Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30156 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30156 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 33588-2019 proposto da:
COGNOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso l ‘ordinanza del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 10/10/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. COGNOME NOME e COGNOME NOME evocavano in giudizio NOME innanzi il Tribunale di Venezia, invocandone la condanna al pagamento della somma di € 46.765,10 a fronte dell’attività professionale di assistenza legale prestata dai ricorrenti in favore del convenuto.
Nella resistenza di quest’ultimo il Tribunale, con l’ordinanza impugnata, accoglieva parzialmente la domanda, condannando il COGNOME, al netto degli acconti già versati, al pagamento della somma di € 6.608,52.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1362, 1363, 1367 e 1369 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato la clausola contenuta nell’accordo con il quale il COGNOME si era impegnato al pagamento, in favore degli odierni ricorrenti, di una ‘success fee’ pari allo 0,7% del minor importo che il giudice avesse determinato rispetto alla richiesta proposta, in danno del predetto
COGNOME, dal RAGIONE_SOCIALE, pari ad € 3.333.460,15.
La censura è fondata.
Il Tribunale ha dato atto che le parti avevano pattuito il compenso in parte in misura fissa, e precisamente in € 14.000, ed in parte in misura variabile, mediante una ‘success fee’ pari allo 0,7% del minor importo che fosse stato ritenuto dovuto rispetto alla pretesa iniziale proposta dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME. Ha però argomentato, il giudice di merito, che la predetta ‘success fee’ non fosse dovuta, in quanto la pattuizione avrebbe avuto ad oggetto la sola ipotesi di accoglimento parziale della domanda, e non anche quella del suo totale rigetto, ed ha quindi limitato la pretesa degli odierni ricorrenti alla sola somma determinata in misura fissa, dalla quale ha poi detratto gli acconti, giungendo all’importo finale determinato in ordinanza.
I ricorrenti contestano tale statuizione, osservando che la clausola si riferisse ad ogni ipotesi in cui la pretesa della procedura concorsuale fosse stata ridotta, e dunque anche all’eventualità del suo totale rigetto. In effetti, la formulazione letterale della clausola non lascia dubbi, posto che essa prevede la spettanza della ‘success fee’ nella misura dello ‘… 0,7% del minor importo stabilito dal Giudice rispetto alla somma di € 3.333.460,15 oggetto della domanda’ (cfr. pag. 3 del ricorso) e dunque in qualsiasi ipotesi di riduzione della pretesa di cui anzidetto.
Ad avviso del Collegio, il giudice di merito ha operato un’interpretazione controletterale della clausola, in violazione dell’art. 1362 c.c., il quale, allorché nel primo comma prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento
letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10967 del 26/04/2023, Rv. 667678, ed ivi richiami ai precedenti conformi, tra cui Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21576 del 22/08/2019, Rv. 654900 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10290 del 27/07/2001, Rv. 548566).
Nel caso in esame, lettera e spirito della clausola, così come accertati nella loro oggettività dal Tribunale, mirano a parametrare il compenso professionale al valore differenziale tra disputatum e decisum , nel senso di far proprio (anche) nel rapporto interno tra il professionista e il suo cliente un criterio che normalmente rileva (solo) nel rapporto esterno tra le parti, ai limitati fini della liquidazione delle spese che il giudice opera in danno del soccombente.
Ciò posto, poiché il Tribunale ha accertato l’integrale rigetto della domanda proposta dalla procedura fallimentare, l’esito interpretativo della clausola in oggetto non può essere -ostandovi lo spirito della stessa -quello paradossale di azzerare un compenso aggiuntivo che, diversamente, ove cioè la domanda fosse stata accolta in qualsivoglia misura, vi sarebbe comunque stato a favore degli odierni ricorrenti.
Il ricorso va quindi accolto e la pronuncia impugnata cassata.
Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., nel senso che spetta agli odierni ricorrenti anche il compenso variabile pattuito tra le parti, in misura pari allo 0,7% della somma di € 3.333.460,15 e dunque di €
23.334,22. A detta somma va aggiunta quella, determinata dal Tribunale e non oggetto di impugnazione, di € 6.608,52. L’importo complessivamente dovuto agli odierni ricorrenti è pari, pertanto, ad € 29.942,74, oltre rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e cassa avvocati come per legge, con interessi al saggio legale a decorrere dalla domanda (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24973 del 19/08/2022. Rv. 665548 e Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 8611 del 16/03/2022, Rv. 664464).
Le spese del grado di merito vanno rideterminate in ragione dello scaglione superiore a quello applicato dal Tribunale e possono essere liquidate in € 3.809, di cui € 851 per la fase di studio, € 652 per quella introduttiva, € 903 per quella di trattazione ed € 1453 per quella decisionale.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
la Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo la causa nel merito ai sensi di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore dei ricorrenti, della complessiva somma di € 29.942,74 oltre rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e cassa avvocati come per legge, con interessi al saggio legale a decorrere dalla domanda.
Condanna altresì COGNOME NOME al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di merito, liquidate in complessivi € 3.809 ( di cui € 851 per la fase di studio, € 652 per quella introduttiva, € 903 per quella di trattazione ed € 1453 per quella decisionale ), nonché di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate in €
5.200 di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda