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Spese personali condominio: chi paga i costi extra?

La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità dell’addebito di spese personali in condominio a carico esclusivo dei singoli condomini che le hanno generate. Il caso riguardava costi extra sostenuti dall’amministratore per rispondere a specifiche e personali richieste di chiarimento di due condomini. La Corte ha confermato che, qualora un’attività vada oltre l’ordinaria gestione e sia svolta nell’interesse esclusivo di alcuni, i relativi costi non devono gravare su tutta la collettività condominiale, ma solo sui richiedenti.

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Spese Personali Condominio: Quando l’Amministratore Può Addebitare Costi Extra?

La ripartizione dei costi è uno degli argomenti più dibattuti all’interno delle assemblee. Ma cosa succede quando un’attività richiesta da un solo condomino genera costi aggiuntivi? L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 1704/2024 offre una risposta chiara sul tema delle spese personali condominio, stabilendo che i costi per attività svolte nell’interesse esclusivo di un singolo possono essere addebitati solo a quest’ultimo.

I Fatti: Una Richiesta di Chiarimenti Diventa un Addebito

Due condomini impugnavano una delibera assembleare che aveva posto a loro esclusivo carico la somma di 302,10 euro a titolo di “spese personali” e “compensi amministratore”. Tali costi derivavano da una serie di comunicazioni, risposte e chiarimenti che l’amministratore aveva fornito a seguito di specifiche richieste avanzate dagli stessi condomini. Secondo l’amministrazione, questa attività, eccedendo l’ordinaria gestione, era stata svolta per “esigenze di esclusivo interesse” dei richiedenti, comportando un aggravio di tempo e costi.

La questione, dopo un primo passaggio in Cassazione, era stata rinviata al Tribunale con il compito di accertare la natura dei servizi resi e stabilire se potessero essere addebitati individualmente. Il Tribunale, esaminate le comunicazioni, aveva confermato la legittimità dell’addebito, ritenendo l’attività dell’amministratore non riconducibile all’interesse comune di tutti i condomini. Contro questa decisione, i due condomini hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

Le Spese Personali in Condominio e la Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice di merito. Il punto centrale della controversia ruota attorno all’applicazione dell’articolo 1123, secondo comma, del codice civile, che permette una ripartizione delle spese diversa da quella basata sui millesimi quando le cose sono destinate a servire i condomini in misura diversa.

L’Attività Svolta nell’Interesse Esclusivo del Singolo

La Corte ha chiarito che il principio fondamentale è quello della riconducibilità del costo al beneficio. Il Tribunale aveva correttamente accertato, attraverso l’analisi di otto diverse missive, che l’attività dell’amministratore (consistente in “risposte, spiegazioni e chiarimenti”) era stata innescata da richieste personali dei ricorrenti e non rispondeva a un interesse collettivo. Di conseguenza, il relativo compenso e le spese accessorie (raccomandate, fotocopie) non potevano essere ripartiti tra tutti i condomini, molti dei quali non avevano né richiesto né beneficiato di tali prestazioni.

Il Rispetto dei Principi del Giudice del Rinvio

I ricorrenti lamentavano anche che il giudice del rinvio non avesse seguito le indicazioni fornite dalla Cassazione nel precedente giudizio. La Corte ha smentito questa affermazione, evidenziando come il Tribunale avesse svolto esattamente l’indagine richiesta: analizzare nel dettaglio le attività, individuarne i destinatari e mittenti, e stabilire se fossero riconducibili a un’iniziativa personale dei ricorrenti. L’accertamento di fatto, compiuto in modo puntuale, ha legittimato la decisione di addebitare i costi solo ai responsabili.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha smontato le censure dei ricorrenti, qualificandole come un tentativo di riesaminare il merito della vicenda, attività preclusa nel giudizio di legittimità. In particolare, i motivi di ricorso sono stati respinti perché:

1. La motivazione non era “apparente”: Il Tribunale aveva esposto in modo chiaro e comprensibile le ragioni della sua decisione, fondandole sull’analisi del contenuto delle lettere e sull’evidenza che l’attività extra era stata svolta per esigenze specifiche dei singoli.
2. Non vi è stato “omesso esame di un fatto decisivo”: I ricorrenti non hanno indicato un fatto storico preciso e cruciale che il giudice avrebbe ignorato. Hanno, invece, proposto argomentazioni per contrastare la valutazione del Tribunale, cosa che non costituisce un valido motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
3. Non c’è stata violazione di legge: L’applicazione del principio secondo cui chi trae un beneficio esclusivo da un servizio deve sostenerne il costo è una corretta interpretazione delle norme sulla ripartizione delle spese condominiali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Condomini e Amministratori

Questa ordinanza consolida un principio importante per la gestione condominiale. Stabilisce che l’amministratore non solo può, ma deve addebitare le spese personali condominio a chi le ha causate, se queste derivano da attività che esulano dalla gestione ordinaria e dall’interesse comune. Per i condomini, ciò significa che richieste di chiarimenti eccessive, puntigliose o personali possono comportare costi aggiuntivi. Per gli amministratori, rappresenta una tutela contro l’aggravio di lavoro non remunerato e garantisce una più equa ripartizione dei costi, evitando che l’intera compagine condominiale debba farsi carico delle esigenze di uno solo.

Le spese per attività extra dell’amministratore possono essere addebitate a un singolo condomino?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è legittimo addebitare i costi di un’attività extra al singolo condomino se questa è stata svolta in seguito a sue specifiche richieste e per soddisfare un suo esclusivo interesse, eccedendo l’ordinaria gestione condominiale.

Cosa si intende per attività svolta nell'”esclusivo interesse” di un condomino?
Si riferisce a servizi come risposte, spiegazioni e chiarimenti dettagliati che l’amministratore fornisce su richiesta di un condomino e che non portano alcun beneficio alla collettività degli altri residenti, ma comportano un aggravio di tempo e costi per l’amministrazione.

È sufficiente contestare genericamente la decisione di un giudice per ricorrere in Cassazione?
No, non è sufficiente. Il ricorso in Cassazione deve basarsi su motivi specifici previsti dalla legge, come la violazione di una norma, una motivazione incomprensibile o l’omissione dell’esame di un fatto storico decisivo. Non può essere utilizzato per ottenere un nuovo esame dei fatti della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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