Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19304 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7748-2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1373/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 12/12/2018 R.G.N. 9/2017;
Oggetto
Riliquidazione pensioneeccezionispese
R.G.N. 7748/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 13/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE
1. La Corte d’appello di Lecce, in accoglimento del gravame proposto da INPS, ha riformato la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di NOME alla riliquidazione, al netto della decadenza triennale anteriore alla proposizione del ricorso introduttivo, della pensione di vecchiaia in godimento dal dicembre 2000, includendo nella base di calcolo della retribuzione pensionabile gli emolumenti extramensili rientranti nella nozione di retribuzione imponibile ai fini contributivi, per le settimane coperte da contribuzione figurativa per disoccupazione non agricola e indennità di mobilità. Rigettata quindi l’originaria domanda della COGNOME l’ha condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
La Corte territoriale ha preliminarmente respinto l’eccezione di tardività dell’appello stante la mancata produzione della copia notificata della sentenza idonea a dimostrare la decorrenza del termine breve di impugnazione proposta nei confronti dell’INPS già contumace in primo gr ado, ed ha altresì respinto l’invocata inammissibilità delle eccezioni formulate per la prima volta in appello da INPS -esatto adempimento e nullità del ricorso- non trattandosi di eccezioni in senso stretto bensì rilevabili in ogni stato e grado del giudizio. Nel merito, poi, ha accolto l’appello dell’Istituto previdenziale, sulla base degli esiti di una nuova consulenza tecnica contabile dalla quale era emerso che, integrati dall’INPS i dati mancanti nell’estratto contributivo con quelli risultanti nel Mod. Unicarpe, la retribuzione percepita dall’appellata nei periodi CIG e mobilità era stata costantemente
superiore alla retribuzione media settimanale relativa ai periodi di lavoro; ne derivava, quindi, che l’INPS, nella determinazione della retribuzione annua pensionabile, aveva calcolato, ex art. 12 della legge n.153/1969, anche gli emolumenti extra mensili, e che nulla era ancora dovuto alla richiedente.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME affidandosi ad un unico motivo, illustrato con successiva memoria, al quale l’Inps resiste con controricorso.
Nell’adunanza camerale del 13 febbraio 2025 la causa è stata discussa con riserva di provvedere.
RILEVATO CHE
La ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., l’errata valutazione in sentenza dei documenti e delle prove. In particolare, deduce che la Corte territoriale non avrebbe esaminato il documento, ivi regolarmente depositato, afferente alla regolare notifica della sentenza di primo grado munita di formula esecutiva, avvenuta in data 01/09/2016; inoltre, essendo rimasto contumace in primo grado, l’INPS sarebbe incorso nella preclusione di sollevare eccezioni non rilevabili dal giudice e di richiedere nuove prove. Sostiene che l’istituto, che in appello aveva proposto osservazioni sulla consulenza tecnica di ufficio di primo grado ed aveva eccepito la nullità del ricorso introduttivo per assoluta indeterminatezza, non avrebbe potuto svolgere entrambe le eccezioni, né avrebbe potuto produrre documentazione al riguardo. Inoltre, la ricorrente lamenta di essere stata condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio e di consulenza tecnica, nonostante la contumacia di INPS in primo grado e la presenza in atti della dichiarazione ex art.152 disp. att. c.p.c.
Nel controricorso l’INPS evidenzia che la ricorrente propone una critica alle valutazione compiute dal collegio di merito sulle emergenze documentali e mira ad ottenere un riesame dei fatti; contesta l’intempestività dell’appello poiché la notifica fu effettuata non alla sede centrale dell’Istituto ma alla sede provinciale di Lecce; inoltre, rappresenta la tempestività delle eccezioni formulate in appello, in quanto mere difese, volte a considerare la retribuzione virtuale ed i contributi figurativi.
Il ricorso è parzialmente fondato, soltanto con riferimento alla esenzione dal pagamento delle spese in caso di soccombenza.
Preliminarmente si osserva che nel ricorso in esame non sono specificamente menzionate le norme di legge che ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. la parte privata assume essere state violate dalla pronuncia di secondo grado. Tuttavia ciò non rende impossibile o vana la verifica delle doglianze formulate essendo state sufficientemente esplicitate le ragioni, ancor prima di verificarne la fondatezza, delle proprie deduzioni, prospettate come avverse alle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale, avendo la ricorrente preso specifica posizione sulla qualificazione e natura delle eccezioni, osservazioni e allegazioni sollevate da INPS in appello e, quindi, avendo rappresentato doglianze di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice di merito, in punto di tempestività del gravame, proponibilità di eccezioni e conseguenti ipotizzabili preclusioni. La formulazione del ricorso non ha, dunque, reso impossibile individuare la critica mossa a parti singolarmente identificate del giudizio espresso in appello.
