Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23836 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23836 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 12248/2020 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’avv. prof. NOME COGNOME in virtù della procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 5655/2019 della Corte d’appello di Roma , pubblicata il 17/09/2019, notificata in data 29/01/2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’ RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma COGNOME NOME, quale titolare dell’azienda agricola RAGIONE_SOCIALE Dino COGNOME di COGNOME NOME (poi Azienda Agricola di COGNOME NOME), per il pagamento di € 16.801,04, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di
oneri concessori nella misura nel tempo aggiornata, derivanti dai Disciplinari n. 9192 del 26/04/1957 (relativo all’utenza n. 2510) e n. 11082 del 16/11/1959 (relativo all’utenza 02506), stipulati con Toffoli Albino, con i quali era stata concess a l’autorizzazione alla costruzione di due ponticelli tra la strada statale e i fondi di proprietà del Toffoli, per consentire l’accesso a detti fondi.
Nel costituirsi, la convenuta deduceva , tra l’altro, l’estraneità ai rapporti derivanti dai disciplinari indicati in atto di citazione, in quanto stipulati con Toffoli Albino, mente la stessa aveva acquistato, nel 2006, l ‘azienda agricola di COGNOME Dino, dai cui i libri contabili ex art. 2560 c.c. non risultavano le obbligazioni per il cui adempimento aveva agito la società attrice. In via riconvenzionale, chiedeva la ripetizione della somma di € 2.342,43 indebitamente pagata nel 2004 dalla ditta COGNOME NOMECOGNOME portata dalla fattura n. 9056 del 22/12/2004.
Il Tribunale, con sentenza n. 15152/2016, in parziale accoglimento della domanda attorea, condannava COGNOME NOME quale titolare dell’Azienda Agricola RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME al pagamento in favore d ell’ Anas s.p.a. del complessivo importo di € 1.561,46 al netto degli oneri fiscali, a titolo di canoni per l ‘ utenza n. 2510 relativi alle annualità 2005/2008, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, e condannava l’ Anas s.p.a. alla restituzione in favore di COGNOME NOME, quale titolare dell’Azienda Agricola RAGIONE_SOCIALE Dino COGNOME del complessivo importo di € 1.895,13, al lordo di IVA, quale somma non dovuta relativa all’annualità 2004, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, respingendo per il resto ogni altra domanda e compensando integralmente le spese di lite tra le parti.
Avverso tale statuizione proponeva appello l’ RAGIONE_SOCIALE e, nel costituirsi, l’appellata formulava appello incidentale.
La Corte territoriale respingeva l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, respingeva in toto l ‘originaria domanda d ell’ Anas s.p.a. e accoglieva la domanda riconvenzionale
della COGNOME, con condanna dell’RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore dell’appellata della intera somma richiesta, pari ad € 2.342,43, oltre accessori, quali canoni pagati e non dovuti.
In particolare, con riferimento all’appello principale, la Corte di merito escludeva che il Tribunale fosse incorso in errore, per avere trascurato la non contestazione da parte della convenuta della propria legittimazione passiva, evidenziando che dall’esame della comparsa di costituzione emergeva chiaramente la contestazione in discorso, aggiungendo che era onere dell ‘RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE dimostrare la sussistenza di detta legittimazione.
La stessa Corte precisava che l’obbligazione di corrispondere i canoni concessori non era del tipo propter rem , cosi come confermato anche dall’art. 10 del Disciplinare (prodotto dalla stessa Anas s.p.a.), riferito all’utenza n. 2510, che esclude il trasferimento dell’obbligazione in capo a terzi e che condiziona il sorgere della stessa al riconoscimento da parte dell’Anas s.p.a. del subingresso nella licenza, nel. caso di specie vanamente richiesto, senza che vi fossero ragioni per ritenere che l’analogo e coevo Disciplinare, relativo all’utenza n. 2506 – malgrado mancassero, nella copia prodotta dall ‘Anas s.p.a., alcune pagine -regolasse diversamente il rapporto derivante dall’atto di concessione.
La Corte d’appello affermava, quindi, che, in assenza di un atto di riconoscimento, l’odierna appellata non poteva ritenersi subentrata nella licenza e, quindi, non poteva ritenersi obbligata al pagamento dei canoni.
Tali valutazioni sono state ritenute assorbenti rispetto alle altre doglianze de ll’ appellante principale e tali da imporre l’accoglimento dell’appello incidentale con il conseguente rigetto integrale della domanda dell ‘Anas s.p.a. e l’ accoglimento della domanda riconvenzionale della COGNOME.
L RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidato a tre motivi di ricorso.
Si è difesa con controricorso l ‘intimata . La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione e/o mancata applicazione di norme di diritto, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia prospettato dalle parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c. , in relazione all’art. 2967 c.c. e all’art. 115 c.p.c.
Secondo la ricorrente la Corte d’appello ha ritenuto in modo apodittico che la COGNOME avesse da subito contestato in giudizio la propria legittimazione passiva, senza operare un’accorta valutazione delle risultanze di causa, attribuendo all’Anas s.p.a. il mancato assolvimento dell’onere della prova sul punto, mentre invece le prove acquisite al processo dimostravano la fondatezza delle allegazione dell’Anas s.p.a. , come poteva desumersi da alcuni documenti provenienti dalla COGNOME, quali la comunicazione del 29/11/2006 e la comunicazione del 27/04/2006, che, se esaminati, avrebbero condotto a respingere l’eccezione di difetto di legittimazione.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione e/o mancata applicazione di norme di diritto, nonché l’ omesso esame di un fatto decisivo della controversia prospettato dalle parti , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c. in relazione agli artt. 1173,1321, 1322, 1326 e 2967 c.c.
Secondo la ricorrente la Corte d’appello non ha tenuto conto della volontà manifestata dalle parti contraenti, quando COGNOME NOME è subentrata nel precedente rapporto e ne ha dato notizia all’Anas s.p.a. con la menzionata comunicazione del 27/04/2006, dimostrativa della volontà di entrambe di proseguire nel rapporto nascente dal Disciplinare , superando così le disposizioni dell’art. 10 del Disciplinare stesso, che comunque non prevedeva alcuna
specifica formalità per il riconoscimento del subingresso nella licenza del nuovo proprietario comunicazione.
Ad opinione dell’Anas s.p.aRAGIONE_SOCIALE, in sintesi, i comportament i concludenti, posti in essere dalle parti hanno chiaramente mostrato la volontà delle COGNOME di subentrare nel rapporto del suo dante causa e dell’Anas s.p.a. di riconoscere il subentro della stessa.
Con il terzo motivo di ricorso è dedott o l’omesso esame di un fatto decisivo prospettato dalle parti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , per avere la Corte d’appello ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE.p.a. non avesse censurato il capo della sentenza che l’aveva condannata alla restituzione della somma di € 1.895,13 , mentre, invece, così non era, avendo a ciò dedicato il quarto motivo di appello, integramente riportato nel ricorso per cassazione.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
2.1. In primo luogo, la ricorrente ha contestato la statuizione della Corte d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la controricorrente aveva da subito contestato il proprio difetto di legittimazione già nelle prime difese, deducendo che tale opinione era apodittica e svincolata dalle emergenze di causa, in quanto fondata solo su quanto dedotto dalla controparte in comparsa di risposta, così confermando che effettivamente la COGNOME aveva effettuato la contestazione sin dal primo atto difensivo, come ritenuto dalla Corte d’appello, e dimostrando di non avere colto la ratio della decisione.
2.2. In ordine alle doglianze riferite al riparto dell’onere della prova della legittimazione passiva della controricorrente, poi, la parte ha contrastato la decisione della Corte d’appello, richiamando alcuni documenti il cui tenore ha ritenuto rilevante, così offrendo al giudice di legittimità argomenti in fatto, semplicemente contrapposti a quello illustrati in sentenza, con una censura che, oltre ad attenere a valutazioni che attengono al merito, neppure illustra le ragioni per cui non ha condiviso la soluzione offerta dalla Corte, che ha
richiamato la natura non reale delle obbligazioni in questione e il tenore de ll’art. 10 di uno dei due Disciplinari (quello relativo all’utenza 2510), così operando una critica che non tiene conto delle ragioni della decisione e, dunque, è inammissibile in quanto non specifica, come richiesto da ll’art. 366, comma 1 , n. 4, c.p.c.
2.3. La doglianza riferita all’omesso esame di fatti decisivi, poi, attiene alla dedotta mancata valutazione della documentazione appena menzionata nei termini ritenuti corretti, così rappresentando non l’omesso esame di fatti storici, ma la mancata condivisione delle valutazioni e argomentazioni della ricorrente, con una doglianza che attiene al giudizio di fatto inammissibile in sede di legittimità.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, risolvendosi in una valutazione delle risultanze di causa, semplicemente contrapposte a quelle del giudice di merito.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, non avendo la ricorrente colto la ratio della decisione impugnata.
Dalla semplice lettura della sentenza si evince che l’accoglimento dell’appello incidentale della COGNOME, nella parte in cui è stata esclusa la titolarità passiva dei rapporti obbligatori dedotti in giudizio in capo alla controricorrente, ha comportato il rigetto di ogni domanda formulata dal l’ Anas s.p.a. e l’accoglimento in toto della domanda riconvenzionale formulata dalla COGNOME, il cui quantum è stato determinato in base ad un criterio che non è stato censurato, come pure si evince dal quarto motivo di appello principale, interamente riportato in ricorso.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
Ai sensi del l’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla controricorrente che liquida in € 3.000,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi e accessori di legge ;
dà atto, ai sensi del l’art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione