Una lavoratrice si era vista revocare un decreto ingiuntivo che condannava la sua azienda, un’associazione di imprese, al pagamento di un emolumento denominato ‘superminimo non assorbibile’. Tale emolumento, previsto da accordi collettivi aziendali del 1997 e del 2010, non era più stato corrisposto a partire da maggio 2020, a seguito della disdetta di tali accordi da parte del datore di lavoro.

La Corte d’Appello aveva dato ragione all’azienda, ritenendo legittima la cessazione del pagamento. La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione del principio di irriducibilità della retribuzione.

I Motivi del Ricorso: Irriducibilità vs. Successione di Contratti

La dipendente ha basato il suo ricorso su tre motivi principali:
1. La violazione del principio di irriducibilità della retribuzione, secondo cui non sarebbe ammissibile una riduzione dei livelli retributivi in sede di successione di contratti collettivi.
2. In subordine, la tesi che le differenze retributive avrebbero dovuto comunque essere mantenute a vantaggio del lavoratore come superminimo, destinato a essere assorbito da futuri aumenti.
3. Infine, un presunto travisamento della prova nell’interpretazione dell’accordo collettivo originario.

La Decisione della Cassazione sul superminimo collettivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in toto, confermando la sentenza della Corte d’Appello e ritenendo infondati i primi due motivi e inammissibile il terzo. La Corte ha ribadito un orientamento già consolidato, chiarendo la natura e la modificabilità degli emolumenti derivanti dalla contrattazione collettiva.

Le Motivazioni: La Distinzione tra Fonte Individuale e Fonte Collettiva

Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra la fonte del diritto alla retribuzione. I giudici hanno spiegato che il presupposto da cui partiva la lavoratrice – ovvero che il trattamento economico fosse entrato a far parte del suo patrimonio individuale e quindi non riducibile – era errato.

Il trattamento retributivo in questione non derivava dal contratto individuale, ma da un contratto collettivo. Quest’ultimo agisce come una ‘fonte esterna’ al rapporto di lavoro individuale. Di conseguenza, le sue clausole possono essere modificate, anche in peggio (in peius), da successivi contratti collettivi.

La Corte ha specificato che il rinvio al contratto collettivo contenuto nella lettera di assunzione era di tipo ‘formale’ e non ‘materiale’. Ciò significa che serviva solo a identificare la disciplina collettiva applicabile in quel momento, senza ‘costituzionalizzare’ le sue condizioni economiche all’interno del contratto individuale. Pertanto, il trattamento economico non era stato incorporato nel contratto individuale e rimaneva soggetto alle dinamiche della contrattazione collettiva.

Un superminimo può diventare insensibile alle modifiche della contrattazione collettiva e quindi ‘individualizzato’ solo se è destinato a compensare specifiche qualità professionali, mansioni particolari o modalità di esecuzione della prestazione del singolo dipendente. Nel caso di specie, non era stato dimostrato che il superminimo avesse questa natura; al contrario, risultava pacificamente riconosciuto a tutti i dipendenti, confermando la sua origine puramente collettiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza: gli elementi retributivi che trovano la loro esclusiva fonte in un contratto collettivo seguono le sorti di quest’ultimo. Se il contratto collettivo viene disdettato o sostituito da uno nuovo, anche peggiorativo, il trattamento economico può essere legittimamente ridotto o soppresso, a meno che non sia stato pattuito a livello individuale o sia chiaramente legato a meriti e caratteristiche specifiche del singolo lavoratore. Per le aziende, ciò conferma la possibilità di rinegoziare le condizioni economiche attraverso la contrattazione collettiva. Per i lavoratori, sottolinea l’importanza di comprendere la natura (individuale o collettiva) di ogni voce della propria retribuzione.

Un ‘superminimo’ previsto da un contratto collettivo può essere eliminato da un accordo successivo peggiorativo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un emolumento che ha la sua fonte esclusiva in un contratto collettivo può essere modificato o soppresso da un successivo accordo collettivo, anche se questo introduce un trattamento peggiorativo per il lavoratore. Questo perché il contratto collettivo è una fonte esterna al rapporto individuale.

Qual è la differenza tra un rinvio ‘formale’ e ‘materiale’ a un contratto collettivo?
Un rinvio ‘formale’ nel contratto individuale serve solo a identificare la disciplina collettiva applicabile in un dato momento, che può quindi cambiare nel tempo. Un rinvio ‘materiale’, invece, incorpora le specifiche clausole del contratto collettivo nel contratto individuale, rendendole stabili e non modificabili da accordi collettivi successivi, se non in meglio.

Il principio di irriducibilità della retribuzione impedisce sempre la riduzione di un emolumento?
No. Il principio di irriducibilità della retribuzione (art. 2103 c.c.) protegge il patrimonio retributivo che è entrato a far parte del contratto individuale. Non impedisce la modifica di elementi retributivi, come un superminimo collettivo, la cui fonte è esterna al contratto individuale e che non sono stati concessi per specifiche qualità professionali del singolo lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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