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Stabilizzazione precari: non esclude il risarcimento

Un gruppo di dipendenti pubblici, dopo anni di contratti a termine, ha ottenuto la stabilizzazione. La Corte d’Appello aveva negato il loro diritto al risarcimento per l’abuso subito, ritenendo l’assunzione una misura sufficiente. La Corte di Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che la stabilizzazione precari avvenuta tramite una procedura di selezione non cancella il diritto al risarcimento, poiché manca un nesso di causalità diretto e automatico tra l’abuso e l’assunzione. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione del danno.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Stabilizzazione precari: l’assunzione non cancella il diritto al risarcimento

L’ordinanza in commento affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico: la stabilizzazione precari e i suoi effetti sul diritto al risarcimento del danno per l’illegittima reiterazione di contratti a termine. La Corte di Cassazione, con una pronuncia di grande chiarezza, stabilisce un principio fondamentale: l’assunzione a tempo indeterminato, se avvenuta all’esito di una procedura selettiva, non costituisce una misura satisfattiva tale da escludere il diritto del lavoratore a essere risarcito per gli anni di precariato subiti a causa del comportamento abusivo della Pubblica Amministrazione.

I fatti di causa

La vicenda riguarda un gruppo di lavoratori di un ente pubblico locale che, per molti anni, avevano prestato servizio sulla base di una successione di contratti a tempo determinato. Il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto l’illegittimità di tale condotta e aveva condannato l’ente a risarcire a ciascun lavoratore un danno pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione.

Successivamente, la Corte d’Appello aveva riformato parzialmente la decisione. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che l’avvenuta stabilizzazione dei lavoratori, intervenuta nel frattempo attraverso una procedura speciale di reclutamento, rappresentasse una misura pienamente satisfattiva. Secondo la Corte territoriale, il conseguimento del ‘bene della vita’ (il posto a tempo indeterminato) era sufficiente a cancellare le conseguenze negative dell’abuso passato, escludendo così il diritto al risarcimento del cosiddetto ‘danno comunitario’.

La questione giuridica e la stabilizzazione precari

Il cuore della controversia sottoposta alla Corte di Cassazione era stabilire se la stabilizzazione, ottenuta tramite una procedura concorsuale riservata, potesse essere equiparata a una sanzione per l’amministrazione e a un rimedio adeguato per il lavoratore, tale da annullare il pregresso diritto al risarcimento. I lavoratori ricorrenti sostenevano che la loro assunzione non era stata un automatismo, ma l’esito incerto e aleatorio di una selezione, avvenuta peraltro dopo oltre 15 anni di servizio precario. Di conseguenza, tale evento non poteva sanare l’illecito commesso dall’ente datore di lavoro.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto integralmente le tesi dei lavoratori, cassando con rinvio la sentenza d’appello. La motivazione si fonda su un principio cardine: affinché l’assunzione a tempo indeterminato possa avere un’efficacia ‘riparatoria’ dell’illecito, deve esistere una stretta e diretta correlazione causale tra l’abuso commesso e la stabilizzazione ottenuta.

Questa condizione, secondo la Corte, non si verifica quando l’assunzione avviene all’esito di una procedura concorsuale, anche se interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine. In questi casi, l’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato non è ‘determinata’ dalla pregressa successione di contratti, ma semplicemente ‘agevolata’.

L’abuso, spiegano i giudici, opera come un mero ‘antecedente remoto’ che offre al dipendente precario una ‘mera chance’ di assunzione, la cui valenza riparatoria è stata già esclusa in passato dalla stessa giurisprudenza. L’esito positivo della procedura dipende da una pluralità di condizioni, tra cui il superamento di una prova idoneativa. Viene quindi a mancare quel nesso di derivazione causale automatico che solo potrebbe giustificare l’esclusione del risarcimento. Il rapporto tra abuso e assunzione deve essere diretto e immediato, come avveniva, ad esempio, per alcune procedure straordinarie nel settore scolastico dove l’assunzione era una conseguenza quasi automatica dell’anzianità maturata.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ribadisce con forza che il diritto del lavoratore a essere risarcito per l’abuso subito a causa della reiterazione di contratti a termine è autonomo e distinto dalla successiva, ed eventuale, assunzione a tempo indeterminato. La stabilizzazione precari che non sia una conseguenza automatica e diretta dell’abuso, ma che richieda il superamento di una selezione, non elimina il danno subito dal lavoratore durante il lungo periodo di incertezza lavorativa. Questa pronuncia consolida un importante orientamento a tutela dei lavoratori del pubblico impiego, affermando che il conseguimento del posto fisso non può essere usato dalla Pubblica Amministrazione come un pretesto per non pagare il conto dei propri illeciti passati.

L’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore precario sana automaticamente l’abuso passato nell’uso di contratti a termine?
No, secondo la Corte di Cassazione, la successiva assunzione a tempo indeterminato non sana automaticamente l’abuso, specialmente se avviene all’esito di una procedura concorsuale o selettiva. Il diritto al risarcimento del danno per il periodo di precariato rimane distinto e tutelabile.

Perché una procedura di stabilizzazione non è considerata una misura risarcitoria sufficiente?
Perché non è un effetto diretto e immediato dell’abuso. Se il lavoratore deve superare una selezione, anche se riservata, l’assunzione non è una conseguenza automatica della pregressa anzianità di servizio, ma dipende da una pluralità di fattori. L’abuso diventa solo un ‘antecedente remoto’ che offre una ‘mera chance’ di assunzione, non una riparazione certa.

Quali sono le condizioni affinché la stabilizzazione possa escludere il risarcimento del danno?
La stabilizzazione deve essere una conseguenza ‘automatica’ e ‘determinata’ dalla reiterazione dei contratti, non semplicemente ‘agevolata’. Deve esistere una stretta correlazione causale tra l’abuso commesso e l’immissione in ruolo, tale da configurarsi come un effetto diretto e immediato, come in specifici casi previsti da leggi speciali che non prevedono procedure selettive aleatorie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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