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Stabilizzazione precari PA: obbligo o facoltà?

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della discrezionalità della Pubblica Amministrazione nel processo di stabilizzazione precari. Un’azienda sanitaria ha negato la stabilizzazione a un operatore, bandendo un concorso esterno. La Corte ha stabilito che, sebbene non esista un diritto soggettivo all’assunzione, l’amministrazione viola i doveri di correttezza e buona fede se non prende in considerazione la posizione del lavoratore precario, aprendo la via al risarcimento del danno.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Stabilizzazione Precari PA: Quando la Scelta Diventa un Obbligo di Motivazione

La questione della stabilizzazione precari nel pubblico impiego rappresenta un tema di costante attualità e dibattito. La Pubblica Amministrazione ha un vero e proprio obbligo di assumere i lavoratori a tempo determinato che maturano i requisiti, o può sempre preferire un concorso pubblico? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini della discrezionalità dell’ente pubblico, sottolineando come questa debba essere esercitata nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un operatore tecnico specializzato, autista di ambulanza, che aveva lavorato per anni con contratti a tempo determinato per un’Azienda Sanitaria Regionale. Avendo maturato tutti i requisiti previsti dalla normativa (art. 20 del D.Lgs. 75/2017) per la stabilizzazione, il lavoratore aveva richiesto l’assunzione a tempo indeterminato.

L’Azienda Sanitaria, tuttavia, non solo ignorava la sua posizione, ma lo ometteva erroneamente dall’elenco del personale precario in servizio, per poi bandire un concorso pubblico esterno per la copertura di posti dello stesso profilo professionale. Il lavoratore si rivolgeva quindi al Tribunale, che in primo grado riconosceva il suo diritto a partecipare alla procedura di stabilizzazione. La Corte d’Appello, però, ribaltava la decisione, affermando che la stabilizzazione è una mera facoltà discrezionale della P.A. e non un obbligo.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Stabilizzazione Precari

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha cassato la sentenza d’appello, offrendo un’interpretazione equilibrata della norma. I giudici supremi hanno confermato che la legge non impone un obbligo assoluto di procedere alla stabilizzazione precari, ma conferisce alla Pubblica Amministrazione una facoltà. L’ente pubblico conserva quindi la possibilità di scegliere se procedere con l’assunzione diretta dei precari o con un concorso pubblico.

Tuttavia, questa scelta non è priva di limiti. La discrezionalità amministrativa deve essere esercitata in coerenza con la finalità della norma, che è quella di ‘superare il precariato’ e ‘valorizzare la professionalità acquisita’.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dei principi di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) anche ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato. La Corte ha stabilito che, pur non essendo obbligata ad assumere, l’Amministrazione aveva il dovere di ‘prendere in considerazione’ la posizione del lavoratore, che possedeva tutti i requisiti di legge per la stabilizzazione.

L’Azienda Sanitaria, invece, ha esercitato i suoi poteri ‘travalicando i limiti’ imposti dalla buona fede. Lo ha fatto non solo bandendo una procedura concorsuale senza aver prima avviato quella di stabilizzazione, ma soprattutto omettendo completamente il lavoratore dalla ricognizione del personale precario. Questo comportamento ha concretizzato una violazione della norma, intesa non come fonte di un diritto all’assunzione, ma come regola di condotta che impone trasparenza e correttezza.

La violazione di questo dovere di comportamento non dà diritto al posto di lavoro, ma costituisce il presupposto per una richiesta di risarcimento del danno. La Corte ha quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché valuti le domande risarcitorie del lavoratore alla luce di questo principio.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame traccia una linea netta: la stabilizzazione precari non è un diritto soggettivo del lavoratore, ma la Pubblica Amministrazione non ha una discrezionalità assoluta. L’ente ha l’obbligo giuridico di agire secondo correttezza e buona fede. Questo significa che, prima di optare per un concorso esterno, deve valutare attentamente e in modo trasparente la posizione dei lavoratori precari che hanno maturato i requisiti di legge. Ignorare deliberatamente queste posizioni, come avvenuto nel caso di specie, costituisce un comportamento illegittimo che può fondare una pretesa risarcitoria per la perdita di chance subita dal lavoratore.

Un lavoratore precario della Pubblica Amministrazione ha un diritto automatico alla stabilizzazione se possiede i requisiti?
No, la legge non prevede un diritto soggettivo automatico all’assunzione. La stabilizzazione è una facoltà della Pubblica Amministrazione, che può scegliere di procedere all’assunzione diretta in coerenza con il proprio piano dei fabbisogni.

La Pubblica Amministrazione è sempre libera di scegliere tra stabilizzazione e concorso pubblico?
Sì, la PA mantiene la facoltà di scegliere, ma questa scelta non è incondizionata. Deve essere esercitata nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, prendendo in considerazione la posizione dei lavoratori precari che hanno i requisiti e motivando la propria decisione.

Cosa succede se la PA ignora un lavoratore che ha i requisiti per la stabilizzazione e bandisce un concorso?
Secondo la Corte, questo comportamento costituisce una violazione dei doveri di correttezza e buona fede. Anche se tale violazione non dà diritto al posto di lavoro, può fondare il diritto del lavoratore a ottenere un risarcimento del danno per la perdita di opportunità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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