Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2580 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2580 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22849 -2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente e intimato incidentale –
contro
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME E COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Pozzuoli, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 1764/2020 della CORTE D’APPELLO di COGNOME, pubblicata il 18/5/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/7/2023 dal consigliere COGNOME; letta la memoria del ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con quattro distinti atti di citazione, il RAGIONE_SOCIALE, qualificatosi «supercondominio composto da una pluralità di edifici legati tra loro dall’esistenza di beni e/o servizi comuni a tutti i corpi di fabbrica» convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di COGNOME sez. di Marano, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, indicandoli come condomini perché proprietari di villette comprese nel supercondominio e ne chiese, per tale qualità, la condanna al pagamento degli oneri condominiali per gli anni 2008, 2009 e fino al maggio 2010.
I convenuti rappresentarono di non essere condomini, che gli immobili di loro proprietà erano stati costruiti su una particella diversa in forza di separata e distinta concessione edilizia rilasciata al loro dante causa COGNOME NOME e che erano ubicati oltre il muro di recinzione del complesso immobiliare, con un diverso accesso, senza possibilità di fruire dei servizi di guardiania e dell’impianto citofonico; aggiun sero che le tabelle non erano loro opponibili e, in conseguenza, neppure la ripartizione delle spese, perché essi non avevano partecipato al loro procedimento formativo.
Il Tribunale, riuniti i quattro giudizi e istruita la causa con l’espletamento di una prova testimoniale, richiamata la consulenza tecnica di ufficio espletata in altro precedente giudizio intercorso tra lo stesso RAGIONE_SOCIALE ed altri proprietari di villette, con la sentenza n. 9558/2014 accolse le domande.
Con sentenza n. 1764/2020, la Corte d’appello di COGNOME, in parziale accoglimento dell’appello dei convenuti, riconobbe unicamente il credito per spese di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete fognaria delle acque nere e delle acque bianche, nonché delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria delle spese idriche di adduzione.
Riportò in motivazione che, come risultava dalla c.t.u. espletata nel precedente giudizio, acquisita per accordo delle parti, la costruzione dell’intero comprensorio oggetto di causa, costituito dal RAGIONE_SOCIALE e dalle villette a schiera ( lotti A-B-C-D-E-F) era stata oggetto di una convenzione di lottizzazione stipulata in data 29/9/1989 fra i germani COGNOME NOME, NOME e NOME e il Comune di Giugliano in Campania; successivamente in data 24/10/1989 i germani NOME avevano alienato tutti i terreni, ad eccezione della particella 103, pure oggetto della suddetta convenzione, alla RAGIONE_SOCIALE; sulla particella 103, NOME COGNOME aveva costruito le villette a schiera, di cui alcune erano poi state acquistate dagli appellanti; il consulente tecnico di ufficio aveva accertato che le unità immobiliari degli appellanti, facenti parte del lotto Z, erano esterne al muro di confine del RAGIONE_SOCIALE County RAGIONE_SOCIALE, non erano collegate all’impianto citofonico del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e non avevano acc esso dall’ingresso del RAGIONE_SOCIALE chiuso da una sbarra e da un cancello elettrico regolati dalla portineria; la rete fognaria a servizio delle villette a schiera era collegata al pozzetto sito all’interno del RAGIONE_SOCIALE ed era stata progettata fin dall’inizio per servire tutti i lotti di cui alla convenzione di lottizzazione del 29.09.1989; anche la rete idrica serviva sia il condominio, sia gli immobili degli appellanti, tanto che fino al 29/9/2005 era stato installato un unico misuratore con contratto di fornitura intestato al condominio e soltanto successivamente erano stati stipulati contratti per le singole utenze; l’impianto di illuminazione
realizzato sulla strada di collegamento alla INDIRIZZO, utilizzato sia dai condomini, sia dai proprietari delle villette, era pure regolabile soltanto d all’interno della portineria del condominio; le opere di urbanizzazione primaria eseguite (rete idrica e fognaria ed impianto di illuminazione) avrebbero dovuto essere cedute al Comune di Giugliano, ma tale cessione non era mai intervenuta.
Ciò stabilito, rimarcato che l’impianto fognario, la rete di illuminazione del viale esterno e la rete idrica risultavano in comune, così che, al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. cod. civ., anche il c.d. supercondominio, in mancanza di titolo contrario, era venuto in essere ipso iure et facto senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari , la Corte d’appello rilevò che la ripartizione delle spese nella misura pretesa dal RAGIONE_SOCIALE era stata effettuata in base a tabelle millesimali contenute in un Regolamento condominiale non opponibile agli appellanti perché non predisposto dal costruttore delle villette in loro proprietà, né recepito nei loro atti di compravendita o trascritto e che le delibere di approvazione dei bilanci, poste dal RAGIONE_SOCIALE a fondamento della domanda di pagamento erano nulle in quanto imponevano ai convenuti spese inerenti l’utilizzo di beni a loro non comuni o di servizi di cui invece non fruivano (quelle individuate nella tabella C, relative alla guardania, amministrazione e assicurazione del parco e D, relative alla manutenzione e riparazione delle strade interne al parco, la pulizia e gli arredi, l’impianto di illuminazione, il cancello di ingresso e il citofono). Rideterminò, perciò, l’ammontare delle spese dovute da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, limitandole alle spese di amministrazione e assicurazione degli impianti comuni.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE per cinque motivi; NOME COGNOME,
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale per un motivo articolato in due censure, rispetto a cui il ricorrente principale non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Per priorità logica deve essere esaminata innanzitutto la fondatezza del ricorso incidentale: con l’unico motivo , infatti, articolato in due censure, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno innanzitutto prospettato, in riferimento al n. 3 del I comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 81, 100 e 92 comma II cod. proc. civ. e degli articoli 1117 1123, 1130,1131 e 2697 cod. civ. e 62 disp. att. cod. civ., per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE fosse legittimato ad agire perché coincidente con il supercondominio determinatosi per la gestione comune degli impianti, sebbene non fosse stato nominato un amministratore per la gestione dell’intero compendio immobiliare, comprendente anche le villette; hanno quindi pure sostenuto, in riferimento ai n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 cod. proc. civ. e 1117, 1123, 1130, 1131 e 2697 cod. civ., perché la Corte non avrebbe considerato che affermare che soltanto alcuni servizi sono comuni esclude perciò stesso la legittimazione dell’amministratore ; sul punto la Corte avrebbe reso una motivazione meramente apparente.
1.1. Entrambi i motivi sono infondati e possono essere trattati congiuntamente per continuità di argomentazione.
In disparte ogni considerazione sulla ritualità della formulazione della seconda censura in contestuale riferimento a tutte le tre ipotesi sub 3, 4 e 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., deve ribadirsi in diritto che, per costante elaborazione giurisprudenziale formatasi intorno al concetto di supercondominio, riferito a «più unità immobiliari
o più edifici ovvero più condomìni di unità immobiliari o di edifici aventi parti comuni ai sensi dell’art. 1117 cod. civ.», poi confluita nell’art. 1117 bis, non applicabile alla fattispecie ratione temporis , «l’elemento identificativo del supercondominio risiede nella natura specificamente condominiale -ex art. 1117 cod. civ. – della relazione di accessorietà tra le parti comuni serventi e la pluralità di immobili serviti, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi integrino un condominio unitario ‘… ovvero più condomìni …’. Sorgendo ipso iure et facto , se il titolo o il regolamento non dispongono altrimenti, il supercondominio unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomìni, entro una più ampia organizzazione condominiale, legata dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati, sicché trova ad essi applicazione, proprio in ragione della condominialità del vincolo funzionale, la disciplina specifica del condominio, anziché quella generale della comunione (Cass. 14 novembre 2012, n. 19939). In altri termini, la qualificazione supercondominiale replica al plurale la qualificazione condominiale, postulando anch’essa una relazione funzionale di accessorietà necessaria, per non essere il bene in (super)condominio -diversamente dal bene in comunione – suscettibile di godimento autonomo. Per quanto non possa escludersi, nell’odierna multiforme fenomenologia degli aggregati immobiliari, la coesistenza di beni a godimento strumentale e beni a godimento autonomo (la dottrina considera infatti l’eventualità di un “doppio regime”), criteri di preminenza funzionale devono orientare il giudice di merito verso la definizione prevalente della fattispecie, nell’un senso o nell’altro» (così in Cass. Sez. 2, n. 32237 del 10/12/2019).
Nella specie, il Giudice d’appello ha proprio ritenuto in motivazione, in corretta applicazione dei principi suesposti, la sussistenza di elementi di fatto – le opere di urbanizzazione primaria
realizzate (rete idrica e fognaria ed impianto di illuminazione) -rilevanti al fine della presunzione di sussistenza di un «supercondominio»; in conseguenza, ha fondatamente ritenuto la legittimazione del RAGIONE_SOCIALE attore a pretendere il pagamento delle spese di amministrazione e assicurazione degli impianti comuni.
Con il primo motivo di ricorso principale, il RAGIONE_SOCIALE ha lamentato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 324 e 329 II comma cod. proc. civ. e 2909 e 1137 cod. civ., per avere la Corte distrettuale dichiarato d’ufficio, senza specifica impugnativa degli appellanti, la nullità delle delibere di approvazione dei bilanci azionate, violando il giudicato sul punto perché il primo giudice aveva invece già ritenuto che quelle delibere fossero annullabili e, perciò, sanate in difetto di tempestiva impugnazione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha prospettato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1117 bis, 1123, 1136, 1137 e 1418 cod. civ. per avere la Corte distrettuale ritenuto la nullità e non l’annullabilità delle delibere di approvazione dei bilanci nonostante non fossero stati modificati i criteri di calcolo dell’attribuzione delle spese , ma soltanto fossero state imposte quote non dovute a condomini cosiddetti «parziali».
2.3. Con il terzo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto, in riferimento ai n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 112 e 183 cod. proc. civ. e 1117, 1117 bis, 1123, 1135, 1137 e 1418 cod. civ., per avere la Corte distrettuale dichiarato d’ufficio, senza provocare previamente il contraddittorio delle parti sul punto, la nullità delle delibere azionate.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente per stretta connessione e sono infondati. Innanzitutto, deve escludersi la
violazione degli art. 112 e 101 cod. proc. civ. perché la nullità delle delibere azionate è stata oggetto del terzo motivo di appello, come riprodotto nel controricorso.
Ciò precisato, in tema di condominio degli edifici, le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali sono nulle per «impossibilità giuridica» dell’oggetto ove l’assemblea, esorbitando dalle proprie attribuzioni, modifichi i criteri di ripartizione delle spese, stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini, da valere anche per il futuro; sono, invece, semplicemente annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano soltanto violati o disattesi nel singolo caso deliberato.
In proposito, deve osservarsi che le attribuzioni dell’assemblea in tema di ripartizione delle spese condominiali sono circoscritte, dall’art. 1135 cod. civ., nn. 2 e 3, alla verifica ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre modifiche ai criteri legali di riparto delle spese, modifiche consentite dall’art. 1123 cod. civ. soltanto mediante apposita convenzione tra tutti i partecipanti al condominio; pertanto, l’assemblea che deliberi a maggioranza di modificare, in astratto e per il futuro, i criteri previsti dalla legge o quelli convenzionalmente stabiliti (delibere c.d. normative) si troverebbe ad operare in «difetto assoluto di attribuzioni» (Cass. Sez. 2, n. 1059 del 2022 non massimata, Sez. U, n. 9839 del 14/04/2021, Sez. U, n. 4806 del 07/03/2005).
Nella fattispecie, dunque, come rilevato dalla Corte che ha perciò correttamente applicato il principio qui esposto, le delibere di bilancio poste a fondamento della domanda di pagamento avevano imposto ai convenuti spese da loro non dovute perché inerenti al l’utilizzo di beni a loro non comuni o di servizi di cui invece non fruivano (quelle individuate nella tabella C, relative alla guardania, amministrazione e assicurazione del parco e D, relative alla manutenzione e riparazione
delle strade interne al parco, la pulizia e gli arredi, l’impianto di illuminazione, il cancello di ingresso e il citofono); la ripartizione era avvenuta in base a tabelle millesimali contenute in un Regolamento condominiale non opponibile agli appellanti perché non predisposto dal costruttore delle villette in loro proprietà, né recepito nei loro atti di compravendita o trascritto.
Con il quarto motivo, il RAGIONE_SOCIALE ha censurato la decisione, in riferimento ai n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., per violazione degli art. 1117, 1117 e 1123 bis cod. civ., per avere la Corte affermato che alcune delle spese menzionate nella tabella C, (come quelle di amministrazione e di assicurazione degli impianti a cui partecipano o come quelle relative all’illuminazione del viale esterno al parco, consistente in pochi pali di illuminazione), seppure astrattamente imponibili agli impugnanti perché inerenti a servizi e impianti comuni, non risultavano concretamente liquidabili perché non adeguatamente quantificate in modo separato nel coacervo delle tabelle e dei conseguenti riparti; secondo il ricorrente, invece, la stessa Corte avrebbe dovuto incaricare il c.t.u. di determinare tali quote e in ogni caso non avrebbe adeguatamente valutato le prove di alcune spese (quali quelle relative al servizio di portierato).
4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella richiesta di una diversa valutazione in merito, invece evidentemente preclusa in questa sede di legittimità, della compiutezza della domanda e della sufficienza delle allegazioni e prove come ritenuta dalla Corte di merito.
Con il quinto motivo, il ricorrente ha sostenuto infine, in riferimento ai n. 3 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1117 e 1123 bis e 1362 cod. civ., per avere la Corte d’appello omesso di applicare la presunzione di condominialità di tutti i beni e servizi, considerando i titoli di provenienza.
5.1. Il motivo è evidentemente infondato. La Corte di merito ha esaminato i beni e servizi comuni con dettagliata motivazione, sulla scorta della consulenza tecnica esperita in altro giudizio, acquisita al giudizio per comune accordo tra le parti, ricostruendo i titoli del complesso immobiliare e del diverso lotto Z in cui si trovano le villette e l’ubicazione, la funzione e l’utilizzo dei servizi cui le spese pretese inerivano.
3. Il ricorso principale e il ricorso incidentale sono perciò respinti, con compensazione integrale delle spese per reciproca soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; spese interamente compensate.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda