Spese processuali: Ricorso Respinto e Condanna alle Spese
Quando si intraprende un percorso giudiziario, specialmente fino all’ultimo grado di giudizio, è fondamentale essere consapevoli delle possibili conseguenze economiche in caso di esito negativo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come il rigetto di un ricorso si traduca non solo in una sconfitta legale, ma anche in una condanna al pagamento delle spese processuali. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i meccanismi che regolano i costi di un processo civile.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un privato cittadino avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma. A resistere al ricorso si sono costituite le controparti, in qualità di eredi della parte originaria del contenzioso, chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Il procedimento è giunto così al giudizio di legittimità, dove i giudici supremi sono stati chiamati a valutare la fondatezza delle censure mosse dal ricorrente alla decisione di secondo grado.
La Decisione della Corte e le Spese Processuali
La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato il caso in camera di consiglio, ha emesso un’ordinanza con cui ha respinto il ricorso. Questa decisione ha avuto due conseguenze economiche dirette e significative per il ricorrente, pienamente conformi ai principi che governano le spese processuali.
La Condanna al Pagamento delle Spese
In primo luogo, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente è stato condannato a rimborsare ai controricorrenti le spese legali sostenute per difendersi nel giudizio di Cassazione. La Corte ha liquidato tale importo in € 5.500,00 per compensi professionali e € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge (IVA, cassa avvocati e rimborso spese forfettario).
L’Obbligo del Doppio Contributo Unificato
In secondo luogo, la Corte ha dato atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002. Questa norma prevede che, quando un’impugnazione (come un ricorso per cassazione) viene respinta integralmente, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello originariamente dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso. Si tratta di una misura volta a scoraggiare le liti temerarie e a sanzionare chi insiste in un’azione giudiziaria infondata.
Le Motivazioni
Le motivazioni alla base della condanna alle spese risiedono nel principio fondamentale della soccombenza, secondo cui la parte le cui domande vengono respinte deve farsi carico dei costi generati dal processo. Respingendo il ricorso, la Corte ha implicitamente confermato la correttezza della sentenza d’appello e, di conseguenza, ha ritenuto infondate le ragioni del ricorrente. La condanna al pagamento delle spese processuali è quindi la diretta e logica conseguenza dell’esito del giudizio di legittimità. La liquidazione dell’importo viene effettuata dai giudici tenendo conto dei parametri forensi e della natura e complessità della causa.
La declaratoria relativa al ‘raddoppio’ del contributo unificato non è una sanzione discrezionale, ma un obbligo di legge che scatta automaticamente in caso di rigetto integrale o di declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un messaggio importante per chiunque intenda adire le vie legali, soprattutto nei gradi di impugnazione. La decisione di presentare un ricorso in Cassazione deve essere ponderata attentamente, valutando non solo le probabilità di successo ma anche i rischi economici. Il rigetto dell’impugnazione comporta conseguenze finanziarie rilevanti, che includono il rimborso delle spese legali alla controparte e il possibile pagamento di un ulteriore contributo unificato. È un meccanismo che mira a garantire la serietà del contenzioso e a deflazionare il carico di lavoro della Suprema Corte, scoraggiando appelli pretestuosi.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene respinto?
La parte che ha presentato il ricorso (ricorrente) perde la causa. Di conseguenza, come stabilito in questo provvedimento, viene solitamente condannata a pagare le spese processuali sostenute dalla controparte (controricorrente) nel giudizio di Cassazione.
Oltre alle spese legali della controparte, ci sono altri costi in caso di rigetto del ricorso?
Sì. L’ordinanza conferma che, in caso di rigetto integrale del ricorso, la parte ricorrente è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già versato per l’iscrizione a ruolo del ricorso, se dovuto.
Chi decide l’importo delle spese processuali da rimborsare?
L’importo delle spese processuali viene liquidato, cioè determinato, direttamente dalla Corte nel provvedimento che definisce il giudizio. In questo caso, la Corte di Cassazione ha liquidato le spese in € 200,00 per esborsi e € 5.500,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14318 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14318 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19680/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), da sé stesso rappresentato e difeso,
-ricorrente-
contro
NOME ed COGNOME NOME, quest’ultima in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO giusta procura generale rilasciata il 16.9.2016, rep. n. 81655, racc. n. 34615, per atto del AVV_NOTAIO, entrambi quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME
SPEZIALE (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.2650/2019 depositata il 18.4.2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
in caso di collocamento in pensione, dimissioni, o comunque in tutte le ipotesi -diverse dal trasferimento ad altra sede o ad altro incarico -in cui il magistrato abbia cessato di fare parte dell’ordine giudiziario, la sottoscrizione della sentenza da parte del medesimo, pur non sussistendo un impedimento assoluto alla sua materiale apposizione, non è coercibile, e ben può essere rifiutata senza che egli ne debba rispondere penalmente o disciplinarmente (cfr. ex multis nn. 9616/03 e 4326/12). Indirizzo, quest’ultimo, da cui si trae ulteriore conferma che la sottoscrizione della sentenza non solo possa , ma di regola debba essere apposta dal magistrato ancorché cessato dall’ordine giudiziario dopo la deliberazione del provvedimento.
In base all’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso e condanna COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate a favore dei controricorrenti nella somma di € 200,00 per spese e di € 5.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Visto l’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
sì deciso nella camera di consiglio del 7.5.2024
Il Presidente
NOME COGNOME