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Status Vittima del Dovere: Imprescrittibile e Globale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29683/2025, ha confermato che il riconoscimento dello status vittima del dovere non è soggetto a prescrizione. Questo status è un presupposto per ottenere i relativi benefici, inclusa l’assistenza psicologica. La Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, chiarendo che la richiesta per il riconoscimento dello status, che comprende tutti i diritti correlati, deve essere indirizzata all’amministrazione competente e non alle singole aziende sanitarie locali.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Status Vittima del Dovere: La Cassazione Conferma l’Imprescrittibilità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire un principio fondamentale in materia di tutele per il personale in divisa: il riconoscimento dello status vittima del dovere non si prescrive. Questa pronuncia chiarisce non solo la natura perpetua del diritto all’accertamento, ma anche l’ambito di competenza dell’amministrazione nel garantire tutte le prestazioni connesse, inclusa l’assistenza psicologica.

I fatti del caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un maresciallo di vedersi riconosciuto lo status di vittima del dovere, con il conseguente diritto ai benefici assistenziali e all’assistenza psicologica previsti dalla legge. La Corte d’Appello aveva dato ragione al servitore dello Stato, affermando che mentre le singole pretese economiche (come gli assegni vitalizi) sono soggette a prescrizione, il diritto al riconoscimento dello status in sé è imprescrittibile.
Contro questa decisione, il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali: la presunta prescrittibilità del diritto all’accertamento dello status e la propria carenza di legittimazione passiva riguardo all’assistenza psicologica, ritenuta di competenza delle aziende sanitarie locali.

L’analisi della Corte sullo status vittima del dovere

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi di ricorso del Ministero, fornendo chiarimenti cruciali e consolidando il proprio orientamento giurisprudenziale.

Il principio dello status e la sua imprescrittibilità

Il primo punto affrontato riguarda la natura del diritto. La Corte ha ribadito che la condizione di vittima del dovere, come delineata dalla legge, costituisce uno status personale. L’azione legale volta a ottenere l’accertamento di tale status, pertanto, non è soggetta a prescrizione. Ciò significa che un soggetto può richiedere questo riconoscimento in qualsiasi momento, senza limiti di tempo.
La prescrizione, invece, si applica esclusivamente ai singoli diritti di credito che da quello status derivano, come i ratei delle prestazioni economiche e assistenziali. In parole semplici, una volta ottenuto il riconoscimento, si potranno richiedere gli arretrati solo entro i limiti temporali previsti dalla legge, ma il diritto a essere qualificato come ‘vittima del dovere’ non decade mai.

La legittimazione passiva per l’assistenza psicologica

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. Il Ministero sosteneva di non essere il soggetto corretto a cui richiedere l’assistenza psicologica. La Corte ha chiarito che il diritto all’assistenza psicologica non è una prestazione sanitaria isolata, ma è parte integrante e inscindibile del fascio di diritti che compongono lo status di vittima del dovere.
Di conseguenza, la domanda per il riconoscimento dello status, che include intrinsecamente il diritto a tale assistenza, deve essere rivolta all’amministrazione che ha il potere di riconoscere o negare lo status stesso, ovvero il Ministero dell’Interno. Non è onere del cittadino agire separatamente contro le ASL per ogni singola prestazione.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamando, tra le altre, Cass. 17440/2022 e Cass. 2658/2025). La distinzione tra l’imprescrittibilità dell’azione di accertamento dello status e la prescrittibilità dei diritti patrimoniali che ne conseguono è un principio cardine del sistema di protezione. L’ordinamento vuole garantire che la dignità e la qualifica derivanti da un evento lesivo subito nell’adempimento del dovere non possano essere erose dal tempo.
Per quanto riguarda la legittimazione passiva, la Corte adotta un approccio sistematico: il riconoscimento dello status è un atto unitario che attiva un pacchetto di tutele. Sarebbe irragionevole e contrario ai principi di efficienza processuale frammentare la tutela, costringendo il soggetto a intentare cause separate contro diverse entità per ottenere i vari benefici connessi a un unico status. L’amministrazione che riconosce lo status è quindi responsabile di garantire, direttamente o indirettamente, l’intero spettro di diritti previsti.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza in modo significativo la tutela per le vittime del dovere. Le conclusioni pratiche sono due:
1. Chi ha subito danni nell’esercizio delle proprie funzioni può chiedere il riconoscimento dello status vittima del dovere senza timore di vedersi opporre la prescrizione.
2. Una volta ottenuto il riconoscimento, la richiesta per tutte le prestazioni collegate, comprese quelle di natura sanitaria come il supporto psicologico, va indirizzata all’amministrazione di appartenenza, che è l’unica controparte nel procedimento di accertamento.
La decisione, inoltre, sanziona l’amministrazione per aver proseguito il giudizio nonostante una proposta di definizione anticipata, riaffermando il principio di responsabilità processuale anche per gli enti pubblici.

Il diritto al riconoscimento dello status di vittima del dovere si prescrive?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’azione volta a far accertare lo status di vittima del dovere è imprescrittibile. La prescrizione si applica solo ai singoli diritti di credito (come gli assegni mensili) che derivano da tale status.

A chi va richiesta l’assistenza psicologica prevista per le vittime del dovere?
La richiesta va presentata all’amministrazione competente per il riconoscimento dello status (in questo caso, il Ministero dell’Interno). Il diritto all’assistenza psicologica è considerato una parte inscindibile dello status stesso e non una prestazione sanitaria autonoma da richiedere alle Aziende Sanitarie Locali.

Cosa comporta per un’amministrazione pubblica rifiutare una proposta di definizione anticipata del giudizio e poi perdere la causa?
L’amministrazione può essere condannata, oltre al pagamento delle spese legali, a versare una somma ulteriore sia alla controparte che alla Cassa delle Ammende, come sanzione per aver proseguito un giudizio il cui esito era prevedibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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