Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16636 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16636 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20108/2022 R.G. proposto da
COMUNE DI MODICA, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona dei liquidatori p.t. NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, con domicilio in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 82/22, depositata il 13 gennaio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Modica convenne in giudizio la RAGIONE_SOCIALE proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 429/12, emesso il 4 luglio 2012, con cui il Tribunale di Ragusa le aveva intimato il pagamento della somma di Euro 5.628.876,03, oltre interessi al tasso di cui al d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231.
A sostegno dell’opposizione il Comune contestò l’importo richiesto, sostenendo che lo stesso non corrispondeva alla contabilità in suo possesso.
1.1. Con sentenza del 10 novembre 2018, il Tribunale di Ragusa accolse parzialmente l’opposizione, dando atto dell’intervenuto pagamento degli importi di Euro 165.201,71 ed Euro 2.490.619,95, revocando il decreto ingiuntivo e condannando il Comune al pagamento di Euro 3.026.644,05, oltre interessi moratori.
L’impugnazione proposta dal Comune è stata parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Catania, che con sentenza del 13 gennaio 2022 ha dato atto dell’intervenuto pagamento di ulteriori importi, non contestati dalla appellata, rideterminando la somma dovuta in Euro 2.791.218,72, condannando il Comune al pagamento dei due terzi delle spese processuali, che ha liquidato in Euro 9.666,66 per il giudizio di primo grado, oltre alle spese generali e agli accessori di legge, ed in Euro 9.040,00 per il giudizio di secondo grado, oltre alle spese generali e agli accessori di legge, e dichiarando compensato il residuo.
Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per averlo condannato al pagamento di due terzi delle spese del giudizio di appello, senza alcuna motivazione, nonostante l’accoglimento dell’impugnazio-
ne. Sostiene infatti che tale criterio di ripartizione delle spese, giustificato in primo grado dall’accoglimento soltanto parziale dell’opposizione al decreto ingiuntivo, non può ritenersi congruo in riferimento al giudizio di appello, nel quale esso ricorrente è risultato integralmente vittorioso.
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di ripartizione delle spese processuali, questa Corte ha costantemente affermato che il criterio della soccombenza, previsto dall’art. 91 cod. proc. civ., non giustifica il frazionamento del relativo onere in relazione all’esito delle varie fasi del giudizio, ma dev’essere riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole (cfr. Cass., Sez. VI, 18/05/2021, n. 13356; 13/03/2013, n. 6369; Cass., Sez. III, 29/09/2011, n. 19880). Tale principio trova applicazione anche al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nell’ambito del quale il creditore che veda riconosciuto il proprio diritto, ancorché in parte (magari minima) rispetto all’importo richiesto ed ottenuto nel procedimento monitorio, pur subendo legittimamente la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione della somma eventualmente riscossa a seguito della concessione della provvisoria esecuzione, se eccedente rispetto al dovuto, non può essere ritenuto soccombente e condannato alle spese del giudizio di appello, ove la pronuncia che lo definisca comunque escluda dalla restituzione le somme ritenute effettivamente dovute (cfr. Cass., Sez. II, 27/08/2020, n. 17854; Cass., Sez. VI, 21/07/2017, n. 18125; Cass., Sez. III, 12/05/2015, n. 9587). L’opposizione a decreto ingiuntivo, anche quando è proposta allo scopo di sostenere l’illegittimità del ricorso alla procedura sommaria, dà infatti luogo a un giudizio di merito sul credito fatto valere dal ricorrente, il quale assume la veste di attore in senso sostanziale, sicché, anche quando il decreto sia revocato a causa della mancanza dei presupposti per la sua concessione, il giudizio si conclude con una pronuncia di merito sulla dedotta pretesa, alla quale accede quella sulle spese, che resta soggetta alla disciplina generale dettata dagli artt. 91 e ss. cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. II, 10/09/2009, n. 19560; 17/02/2004, n. 2997). In quest’ottica, qualora l’appello sia accolto soltanto parzialmente, il giudice
di appello può legittimamente compensare, in tutto o in parte, le spese processuali, ma non anche porle, per il residuo, a carico della parte risultata comunque vittoriosa, sebbene in misura inferiore a quella stabilita in primo grado, giacché, come si è detto, il principio della soccombenza va applicato tenendo conto dell’esito complessivo della lite (cfr. Cass., Sez. VI, 23/03/ 2016, n. 5820; 28/09/2015, n. 19122).
Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, la quale, avuto riguardo all’accoglimento soltanto parziale dell’opposizione proposta dal Comune avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE, nonché dell’accoglimento parziale dell’appello proposto dal Comune, peraltro anche in virtù di pagamenti intervenuti soltanto nel corso del giudizio, e della conseguente condanna dell’opponente al pagamento del residuo dovuto, ha ritenuto che l’esito del giudizio risultasse complessivamente favorevole all’appellata, la cui domanda si era rivelata parzialmente fondata, ed ha condannato l’appellante al pagamento di due terzi delle spese processuali, dichiarando compensato il residuo. L’accoglimento parziale dell’opposizione, pur comportando la revoca integrale del decreto ingiuntivo, non si traduce d’altronde in una reciproca soccombenza, idonea a giustificare la condanna del creditore al pagamento, in tutto o in parte, delle spese processuali, avendo il giudizio ad oggetto una domanda articolata in unico capo, il cui accoglimento in misura ridotta non comporta l’applicabilità dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., operante esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dalla predetta disposizione (cfr. Cass., Sez. Un., 31/10/2022, n. 32061; Cass., Sez. II, 17/05/2024, n. 13827).
2. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 9/01/2025