Stabilizzazione del Lavoro: la Cassazione Rigetta il Ricorso e Chiarisce sul Contributo Unificato
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha posto fine a una controversia in materia di stabilizzazione del lavoro, rigettando il ricorso presentato da un ente pubblico. La decisione non solo consolida la posizione del lavoratore, ma offre anche un importante chiarimento procedurale riguardante il pagamento del contributo unificato per gli enti pubblici autonomi. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine dalla pretesa di un lavoratore di vedere trasformato il proprio rapporto di lavoro precario in un contratto a tempo indeterminato presso un ente pubblico. Nonostante le corti di merito avessero dato ragione al lavoratore, ordinando la stabilizzazione, l’ente ha sempre osteggiato tale esito, portando la questione fino all’ultimo grado di giudizio.
Nel suo ricorso per cassazione, l’ente ha sollevato censure basate su presunti eventi successivi alla decisione d’appello, come la collocazione in disponibilità del lavoratore, sostenendo che tali circostanze rendessero inapplicabile la condanna alla stabilizzazione.
L’Analisi della Corte sulla Stabilizzazione del Lavoro
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i motivi del ricorso. I giudici hanno osservato che le circostanze addotte dall’ente non solo non erano state concretamente provate, ma erano state anche contestate dalla controparte nel controricorso. Inoltre, la Corte ha sottolineato un punto logico fondamentale: eventi come la collocazione in disponibilità non sono incompatibili con l’ordine di stabilizzazione, ma ne rappresentano, al contrario, una possibile conseguenza. Pertanto, tali argomentazioni non potevano in alcun modo giustificare l’annullamento della sentenza impugnata.
Una censura basata su presupposti fattuali incerti e su evoluzioni del rapporto di lavoro che sono diretta conseguenza del diritto accertato non può trovare accoglimento in sede di legittimità.
Il Principio sul Doppio Contributo Unificato per gli Enti Pubblici
Un aspetto di notevole interesse pratico riguarda la condanna accessoria al pagamento del cosiddetto “doppio contributo unificato”. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002, la parte che ha proposto un ricorso poi integralmente respinto, è tenuta a versare un ulteriore importo pari a quello del contributo dovuto per il ricorso stesso.
L’ente ricorrente, pur essendo un ente pubblico, non ha potuto beneficiare dell’esenzione. La Corte, richiamando un consolidato orientamento, ha specificato che tale esenzione si applica esclusivamente alle Amministrazioni dello Stato e non si estende agli enti pubblici autonomi, anche qualora questi si avvalgano del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su due pilastri principali. In primo luogo, il rigetto del ricorso nel merito è motivato dalla manifesta infondatezza e inammissibilità delle censure proposte. Gli argomenti dell’ente ricorrente sono stati giudicati irrilevanti, in quanto relativi a fatti o non dimostrati o, comunque, non idonei a incidere sulla validità della pronuncia di secondo grado, essendo piuttosto sviluppi successivi e consequenziali alla stabilizzazione stessa. In secondo luogo, sul piano processuale, la Corte ha applicato rigorosamente il principio della soccombenza, condannando l’ente al pagamento delle spese legali. Ha inoltre applicato la normativa sul contributo unificato, ribadendo una distinzione netta tra Amministrazioni Statali (esenti) ed enti pubblici autonomi (non esenti), al fine di garantire una corretta applicazione delle norme sulle spese di giustizia.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma la tutela accordata ai lavoratori nel percorso verso la stabilizzazione del lavoro, respingendo tentativi di eludere le sentenze favorevoli basati su argomentazioni pretestuose. Sul piano pratico, la pronuncia serve da monito per gli enti pubblici autonomi: una sconfitta in Cassazione comporta non solo la condanna alle spese legali, ma anche il raddoppio del contributo unificato, con un conseguente aggravio economico. Questa decisione rafforza la certezza del diritto e stabilisce chiari paletti procedurali in materia di spese di giustizia per la pubblica amministrazione.
Un evento successivo alla sentenza di appello può giustificarne la cassazione?
No. Secondo la Corte, se tali eventi non sono incompatibili con la condanna (come l’ordine di stabilizzazione) ma ne sono una diretta conseguenza, non possono essere usati per chiedere la cassazione della sentenza. Inoltre, censure basate su fatti non concretamente provati sono inammissibili.
Un ente pubblico autonomo è esente dal pagamento del doppio contributo unificato in caso di ricorso respinto?
No. La Corte ha specificato che l’esenzione dal contributo unificato si applica solo alle Amministrazioni dello Stato e non agli enti pubblici autonomi, anche se questi utilizzano l’Avvocatura dello Stato per la loro difesa.
Qual è stato l’esito finale del ricorso dell’ente pubblico?
Il ricorso è stato interamente rigettato. Di conseguenza, l’ente è stato condannato al pagamento delle spese processuali in favore della controparte e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32780 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32780 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
dedotti prima, che tuttora lo stesso ricorrente non afferma in concreto essersi verificati e che sono tra l’altro denegati nel loro pregresso realizzarsi – come è del resto verosimile visto che la stabilizzazione che di ciò sarebbe presupposto risulta essere stata sempre osteggiata dall’Ente – nel controricorso;
una censura formulata su queste basi non può dunque essere ammessa in sede di legittimità;
per altro verso (ad es. collocazione in disponibilità), si tratta di evoluzioni che comportano effetti non incompatibili con la condanna alla stabilizzazione, ma sono anzi ad essa consequenziali, sicché esse non potrebbero parimenti comportare la cassazione della pronuncia di appello;
ne consegue il rigetto del ricorso, con regolazione secondo soccombenza delle spese del grado;
3. si deve dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, perché l’esenzione prevista in via generale dal richiamato d.P.R. opera per le Amministrazioni dello Stato e non per gli enti pubblici autonomi, seppure autorizzati ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso per cassazione e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del grado, che liquida in euro 3.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro