Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18596 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18596 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04994/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME domiciliato digitalmente ex lege ; rappresentato e difeso da ll’ Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
INPS -Istituto Nazionale Previdenza Sociale , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimato- per la cassazione della sentenza n.2822/2022 resa in grado d’appello dal TRIBUNALE di BARI, depositata il 13 luglio 2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con sentenza 13 luglio 2022, n. 2822, il Tribunale di Bari, pronunciando in grado d’ appello, in riforma della sentenza n.2429/2017 del Giudice di pace della stessa città, ha rigettato la domanda con cui NOME COGNOME aveva invocato la condanna dell’INPS al risarcimento del danno costituito dalla somma (pari ad Euro 3.064,15) da lui corrisposta al proprio avvocato, per l’assistenza stragiudiziale volta a porre fine al ritardo dell’ Istituto previdenziale nel pagamento del Trattamento di Fine Servizio (TFS);
il Tribunale, previa declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale proposto da NOME COGNOME (avente ad oggetto la statuizione accessoria sulle spese), ha accolto quello principale dell’INPS (relativo alla statuizione principale di condanna al risarcimento del danno), sul rilievo che la delibera di riconoscimento del TFS era stata assunta , all’esito del relativo procedimento amministrativo, il 4 settembre 2015 e che, pertanto, su tale determinazione nessuna influenza poteva avere avuto l’attività di assistenza stragiudizi ale posta in essere dall’avvocato del creditore, limitata ad una e-mail di messa in mora inviata all’INPS il 3 settembre 2015, ovverosia il giorno immediatamente precedente all’ emissione del detto provvedimento;
ciò rilevato in fatto, il Tribunale ha fatto applicazione del principio di diritto secondo cui le spese di assistenza legale stragiudiziale hanno natura di danno emergente, la cui risarcibilità è esclusa allorché si siano rivelate superflue (o addirittura eccessive), per non aver assicurato una tutela più rapida del soggetto assistito (sono state richiamate, oltre alla
pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 16990/2017, anche quelle emesse a Sezione semplice nn. 9548/2017 e 14594/2005);
propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di cinque motivi; non svolge difese l’INPS, che resta intimato;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ.;
il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte; il ricorrente ha depositato breve memoria.
Considerato che
con il primo motivo di ricorso viene denunciata « Illegittimità, abnormità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”, error in iudicando), della sentenza n. 2822/2022 del Tribunale di Bari (in riferimento alla dichiarata inammissibilità dell’ipotetico appello incidentale, di fatto mai proposto dall’odierno ricorrente); e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 167, 333, 342, 343, c.p.c., 2, 3, 24, 97, 111, commi 1, 2 e 6, Cost.; 296, comma 2, TFUE; 41, comma 2, lett. c, e 47, commi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali della U.E.; 19, comma 2, Trattato sull’U.E.; 6 e 13 C.E.D.U. (come ratificata con legge 4.8.1955, n. 848); in combinato disposto con i canoni di ermeneutica fissati dagli articoli 1362 e ss. c.c., pur in riferimento pur a quanto disposto dagli artt. 100, 101, 112, 113, 115, 116 c.p.c., e con l’interpretazione delle norme regolatrici la fattispecie resa dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria e dalla dottrina »;
con il secondo motivo viene denunciata « Illegittimità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: “nullità della
sentenza o del procedimento”, error in procedendo) della sentenza n. 2822/2022 del Tribunale di Bari, per “vizio di motivazione” (motivazione apparente, pari alla omessa motivazione, e/o perplessa o incomprensibile, illogica e/o intrinsecamente contraddittoria in modo manifesto e irriducibile, circa la disposta inammissibilità di un inesistente appello incidentale); e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 2, 3, 24, 25, 97, 111, commi 1, 2, 6 e 7, Cost.; 296, comma 2, TFUE; 41, comma 2, lett. c, e 47, commi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali della U.E.; 19, Trattato sull’U.E.; 6 e 13 C.E.D.U. (come ratificata con legge 4.8.1955, n. 848); 112, 115, 132, 134 e 156 c.p.c.; 118 disp. att. c.p.c., 2697 e 2907 c.c., in combinato disposto con gli articoli richiamati nel titolo del motivo rubricato sub I., nonché con l’interpretazione delle norme regolatrici la fattispecie resa dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria e dalla dottrina »;
con i primi due motivi -i quali vanno illustrati ed esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione -il ricorrente censura la sentenza impugnata, sia sotto il profilo della violazione di legge sia sotto il profilo del vizio motivazionale costituzionalmente rilevante, per avere indebitamente statuito, dichiarandone l’ inammissibilità, su un presunto appello incidentale da lui spiegato e « finalizzato alla rideterminazione delle spese di lite del primo grado di giudizio » (pag. 3 della sentenza impugnata); sostiene, in contrario, di non aver mai proposto una consimile impugnazione, essendosi limitato, senza formulare specifici motivi di doglianza, ad invocare dal Tribunale una statuizione « nuova » – ma non « diversa » – rispetto a quella emessa
dal Giudice di pace sulle spese di primo grado, che distinguesse queste ultime da quelle del grado d’a ppello;
2.1. i motivi in esame sono inammissibili;
lo stesso ricorrente fa presente che nelle conclusioni della comparsa di risposta in appello aveva chiesto, tra l’altr o, « all ‘ adito tribunale una nuova specifica statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, distinta da quella del giudizio di appello, determinata secondo i parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014; il tutto con sentenza provvisoriamente esecutiva» (pag. 12 del ricorso);
è dunque di tutta evidenza che, a prescindere dalla mancata formulazione di specifici motivi di gravame, l’appellato, non limitandosi ad invocare la condanna dell’ Istituto appellante nelle spese del secondo grado, ma chiedendo una ‘nuova’ pronuncia anche sull e spese di quello precedente, aveva formalmente domandato una riforma della relativa statuizione, gravando in parte qua la sentenza emessa dal Giudice di pace;
debitamente, pertanto, il giudice d’ appello ha pronunciato sul gravame incidentale sottoposto al suo esame;
con il terzo motivo viene denunciata « Illegittimità, abnormità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, error in iudicando), della sentenza n. 2822/2022 del Tribunale di Bari (circa il mancato riconoscimento, nel merito, del danno consistente nelle spese e competenze legali sostenute e documentate dal ricorrente a causa ed in conseguenza dell’inadempimento contrattuale di INPS); e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 1173, 1176, 1218
c.c., 112 e 113, c.p.c., 2, 3, 24, 97, 111, commi 1, 2 e 6, Cost.; 296, comma 2, TFUE; 41, comma 2, lett. c, e 47, commi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali della U.E.; 19, comma 2, Trattato sull’U.E.; 6 e 13 C.E.D.U. (come ratificata con legge 4.8.1955, n. 848); in combinato disposto con l’interpretazione delle norme regolatrici la fattispecie resa dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria e dalla dottrina »;
con il quarto motivo viene denunciata « Illegittimità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: “nullità della sentenza o del procedimento”, error in procedendo), della sentenza n. 2822/2022 del Tribunale di Bari per ‘vizio di motivazione’ (motivazione apparente, pari alla omessa motivazione, e/o perplessa o incomprensibile, illogica e/o intrinsecamente contraddittoria in modo manifesto e irriducibile, circa il mancato riconoscimento, nel merito, del danno consistente nelle spese e competenze legali sostenute e documentate dal ricorrente a causa ed in conseguenza dell’inadempimento contrattuale di INPS); e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 1173, 1176, 1218 c.c., 112 e 113, c.p.c., 2, 3, 24, 97, 111, commi 1, 2, 6 e 7, Cost.; 296, comma 2, TFUE; 41, comma 2, lett. c, e 47, commi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali della U.E.; 19, comma 2, Trattato sull’U.E.; 6 e 13 C.E.D.U. (come ratificata con legge 4.8.1955, n. 848); 112, 115, 132, 134 e 156 c.p.c.; 118 disp. att. c.p.c., 2697 e 2907 c.c., in combinato disposto con l’interpretazione delle norme regolatrici la fattispecie resa dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria e dalla dottrina »;
con il quinto motivo viene denunciata « Illegittimità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: “nullità della
sentenza o del procedimento”, error in procedendo) della sentenza n. 2822/2022 del Tribunale di Bari (in riferimento agli elementi probatori posti a base della decisione); e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 113, 115 e 116, c.p.c., e 2697 c.c., in combinato disposto con gli articoli 1173, 1176, 1218 c.c., e con l’interpretazione delle norme regolatrici la fattispecie resa dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria e dalla dottrina »;
con i motivi in esame -anche questi da illustrarsi ed esaminarsi congiuntamente, stante la loro connessione -il ricorrente censura la statuizione principale della sentenza impugnata, con cui è stata rigettata la domanda risarcitoria da lui proposta nei confronti dell’INPS ;
si duole, anzitutto, che il Tribunale non abbia considerato « l’ effettiva utilità e fruttuosità dell’ esperito intervento professionale », che gli aveva consentito di porre fine all’ inadempimento dell’INPS, evitandogli la necessità di ricorrere in sede giudiziaria; osserva, al riguardo, che, se da un lato l’INPS aveva provveduto al pagamento con « delibera dichiaratamente adottata il 04/09/2015 », tuttavia la PEC di comunicazione di tale adozione era stata inviata il 7 settembre 2015, quindi « successivamente alla ricezione della missiva P.E.C di diffida e messa in mora » (inviata dal suo avvocato in data 3 settembre 2015), e il pagamento effettivo era avvenuto il 14 settembre 2015 (pag.16 del ricorso);
deduce, in secondo luogo, un vizio motivazionale costituzionalmente rilevante anche in ordine alla statuizione di rigetto della domanda risarcitoria, dovendosi ritenere meramente apparente la motivazione su cui tale rigetto è stato fondato, avuto riguardo, in
