Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25335 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25335 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
Oggetto:
locazione di alloggio
NOME –
inammissibilità
del
ricorso.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 18100/23 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE ;
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE 2 febbraio 2023 n. 794; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11 luglio 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE – in data non indicata nel ricorso – intimò a NOME COGNOME il rilascio dell’immobile sito a RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO.
NOME COGNOME impugnò il suddetto provvedimento dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con sentenza 15.2.2019 n. 3611 rigettò la domanda, rilevando che NOME COGNOME non faceva parte del nucleo familiare dell’originario assegnatario dell’immobile e non aveva presentato una domanda c.d. ‘di ampliamento’. Con la morte dell’assegnatario, pertanto, il rapporto di locazione era cessato.
La sentenza fu appellata dalla soccombente.
Con sentenza 2.2.2023 n. 794 la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE rigettò il gravame. La Corte ritenne che:
-) NOME COGNOME non compariva tra i componenti del nucleo familiare dell’originario assegnatario dell’immobile, secondo quanto da questi indicato nel contratto di locazione (NOME COGNOME, di cui NOME COGNOME era nipote ex fratre );
-) i certificati anagrafici depositati da NOME COGNOME per dimostrare il contrario avevano un valore ‘meramente presuntivo’ e comunque non risultavano mai comunicato all’RAGIONE_SOCIALE;
-) NOME COGNOME non rientrava in nessuna delle categorie cui la l. reg. Lazio 12/99 attribuisce il diritto di succedere nel rapporto di locazione, e comunque tale sua qualità non era stata mai dichiarata all’RAGIONE_SOCIALE.
3 . La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Con atto del 21.1.2024 è stata proposta ex art. 380 bis c.p.c. la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, nei seguenti termini:
‘ il primo motivo è inammissibile: lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., mediante una specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le norme evocate in rubrica, il ricorrente si volge piuttosto ad invocare, con esso, inammissibilmente una diversa lettura delle risultanze istruttorie;
il secondo motivo è inammissibile: anche in tal caso la violazione di legge è inammissibilmente mediata da una diversa ricognizione fattuale, tendendo la censura a sollecitare una rivalutazione del materiale istruttorio quale esaustivamente operata dal giudice di merito non consentita in questa sede (v. Cass. Sez. U. n. 34476 del 27/12/2019); la violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. è dedotta al di fuori dei paradigmi al riguardo dettati dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598; Cass. Sez. U. n. 20867 del 30/09/2020);
il terzo motivo è parimenti inammissibile, per analoghe considerazioni; va peraltro rammentato che, come chiarito da questa Corte, in caso di subentro di familiare facente parte del nucleo ampliato la comunicazione all’ente gestore è adempimento necessario e non surrogabile (v. Cass. n. 549 dell’11/01/2023) ‘.
La ricorrente ha chiesto che il ricorso sia deciso e depositato memoria in vista della trattazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 12 l. reg. Lazio 12/99.
Sostiene che la Corte d’appello avrebbe falsamente applicato la legge, per averle negato il diritto di successione nel rapporto di locazione, nonostante essa convivesse con l’assegnataria dell’alloggio già prima dell’assegnazione.
1.1. Il motivo è inammissibile. Esso infatti dà per dimostrato quod erat demonstrandum , e cioè che NOME COGNOME convivesse con NOME COGNOME. Ma va da sé che lo stabilire se una persona sia o non sia convivente con un parente è questione di puro fatto, non di diritto.
Nella parte, poi, in cui adombra la mancata considerazione dei certificati anagrafici in atti il motivo è inammissibile per la differente ragione che investe
la valutazione delle prove, il cui riesame non è consentito in questa sede.
Col secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 11 e 12 l. reg. Lazio 12/99, nonché dell’art. 2697 c.c.. Sostiene che, in assenza di elementi contrari che sarebbe stato onere dell’NOME addurre, i certificati anagrafici da lei deposit ati ‘ assurgono a prove incontrovertibili ‘ , e si sarebbero dovuti ritenere sufficienti a dimostrare la fondatezza della domanda.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto anch’esso investe la valutazione delle prove. Lo stabilire, infatti, quali informazioni possano trarsi dalle certificazioni anagrafiche è anch’essa una questione di fatto riservata al giudice di merito.
Col terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 12 l. r. Lazio 12/99; 2697 c.c. e 116 c.p.c..
Nella illustrazione del motivo si sostiene che: il fatto che NOME COGNOME convivesse con la zia era circostanza comunicata all’NOME; in ogni caso l’NOME ne era a conoscenza; l’NOME avrebbe potuto in ogni momento accertare la reale composizione del nucleo familiare; era onere dell’NOME dimostrare la sussistenz a dei presupposti per la decadenza dall’assegnazione.
3.1. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni per cui sono infondati gli altri: ovvero che investe un accertamento di puro fatto e il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove, come condivisibilmente già ritenuto dalla proposta di definizione anticipata.
Le svolte considerazioni evidenziano la piena condivisibilità delle valutazioni fatte nella proposta di definizione anticipata.
Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva. La conformità della presente decisione alla proposta di definizione accelerata
comporta la condanna della ricorrente ex art. 96, comma quarto, c.p.c..
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 500;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 11 luglio 2024.
Il Presidente (NOME COGNOME)