Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7332 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7332 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 33015/2018 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso cui è elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il AVV_NOTAIO NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, n. 35/2018, pubblicata il 12 settembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha proposto ricorso davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE contro l’RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, esponendo che:
era dirigente medico a tempo indeterminato alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE detta RAGIONE_SOCIALE;
aveva ricevuto comunicazione dell’avvio del procedimento di applicazione dell’accordo sindacale riguardante le eccedenze orarie ancora visualizzate ‘a cartellino’;
gli erano state riconosciute, in relazione al quinquennio 2008/2012, 159 ore, di cui 98 poste a recupero e 61 in pagamento;
aveva contestato tale riconoscimento, in quanto a lui risultava di avere maturato, al 31 dicembre 2012, 1647,50 ore a credito;
l’importo RAGIONE_SOCIALE retribuzione di risultato percepita per l’anno 2012 era inferiore al dovuto.
Egli ha chiesto al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che:
fosse dichiarata illegittima la condotta del datore di lavoro, che aveva quasi annullato l’ammontare del suo monte ore ancora a credito, con condanna, in via alternativa, dell’ente a pagare tali ore, al netto di quelle riconosciute, o a consentire la fruizione del corrispondente numero di ore di riposo compensativo remunerato;
fosse condannata controparte a corrispondere quanto dovuto a titolo di retribuzione di risultato per l’anno 2012.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1273/2016, ha accolto in parte il ricorso con riferimento al monte ore ancora a credito.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE ha proposto appello .
Il dipendente ha proposto appello incidentale.
L a Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 35/2018, ha accolto l’appello principale.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi.
La P.A. resistente si è difesa con controricorso e ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e RAGIONE_SOCIALE artt. 1340, 2077 e 2078 c.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo RAGIONE_SOCIALE artt. 6, comma 2, d.lgs. n. 479 del 1994, 11, comma 2, d.P.R. n. 38 del 1998, anche in relazione all’art. 2112 c.c., nonché 35, comma 8, d.lgs. n. 29 del 1993 e smi, 202 d.P.R. n. 3 del 1957 e 3, commi 57 e 58, legge n. 537 del 1993 in quanto la corte RAGIONE_SOCIALE, dopo avere compiuto un’illegittima precisazione dell’oggetto del giudizio, non avrebbe tenuto conto RAGIONE_SOCIALE prassi RAGIONE_SOCIALEle esistente, rappresentata dal fatto che a lui, come a tutti i medici dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE oRAGIONE_SOCIALEera intimata, era stato riconosciuto il diritto di recuperare con riposi compensativi le ore di servizio effettuate in eccesso ri spetto all’orario di lavoro contrattuale .
Il giudice di secondo grado non si sarebbe pronunciato sulla domanda dichiarativa da lui proposta di accertamento dell’illegittimità RAGIONE_SOCIALE condotta
datoriale volta ad applicare, in via retroattiva, un accordo RAGIONE_SOCIALEle lesivo di diritti.
Al contrario, avrebbero dovuto trovare applicazione l’art. 2077, comma 2, c.c., il quale stabiliva la prevalenza delle condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro presenti nei contratti individuali rispetto a quelle deteriori dei contratti collettivi, e 2078 c.c., per il quale gli usi favorevoli ai lavoratori prevalevano sulle norme dispositive di legge.
La doglianza è infondata.
Innanzitutto, si osserva che la corte RAGIONE_SOCIALE ben poteva definire il thema decidendum , essendo proprio suo compito l’inquadramento giuridico RAGIONE_SOCIALE vicenda oggetto di lite.
Si rileva, poi, che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha tenuto conto dell ‘ esistenza RAGIONE_SOCIALE prassi RAGIONE_SOCIALEle richiamata dal ricorrente, tanto da avere motivato la compensazione delle spese di lite in ragione di detta prassi.
Pertanto, vanno escluse sia la violazione dell’art. 112 c.p.c. sia l’omesso esame di un fatto decisivo.
In ordine agli altri profili, si evidenzia che, in tema di dirigenza medica nel pubblico impiego privatizzato, lo svolgimento di lavoro straordinario – inteso quale prestazione eccedente gli orari stabiliti dalla contrattazione collettiva – non fa sorgere in capo al dirigente diritti retributivi ulteriori rispetto a quanto previsto a titolo di retribuzione di risultato o a titolo di remunerazione di specifiche attività aggiuntive (ad esempio, pronta disponibilità, guardie mediche, prestazioni autorizzate non programmabili, ecc.). Siffatte attività aggiuntive, però, rilevano se previamente autorizzate dal datore di lavoro, in quanto, altrimenti, non è consentito riconoscere alcun diritto retributivo a tale titolo (Cass., Sez. L, n. 23102 del 28 luglio 2023).