particolare, alla circostanza che « subito dopo la ricezione della PEC di diffida e messa in mora del 3.9.2015, L ‘ INPS si è attivata per la delibera di pagamento, poi effettuando lo stesso il 14.9.2015 » (pag.24 del ricorso);
lamenta, infine, che il giudice d’ appello abbia violato le regole e i principi dettati in materia di responsabilità contrattuale, con particolare riferimento a quelli che disciplinano l’ onere probatorio; osserva, al riguardo, che, essendo stato evidenziato, sin dalla missiva PEC di diffida e messa in mora del 3 settembre 2015, l’attuale inadempimento dell’INPS , che non aveva effettuato il pagamento del TFS nel termine previsto alla legge (e sussistendo la presunzione di colpa del debitore, onerato della prova liberatoria della causa non imputabile), il danno cagionato da tale inadempimento (ed in particolare quello consistente nelle spese da lui sostenute per l’assistenza stragiudiziale, aventi natura di danno emergente) avrebbe dovuto essergli risarcito;
5.1. il terzo, il quarto e il quinto motivo sono inammissibili per diverse ragioni;
5.1.a. in primo luogo, la specifica doglianza circa la violazione delle regole (anche probatorie), in tema di responsabilità contrattuale è inammissibile perché del tutto aspecifica in relazione al tenore della decisione impugnata, la cui ratio non è basata sulla ritenuta esclusione dell’ inadempimento dell’INPS ma sulla ritenuta non risarcibilità, nella specifica fattispecie, della peculiare voce di danno emergente che ne sarebbe derivata, ovverosia il pregiudizio corrispondente alle spese di assistenza stragiudiziale, reputate non ristorabili in quanto non necessitate e superflue;
5.1.b. in secondo luogo, stante tale motivazione -evidentemente non condivisa nel merito dal ricorrente ma, nondimeno, esistente, coerente e perspicua -è agevole rilevare che non sussiste alcuna delle gravi lacune (totale mancanza, mera apparenza, irriducibile contraddittorietà, perplessità ed obiettiva incomprensibilità) che sole consentono, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., il sindacato di legittimità della motivazione della sentenza di merito (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; tra le successive conformi v., ex multis , Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 03/03/2022, n. 7090);
5.1.c. in terzo luogo, quanto alla doglianza secondo la quale il Tribunale non avrebbe considerato « l’effettiva utilità e fruttuosità dell’esperito intervento professionale » consistito nella diffida e messa in mora inviata con e-mail del 3 settembre 2015 (utilità e fruttuosità asseritamente desumibili dalla circostanza che l’INPS , dopo avere ‘dichiaratamente’ adottato la delibera di pagamento in data 4 settembre 2015, aveva comunicato tale adozione con PEC del 7 settembre e provveduto al concreto adempimento il 14 settembre 2015), è agevole rilevare che essa doglianza, al di là della formale intestazione con cui si denunciano errores in iudicando e in procedendo , attiene invece a profili di fatto poiché tende a suscitare da questa Corte di legittimità un accertamento di merito alternativo rispetto a quello motivatamente effettuato dal Tribunale e ad esso insindacabilmente riservato;
il giudice del merito, infatti, proprio dalla circostanza che la delibera di pagamento del TFS era stata adottata dall’I NPS il giorno
immediatamente successivo alla e-mail di messa in mora inviatale il 3 settembre 2015, ha tratto motivatamente argomento per affermare che su tale provvedimento amministrativo -evidentemente emesso all’esito di « delineati passaggi procedimentali » (pag.5 della sentenza impugnata) -nessuna influenza poteva avere avuto l’attiv ità di assistenza legale stragiudiziale svolta in favore del creditore, la quale quindi non aveva in alcun modo assicurato una tutela più rapida del soggetto assistito, rivelandosi del tutto « superflua ».
Espresso questo motivato giudizio di fatto -lo si ripete, insindacabile in sede di legittimità -l’applicazione del principio di diritto predicativo dell’ irrisarcibilità del danno emergente derivante dalle spese sostenute per lo svolgimento della predetta attività, in quanto non necessarie e non giustificate, si rivela del tutto coerente in iure , in quanto corrispondente ad un orientamento consolidato di questa Corte (Cass. 6/09/1999, n. 9400; Cass. 12/07/2005, n. 14594; Cass. 13/04/2017, n.9548; Cass.26/05/2021, n.1444), che trova fondamento sia nella regola processuale che prevede il potere del giudice di escludere dalla ripetizione le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ove ritenute eccessive o superflue (art. 92, primo comma, cod. proc. civ.), sia nel principio generale di buona fede, quale principio specificantesi, tra l’altro, nel canone che impone di salvaguardare l’utilità della controparte nei limiti del proprio apprezzabile sacrificio;
in definitiva, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, dal momento che la parte intimata, risultata vittoriosa, non ha svolto difese in questa sede;
atteso il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
Per Questi Motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione