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Stabilizzazione precari PA: diritto all’assunzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12871/2024, ha affrontato il caso di una lavoratrice precaria di un ente pubblico. Dopo aver completato con successo un percorso di stabilizzazione, l’ente le ha negato l’assunzione a tempo indeterminato. La Corte ha confermato il diritto soggettivo della lavoratrice all’assunzione, avendo essa soddisfatto tutti i requisiti previsti. Tuttavia, ha negato il diritto al pagamento delle retribuzioni per il periodo di mancata assunzione, chiarendo che la lavoratrice avrebbe dovuto chiedere il risarcimento del danno, non le retribuzioni, poiché non vi era stata prestazione lavorativa.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Stabilizzazione Precari PA: Quando Nasce il Diritto all’Assunzione? La Sentenza della Cassazione

La stabilizzazione precari nella Pubblica Amministrazione è un tema di cruciale importanza, che tocca le vite di migliaia di lavoratori e l’efficienza degli enti pubblici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12871 del 2024, getta nuova luce sui diritti dei lavoratori che completano un percorso di stabilizzazione, distinguendo nettamente tra il diritto all’assunzione e il diritto alle retribuzioni in caso di inadempimento dell’ente. Analizziamo insieme i dettagli di questa fondamentale pronuncia.

I Fatti del Caso: Un Percorso di Stabilizzazione Interrotto

La vicenda riguarda una lavoratrice, un avvocato, impiegata presso un ente pubblico per le case popolari. Il suo rapporto di lavoro era iniziato nel 2003, prima con un contratto interinale e poi attraverso una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.).

Nel 2007, l’ente, in linea con le normative nazionali (in particolare la Legge Finanziaria per il 2008), aveva avviato un percorso di stabilizzazione precari per il personale ‘atipico’. La procedura prevedeva una selezione pubblica, seguita dalla stipula di un contratto a tempo determinato di tre anni. Al termine del triennio, per chi avesse superato la selezione, era prevista l’assunzione a tempo indeterminato.

La lavoratrice partecipava alla selezione, la superava e nel 2008 firmava il contratto a tempo determinato triennale. Tuttavia, alla scadenza del contratto nel 2011, l’ente non provvedeva alla promessa assunzione a tempo indeterminato.

La Decisione della Cassazione sulla Stabilizzazione dei Precari

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso dell’ente, che contestava la decisione della Corte d’Appello favorevole alla lavoratrice. La Suprema Corte ha preso una decisione netta, divisa in due punti fondamentali:

1. Diritto all’assunzione confermato: I giudici hanno respinto i motivi di ricorso dell’ente volti a negare il diritto della lavoratrice all’assunzione. Hanno stabilito che, una volta completato l’intero iter di stabilizzazione previsto dalla legge (selezione e periodo triennale), la lavoratrice aveva maturato un vero e proprio diritto soggettivo a essere assunta a tempo indeterminato.
2. Diritto alle retribuzioni negato: La Corte ha invece accolto il motivo di ricorso relativo alla condanna dell’ente al pagamento delle retribuzioni maturate dal 2011. Secondo i giudici, in assenza di una prestazione lavorativa, non può esserci una controprestazione retributiva. La strada corretta per la lavoratrice non è la richiesta degli stipendi arretrati, ma un’azione per il risarcimento del danno causato dalla mancata assunzione.

La sentenza della Corte d’Appello è stata quindi ‘cassata’ su questo punto, e il caso è stato rinviato a un’altra sezione della stessa Corte per una nuova valutazione sulla richiesta economica della lavoratrice, da inquadrare come risarcimento del danno.

Le Motivazioni: Diritto all’Assunzione vs. Diritto alla Retribuzione

La Corte ha basato la sua decisione su un’attenta interpretazione della normativa sulla stabilizzazione precari, in particolare l’art. 3, comma 94, della legge n. 244/2007. I giudici hanno spiegato che la legge delinea un percorso di ‘stabilizzazione progressiva’. Questo percorso, che parte da una posizione di lavoro precario come il co.co.co., prevede dei passaggi necessari: una selezione pubblica per rispettare il principio costituzionale del concorso e un periodo di lavoro a termine. Il completamento di questi passaggi trasforma la legittima aspettativa del lavoratore in un diritto soggettivo pieno all’assunzione definitiva.

L’ente non può, a questo punto, tornare sui suoi passi, a meno che non dimostri la sopravvenienza di circostanze eccezionali e oggettive (come una riorganizzazione che sopprime quella specifica posizione lavorativa), cosa che nel caso di specie non era stata provata.

Per quanto riguarda la questione economica, la motivazione è fondata sul principio del sinallagma contrattuale. Il contratto di lavoro è a prestazioni corrispettive: il lavoratore offre la sua prestazione e il datore di lavoro paga la retribuzione. Se la prestazione lavorativa manca – come nel caso di una mancata assunzione – viene a mancare il fondamento per il pagamento della retribuzione. La pretesa del lavoratore non ha quindi natura contrattuale (richiesta di stipendi), ma extracontrattuale, e deve essere inquadrata come una richiesta di risarcimento per il danno subito a causa del comportamento illegittimo della Pubblica Amministrazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre importanti chiarimenti con implicazioni pratiche significative per lavoratori ed enti pubblici:

* Per i lavoratori: Chi completa con successo un percorso di stabilizzazione normato dalla legge acquisisce un diritto pieno e tutelabile all’assunzione a tempo indeterminato. In caso di inadempimento dell’ente, è fondamentale agire in giudizio non solo per ottenere la costituzione del rapporto di lavoro, ma anche per chiedere il risarcimento del danno, allegando e provando tutti i pregiudizi subiti (patrimoniali e non) a causa del ritardo.
* Per le Pubbliche Amministrazioni: Le procedure di stabilizzazione, una volta avviate, creano obbligazioni giuridiche precise. La decisione di procedere con la stabilizzazione deve essere supportata da una programmazione seria dei fabbisogni e da una copertura finanziaria adeguata, poiché un ripensamento tardivo espone l’ente a condanne per inadempimento e al pagamento di risarcimenti.

Un lavoratore precario della PA che completa un percorso di stabilizzazione ha diritto all’assunzione a tempo indeterminato?
Sì. Secondo la sentenza, una volta che l’amministrazione avvia la procedura e il lavoratore supera la selezione e completa il previsto periodo di lavoro a termine, matura un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione a tempo indeterminato.

Se la Pubblica Amministrazione ritarda o nega l’assunzione a cui il lavoratore ha diritto, quest’ultimo può chiedere le retribuzioni non percepite?
No. La Corte ha chiarito che non spetta il pagamento delle retribuzioni per il periodo di mancato impiego, poiché manca la prestazione lavorativa. Il lavoratore può invece agire per il risarcimento del danno, dimostrando i pregiudizi subiti a causa della mancata assunzione.

La clausola di un bando che prevede la trasformazione ‘automatica’ del contratto da determinato a indeterminato è di per sé sufficiente a garantire il diritto?
La sentenza chiarisce che il diritto all’assunzione non deriva tanto dalla dicitura ‘automatica’ nel bando, quanto dal completamento dell’intero percorso di stabilizzazione previsto dalla legge. L’eventuale improprietà terminologica del bando non invalida il diritto sorto al termine del processo, che include selezione e un periodo di lavoro a termine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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