Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13221 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13221 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
Sul ricorso n. 25292/2023 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso l ‘ordinanza n. 10970/2023 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 06/12/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con d ecreto di occupazione d’urgenza ex art. 22 -bis d.P.R. n. 327 del 2001 del 29/09/2011, la RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) disponeva l’occupazione anticipata dell’area sita nel
Comune di Tarquinia, comprendente il fondo di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e poi della RAGIONE_SOCIALE (di seguito, IP), destinato all’esercizio di un impianto per l’erogazione del carburante, quantificando le indennità provvisorie di espropriazione o asservimento, oltre che di occupazione temporanea.
Non avendo la RAGIONE_SOCIALE accettato gli importi così quantificati, la RAGIONE_SOCIALE avviava il procedimento per la determinazione definitiva dell’indennità di espropriazione , secondo quanto p revisto dall’art. 21 d.P.R. n. 327 del 200, che si concludeva, in data 28/11/2013, con la stima redatta dal Geom. COGNOME (perito nominato dal Tribunale di Civitavecchia) e sottoscritta anche dal geom. COGNOMEtecnico dell’allora RAGIONE_SOCIALE), ma non dal l’Ing. COGNOME perito della RAGIONE_SOCIALE, che era dissenziente, con la quale venivano quantificati gli importi dovuti alla IP in complessivi € 579.288,27.
In particolare, l’ing. COGNOME si dissociava dalle considerazioni che avevano portato alla valorizzazione dell’indennità proposta a maggioranza e redigeva una relazione di minoranza, che rappresentava l’impossibilità e l’incongruenza del riconoscimento di un indennizzo di beni strumentali ad un’attività produttiva comunque cessata per effetto della sopravvenuta decadenza del rapporto concessorio e che, quindi, in ogni caso avrebbero dovuto essere demoliti e comunque rimossi dalla RAGIONE_SOCIALE a proprie cura e spese.
Il perito nominato dal Tribunale, con nota del 21 maggio 2014, prendeva atto della relazione e delle considerazioni ivi esposte, senza modificare la stima dell’indennità contenuta nella precedente relazione, ritenendo che la diversa e minore somma non fosse idonea a compensare la perdita della proprietà e degli immobili, dato che nel febbraio 2013 l’impianto carburanti era ancora funzionante.
In data 13/09/2019, la SAT notificava il decreto di espropriazione dell’ area (decreto n. 729 del 04/05/2018), determinando l’importo delle indennità di esproprio nella mi nor somma di € 276.060,52, comprensiva dell’indennità di occupazione temporanea e del valore dei manufatti
acquisiti (piazzale e rete di recinzione), senza adeguarsi alla precedente valutazione dell’indennità operata dal Collegio peritale.
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato il 10/10/2019, la IP si opponeva all’indennità definitiva, come determinata nel decreto di esproprio, chiedendo l’accertamento dell’incongruità dell’importo indicato e la rideterminazione della stessa nella misura di € 579.288,77 , come determinata dal Perito nominato dal Tribunale Civile di Civitavecchia e, solo in subordine, la disposizione di una CTU volta a quantificare la giusta indennità spettante.
La RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio in data 16/01/2020, deducendo, in via principale, l’infondatezza della domanda di IP, in quanto nel computo della relazione peritale, fatta valere dalla IP, erano stati erroneamente ricompresi anche i beni inerenti l’esercizio dell’attività di erogazione di carburante, senza tenere conto che la relativa concessione era scaduta e non era stata più rinnovata, e, in via riconvenzionale, la rideterminazione della stima dell’indennità formulata nella Relazione dei Periti, anche previa ammissione di eventuale CTU.
La Corte d’appello, con l’ordinanza in questa sede impugnata, ha rilevato che le motivazioni, in base alle quali la RAGIONE_SOCIALE non ha inteso riconoscere l’indennizzo per i beni oggetto dell’attività produttiva, risiedevano nella circostanza che, essendo scaduta la concessione rilasciata dall’allora ente concedente sulla base delle prescrizioni di cui al disciplinare di concessione, e mai oggetto di rinnovo, l’allora RAGIONE_SOCIALE non aveva alcun titolo per proseguire l’attività stessa.
La menzionata Corte dava rilievo al fatto che la concessione era stata disposta sulla base dell’art. 3 del disciplinare, che stabiliva anche che il soggetto concessionario non potesse pretendere compensi o indennizzi di sorta, precisando anche che l’art. 11 del disciplinare prevedeva espressamente l’obbligo di demolizione dei manufatti interferenti con l’esecuzione dei lavori per l’adeguamento della strada.
Ciò premesso, la Corte d’appello riteneva legittimo che la RAGIONE_SOCIALE non avesse riconosciuto alcuna forma di indennizzo in relazione ai beni
oggetto dell’attività produttiva, dal momento che l’attività del concessionario espropriato non aveva un legittimo titolo in base al quale continuare ad essere esercitata, aggiungendo che la IP, su tale aspetto che ha costituito questione già affrontata e discussa dai Periti nominati dalla parti, non aveva dedotto alcuna diversa prospettazione nel ricorso introduttivo, al fine di contrastare la tesi di parte resistente.
La Corte riteneva, quindi, che la concessionaria espropriante avesse correttamente determinato l’indennità tenendo conto esclusivamente dell’acquisto dell’intera area sulla quale insisteva l’impianto e dei manufatti insistenti sul suolo non riferiti all’attività produttiva, rigettando le domande della IP con assorbimento della domanda riconvenzionale della SAT.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidato a quattro motivi di impugnazione.
L’intimata si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 21, 23 e 54 d.P.R. n. 327 del 2001 e art. 29 d.lgs. n. 150 del 2011 , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non avendo la Corte d’appello ritenuto ormai inoppugnabile la precedente stima dell’indennità definitiva , effettuata dai periti ai sensi dell’art. 21 d.P.R. 327 del 2001 e non opposta dall’autorità espropriante nel termine di 30 giorni decorrente dalla sua comunicazione e/o comunque dall’emissione del successivo decreto di esproprio, ai sensi di quanto espressamente previsto dagli artt. 21, 29 e 54 d.P.R. n. 327 del 2001.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., non essendosi la Corte di Appello pronunciata sull’eccezione di inoppugnabilità della stima dell’indennità definitiva effettuata dai periti ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, disattesa, però, dall’ espropriante che, nel decreto di esproprio, ha dato atto di avere
depositato una indennità di importo minore rispetto a quello determinato a maggioranza dal collegio dei periti.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., concernente la perdurante validità della concessione petrolifera rilasciata ad IP all’atto dell’adozione dell’atto di revoca da parte di RAGIONE_SOCIALE .
Con il quarto motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., concernente l’inapplicabilità al caso di specie degli artt. 3 e 11 del Disciplinare allegato alla concessione petrolifera.
Il primo motivo di ricorso pone una questione di diritto di particolare rilievo, su cui occorre fissare la pubblica udienza, che consenta di statuire all’esito della discussione delle parti e dell’ intervento del Pubblico Ministero.
2.1. La questione riguarda l’eccepita inoppugnabilità della stima peritale di maggioranza, effettuata ai sensi dell’art. 21 d.P.R. n. 327 del 2001.
Il ricorrente ha dedotto di avere prospettato nel giudizio di merito che, una volta adottata a maggioranza la stima secondo la procedura prevista dall’art. 21 d.P.R. cit., conclusa molti anni prima dell’adozione del decreto di esproprio, senza che contro di essa fosse stata proposta opposizione, non era più possibile mettere in discussione l’entità degli importi determinati.
La Corte d’appello non ha tenuto conto di tale eccezione, che ha implicitamente respinto, valutando la congruità dell’ indennità, così come liquidata con il decreto di esproprio, che aveva determinato importi diversi da quelli stabiliti nella stima del Collegio peritale.
2.2. Per quanto di rilievo, l’ art. 21 d.P.R. n. 327 del 2001, stabilisce che: «1. L’autorità espropriante forma l’elenco dei proprietari che non hanno concordato la determinazione della indennità di espropriazione. 2.
Se manca l’accordo sulla determinazione dell’indennità di espropriazione, l’autorità espropriante invita il proprietario interessato, con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, a comunicare entro i successivi venti giorni se intenda avvalersi, per la determinazione dell’indennità, del procedimento previsto nei seguenti commi e, in caso affermativo, designare un tecnico di propria fiducia. 3. Nel caso di comunicazione positiva del proprietario, l’autorità espropriante nomina due tecnici, tra cui quello eventualmente già designato dal proprietario, e fissa il termine entro il quale va presentata la relazione da cui si evinca la stima del bene. … 4. Il presidente del tribunale civile, nella cui circoscrizione si trova il bene da stimare, nomina il terzo tecnico, su istanza di chi vi abbia interesse. … 10. La relazione dei tecnici è depositata presso l’autorità espropriante, che ne dà notizia agli interessati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, avvertendoli che possono prenderne visione ed estrarne copia entro i successivi trenta giorni. 11. In caso di dissenso di uno dei tecnici, la relazione è adottata a maggioranza. 12. Ove l’interessato accetti in modo espresso l’indennità risultante dalla relazione, l’autorità espropriante autorizza il pagamento o il deposito della eventuale parte di indennità non depositata; il proprietario incassa la indennità depositata a norma dell’articolo 26. Ove non sia stata manifestata accettazione espressa entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 10, l’autorità espropriante ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell’eventuale maggior importo della indennità. 13. Il proprietario ha il diritto di chiedere che la somma depositata o da depositare sia impiegata in titoli del debito pubblico. 14. Salve le disposizioni del testo unico, si applicano le norme del codice di procedura civile per quanto riguarda le operazioni peritali e le relative relazioni. …»
Il medesimo articolo precisa, poi, che, se il privato non chiede la stima da parte del Collegio peritale nei modi sopra indicati, la stessa è redatta dalla Commissione competente ai sensi dell’ art. 41 d.lgs. cit.
Il successivo art. 27 d.P.R. cit. ribadisce quanto sopra anticipato, statuendo quanto segue: «1. La relazione di stima è depositata dai tecnici ovvero della Commissione provinciale presso l’ufficio per le espropriazioni. L’autorità espropriante dà notizia dell’avvenuto deposito mediante raccomandata con avviso di ricevimento e segnala la facoltà di prenderne visione ed estrarne copia. 2. Decorsi trenta giorni dalla comunicazione del deposito, l’autorità espropriante, in base alla relazione peritale e previa liquidazione e pagamento delle spese della perizia, su proposta del responsabile del procedimento autorizza il pagamento dell’indennità, ovvero ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti. 3. In seguito alla presentazione, da parte del promotore dell’espropriazione, degli arti comprovanti l’eseguito deposito o pagamento dell’indennità di espropriazione, l’autorità espropriante emette senz’altro il decreto di esproprio.»
La relazione del Collegio peritale, dunque, anche se di maggioranza, deve essere depositata presso l’autorità espropriante, che ne dà notizia agli interessati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, avvertendoli che possono prenderne visione ed estrarne copia entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine, ove non sia stata manifestata accettazione espressa, l’autorità espropriante ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti dell’eventuale maggior importo della indennità (rispetto a ll’importo determinato in via provvisoria).
Il successivo art. 28 d.P.R. cit. al comma 1 precisa che «1. L’autorità espropriante autorizza il pagamento della somma depositata al proprietario od agli aventi diritto, qualora sia divenuta definitiva rispetto a tutti la determinazione dell’indennità di espropriazione, ovvero non sia stata tempestivamente notificata l’opposizione al pagamento o sia stato concluso tra tutte le parti interessate l’accordo per la distribuzione dell’indennità.»
Occorre, infine, tenere conto del disposto dell’art. 29, comma 3, d.lgs. n 150 del 2011, relativo al procedimento di opposizione alla stima, il quale
prevede che «L’opposizione va proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio. Il termine è di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero».
2.3. Secondo la ricorrente, la stima peritale, per espressa previsione normativa, ha carattere ‘definitivo’ sia per il proprietario che per la stessa autorità espropriante, risolvendosi altrimenti in un inutile, costoso e superfluo aggravamento del procedimento di determinazione dell’ indennità di esproprio e perdendo anche la sua finalità deflattiva del contenzioso.
In tale modo, ad opinione della parte, viene esplicitamente ammessa dalla normativa la determinazione dell’indennità di espropriazione in un momento anteriore all’adozione del decreto di esproprio , per il tramite del Collegio dei Periti, anche in ossequio al canone del buon andamento dell’amministrazione che richiede, pur nel caso in cui sia consentita l’occupazione d’urgenza, che l’autorità espropriante provveda sollecitamente al perfezionamento del relativo iter espropriativo e alla determinazione dell’indennità dovuta al soggetto inciso dall’atto ablatorio.
Secondo la ricorrente assume rilievo il tenore letterale dell’art. 54 d.P.R. 327 del 2001 che, al comma 1, stabilisce che «Decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’articolo 27, comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse può impugnare innanzi all’autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall’articolo 29 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150» e, al successivo comma 5, dispone che: «Trascorso il termine -di 30 giorni -per la proposizione
dell’opposizione alla stima, l’indennità è fissata definitivamente nella somma risultante dalla perizia» .
A sostegno di tale opinione, la ricorrente ha richiamato la giurisprudenza amministrativa, nella parte in cui ha affermato che, dal combinato disposto dell’articolo 2 l. 241 del 1990 e dell’art. 21 d.P.R. n. 327 del 2001, deriva l’obbligo per l’autorità espropriante di concludere il procedimento di determinazione definitiva dell’indennità con un provvedimento espresso e motivato, atteso che la fase di stima peritale dell’indennità di esproprio, in caso di mancata accettazione di quella provvisoria, si confi gura per l’autorità espropriante come una fase necessaria, e non facoltativa, sicché sarebbe contraddittorio rimettere alla piena discrezionalità dell’autorità espropriante la scelta del momento in cui attivare il procedimento di determinazione in via definitiva dell’indennità di espropriazione, arrivando a consentire alla stessa di attendere per tale adempimento il momento di adozione del decreto d’esproprio (così, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2021 n. 1536).
In tale quadro, secondo la ricorrente, l’istanza del soggetto espropriato, volta all’attivazione della procedura arbitrale di cui all’art. 21 d.P.R. cit. dà vita ad un sub-procedimento nella fase pubblicistica di determinazione dell’indennità definitiva di esproprio, finalizzato a determinare un elemento essenziale del provvedimento finale (il decreto di esproprio): la fase di stima peritale, in caso di mancata accettazione di quella provvisoria, si configura come una fase necessaria, con la conseguenza che la stima redatta dal Collegio peritale, ove richiesta dal privato, anche se effettuata prima dell’adozione del decreto di esproprio, se non tempestivamente impugnata, diventa definitiva.
2.4. Occorre tuttavia tenere presente che, con riferimento al previgente disposto dell’art. 54, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001 , di contenuto identico al sopra menzionato art. 29, comma 3, d.lgs. n 150 del 2011, questa Corte ha precisato che detto articolo prevede la decadenza dal diritto di proporre opposizione alla stima solo a seguito del
decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o della successiva stima peritale, dovendo pertanto escludersi che l’opponente incorra in altra decadenza ove tali notifiche non siano effettuate, pure nei casi in cui l’opposizione sia proposta dallo stesso ente espropriante, che sia anche promotore o beneficiario dell’espropriazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5340 del 26/02/2021).
In particolare, il diverso termine fissato dall’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima a partire dal quale l’autorità espropriante autorizza il pagamento dell’indennità o ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti, non è stato ritenuto perentorio, ma dilatorio, imponendo a tutte le parti del procedimento di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno trenta giorni dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, fermo restando tale potere di agire fino alla scadenza del termine perentorio di cui all’art. 54, secondo comma, del d.P.R. citato, il quale decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima, ma solo se successiva all’atto ablatorio, termine, questo, che non corrisponde a quello dilatorio di cui all’art. 27, comma 2, del d.P.R. medesimo (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 28791 del 09/11/2018; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 4880 del 28/02/2011; v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 21225 del 09/08/2019).
2.5. Tali pronunce valgono sicuramente per i casi in cui nel decreto di esproprio è riportat a l’indennità come in precedenza stimata.
Occorre, però, valutare se detta soluzione interpretativa operi anche nell’ipotesi in esame, ove la SAT non ha proposto opposizione alla stima peritale, ma non si è adeguata alla stessa, procedendo ad una diversa determinazione dell’ indennità definitiva, al momento in cui, dopo anni, ha adottato il decreto di esproprio.
Si tratta, più in generale valutare se la stima peritale, una volta effettuata, abbia rilevanza meramente facoltativa per l’Autorità
procedente , che può poi determinare l’indennità anche in modo diverso, ovvero sia per essa vincolante.
Si tratta di verificare la portata della procedura prevista per la determinazione dell’indennità definitiva ai sensi dell’art. 21 d.P.R. cit., ai fini della configurazione della possibilità o meno, per l’Amministrazione , di discostarsi dalla stima del Collegio dei Periti, al momento in cui, successivamente, pur non avendo proposto opposizione alla stima, adotti il decreto di esproprio.
Il Collegio ritiene che la questione abbia particolare rilevanza in sé e per l’ ambito esteso di incidenza applicativa, rendendo opportuna la trattazione del ricorso in pubblica udienza, nel senso previsto dall’art. 375, comma 1, c.p.c.
P.Q.M.
la Corte
rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile