Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28090 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28090 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
Oggetto: spese processuali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12115/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME NOME e NOME, tutti rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO
– ricorrenti principali –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente, ricorrente incidentale –
Banca Monte dei Paschi RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 987/2024, depositata il 5 marzo 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, depositata il 5 marzo 2024, che, in riforma della sentenza del locale Tribunale e in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla Banca Monte dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., li ha condannati, in via solidale, al pagamento in favore di quest’ultima della somma di euro 139.641,95, oltre interessi legali, e ha respinto la domanda di restituzione di indebito proposta dalla predetta RAGIONE_SOCIALE nei confronti della banca;
il giudice di appello ha dato atto che con la domanda introduttiva del giudizio la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto accertarsi il saldo di un conto corrente acceso presso la banca, cui era collegato un conto anticipi fatture, e condannarsi quest’ultima alla restituzione dell ‘importo somma di euro 652.840,62, oltre interessi, quale risultante dalla somma di addebiti illegittimamente annotati, e al risarcimento dei danni quantificati in euro 100.000,00, per erronea segnalazione della società a sofferenza;
ha aggiunto che la banca convenuta aveva agito in via riconvenzionale per la condanna della correntista al pagamento del saldo del conto corrente e di diversi titoli di credito scontati e tornati insoluti, per un importo complessivo di euro 878.574,07, estendendo la domanda anche nei confronti dei garanti NOME e NOME, di cui chiedeva la chiamata in causa;
ha, poi, riferito che il giudice di prime cure aveva parzialmente accolto la domanda attorea, condannando la banca al pagamento della somma di euro 289.952,10, oltre interessi, avuto riguardo, in particolare, alla nullità delle clausole negoziali relative alle condizioni economiche del rapporto per difetto del requisito formale;
ha, quindi, accolto il gravame della banca osservando che la mancata sottoscrizione da parte della banca del documento contrattuale non
determinava, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, la nullità del contratto per difetto della imposta forma scritta;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito controverso, la quale spiega ricorso incidentale;
avverso tale ricorso incidentale i ricorrenti principali non spiegano alcuna difesa;
-a seguito di proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., questi ultimi chiedono la decisione della causa; – i ricorrenti principali depositano memoria;
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo del ricorso principale è così rubricato: « Dell’erronea e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per vizio motivazionale, illogicità e contraddittorietà del ragionamento sotteso alla determinazione delle spese di giustizia per l’affermato rig etto integrale della domanda di condanna alla restituzione dell’indebito da parte della RAGIONE_SOCIALE e dei garanti della compensazione legale e/o giudiziale effettuata»;
il secondo è, invece, rubricato: « Dell’erronea e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cpc in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per la manifesta erronea motivazione sottesa alla determinazione delle spese di giustizia per l’affermato accoglimento parziale della domanda riconvenzionale della BPMS -del mutato orientamento giurisprudenziale in corso di causa»;
-infine, l’intitolazione del terzo motivo così recita: «Della violazione e/o falsa applicazione dell’art 5 comma tre e dell’art. 6 del DM 10 marzo 2014 n. 55 anche in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 codice di procedura civile – Inosservanza o erronea applicazione della legge in quanto non corretta l’ap plicazione del principio di diritto secondo il quale, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte
soccombente, il valore della controversia va fissato sulla base del criterio del disputatum non contemperato però dal criterio del decisum, che impone al giudice, in caso di accoglimento solo in parte della domanda ovvero di parziale accoglimento dell’impugnazione, di considerare il contenuto effettivo della sua decisione»;
la proposta di definizione del giudizio ha ritenuto che il ricorso principale fosse inammissibile;
ha, in particolare, osservato che i primi due mezzi, con cui si aggredisce la statuizione di compensazione delle spese per un terzo delle spese processuali del primo e del secondo grado tra le parti in causa, potevano essere trattati simultaneamente ed erano inammissibili in quanto «il regolamento delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, cui è devoluta anche la valutazione della entità della soccombenza in relazione all’esito finale della lite. L’ammissibilità del sindacato della cassazione resta circoscritta, in relazione all’art. 91 cod. proc. civ., alla violazione del principio secondo cui non può mai essere condannata alle spese la parte totalmente vittoriosa (a partire da Cass. 10 aprile 1963, n. 921, la meno recente che si rinviene al CED della Corte di cassazione, le pronunce massimate nello stesso senso sono molte decine, si veda ad esempio in tempi più recenti Cass. 26 novembre 2020, n. 26912)»;
ha, pertanto, ritenuto che, incontestata la soccombenza degli appellati, la misura della compensazione delle spese processuali operata dalla Corte di appello non era sindacabile in questa sede;
del pari ha ritenuto inammissibile anche il terzo mezzo, con cui i ricorrenti principali si dolevano del fatto che la Corte di appello aveva erroneamente individuato il valore della causa, rilevante ai fini dell’applicazione del pertinente scaglione, poiché aveva preso in considerazione l’importo in contestazione e non già quello liquidato;
in proposito, ha osservato che la censura non si misurava con la ratio della decisione, essendo «evidente che in applicazione del criterio del
decisum (la corte d’appello ha considerato lo scaglione superiori a € 520.000) occorre anche considerare il rigetto della domanda di ripetizione di indebito spiegata dagli odierni ricorrenti e respinta dal giudice di merito (la tesi svolta nel ricorso a pagina 9 secondo cui detta domanda sarebbe stata accolta è spiegata contro l’evid enza, tenuto conto di quanto stabilisce il dispositivo). L’inammissibilità, dunque, discende dalla circostanza che la censura non si misura con l’evidente ratio che sorregge la decisione impugnata»;
il Collegio condivide tali considerazioni;
con l’istanza ex art. 380 bis , secondo comma, cod. proc. civ., si deduce che poiché a fronte della richiesta della banca per un totale di euro 1.010.000,00 è stato accertato un credito in capo a quest’ultima solo per la somma di euro 139.641,95, «i ricorrenti sono vittoriosi, senza alcun dubbio, per €. 870.000,00 circa »;
tale affermazione non è condivisibile in quanto l’ accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una unica domanda non dà luogo a soccombenza relativamente alla parte della domanda non accolta e, pertanto, non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2022, n. 32061), come disposto dalla Corte di appello;
inoltre, i ricorrenti omettono di considerare che il giudizio si era concluso con il rigetto della loro domanda di ripetizione di indebito e che (anche) tale statuizione osta alla configurabilità degli stessi quale parte vittoriosa;
infine, la proposta di definizione ha condivisibilmente ritenuto che il ricorso incidentale fosse inefficace , ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ., atteso che la sentenza è stata notificata il 12 marzo 2024 e il controricorso contenente ricorso incidentale è datato 10 giugno 2024;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso principale va dichiarato inammissibile e quello incidentale inefficace;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
poiché il giudizio è definito in conformità della proposta, va disposta condanna della parte istante a norma dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., 13 ottobre 2023, n. 28540);
i ricorrenti principali vanno, dunque, condannati, nei confronti della controricorrente, al pagamento di una somma che può equitativamente determinarsi in euro 7.0 00,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso principale inammissibile e quello incidentale inefficace; condanna i ricorrenti principali alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Condanna i ricorrenti principali al pagamento della somma di euro 7.000,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00, in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 17 settembre 2025.
Il Presidente