Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26071 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26071 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15803/2022 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME e COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1231/2021 pubblicata il 15/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Busto Arsizio, con la sentenza n. 74/2010, condannava RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno previdenziale cagionato a NOME COGNOME (prescrizione dei contributi per il periodo dal 19/04/1979 al 16/11/1998), liquidato in euro 186.698,00 a titolo di danno patrimoniale ed euro 32.000,00 a titolo di danno non patrimoniale, oltre a interessi legali dalla pronuncia al saldo.
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n.131/2014, accoglieva in parte il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE e rideterminava il danno patrimoniale in euro 72.446,42 e quello non patrimoniale in euro 24.000,00, oltre a interessi legali dalla pronuncia al saldo.
Questa Corte, con ordinanza n.25956/2017, accoglieva il ricorso proposto da NOME COGNOME e cassava la sentenza n. 131/2014 della Corte d’appello di Milano, con rinvio ad altra sezione della medesima corte territoriale.
La Corte d’appello di Milano, all’esito del giudizio di rinvio, con la sentenza n. 365/2019, rideterminava il danno patrimoniale in euro 93.322,42 e quello non patrimoniale in euro 24.000,00, oltre a interessi legali dalla pronuncia al saldo.
Questa Corte, con ordinanza n. 5128/2021, accoglieva il ricorso proposto da NOME COGNOME e cassava la sentenza n. 365/2019 della Corte d’appello di Milano, con rinvio ad altra sezione della medesima corte territoriale.
La Corte d’appello di Milano, all’esito del secondo giudizio di rinvio, con la sentenza n.1231/2021, condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle medesime somme già liquidate a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.
La Corte territoriale procedeva a rideterminare anche le spese di lite dell’intero processo (nei termini sopra compendiati), liquidate in complessivi euro 17.500,00 (euro 4.000,00 per il giudizio di primo grado; euro 4.000,00 per il giudizio di appello; euro 4.000,00 per il primo giudizio di legittimità; euro 2.000,00 per il primo giudizio di rinvio; euro 1.500,00 per il secondo giudizio di legittimità; euro 2.000,00 per il secondo giudizio di rinvio).
Per la cassazione della sentenza n.1231/2022 della Corte d’appello di Milano ricorre NOME COGNOME con ricorso affidato a due motivi, ai quali resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Al termine della camera di consiglio il collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine previsto dall’art.380 bis.1 ultimo comma cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.), il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt.91 e 92 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo (art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.), il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’ar t.4 del d.m. n.55/2014 e degli artt.91 e 92 cod. proc. civ.
Il primo motivo è infondato. Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, in virtù del principio espansivo di cui all’art. 336 cod. proc. civ., la cassazione parziale della sentenza ha effetto sulle parti della sentenza dipendenti da quella cassata, onde l’annullamento in sede di legittimità della pronuncia del giudice del merito, seppure limitato a un capo di essa, si estende alla statuizione relativa alle spese processuali, sicché il giudice di rinvio ha il potere di rinnovare totalmente la relativa regolamentazione in base all’esito finale della lite (Cass. 11/11/2024 n.29056).
La Corte territoriale ha fatto esatta applicazione di questo principio di diritto perché all’esito della cassazione parziale della sentenza n.365/2019 della medesima Corte ha provveduto a regolare le spese
dell’intero processo «in base al criterio della soccombenza, individuata in relazione all’esito complessivo della lite», sul presupposto – giuridicamente ineccepibile – della estensione della pronuncia cassatoria anche al capo della sentenza impugnata che regolava le spese del processo.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. La censura sollevata per violazione dell’art.4 del d.m. n.55/2014 implica che sia devoluta – in astratto – a questa Corte la sola questione della regolazione delle spese di lite afferenti il primo giudizio di legittimità, il primo giudizio di rinvio, il secondo giudizio di legittimità e il secondo giudizio di rinvio. Le spese di lite relative ai primi due gradi di merito sono state invece regolate sulla base dei parametri di cui al d.m. n. 140/2012 (grado di appello) e delle tariffe di cui al d.m. 8/04/2004 (primo grado), non specificamente censurate dal motivo di ricorso.
In concreto, nel motivo di ricorso la parte ricorrente non specifica se le censure mosse siano relative al primo o al secondo giudizio di legittimità, facendo riferimento al «giudizio di cassazione», e le medesime considerazioni valgono con riferimento anche ai due giudizi di rinvio, facendo riferimento al «giudizio di rinvio».
Né vengono prospettati gli elementi di fatto, necessari e sufficienti, per procedere alla determinazione del valore della causa ex art.5 comma 1 d.m. 55/2014, presupposto indefettibile per poter apprezzare la censura sollevata.
Ritiene, pertanto, la Corte che il motivo non integri la sufficiente specificità della censura come prevista dall’art.366 comma primo n.6 cod. proc. civ.
Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art.91 cod. proc. civ. il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/09/2025.
Il Presidente COGNOME