LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Straordinario pubblico impiego: quando va pagato?

Un dipendente pubblico ha richiesto il pagamento di ore di straordinario prestate sulla base di un ordine di servizio. L’ente si opponeva eccependo la mancanza di autorizzazioni formali e di sistemi di rilevazione presenze. La Corte di Cassazione ha confermato il diritto del lavoratore al compenso per lo straordinario pubblico impiego, stabilendo che il consenso del datore di lavoro, anche implicito, è sufficiente a fondare il diritto alla retribuzione, a prescindere da vizi formali o dal mancato rispetto delle norme sulla spesa pubblica.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Straordinario Pubblico Impiego: Pagamento Assicurato con il Consenso del Dirigente

Il tema dello straordinario pubblico impiego è spesso fonte di contenziosi. Molti dipendenti si chiedono se il loro lavoro extra debba essere retribuito anche in assenza di procedure formali impeccabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, stabilendo un principio fondamentale: ciò che conta è la prestazione effettivamente svolta con il consenso, anche implicito, del datore di lavoro. Vediamo i dettagli.

I Fatti del Caso

Un operaio specializzato, dipendente di un’agenzia pubblica regionale, ha richiesto il pagamento delle ore di lavoro straordinario accumulate in un periodo di circa un anno e mezzo. Queste ore extra erano state prestate in esecuzione di un ordine di servizio del direttore generale che stabiliva turni giornalieri di otto ore, di cui un’ora e mezza era esplicitamente qualificata come straordinario.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore. L’ente pubblico, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la retribuzione non fosse dovuta per diverse ragioni formali.

Le Obiezioni dell’Ente Pubblico

L’amministrazione datrice di lavoro ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali:

1. Mancanza di autorizzazione formale e prova: Secondo l’ente, mancava una formale autorizzazione preventiva e non vi era prova documentale delle presenze (come timbrature di cartellini o fogli firma controfirmati), requisiti ritenuti essenziali nel pubblico impiego per il controllo della spesa pubblica.
2. Violazione della normativa sulla rilevazione presenze: L’ente ha invocato una norma (art. 3, comma 83, della L. 244/2007) che vieta alle pubbliche amministrazioni di erogare compensi per straordinario senza la previa attivazione di sistemi di rilevazione automatica delle presenze.

La Decisione della Cassazione sullo Straordinario nel Pubblico Impiego

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente, confermando il diritto del lavoratore a essere pagato. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato che bilancia le esigenze di controllo della spesa pubblica con il diritto costituzionale del lavoratore a una giusta retribuzione (art. 36 Cost.).

Il Principio della Prestazione di Fatto

Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 2126 del Codice Civile. Questa norma stabilisce che, anche se un contratto di lavoro è nullo, il lavoratore ha comunque diritto alla retribuzione per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione. La Corte estende questo principio allo straordinario pubblico impiego: se il lavoro extra è stato effettivamente svolto, deve essere pagato.

Il Consenso del Datore di Lavoro è Decisivo

La Corte ha chiarito che l’elemento essenziale per il diritto al compenso non è la pedissequa osservanza di tutte le procedure formali, ma il consenso del datore di lavoro. Questo consenso non deve necessariamente essere un atto formale; può essere anche implicito o desumersi da comportamenti concludenti. È sufficiente che la prestazione sia stata resa in modo coerente con la volontà del datore di lavoro o di chi ha il potere di organizzarla, e comunque non insciente o prohibente domino (cioè non all’insaputa o contro la volontà del datore).

Nel caso specifico, l’ordine di servizio del Direttore Generale che prevedeva turni includenti un’ora e mezza di straordinario costituiva una chiara e sufficiente autorizzazione.

L’irrilevanza dei Sistemi di Rilevazione non Installati

Infine, la Cassazione ha smontato l’argomento basato sulla mancanza dei sistemi di rilevazione automatica. I giudici hanno stabilito un principio logico e di giustizia: il divieto di pagare lo straordinario opera solo se i sistemi di rilevazione sono stati attivati. Se l’amministrazione non ha ancora provveduto a installarli, non può usare la propria inadempienza per negare al lavoratore il compenso per un lavoro che ha richiesto e ricevuto.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si concentrano sulla tutela del lavoratore e sul principio di effettività della prestazione lavorativa. I giudici hanno sottolineato che le normative sulla spesa pubblica e sulle autorizzazioni formali sono poste a tutela dell’amministrazione e la loro violazione può comportare una responsabilità contabile per i dirigenti che hanno consentito lo straordinario in modo irregolare. Tuttavia, queste irregolarità interne non possono ripercuotersi sul lavoratore, il quale ha diritto alla retribuzione per l’energia lavorativa fornita. Il consenso del datore di lavoro è l’unico elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 c.c., rendendo secondarie le questioni relative alla validità della richiesta o al rispetto dei vincoli di bilancio ai fini del diritto del dipendente.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio di diritto del lavoro nel settore pubblico: il diritto alla retribuzione per il lavoro straordinario prevale sui vizi formali della procedura di autorizzazione, a condizione che la prestazione sia stata eseguita con il consenso, anche implicito, dell’amministrazione. Per i dipendenti pubblici, ciò significa che il lavoro extra effettivamente prestato e richiesto dai superiori deve essere pagato. Per le pubbliche amministrazioni, rappresenta un monito a gestire correttamente le procedure interne, poiché eventuali irregolarità possono generare responsabilità per i dirigenti, ma non possono essere usate per negare i diritti retributivi dei lavoratori.

Il pagamento dello straordinario nel pubblico impiego richiede sempre un’autorizzazione scritta e formale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’elemento decisivo è il consenso del datore di lavoro, che può essere anche implicito o desumersi da un ordine di servizio. Se la prestazione è stata svolta in modo coerente con la volontà dell’amministrazione, il diritto al compenso sorge a prescindere dalla regolarità formale dell’autorizzazione.

Una Pubblica Amministrazione può rifiutarsi di pagare lo straordinario se non ha ancora installato i sistemi di rilevazione automatica delle presenze previsti dalla legge?
No. La Corte ha chiarito che il divieto di erogare compensi per lavoro straordinario in assenza di tali sistemi si applica solo se i sistemi sono stati effettivamente attivati. Un’amministrazione non può sfruttare la propria inadempienza (la mancata installazione) per negare il pagamento di una prestazione lavorativa che ha richiesto e ricevuto.

Cosa succede se un dirigente pubblico autorizza straordinari senza rispettare le regole sulla spesa pubblica?
Il lavoratore ha comunque diritto a essere pagato. L’eventuale violazione delle norme sulla spesa pubblica o sulla regolarità della richiesta può comportare una responsabilità contabile per il dirigente che ha consentito lo straordinario, ma non incide sul diritto del dipendente a ricevere la retribuzione per il lavoro svolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati