Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21118 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21118 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21852/2019 R.G. proposto da:
NOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia
-controricorrente-
avverso la sentenza d ella Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 411/2018 depositata il 08/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME e confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda intesa al riconoscimento del diritto alla stabilizzazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE per essersi collocato utilmente nella
graduatoria della selezione appositamente indetta, oltre al risarcimento del danno da ritardo.
Per quel che qui rileva, la Corte territoriale, premesso che NOME COGNOME aveva rappresentato di aver prestato attività lavorativa in favore dell’RAGIONE_SOCIALE attraverso contratti di collaborazione coordinata e continuativa tra il febbraio 2004 ed il dicembre 2008 e di aver partecipato a due selezioni indette per la stabilizzazione del personale precario, ai sensi dell’art. 3, comma 94, della legge n. 244 del 2007, collocandosi utilmente in graduatoria e procedendo dunque alla stipula di contratti a tempo determinato senza tuttavia accedere alla stabilizzazione, ha sottolineato che i bandi cui aveva partecipato l’appellante non erano finalizzati all’assunzione di tutti coloro che avrebbero superato la selezione, tanto che non erano neppure prefissati i posti da coprire, bensì, come si leggeva chiaramente dall’intestazione dei bandi , gli stessi concernevano la predisposizione della graduatoria da utilizzarsi per la stipula di contratti a tempo determinato nonché per la successiva e progressiva stabilizzazione nel ruolo secondo i piani definiti dall’amministrazione ai sensi dell’art. 3, comma 94, lett. b ) della legge n. 244 del 2007. Pertanto, non era configurabile un diritto all’immissione in ruolo, in quanto l’amministrazione avrebbe potuto procedere ad assunzioni per la stabilizzazione dei posti precari solo nei limiti dei posti disponibili in base al piano triennale di programmazione del fabbisogno prescritto dalla norma.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi, cui resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per travisamento della causa petendi , in quanto la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che
NOME COGNOME avesse agito in qualità di idoneo non vincitore, mentre avrebbe dovuto verificare il diritto alla stabilizzazione in virtù del superamento delle prove preselettive per la stipula di un contratto a termine preordinato all’assunzione in ruolo. La Corte, dunque, ha omesso la verifica della fondatezza della domanda avanzata dal lavoratore, limitandosi a negare che i bandi costituissero in capo al concorrente il diritto soggettivo alla stipulazione diretta e immediata di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
1.1. La censura, nei termini formulati, è inammissibile perché dimostra di non tenere in adeguata considerazione il complessivo apparato motivo addotto nella sentenza impugnata. Infatti, la Corte territoriale ha escluso il diritto alla stabilizzazione non solo in base al bando, ma anche in virtù della complessiva interpretazione della norma che disciplina la stabilizzazione dei collaboratori, che richiede espressamente la predisposizione del programma triennale del fabbisogno. Quindi, in disparte l’insussistenza dell’asserito travisamento, in realtà non è stato aggredito il nucleo della ratio decidendi , rappresentato dalla necessità di rispettare i presupposti normativi per accedere alla stabilizzazione, argomentazione invero di portata dirimente, in quanto il diritto vantato, in difetto dei presupposti di legge, non poteva di per sé essere fondato sulla formulazione del bando e sulla stipula del contratto a tempo determinato.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., dell’art. 1363 cod. civ., per aver proceduto all’interpretazione de l bando in questione solo sulla base del tenore dell’intestazione senza esaminare il contenuto delle relative clausole.
2.1. La censura, per come formulata, si rivela inammissibile, perché, oltre al rilievo già svolto in ordine al primo motivo circa l’ assenza di decisività del vizio denunciato, riferito esclusivamente al bando omettendo di considerare il rilievo circa l’assenza dei presupposti di legge
per la stabilizzazione, mira in realtà inammissibilmente a proporre una lettura alternativa del bando rispetto a quella adottata dal giudice di merito senza prospettare la mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, precisando in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (in tal senso, fra molte, Cass., Sez. 1, 15/11/2017, n. 27136, nonché Cass., Sez. 1, 20/01/2021, n. 995).
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., dell’art. 1336 cod. civ., per aver ritenuto che il bando in questione costituisse un mero invito a proporre invece che un’offerta al pubblico, giuridicamente vincolante.
3.1. Anche la terza censura non si sottrae alla valutazione di inammissibilità, perché, come già osservato in ordine al secondo mezzo, la doglianza non esprime una effettiva violazione delle regole legali d ‘ interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate, ma ad una diversa qualificazione del bando, che la Corte territoriale ha espressamente interpretato in termini di ‘invito a proporre’ in virtù dell’ esegesi svolta nella sentenza impugnata e delle clausole ivi contenute.
Alla soccombenza del ricorrente segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 07/06/2024