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Spese processuali inibitoria: quando vanno liquidate?

Un manager ha impugnato una sentenza in materia di lavoro. In Cassazione, il suo ricorso è stato respinto. È stato invece accolto il ricorso incidentale di una lavoratrice riguardo le spese processuali inibitoria non liquidate dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha stabilito che la parte vittoriosa in un sub-procedimento ha diritto al rimborso delle spese, anche se non si è costituita nel giudizio di merito principale, affermando un importante principio di soccombenza.

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Spese processuali inibitoria: la Cassazione fa chiarezza sul diritto al rimborso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un’interessante questione procedurale riguardante le spese processuali inibitoria. La vicenda, nata da una complessa causa di lavoro, ha portato i giudici a chiarire un principio fondamentale: la parte che vince in un sub-procedimento, come quello per la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza, ha diritto al rimborso delle spese anche se non si è costituita nel giudizio di merito principale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: dalla Codatorialità alla Cassazione

La controversia trae origine dalla domanda di un gruppo di lavoratori che avevano ottenuto dal Tribunale il riconoscimento di un unico centro di imputazione di interessi tra diverse società e un amministratore, con conseguente declaratoria di nullità del licenziamento e ordine di reintegrazione. L’amministratore, ritenendo ingiusta la sentenza di primo grado, proponeva appello, ma la Corte territoriale rigettava il suo gravame, confermando la decisione del Tribunale. Di conseguenza, l’amministratore decideva di ricorrere per Cassazione.

Il Ricorso Principale e il Diritto di Difesa

Nel suo ricorso principale, l’amministratore lamentava una presunta violazione del diritto di difesa avvenuta nel giudizio di primo grado. Sosteneva che il Tribunale avesse errato nel non concedere un rinvio dell’udienza a seguito della cancellazione del suo precedente avvocato dall’albo. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato questo motivo inammissibile. La doglianza, infatti, era mal posta: si scagliava contro la sentenza di primo grado anziché quella d’appello e, soprattutto, non si confrontava con le molteplici e dettagliate argomentazioni con cui la Corte d’Appello aveva già ritenuto insussistente qualsiasi lesione del diritto di difesa.

Spese processuali inibitoria e il Ricorso Incidentale

Parallelamente, una delle lavoratrici presentava un ricorso incidentale con tre motivi. I primi due, volti a far dichiarare l’improcedibilità dell’appello originario per un vizio di notifica, sono stati giudicati inammissibili per difetto di interesse. Avendo i lavoratori già ottenuto piena vittoria sia in primo che in secondo grado, non avevano un interesse concreto a contestare la procedibilità di un appello che li aveva comunque visti vincitori.

Il terzo motivo, invece, si è rivelato cruciale. La lavoratrice lamentava che la Corte d’Appello avesse omesso di pronunciarsi sulle spese processuali inibitoria, ovvero quelle relative al sub-procedimento che l’amministratore aveva intentato per chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado. Sebbene la lavoratrice non si fosse costituita nel giudizio di merito dell’appello, si era invece costituita in quella specifica fase cautelare, che si era conclusa con una declaratoria di inammissibilità, vedendola quindi vittoriosa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto questo terzo motivo, ritenendolo fondato. I giudici hanno chiarito che, nonostante la mancata costituzione della lavoratrice nel giudizio d’appello principale, la sua partecipazione vittoriosa al sub-procedimento di inibitoria la rendeva titolare del diritto al rimborso delle relative spese processuali. Questo diritto discende direttamente dal principio di soccombenza, sancito dall’art. 91 del codice di procedura civile.

In sostanza, la Corte ha affermato che ogni fase processuale autonoma, anche se incidentale, genera una propria dinamica di vittoria e sconfitta. La parte che prevale in tale fase ha diritto a vedere liquidate in suo favore le spese sostenute, a prescindere dall’esito finale o dalla sua partecipazione al giudizio principale. Di conseguenza, la Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello sul punto e, decidendo nel merito, ha condannato l’amministratore a rimborsare alla lavoratrice le spese del sub-procedimento, liquidate in 1.000,00 euro oltre accessori.

Conclusioni: Un Principio di Giustizia Processuale

Questa ordinanza riafferma un principio di equità e giustizia processuale di notevole importanza pratica. Stabilisce chiaramente che il diritto al rimborso delle spese legali matura in relazione all’esito di ogni singolo procedimento, compresi quelli incidentali e cautelari come l’inibitoria. La vittoria in una di queste fasi è sufficiente a fondare il diritto alla rifusione delle spese, anche qualora la parte decida di non partecipare attivamente al successivo giudizio di merito. Si tratta di una tutela fondamentale che garantisce che la parte costretta a difendersi in una fase processuale specifica, e che ne esce vittoriosa, non debba sopportarne ingiustamente i costi.

Chi ha diritto al rimborso delle spese legali in un sub-procedimento di inibitoria?
La parte che risulta vittoriosa nel sub-procedimento stesso. Nel caso di specie, la parte a cui favore è stata dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di inibitoria promossa dall’avversario.

È necessario essere costituiti nel giudizio di merito per ottenere il rimborso delle spese di un’inibitoria?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che essersi costituiti e aver vinto nel solo sub-procedimento di inibitoria è sufficiente per avere diritto al rimborso delle relative spese legali, anche senza aver partecipato al successivo giudizio di merito in appello.

Perché il ricorso principale dell’amministratore è stato dichiarato inammissibile?
Perché le sue censure erano formulate come se il vizio fosse della sentenza d’appello, mentre in realtà erano rivolte a quella di primo grado. Inoltre, il ricorso non ha adeguatamente contestato le specifiche e molteplici motivazioni con cui la Corte d’Appello aveva già escluso la violazione del diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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