Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10581 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10581 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29205/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in GRUMO NEVANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME & C, elettivamente domiciliato in Sant’Arpino, VICO PACE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 108/2021 depositata il 13/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza dichiarativa del suo fallimento pronunciata dal Tribunale di Napoli su ricorso di un creditore, fondato su un assegno insoluto dell’importo di € 15.664,64 e su fatture inevase per € 111.694,66; il ricorrente ha dedotto per quanto qui rileva -l’insussistenza dello stato di insolvenza e il mancato superamento della soglia di cui all’art. 15, nono comma, l. fall.
La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo. Ha ritenuto il giudice di appello che, ai fini della sussistenza dello stato di insolvenza, il credito bancario di cui la reclamante dichiarava di godere non rilevasse se non nei termini in cui lo stesso si traducesse in provvista finanziaria al fine di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni; pertanto -ha proseguito il giudice di appello -il credito bancario doveva ritenersi, in quanto tale, subvalente risp etto all’inadempimento nei confronti del creditore istante, il quale era rilevante al riguardo anche quale unico inadempimento di obbligazioni pecuniarie. Analogamente, il giudice di appello ha ritenuto non pregnante l’eccezione di inadempimento articolata dal reclamante.
Propone ricorso per cassazione la società reclamante, affidato a due motivi. Resiste con controricorso l’originario creditore istante. Il fallimento intimato non si è costituito in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce « violazione di legge, omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, n. 5, c.p.c. anche in relazione all’art. 115 c.p.c. -sostanziale assenza, insufficiente e contraddittoria motivazione del provvedimento impugnato -errore
29205/2021 R.G.
e falsa applicazione dell’art. 6 l.f. – errore, violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 9, l.f. eccesso di potere – omessa pronuncia », nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto infondata la contestazione relativa al credito da fatture del creditore istante. Osserva parte ricorrente che non sarebbe stata valutata la circostanza che l’assegno bancario non era stato portato all’incasso e che l’onere della prova circa l’esistenza del credito spetta al creditore. Deduce, inoltre, il ricorrente che il credito indicato nelle fatture non sarebbe scaduto alla data della pronuncia della dichiarazione di fallimento, in virtù della prassi di pagamento invalsa tra le parti, con conseguente insussistenza della condizione di procedibilità di cui all’art. 15, nono comma, l. fall. , questione sulla quale il giudice del reclamo -nonostante la riproposizione della questione in sede di impugnazione – non si sarebbe pronunciato, essendo l’unico inadempimento dell’importo di € € 15.664,64 .
2. Il primo motivo è infondato in punto contestazione della legittimazione del creditore istante. In disparte l’inammissibilità del motivo dovuta alla sovrapposizione di censure di diversa natura che non ne consentono l’esame distinto , si richiama il principio secondo cui, ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, il giudice della fase prefallimentare, a fronte della ragionevole contestazione del credito vantato dal ricorrente, deve procedere all’accertamento, sia pur incidentale, dello stesso (Cass., n. 5001/2016; Cass., n. 27689/2018). Solo in caso di ragionevole contestazione dei crediti -ove manchi il titolo giudiziale – l’inadempimento del debitore perde significato ai fini dell’insolvenza (Cass., n. 6306/2014). Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto pretestuose le contestazioni, formulate dal debitore solo durante il procedimento prefallimentare, confermando sotto tale profilo il giudizio del Tribunale circa la genericità delle contestazioni mosse dal debitore, una delle quali
fondata su documento (mail) non prodotto, nonché stante anche l’esistenza di un assegno bancario per una parte del credito azionato.
Inammissibile è, invece, per difetto di specificità la deduzione circa il fatto che il credito del creditore istante non sarebbe scaduto.
Diversamente, la censura di omessa pronuncia relativa alla prassi di pagamento intercorsa tra le parti deve ritenersi -in disparte la aspecificità della deduzione – infondata, in quanto tale questione può considerarsi oggetto di un rigetto implicito conseguente alla statuizione della sussistenza dello stato di insolvenza. Non ricorre, difatti, il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima; nel qual caso è sufficiente quella motivazione che fornisca una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., n. 7662/2020; Cass., n. 29191/2017).
Parimenti infondata è, negli esatti termini, la censura relativa all’omessa pronuncia per mancato superamento della soglia di cui all’art. 15, nono comma, l. fall. , di cui il ricorrente allega nella narrativa l’avvenuta riproposizione della questione , già articolata in prime cure. Nella specie il giudice di appello, ritenendo infondata la contestazione circa la legittimazione del creditore istante in relazione all’intero credito , ha implicitamente e conseguentemente rigettato la contestazione relativa al mancato superamento della soglia dell’indebitamento rilevante in relazione al medesimo credito.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 5 l. fall. « abnormità del provvedimento – difetto di motivazione omessa pronuncia », nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto
sussistente lo stato di insolvenza. Osserva parte ricorrente che il giudice di appello avrebbe trascurato sia la mancata messa all’incasso dell’assegno bancario da parte del creditore istante, sia la regolarità dei precedenti rapporti commerciali; censura, inoltre, parte ricorrente la sentenza impugnata per non avere valutato correttamente l’assenza di prova circa la sussistenza di uno stato di impossibilità di regolare adempimento delle proprie obbligazioni (dovendosi tener conto dei dati di bilancio e delle giacenze finanziarie), fondando il giudizio su un solo inadempimento, punto sul quale la sentenza impugnata difetterebbe anche di motivazione.
Il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui deduce la censura di violazione di legge, in quanto motivo costituente un surrettizio riesame delle prove che hanno condotto il giudice di appello a ritenere insolvente la società debitrice, così come è inammissibile il motivo in relazione al dedotto vizio di motivazione, non essendo tale censura più deducibile in sede di legittimità (Cass., Sez. U., n. 8053/2014).
Il motivo è, invece, infondato nella parte in cui deduce l’inconferenza di un solo inadempimento di obbligazioni pecuniarie ai fini della sussistenza dello stato di insolvenza, in quanto la sussistenza dello stato di insolvenza prescinde dal numero dei creditori, essendo ben possibile che anche un solo inadempimento assurga a indice di tale situazione oggettiva di insolvenza (Cass., n. 9297/2019; Cass., n. 19611/2004).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in
29205/2021 R.G.
complessivi € 10.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25/03/2025.