Sotto il primo profilo denunciato dalla ricorrente, deve evidenziarsi, come affermato di recente da questa Corte (cfr. Cass. n.23584 del 2024) che n ell’ipotesi in cui il giudizio si sia
svolto nella contumacia di una parte, anche se non formalmente dichiarata, la sentenza che lo conclude deve essere notificata alla parte personalmente ai sensi dell’art. 292, ultimo comma, c.p.c.. Dalla data di tale notifica decorre il termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c. (cfr. Cass. 02/03/2007, n.4894; Cass. 23/01/2019, n.1893). In caso di contumacia dell’INPS, la notificazione deve essere eseguita, ai sensi dell’art. 145, primo comma, c.p.c., a Roma, presso la sede centrale dell’Istituto, in persona del suo presidente o con consegna dell’atto ad una delle persone indicate dalla norma (Cass. 24/10/2018, n.27017; in senso conforme, Cass. 03/10/2013, n.22616).
5.1 Va al riguardo precisato che non assume rilievo l’art. 44 del d.l. n. 269/2003 conv. in legge n. 326/2003 (di modifica dell’art. 14 comma 1 -bis del d.l. 669/1996 conv. in legge n.30/1997), che limita la prescrizione della notifica presso la struttura territoriale dell’ente pubblico (competente in relazione al luogo di residenza o domicilio degli interessati) ai soli atti introduttivi del giudizio e ad altri specifici atti, tra i quali -salvo che per la materia dell’invalidità civile, ove la disciplina introdotta con l’art. 10, comma 6, del d.l. n. 203 del 2005, conv. in legge n. 248 del 2005, dispone che la notifica sia effettuata presso le sedi provinciali dell’Istituto- non è compresa la sentenza (cfr. Cass. n. 27017/2018).
5.2 -La notifica della sentenza di primo grado, nel caso di specie, come correttamente argomentato nella impugnata pronuncia, doveva quindi essere effettuata presso la sede legale in Roma ai sensi dell’art. 145 c.p.c. (principio espresso anche da Cass. n.24048/2022). La notifica compiuta presso la sede territoriale
di Lecce non è stata, quindi, idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c.
Ciò posto, dalla impugnata sentenza di secondo grado risulta che l’INPS ha proposto appello in data 5 gennaio 2017 avverso la sentenza del 5 luglio 2016, e, pertanto, alla data della proposizione del gravame non erano definitivamente decorsi i termini di cui all’art. 327 c.p.c., a nulla rilevando, per quanto innanzi detto, ai fini della decorrenza del diverso minore termine di cui all’art. 325 c.p.c., la notifica della sentenza in forma esecutiva eseguita l’1/09/2016 presso la sede INPS di Lecce.
Quanto al secondo profilo dedotto dalla ricorrente, la pronuncia della Corte di Appello non è censurabile in ordine alla errata valutazione dei documenti e delle prove, non essendo incorsa la parte appellante nelle dolute preclusioni che le deriverebbero dalla formulazione di eccezioni in senso stretto. Invero, come più volte affermato da questa Corte, l’eccezione di avvenuto pagamento costituisce un ‘ eccezione in senso lato che può essere esaminata anche per la prima volta in appello qualora la parte interessata, che era rimasta contumace nel giudizio di primo grado, facendo leva sulla documentazione ritualmente esibita, deduca con l’impugnazione di avere adempiuto il debito corrispondente al credito fatto valere in giudizio (in tema di controversie rette dal rito del lavoro, cfr. già Cass. n.599 del 1998); a seguire, sul tema della natura di eccezione in senso lato assegnata alla eccezione di pagamento è stato osservato che (cfr. Cass. n.41474/20 21) ‘ a tale giurisprudenza, maturata nell’ambito di posizioni dottrinarie secondo le quali l’art. 112 cod. proc. civ., nello stabilire che il giudice “non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti”, detta una disposizione in
materia di onere di allegazione fissando un principio di carattere generale secondo il quale i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi possono sempre essere rilevati d’ufficio, ammenoché la legge (come ad es. avviene in tema di prescrizione), con una norma costituente deroga espressa al principio in questione, non subordini il rilievo all’iniziativa della parte, si ritiene di dare continuità ‘ (nello stesso senso, cfr. Cass. n. 3155 del 2025).
Ed ancora, sulla natura di eccezione in senso lato, o di mera difesa, con riferimento all’eccezione di adempimento, rilevabile d’ufficio dal giudice, ove risulti comunque provata, si vedano Cass. n. 19835 del 2024 e, conclusivamente, Cass. n. 34984 del 2024 che affermano che ‘ sul piano processuale, il rilievo del duplice e reciproco effetto (satisfattorio per il creditore e liberatorio per tutti i debitori) neppure deve essere dedotto dalla parte interessata entro la barriera preclusiva delle eccezioni in senso stretto, formando piuttosto oggetto -analogamente all’eccezione di adempimento -di una mera difesa, rilevabile anche officiosamente dal giudice ove risulti comunque provata (Cass. n.11051/2012; Cass. n.9965/2016; Cass. n.17598/2017; Cass. n.41474/2021) ‘.
Quanto alle dolute osservazioni alla CTU resa in primo grado, esse costituiscono una critica alle valutazioni del primo consulente e si pongono sullo stesso piano di mere difese sulle quali la Corte territoriale è stata sollecitata ad effettuare nuove valu tazioni che, nell’ambito dei poteri di cui all’art. 437 c .p.c., ed a completamento di una istruttoria non compiutamente espletata in primo grado, il nuovo CTU ha consentito di svolgere nella completezza degli atti idonei a chiarire la ricorrenza dei pre supposti per l’invocata riliquidazione. Si tratta, quindi, di una sollecitazione a riconsiderare le conclusioni a cui è pervenuto
l’ausiliario del giudice, sotto forma di argomentazioni difensive dell’appellante. Il motivo di ricorso, sul punto, introduce una inammissibile critica alla valutazione del giudice di merito, non supportata da un eventuale error in procedendo, né illustrata come eccezione di nullità relativa al suo procedimento.
Quanto al profilo della censura della sentenza per avere l’appellante proposto l’eccezione di nullità del ricorso di primo grado per indeterminatezza, manca l’interesse dell’attuale ricorrente a proporre ricorso, avendo la Corte territoriale superato quanto eccepito in sede di gravame decidendo nel merito previo affidamento di nuovo incarico peritale. E sulla assoluta infondatezza, genericamente dedotta, la ricorrente introduce, attraverso di essa, una rivalutazione delle risultanze probatorie non ammissibile nel presente grado.
Il terzo rilievo enunciato nel ricorso è invece, fondato. Nulla si sarebbe dovuto disporre a carico della ricorrente in primo grado essendo ivi rimasto contumace l’INPS . In secondo grado, poi , l’appellata aveva prodotto, in allegato alla propria memoria difensiva di appello, una dichiarazione datata 22/3/2017 sostitutiva di certificazione, sottoscritta a firma leggibile di NOMECOGNOME per l’esenzione dalla condanna al pagamento delle spese in caso di soccombenza.
Ricorrevano pertanto le condizioni per non gravare le spese processuali a carico della soccombente. Sul punto, la pronuncia resa dalla Corte di Lecce di condanna dell’appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi merito, è errata, perché contraria alla disposizione normativa di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., applicabile al caso di esame.
10. Quanto alle spese del presente grado di legittimità è acquisita in atti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà afferente alla condizione reddituale familiare non superiore al triplo dell’importo previsto dall’art. 76 DPR 115/2002; la dichiarazione, in ragione della entità della soglia non superata, attiene al requisito reddituale idoneo ai fini della esenzione del pagamento del doppio del contributo unificato.
L’impugnata sentenza va quindi cassata in riferimento alla sola parte in cui la parte appellata è stata condannata al pagamento delle spese di lite del primo e secondo grado, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, sul punto specifico della sussistenza in atti di una valida dichiarazione esentativa dal pagamento delle spese in caso di soccombenza, la causa può essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, ai sensi del secondo comma dell’art. 384 c.p.c. Le spese di CTU restano a carico di INPS.
Infine, ritiene il Collegio di dover compensare le spese del presente grado in presenza di una reciproca soccombenza ‘ configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi ‘ , e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, co. 2, c.p.c. (Cass. S.U. n. 32061/2022). Ciò posto, il rigetto dei primi profili del motivo di ricorso e l’accoglimento della domanda di esenzione dalle spese per i gradi di merito determinano la
sussistenza del predetto presupposto per consentire la compensazione delle spese di lite.
Ricorrono, per quanto innanzi visto, le condizioni per l’esonero dal pagamento del doppio contributo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e, decidendo nel merito, dichiara non ripetibili le spese di entrambi i gradi di merito, ivi comprese quelle di CTU che restano a carico di INPS.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 co.1 -quater del DPR 115/2002, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.