Infatti, per costante giurisprudenza di questa S.C., il datore di lavoro pubblico non può attribuire compensi che non siano previsti dalla contrattazione collettiva, neppure se di miglior favore (cfr. Cass., SU, n. 21744 del 14 ottobre 2009; Cass., Sez. L, n. 14847 del 10 maggio 2022, non massimata; Cass., Sez. L, n. 13479 del 29 maggio 2018).
Non può essere configurato, quindi, un diritto quesito del dipendente a continuare a percepire un trattamento economico erogato dal datore di lavoro pubblico in assenza di titolo giustificativo e la P.A. è tenuta ad attivarsi per far cessare le attribuzioni indebite, nel rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento ex art. 97 Cost., e a recuperarle, a differenza di quanto accade nel lavoro privato (si veda per tutte Cass., SU, n. 21744 del 14 ottobre 2009; Cass., Sez. L, n. 11645 del 4 maggio 2021).
Non è applicabile al rapporto di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche il principio in forza del quale il datore di lavoro può riconoscere, quale trattamento di miglior favore, emolumenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva, posto che l ‘ art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, riserva a quest ‘ ultima l ‘ attribuzione di trattamenti economici, con la conseguenza che l ‘ autonomia contrattuale delle parti deve essere esercitata nei limiti previsti dalla contrattazione nazionale nonché da quella integrativa, a sua volta condizionata dai vincoli posti dalla prima (Cass., Sez. L, n. 11645 del 4 maggio 2021).
Non vi è, dunque, un diritto quesito del dipendente a continuare a percepire, anche se sulla base di una prassi RAGIONE_SOCIALEle, un trattamento economico erogato dal datore di lavoro pubblico che non trovi titolo nel contratto collettivo (Cass., Sez. L, n. 17257 del 16 giugno 2023, non massimata).
Eventualmente, la sistematica richiesta o accettazione di prestazioni eccedenti i limiti massimi stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva rispetto alla misura (giornaliera, settimanale, periodale o annua) del lavoro o la violazione delle regole sui riposi, come anche ( qualora tali norme non si applichino o, per talune scansioni temporali, manchino) lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE prestazione secondo modalità temporali irragionevoli, rendono il datore di lavoro responsabile, ai sensi dell’art. 2087 c.c. , del risarcimento del danno cagionato alla salute (art. 32 Cost.) o alla personalità morale (artt. 2 e 35 Cost., in relazione all’art. 2087 c.c.) del lavoratore; peraltro, mentre il danno provocato dal carattere gravoso o usurante RAGIONE_SOCIALE prestazione, quando sia allegata e provata la violazione sistematica di norme specifiche sui limiti massimi dell ‘ orario o la violazione di norme sui riposi, è da ritenere in re ipsa , qualora, viceversa, siffatte norme non
siano applicabili o manchino, chi agisce per ottenere il risarcimento è tenuto ad allegare e provare che le prestazioni, per le irragionevoli condizioni temporali, in una eventualmente al contesto in cui si sono svolte, sono state in concreto lesive RAGIONE_SOCIALE personalità morale del lavoratore (Cass., Sez. L, n. 16711 del 5 agosto 2020).
Ne deriva l’assoluta irrilevanza di prassi RAGIONE_SOCIALEli che, in qualche modo, in materia di straordinari, contrastino con la legislazione vigente o con la contrattazione collettiva e che consentano, nel pubblico impiego, al dirigente medico di percepire trattamenti economici ulteriori rispetto a quelli a lui dovuti in base alle fonti appena menzionate.
Il ricorrente, però, non solo, come emerge dalla sentenza impugnata, non ha indicato se le sue richieste concernenti lo straordinario riguardassero delle prestazioni per le quali il relativo importo poteva essere chiesto, ma neppure risulta abbia agito per ottenere il risarcimento di un qualche danno, con la conseguenza che la sua doglianza non può trovare accoglimento.
Con il secondo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 416, comma 3, c.p.c. perché la corte RAGIONE_SOCIALE non avrebbe tenuto conto RAGIONE_SOCIALE documentazione da lui presentata e non contestata da controparte, dalla quale sarebbe risultata la sua attività lavorativa nel periodo considerato, e non avrebbe ammesso la prova per testi da lui articolata.
La doglianza è inammissibile.
La corte RAGIONE_SOCIALE non ha mai negato che alcune delle attività svolte dal ricorrente potessero rientrare fra quelle per le quali lo straordinario era permesso. Essa ha, però, affermato che il dipendente avrebbe dovuto indicare in quali casi, oltre a quelli già riconosciuti dalla controparte, aveva lavorato per delle ore aggiuntive, rispetto all’orario normale , per le quali era prevista la remunerazione dello straordinario, in quanto neppure coperte dal fondo di risultato.
In aggiunta a ciò, si osserva che il ricorrente chiede, nella sostanza, una rivalutazione dei mezzi di prova che non è consentita in sede di legittimità.
Con il terzo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 51, 52 e 54 c.p.c., 69-72 d.l. n. 69 del 2013, conv. dalla legge n. 98 del 2013, 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, esponendo di avere sollevato istanza di ricusazione di uno dei componenti del Collegio di appello in quanto sussisteva a suo carico un obbligo di astenersi. In particolare, detto componente sarebbe stato un giudice ausiliario che, svolgendo attività forense, avrebbe ricevuto numerosi incarichi da aziende oRAGIONE_SOCIALEere, espletati in distretti finitimi a quello di RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, la corte RAGIONE_SOCIALE avrebbe omesso di sospendere il giudizio dopo la presentazione RAGIONE_SOCIALE richiesta di ricusazione e non avrebbe né fissato udienza per discuterla né comunicato la convocazione RAGIONE_SOCIALE riunione del 20 dicembre 2017 né assegnato i termini per la riassunzione né portato a loro conoscenza le dichiarazioni orali e deduzioni scritte del magistrato ricusato.
Avrebbe avuto, poi, pochissimo tempo per costituirsi in giudizio dopo la comunicazione del rigetto RAGIONE_SOCIALE menzionata istanza.
La doglianza è infondata.
A prescindere dal fatto che il ricorrente non ha riportato nel suo motivo il contenuto del provvedimento che ha deciso sulla ricusazione del menzionato giudice, si osserva l’irrilevanza dell e eccezioni sollevate dal dipendente nella presente sede.
Innanzitutto, l’art. 69 del d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., dalla legge n. 98 del 2013, stabilisce, nel testo ratione temporis rilevante, che:
‹‹ 1. Al giudice ausiliario si applica la disciplina delle incompatibilità e delle ineleggibilità prevista per i magistrati ordinari.
Il giudice ausiliario, nominato tra i candidati di cui all ‘ articolo 63, comma 3, lettera d), non può svolgere le funzioni presso la corte di appello nel cui distretto ha sede il consiglio dell ‘ ordine cui era iscritto al momento RAGIONE_SOCIALE nomina o nei cinque anni precedenti.
Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice ausiliario non possono esercitare la professione dinanzi agli uffici giudiziari del distretto di Corte di appello in cui svolgono le funzioni, e non possono rappresentare, assistere o
difendere le parti di procedimenti trattati dinanzi agli uffici giudiziari del medesimo distretto neppure nei successivi gradi di giudizio.
Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice ausiliario non possono rappresentare, assistere o difendere, anche presso uffici di altri distretti di corte d ‘ appello, le parti di procedimenti in relazione ai quali hanno svolto le funzioni. Il divieto si estende ad altro avvocato di lui socio o con lui associato ›› .
Pertanto, la mera circostanza che un giudice onorario abbia ricevuto incarichi da aziende oRAGIONE_SOCIALEere, espletati in distretti anche finitimi a quello ove svolge attività giurisdizionale, non assume rilievo ai sensi RAGIONE_SOCIALE vigente normativa, sopra riportata.
Neanche è applicabile l’art. 5 , comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 116 del 2017, il quale prescrive che ‹‹ coloro che svolgono abitualmente attività professionale per conto di imprese di assicurazione o bancarie, ovvero per istituti o società di intermediazione finanziaria (…)››, non risultando che il giudice interessato dalla ricusazione rientrasse nell’ambito di applicazione di tale disposizione.
D’altronde, i casi di astensione obbligatoria del giudice stabiliti dall ‘ art. 51 c.p.c., ai quali corrisponde il diritto di ricusazione delle parti, in quanto incidono sulla capacità del magistrato, determinando una deroga al principio del giudice naturale precostituito per legge, sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di applicazione per via di interpretazione analogica (Cass., SU, n. 12345 del l’ 8 ottobre 2001; Cass., Sez. 2, n. 15268 del 5 giugno 2019; Cass., Sez. 1, n. 22930 del 29 settembre 2017).
Coerentemente, l’ obbligo di astensione sancito dal n. 4 del l’art. 51 c.p.c. nei confronti del giudice che abbia conosciuto RAGIONE_SOCIALE causa come magistrato in altro grado del processo non può essere inteso nel senso di operare in un nuovo e distinto procedimento, ancorché riguardante le stesse parti e pur se implicante la risoluzione di identiche questioni.
Ne deriva che la normativa menzionata dal ricorrente non potrebbe essere intesa in senso favorevole alla sua tesi.
Esclusa ogni violazione dell’art. 51 c.p.c. e RAGIONE_SOCIALE legislazione speciale in materia e venendo all’esame RAGIONE_SOCIALE censura nella parte in cui si riferisce alla procedura seguita in ordine alla richiamata ricusazione, si rileva che, anche se la sola proposizione del ricorso per ricusazione non sospende ipso iure il processo, la sua definizione negativa ha efficacia automatica, con la conseguenza che, ove siano state già fissate, prima RAGIONE_SOCIALE proposizione del detto ricorso, delle attività processuali, come delle udienze, permane, in capo alle parti, compresa quella di esse che ha presentato l’istanza, l’onere di dare corso, nei termini stabiliti, alle attiv ità di loro spettanza, senza necessità di alcuna comunicazione dell’avvenuta definizione in senso negativo dell’istanza di ricusazione o di alcun atto di riassunzione.
Pertanto, intervenuta tale definizione in tempo anteriore alla data nella quale avrebbero dovuto essere compiute le citate attività processuali, legittimamente il giudice ricusato riprende, senza che sia richiesta una formale riassunzione, a svolgere i compiti impostigli dallo sviluppo del processo, quale, nella specie, la decisione RAGIONE_SOCIALE lite (per argomenti in questo senso, Cass., Sez. 3, n. 22917 del 13 dicembre 2012).
In aggiunta a ciò, si sottolinea che, in tema di ricusazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 52 ss. c.p.c., non sono previste né la comunicazione del relativo provvedimento di rigetto, poiché, una volta negata la sospensione del processo, le parti sono tenute al rispetto delle successive scansioni procedimentali senza necessità di ulteriori adempimenti dell’ufficio, né la concessione di termini a difesa, giacché tale procedimento, di natura incidentale, è connotato dai caratteri dell ‘ essenzialità e RAGIONE_SOCIALE rapidità RAGIONE_SOCIALE decisione, pur nel rispetto delle garanzie del contraddittorio (Cass., Sez. 2, n. 11225 del 24 aprile 2019).
Indubbiamente, il procedimento di ricusazione del giudice ha natura giurisdizionale, sicché è necessario garantirvi il contraddittorio delle parti del processo cui la ricusazione accede, le quali devono essere messe in condizione di intervenire e adeguatamente interloquire (senza avere diritto, si ribadisce, ad uno specifico termine, che non è previsto dalla legge: Cass., SU, n. 16627 del 22 luglio 2014).
Tale contraddittorio va realizzato tenendo conto, però, RAGIONE_SOCIALE necessità che la procedura resti celere e che non siano imposti formalismi che servano solo a rallentare la definizione del giudizio principale.
Nel caso in questione, il ricorrente non ha neppure indicato in quale modo detto contraddittorio non si sarebbe realizzato e quale contributo avrebbe egli potuto fornire alla definizione RAGIONE_SOCIALE citata procedura. Soprattutto, non ha elencato gli elementi di conoscenza (aggiuntivi rispetto a quelli riportati nella sua istanza) che avrebbe potuto fornire all’organo giudicante per adempiere al suo compito né ha allegato di avere tentato una qualche attività per comunicarli a chi doveva valutare la ricusazione e che questa sia stata ritenuta inammissibile.
