Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25323 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25323 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ATER UMBRIA
–NOME – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 494/2022 depositata il 28/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8186/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
COMUNE DI FOLIGNO (PG), elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Controricorrente –
nonché contro
RITENUTO CHE:
Con sentenza in data 23/10/2019 il Tribunale di Spoleto, in esito a rito locatizio, respinse il ricorso proposto ex art. 447 c.p.c. da NOME COGNOME avverso la contumace RAGIONE_SOCIALE ed il resistente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Foligno, volto all’annullamento della determinazione dirigenziale n. 952/2017 emessa dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Foligno che dichiarò la sua decadenza dalla fruizione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in Foligno INDIRIZZO, già assegnato a COGNOME NOME, ava di COGNOME, per carenza dei requisiti previsi dall ‘ art. 33 della legge regionale 23/2003 come modificato dall ‘ art. 40 della legge regionale n. 15 del 2012.
Il Tribunale respinse il ricorso sul rilievo che: (i) le norme prevedevano entrambe che potessero subentrare nel rapporto di assegnazione i soggetti per i quali l ‘ RAGIONE_SOCIALE avesse autorizzato l ‘ ampliamento del nucleo familiare dell ‘ assegnatario (autorizzazione in questo caso concessa in data 1°/11/2020), la norma del 2003 limitando il diritto di subentro a chi dopo l ‘ autorizzazione avesse risieduto nell ‘ alloggio per due anni, la norma successiva richiedendo invece 5 anni di convivenza dalla data dell ‘ autorizzazione; (ii) al momento dell ‘ entrata in vigore della norma del 2012 (11 ottobre 2012) non si erano compiuti i due anni di convivenza, talché COGNOME non aveva -a quella data- acquisito il diritto al subentro; (iii) al momento della morte della COGNOME (7 maggio 2014) non si erano compiuti i 5 anni dall ‘ autorizzazione.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME interpose gravame dinnanzi alla Corte d ‘ appello di Perugia.
Si costituì il RAGIONE_SOCIALE Foligno, mentre COGNOME rimase contumace.
Con sentenza n. 494/2022, depositata in data 28/9/2022, oggetto di ricorso, la Corte d ‘ appello di Perugia ha respinto l ‘ appello del COGNOME, con condanna dell ‘ appellante alle spese di lite.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE di Foligno resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c.
Il RAGIONE_SOCIALE di Foligno ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
Va disattesa l’eccezione sulla procura del ricorrente formulata nella memoria del controricorrente. La procura conferita da NOME COGNOME all’avvocato NOME COGNOME fa espresso riferimento al ricorso per cassazione ‘avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia emessa nel procedimento RG 487/2018 depositata in cancelleria in data 28 settembre 2022 comunicata in pari data’ . Risulta pertanto individuata la sentenza impugnata.
Con il primo motivo , il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 4 , c.p.c., ‘ Difetto di motivazione ( art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. 360, n. 4 c.p.c) il documento rilevante è la sentenza impugnata -doc. 1 fasc. ex art. 369 comma 2 c.p.c – nella parte in cui non esplica il percorso logico giuridico che ha portato il giudice di appello ad affermare perché la normativa regionale sopravvenuta si applichi ai rapporti già in corso’ , lamentando che la Corte territoriale ha omesso di motivare le ra gioni che l’hanno condotta ad affermare che la normativa regionale sopravvenuta si applichi ai rapporti già in corso e a quei nuclei familiari che avevano ottenuto l’autorizzazione all’ampliamento nella vigenza della precedente normativa.
Sul primo motivo. La Corte territoriale ha esplicitato compiutamente le ragioni della sua decisione. Essa ha infatti statuito che nella specie non è avvenuta alcuna applicazione retroattiva della normativa sopravvenuta, e ciò in quanto: ‘ (i) al momento della morte dell’originaria assegnataria (anno 2014) era già in vigore la normativa del 2012, sicché la sua applicazione al
caso in esame non ne configura un’applicazione retroattiva e, (ii) né può assumersi che la sua applicazione abbia leso un diritto già acquisito in virtù della convivenza biennale, sia perché al compimento del biennio non sussisteva il terzo presupposto, sia perché la modifica normativa intervenne quando ancora il biennio non era compiuto ‘ (così a p. 3 della sentenza).
