Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22341 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2247/2020 proposto da:
COGNOME rapppres. e difeso dall’avv . NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente-
-contro-
COMUNE DI COGNOME, in persona del sindaco p.t., rappres. e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti ;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 851/2019 emessa dalla Corte d’appello di Ancona, depositata in data 9.07.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Fermo rigettava il ricorso di NOME COGNOME avverso la determina n. 22 dell’11.5.17 con la quale il Comune di Montelparo l’aveva dichiarato decaduto dall’assegnazione dell’alloggio ERAP, contestando la regolarità del procedimento e l’infondatezza delle motivazioni poste a base del provvedimento.
Con sentenza del 9.7.19 la Corte territoriale rigettava l’appello dell’COGNOME, osservando che: non era stato sottoscritto un contratto di locazione, essendo stata l’assegnazione, inizialmente accordata, revocata all’esito degli accertamenti richiesti dall’ ERAP; la domanda era chiaramente finalizzata all’annullamento del provvedimento amministrativo di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio popolare, ex art. 20 decies, lett. a), LR Marche del 1612.2005, e non al mantenimento del rapporto locatizio, mai perfezionatosi attraverso un valido contratto scritto; il provvedimento era intervenuto in una situazione giuridica non ancora definita, atteso che la definitività della voltura contrattuale a favore del l’assegnatario dell’alloggio era subordinata all’esito degli accertamenti in ordine alla permanente sussistenza dei requisiti legali previsti per l’assegnazione; in difetto di voltura, ossia in mancanza di novazione soggettiva del rapporto contrattuale, ne ppure si poneva l’esigenza di risoluzione dell’origi nario rapporto locativo, cessato con la morte della precedente assegnataria NOME COGNOME; infatti, non era prevista l’automatica successione del parente convivente nel rapporto contrattuale con l’assegnatario deceduto, atteso che in materia di locazione di immobili dell’edilizia residenziale pubblica l’unico titolo che abilita alla locazione è l’assegnazione, per cui in caso di morte dell’assegnatario, l’alloggio torna nella disponibilità dell’ente che può procedere, nell’esercizio del suo potere
discrezionale, ad una nuova assegnazione eventualmente in favore di quei soggetti che, in quanto conviventi con il precedente assegnatario e in possesso dei requisiti richiesti, vantino un titolo preferenziale; in particolare, con nota del 30.11.2015 l’ ERAP aveva chiesto alla polizia municipale di verificare chi risiedesse abitualmente nell’alloggio in questione; con nota successiva lo stesso ERAP aveva rappresentato al ricorrente che, con la impugnata determina n. 22, era stata accolta l’istanza di voltura del contratto di locazione dell’alloggio assegnato a NOME COGNOME e autorizzata la stipula di un nuovo contratto di locazione; con nota del 28.1.16 il Comune aveva però comunicato all’ ERAP che gli accertamenti disposti erano stati negativi; su richiesta dell’ufficio anagrafe del Comune, la polizia municipale aveva comunicato l’esito negativo di quattro verifiche effettuate in circa 5 mesi; la decadenza dal diritto a ll’assegnazione dell’alloggio fu dunque motivata per mancanza di occupazione stabile dell’appartamento; da tale ricostruzione si desumeva che il procedimento era stato caratterizzato da incongruenze con riferimento all’adozione della determinazione n. 63/2015 (con la quale era stata accol ta l’istanza di voltura ed autorizzata la stipula della locazione), ma ciò era irrilevante ai fini della decisione, che aveva ad oggetto esclusivamente la sussistenza dei presupposti per la conservazione dell’alloggio; al riguardo, erano da confermare le motivazioni della sentenza impugnata circa le contestazioni sollevate dal ricorrente, considerando che l’effettività degli accertamenti non era contestabile, anche perché quest’ultimo non aveva dimostrato, né aveva chiesto di farlo, la sua presenza in casa nei giorni degli accertamenti o nei periodi di riferimento (essendo sul punto irrilevante la mancata precisazione degli orari delle verifiche); se è vero che la residenza o la stabile dimora non
implicavano la presenza quotidiana, il dato fattuale della stabile occupazione doveva trovare riscontro in una costanza di relazioni, attività o abitudini di vita tale da risultare compatibile con un normale utilizzo dell’immobile quale stabile abitazione (ciò che non era dimostrabile con la documentazione relativa alle utenze); né l’interlocuzione dell’appellante con il Comune, e il riconoscimento di un contributo per un alloggio alternativo a seguito del sisma, dimostravano necessariamente la stabile occupazione nel periodo in questione, né l’effettiva sussistenza dei requisiti per usufruir e del contributo per autonoma sistemazione presso l’abitazione del parente.
NOME COGNOME ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza d’appello con tre motivi, illustrati da memoria. Il Comune di Montelparo resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 20 septies LR Marche n.36/2005, ed omesso esame di fatto decisivo, nonché contraddittorietà della motivazione, per aver la Corte d’appello affermato che non sussisteva un valido contratto di locazione, cessato con la morte dell’originaria assegnataria, in quanto la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio della casa popolare presupponeva l’esistenza di tale rapporto il cui mantenimento costituiva oggetto della domanda.
Al riguardo, il ricorrente assume di occupare l’immobile per effetto dell’ampliamento del nucleo familiare dell’originaria assegnataria, autorizzato dall’ ERAP il 26.12.003, il cui subentro costituiva atto dovuto (come confermato dalla determinazione n. 63 di accoglimento dell’istanza di voltura), sicché la Corte d’appello era
stata contraddittoria nello statuire, da un lato, che, in caso di morte dell’assegnatario, il bene sarebbe tornato nella disponibilità dell’ente pubblico, e dall’altro che l’oggetto della causa riguardava solo i presupposti per la conservazione dell’alloggio.
Il secondo motivo denunzia violazione della LR Marche n. 22 /2006, e dell’art. 18 dpr 223, nonché omesso esame di fatto decisivo e contraddittorietà della motivazione, per aver la Corte d’appello ritenuto che gli accertamenti effettuati non potessero essere posti in dubbio e che l’istante non ave sse dimostrato la sua presenza in casa nel periodo d’accertamento.
Al riguardo, il ricorrente, premesso che la residenza permane anche quando la persona si rechi a lavorare fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, assume che gli accertamenti contestati non erano stati svolti correttamente, essendo stata omessa qualsiasi attività investigativa ed essendo stati effettuati i soli sopralluoghi in un ambito temporale limitato a poco più di un mese, senza indicare la data e l’ora delle verifiche.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 2697 cc, omesso esame di fatto decisivo e contraddittorietà della motivazione, in quanto il Comune avrebbe dovuto dimostrare la sussistenza dei presupposti del provvedimento di decadenza in questione, mentre l’effettiva occupazione dell’alloggio era stat a dimostrata dal ricorrente attraverso vari elementi, quali, in particolare, le utenze.
Il primo motivo è inammissibile.
Invero, il ricorrente non coglie la ratio della decisione impugnata, consistente nell’affermare che non sussiste va automatismo nella successione nel rapporto locativo instaurato con l’originaria assegnataria deceduta, essendo necessaria la stipula di un nuovo contratto scritto, a seguito della formale deliberazione autorizzativa.
In tema di edilizia residenziale pubblica, l’unico titolo che abilita alla locazione è l’assegnazione sicché, in caso di morte dell’assegnatario, si determina la cessazione dell’assegnazione-locazione ed il ritorno dell’alloggio nella disponibilità dell’ente, il quale può procedere, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ad una nuova assegnazione, eventualmente a favore dei soggetti indicati nell’art. 12 del d.P.R. n. 1035 del 1972 che, in qualità di conviventi ed in presenza delle altre condizioni previste dalla normativa, hanno un titolo preferenziale e non un diritto al subentro automatico conseguente alle vicende successorie, conformemente ai principi generali in materia (Cass., n. 34161/2019).
Né aiuta a divisare la pertinenza della formulata doglianza il fatto che il ricorrente invochi l’art. 20 septies della Legge regionale secondo il cui disposto: Il subentro nell’assegnazione a seguito di decesso dell’assegnatario o abbandono dell’alloggio è consentito esclusivamente a beneficio dei componenti del nucleo familiare, così come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera c), conviventi sin dal momento dell’assegnazione ovvero in virtù di ampliamento stabile avvenuto ai sensi del comma 3 e seguenti.
L’ampliamento stabile del nucleo familiare, diverso da quello avvenuto per matrimonio, convivenza more uxorio, nascita figli, adozione, tutela o affidamento, è autorizzato dall’ente gestore su richiesta dell’assegnatario a favore di persone legate ai componenti del nucleo familiare, di cui alla lett era c) del comma 1 dell’articolo 2, da vincolo di parentela in linea retta sino al secondo grado, previa verifica della permanenza dei requisiti di cui all’articolo 20 quater e purché l’abitazione sia adeguata alle esigenze del nuovo nucleo familiare.
L’am pliamento stabile del nucleo familiare di cui al comma 3
costituisce per il nuovo componente autorizzato il diritto al subentro dopo due anni dall’autorizzazione dell’ente gestore, che deve essere concessa o respinta entro quarantacinque giorni dalla ricezione della domanda dell’assegnatario.
Da tali norme non si evince, infatti, che il subentro del convivente nella locazione (eccettuati i casi di matrimonio e di convivenza di fatto di cui al secondo comma) sia atto dovuto o automatico; anzi, le norme regionali richiamate richiedono espressamente, per tale subentro, la sussistenza dei requisiti contemplati che, nella specie, l ‘organo comunale ha escluso nell’esercizio del proprio potere discrezionale, non sindacabile in questa sede.
Va altresì osservato al riguardo che, in tema di locazione d’immobili di edilizia residenziale pubblica, costituisce orientamento consolidato di questa Corte che l’assegnazione, unico titolo che abiliti alla legittima detenzione dell’alloggio, non può essere conseguita per “facta concludentia” in quanto la legge richiede la forma scritta “ad substantiam”, sia perché il rapporto intercorre tra un privato ed una pubblica amministrazione, sia perché si verte nell’ambito dell’erogazione di un servizio pubblico nel quale deve essere costante la verifica della permanenza dei requisiti dei soggetti destinatari (Cass., n. 12957/2023; n. 4262/2024).
Pertanto, non emerge alcun omesso esame di fatti decisivi; la doglianza è, inoltre, inammissibile anche con riguardo al vizio motivazionale di contraddittorietà, non declinabile ratione temporis. Ne consegue, come rilevato dalla Corte d’appello, l’irrilevanza del fatto che il Comune, con la determinazione n. 63/2015, avesse accolto l’istanza di voltura ed autorizzat o la stipula della locazione, che certo non aveva radicato alcun diritto del ricorrente all’automatica successione nel rapporto locatizio intestato a NOME
COGNOME anche considerando che la voltura non avrebbe potuto essere effettuata prima degli accertamenti fattuali sulla residenza abituale del ricorrente.
Il secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono parimenti inammissibili perché diretti al riesame dei fatti in ordine all’apprezzamento degli accertamenti compiuti al fine di verificare l’abituale occupazione dell’alloggio da parte del ricorrente.
Al riguardo, giova rilevare che il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., n. 32505/2023; n. 9097/2017).
Nella specie, premesso che il Comune ha dato prova dell’insussistenza dei requisiti legittimanti il subentro nell’assegnazione, è in particolare irrilevante il fatto che il ricorrente lavorasse lontano dal Comune in cui era ubicato l’alloggio assegnato .
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della I Sezione civile il 17 giugno