D’altronde, il ricorrente sapeva RAGIONE_SOCIALE pendenza dell’istanza di ricusazione e che a breve era fissata un’udienza, derivando da ciò che siffatta istanza sarebbe stata evasa in tempi ristretti, ma non risulta che abbia inviato comunicazioni o scritti al menzionato organo giudicante.
Inoltre, si rileva che, non essendo previsti dalla normativa termini di un qualche genere, non potrebbero essere applicati i principi enunciati da Cass., SU, n. 36596 del 25 novembre 2021 che, appunto, concernono incombenti e scadenze processuali normativamente imposti e specificati.
Priva di pregio è, altresì, la parte RAGIONE_SOCIALE doglianza concernente le dichiarazioni orali e le deduzioni scritte del magistrato, non avendo il ricorrente neppure indicato se vi fossero state. Peraltro, si osserva che la comunicazione delle stesse (non prevista dal codice di rito) avrebbe comportato certamente un notevole rallentamento del procedimento finalizzato a decidere sull’istanza di ricusazione e, dunque, del giudizio principale.
4) Con il quarto motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 132, 158 e 161 c.p.c. in quanto il consigliere relatore RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello, un consigliere ausiliario, il giorno nel quale sarebbe stato stato letto il dispositivo, ossia il 25 gennaio 2018, non sarebbe stato nello svolgimento delle sue funzioni, in quanto il CSM avrebbe disposto la sua conferma solo fino al 19 gennaio 2018.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, il ricorrente sostiene che la mancata conferma del consigliere ausiliario che era stato relatore RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata sarebbe stata da lui dimostrata con documentazione depositata il 6 dicembre 2017 assieme all’istanza di ricusazione. Peraltro, secondo il medesimo ricorrente, il detto consigliere sarebbe risultato non confermato il giorno RAGIONE_SOCIALE lettura del dispositivo, ossia il 25 gennaio 2018, perché decaduto il 19 gennaio 2018. Non è chiaro, però, come uno scritto presentato il 6 dicembre 2017 possa fornire prova di una situazione (la mancata conferma del menzionato ausiliario da parte del CSM) che avrebbe assunto rilievo il 25 gennaio 2018 (o, a tutto voler concedere, dal 19 gennaio 2018).
Inoltre, si rileva che l’art. 71 del d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., dalla legge n. 98 del 2013 (nel testo ratione temporis rilevante), stabilisce, ai commi 1, 2 e 5, che:
‹‹1. I giudici ausiliari cessano dall’ufficio quando decadono perché viene meno taluno dei requisiti per la nomina, in caso di revoca e di dimissioni, in caso di mancata conferma annuale ovvero quando sussiste una causa di incompatibilità.
Entro trenta giorni dal compimento di ciascun anno dalla data RAGIONE_SOCIALE nomina, il consiglio giudiziario in composizione integrata verifica che il giudice ausiliario abbia definito il numero minimo di procedimenti di cui all’articolo 68, comma 2, e propone al RAGIONE_SOCIALE la sua conferma o, in mancanza e previo contraddittorio, la dichiarazione di mancata conferma.
(…)
I provvedimenti di cessazione sono adottati con decreto del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE giustizia su deliberazione del RAGIONE_SOCIALE ›› .
Ne deriva che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici ausiliari non decadono per il solo fatto del decorso del termine annuale indicato dal l’art. 71 del d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., dalla legge n. 98 del 2013, ma esclusivamente quando manchi la loro conferma annuale.
In particolare, essi cessano dal loro incarico in seguito ad apposita delibera del CSM.
Il ricorrente, però, non ha allegato che il CSM abbia negato la conferma annuale del giudice ausiliario in questione.
Con il quinto motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in quanto la corte RAGIONE_SOCIALE non si sarebbe pronunciata sull’eccezione di giudicato interno da lui proposta in appello, atteso che il gravame RAGIONE_SOCIALE P.A., nella specie, avrebbe riguardato la domanda relativa al pagamento delle ore di lavoro svolte in eccedenza rispetto all’orario di lavoro, ma non quella concernente il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE prassi RAGIONE_SOCIALEle consistente nel diritto a recuperare le ore di lavoro maturate.
La doglianza è infondata.
Infatti, la P.A. appellante aveva contestato in sé il diritto del dipendente ad avanzare pretese per eccedenze orarie che non trovassero il loro fondamento nella contrattazione collettiva o nella legislazione vigente, sostenendo che le pretese di controparte avevano in parte trovato soddisfazione tramite la retribuzione di risultato.