3 .1 La Corte ha pertanto adeguatamente e condivisibilmente specificato le ragioni per le quali, malgrado l’autorizzazione all’ampliamento del nucleo familiare dell’originaria assegnataria fosse avvenuta allorché era ancora vigente la normativa posta dalla l.r. 23/2003, nella specie ha trovato applicazione, non retroattiva, la normativa sopravvenuta, posta con la l.r. 15/2012. Ne segue che il motivo è privo di fondamento.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 11 delle c.d. preleggi (art. 360 comma 3 c.p.c.) il documento rilevante è il provvedimento autorizzativo di RAGIONE_SOCIALE all ‘ ampliamento del nucleo famigliare (che risulta dal doc., 9 fasc. ex art. 369 comma 2 c.p.c n. provvedimento impugnato e 2 comunicazioni del RAGIONE_SOCIALE di Foligno) prodotto nel giudizio di primo grado quali docc.1-3-5) ed in particolare la data del 11.10.2010 in cui era vigente la normativa che prevedeva obbligo biennale di convivenza biennale alla data della morte dell’originario assegnatario’ . Lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto applicabili le disposizioni della legge regionale n. 15 del 5 ottobre 2012 (ove si prevede, quale requisito necessario ai fini del subentro, una convivenza con l ‘ assegnatario deceduto di almeno cinque anni), anziché quelle previste dall ‘ art. 33 L.R. RAGIONE_SOCIALE n. 23/2003 la quale disponeva che: ‘ I componenti del nucleo avente diritto, purché conviventi, subentrano automaticamente nella titolarità dell ‘ assegnazione in caso di decesso dell ‘ assegnatario, ovvero di abbandono dell ‘ alloggio. Hanno diritto al subentro, in
particolare, i componenti del nucleo familiare come individuato all ‘ articolo 29, comma 4 , nonché coloro che sono venuti a far parte del nucleo per ampliamento dello stesso, a seguito di sopravvenienza di figli, di matrimonio o di convivenza anagrafica da almeno due anni, di accoglienza nell ‘ abitazione di ascendenti o di affini in linea ascendente, ovvero per affidamento stabilito con provvedimento giudiziario. ‘
Di conseguenza, deduce il ricorrente, la Corte territoriale ha tolto efficacia alle conseguenze future del periodo di convivenza antecedente l ‘ entrata in vigore della norma, cosa che avrebbe legittimato assegnazione dell ‘ alloggio popolare in favore del ricorrente alla morte della di lui nonna. In tale data, infatti, il ricorrente aveva maturato un periodo di convivenza di quattro anni con l ‘ assegnataria e, pertanto, avrebbe avuto diritto a subentrare nell ‘ alloggio popolare in base alla normativa vigente al momento dell ‘ inizio della residenza con la propria ascendente.
Sul secondo motivo. Il motivo in esame non si confronta con la ratio decidendi della sentenza gravata. Esso consiste infatti nell’affermazione secondo cui la Corte territoriale ‘ applicando la normativa del 2012 a rapporti sorti anteriormente – ampliamento del nucleo famigliare autorizzato e la residenza del ricorrente e del suo nucleo famigliare con la nonna COGNOME NOME dall’11.10.2010 -ha tolto efficacia alle conseguenze future del periodo di convivenza precedente l’entrata in vigore della norma, cosa che avrebbe legittimato l’assegnazione dell’alloggio popolare in favore del COGNOME alla data della morte della di lui nonna, avvenuta il 7 maggio 2014, data in cui l’istante aveva maturato un periodo di convivenza di quasi quattro anni con l’assegnataria e, dunque, avrebbe avuto diritto a subentrare nell’alloggio popolare in base alla normativa vigente nel momento dell’inizio della residenza con la propria ascendente ‘ (così a p. 9 del ricorso).
Il ricorrente non si confronta con gli elementi che hanno condotto la Corte territoriale ad escludere la violazione dell’art. 11 delle preleggi, e cioè, come riportato in relazione al primo motivo, (i) il fatto che la morte dell’assegnataria era avvenuta nel vigore della nuova legge e (ii) il fatto che, quando tale nuova normativa regionale è entrata in vigore, non era ancora maturato il biennio di convivenza con l’assegnataria previsto dalla normativa previgente, così che non si era consolidato alcun diritto al subentro a favore del COGNOME. Il ricorrente si è infatti limitato a rilevare che il RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto fare applicazione della legge anteriore in quanto vigente allorché era stato autorizzato l’ampliamento del nucleo familiare, con ciò omettendo del tutto di spiegare per quali ragioni gli altri elementi presi in considerazione dalla Corte d’appello non siano tali da sorreggere adeguatamente la decisione assunta. L’omessa considerazione e l’omessa critica della ratio decidendi della sentenza rendono la censura inammissibile.
5.1 Va in aggiunta rilevato che la Corte territoriale si è attenuta ai principi di legittimità in materia di successione delle leggi nel tempo e di applicazione retroattiva della legge. In relazione ad una fattispecie riguardante il diritto al subentro nell’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, Cass., sez. III, sent. 02/08/2016, n. 16039 ha affermato che: « Il principio della irretroattività della legge comporta che la nuova norma non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso, sicché la disciplina sopravvenuta è invece applicabile ai fatti, agli ‘ status ‘ e alle situazioni esistenti o venute in essere alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai nuovi fini, debbano essere presi in considerazione in se stessi,
prescindendosi dal collegamento con il fatto che li ha generati. (In applicazione di tale principio, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha confermato la decisione impugnata che, nel decidere sul subentro nell ‘ assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, aveva assunto la data del decesso degli originari assegnatari quale momento cui fare riferimento per l ‘ individuazione della normativa regionale applicabile ai fini del riconoscimento del preteso diritto, escludendo così i nipoti degli assegnatari, già compresi – alla stregua della disciplina previgente – nel novero degli aventi diritto) » (conforme Cass., sez. I, sent. 03/07/2013, n. 16620).
5.2 La violazione dell’art. 11 delle Preleggi è in effetti inesistente perché la legge regionale del 2012 è intervenuta su un rapporto pendente e non ha disposto retroattivamente riguardo ad effetti già verificartisi, ma ha disposto con riferimento alla situazione pendente elevando il periodo di convivenza necessaria al subentro per il caso di decesso. Poiché la convivenza era una relazione in corso, il legislatore regionale, ampliandone la durata necessaria è intervenuto su un rapporto pendente, e lo ha fatto senza alcuna violazione del precetto dell’art. 11, atteso che poteva modificare il rapporto pendente quanto alla condizione legittimante di cui trattasi.
Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e/o falsa applicazione del principio di legittimo affidamento così come individuato dalla giurisprudenza comunitaria (art. 360 comma 3 c.p.c.) documento rilevante è la sentenza impugnata -doc. 1 fasc. ex art. 369 comma 2 c.p.c – nella parte in cui non applicando retroattivamente la normativa regionale sopravvenuta lede il legittimo affidamento del ricorrente ‘ . Il ricorrente denuncia che l ‘ applicazione retroattiva della norma da parte della Corte territoriale viola il principio di legittimo affidamento del COGNOME e della sua famiglia, principio in relazione
al qualle si riporta alla giurispruenza della Corte di Giustizia europea.
Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e/o falsa applicazione del principio di uguaglianza di cui all ‘ art. 3 della Costituzione (art. 360 comma 3 c.p.c.) documento rilevante è la sentenza impugnata -doc. 1 fasc. ex art. 369 comma 2 c.p.c – nella parte in cui non applicando retroattivamente la normativa regionale lede il principio di uguaglianza, sub specie ragionevolezza ‘ , sostenendo che l ‘ applicazione retroattiva della norma sopravvenuta, oltre che ledere il ragionevole affidamento che il ricorrente aveva riposto nel predetto requisito di legge viola l ‘ art. 3 della Costituzione sotto il profilo della proporzionalità e ragionevolezza delle norme. In particolare, nel caso di specie l ‘ applicazione retroattiva della norma si porrebbe in contrasto con l ‘ art. 3 della Costituzione e con il diritto alla casa, soprattutto dei soggetti meno abbienti, come il ricorrente la sua famiglia.
Il terzo e quarto motivo, per la loro connessione logica e per la comunanza delle censure cui vanno soggetti, possono essere esaminati congiuntamente. Essi risultano infondati, dal momento che entrambi presuppongono una errata applicazione, da parte della Corte territoriale, dei principi in materia di irretroattività delle leggi. Errata applicazione che, come illustrato con riferimento al secondo motivo, nel caso in esame non si è verificata.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è infondato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso
spese generali 15% e accessori di legge, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE di Foligno.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/06/2024, nella camera di consiglio della