Accolto il gravame, non poteva non discenderne la caducazione di tutta la pronuncia di primo grado, anche ove il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE si era pronunciato sul recupero, tramite riposo compensativo, delle ore di lavoro maturate, trattandosi di condanna che presupponeva proprio il riconoscimento del diritto, vantato dal lavoratore e negato dalla corte RAGIONE_SOCIALE, al riconoscimento del monte ore ancora asseritamente a credito del dipendente.
Con il sesto motivo il ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. in quanto la sentenza impugnata avrebbe rappresentato un’acritica adesione alle tesi dell’RAGIONE_SOCIALE.
Egli lamenta ancora il mancato esame RAGIONE_SOCIALE prassi RAGIONE_SOCIALEle prima menzionata.
La doglianza è inammissibile, innanzitutto perché non contiene una chiara e specifica doglianza.
Inoltre, si ribadisce che il giudice di appello ha preso in considerazione la prassi RAGIONE_SOCIALEle citata dal ricorrente e che la stessa, come già esposto in precedenza, deve ritenersi del tutto irrilevante, se non per i profili risarcitori, nella specie mai dedotti.
Con il settimo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2719 c.c., 4 e 7 d.lgs. n. 66 del 2003, 14 legge n. 161 del 2014, nonché 112, 115 e 116 c.p.c.
Infatti, egli avrebbe disconosciuto sin dal primo grado i documenti 1, 2 e 3 prodotti da controparte in semplice copia in allegato alla sua memoria di costituzione del 31 gennaio 2014, ma, sul punto, nulla avrebbe detto il giudice di appello.
Si duole, poi, RAGIONE_SOCIALE violazione RAGIONE_SOCIALE normativa unionale in tema di orario di lavoro.
La doglianza è inammissibile.
Innanzitutto, il ricorrente non ha riportato, neppure in sintesi adeguata, il contenuto dei detti documenti.
Inoltre, non ha indicato in quali passaggi RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello i medesimi documenti sarebbero stati utilizzati, non risultando, peraltro, che la sentenza di appello si fondi su di essi.
In aggiunta a ciò, si sottolinea che il disconoscimento RAGIONE_SOCIALE conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, comma 2, c.p.c., perché, mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di ve rificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione RAGIONE_SOCIALE scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne con segue che l’avvenuta produzione in giudizio RAGIONE_SOCIALE copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità RAGIONE_SOCIALE copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento RAGIONE_SOCIALE riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (Cass., Sez. 5, n. 12737 del 23 maggio 2018).
Infine, si evidenzia, in relazione alla violazione RAGIONE_SOCIALE normativa in tema di orario di lavoro, che il ricorrente compie un inammissibile rinvio alle difese ed agli atti di secondo grado.
Con l’ottavo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111, comma 6, Cost. perché la corte RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato a rigettare, con motivazione apparente, il suo appello incidentale, relativo alla retribuzione di risultato.
Non sarebbero stati poi presi in esame l’istanza di CTU e il CCNL di settore.
La doglianza è inammissibile, avendo la corte RAGIONE_SOCIALE motivato effettivamente in ordine alle ragioni del mancato accoglimento del menzionato appello incidentale.
Essa ha chiarito, infatti, che la domanda del dipendente non poteva essere basata , semplicemente, sulla differenza con il compenso percepito nell’anno precedente al 2012.
L’istanza di CTU non poteva, invece, assumere rilievo, stante il suo carattere esplorativo.
Quanto al CCNL, si rileva la genericità di quanto dedotto sul punto.
Con il nono motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 1175 e 1375 c.c., 112 e 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., e 111, comma 6, Cost., in relazione all’intervenuta compensazione delle spese , in quanto la corte RAGIONE_SOCIALE avrebbe errato nel non considerare contrario a buona fede il comportamento di controparte, che non avrebbe dato seguito alla prassi in precedenza seguita.
La doglianza è inammissibile, vertendo essa sulla decisione di compensare le spese, in ordine alla quale il ricorrente, integralmente soccombente, non ha alcun interesse a dolersi, e sulla rilevanza RAGIONE_SOCIALE prassi RAGIONE_SOCIALEle in esame, già espressamente esclusa.
10) Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere le spese a controparte, che liquida in complessivi € 5.100,00 , oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE IV Sezione Civile, il 21