Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14244 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14244 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1535-2023 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 3053/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/07/2022 R.G.N. 2676/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Corte d’appello di Roma ha parzialmente accolto l’appello di RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti RAGIONE_SOCIALE) e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato l’estinzione del credito accertato a favore di NOME COGNOME sino alla concorrenza del contrapposto credito della società, di complessivi euro 10.941,71 in sorte
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
capitale, ed ha condannato il COGNOME a restituire a RAGIONE_SOCIALE tale importo.
La Corte territoriale ha premesso che, con sentenza irrevocabile della Corte d’appello di Roma n. 2975/2005, era stato dichiarato il diritto del COGNOME all’indennità risarcitoria (non quantificata) conseguente alla illegittimità del licenziamento intimatogli da RAGIONE_SOCIALE il 14.1.2002 e che con il ricorso introduttivo di primo grado il predetto aveva chiesto la condanna della società al pagamento della somma di euro 146.761,43; ha ritenuto fondato l’appello di RAGIONE_SOCIALE limitatamente alla censura di mancata compensazione con i crediti dalla stessa vantati nei confronti dell’ex dipendente e pari esattamente a: euro 5.707,10 corrisposti da RAGIONE_SOCIALE al COGNOME a titolo di indennità ex art. 8, legge n. 604 del 1966 in esecuzione della sentenza d’appello n. 5416/20 09 poi riformata; euro 3.502,12 dovuti dal COGNOME a titolo di spese processuali come da decreto del Tribunale di Roma n. 340/2017; euro 3.045,13 dovuti sempre a titolo di spese legali dal COGNOME in base alla sentenza della Corte di cassazione n. 11993/2018.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 97 c.p.c. nonché omessa valutazione di una circostanza documentale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
Il ricorrente sostiene che le condanne al pagamento delle spese legali in favore di RAGIONE_SOCIALE, parte del credito dedotto dalla società in compensazione, sono state emesse in forza di azioni giudiziarie intraprese unitamente dal COGNOME e da NOME COGNOME, entrambi condannati al pagamento delle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE; che il dispositivo delle due pronunce non contiene alcuna condanna solidale, dal che discende che ciascuno dei lavoratori era obbligato solo pro quota, nella misura del 50%, al pagamento delle predette spese.
Il motivo non può trovare accoglimento.
In diritto, deve ribadirsi, in linea con l’orientamento di questa Corte, che la presunzione di solidarietà ex art 1294 c.c., posta in generale per le obbligazioni con pluralità di debitori, non è applicabile all’ipotesi di condanna alle spese giudiziali stante il disposto dell’art 97 c.p.c. (v. Cass. n. 24543 del 2023).
Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente non ha allegato e non ha documentato, attraverso la necessaria trascrizione degli atti processuali, di avere sollevato la questione oggetto del motivo in esame nel giudizio di appello, a fronte del motivo di impugnazione con cui RDS censurava la sentenza di primo grado per ‘erroneo rigetto dell’eccezione di compensazione’ (v. sentenza d’appello, p. 2, § 2) dalla stessa formulata e riproponeva la medesima eccezione specificando tutti gli importi opposti in compensazione (puntualmente trascritti a p. 7, § 7 della sentenza d’appello). I giudici di appello, non solo hanno giudicato fondato il suddetto motivo di RDS, ma hanno rilevato come ‘anche in grado di appello il COGNOME nulla ha opposto avverso il motivo in es ame’. Dal che discende la novità della questione che oggi il ricorrente ha sollevato.
Come è noto, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 23675 del 2013; n. 20703 del 2015; n. 18795 del 2015; n. 11166 del 2018; n. 20694 del 2018).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1199, 1230 e 2697 c.c. e dell’art. 58, R.D. 1736/1933 nonché omessa valutazione di una circostanza documentale, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Si censura la compensazione disposta rispetto alla somma di euro 5.707,10 dovuta da RAGIONE_SOCIALE a titolo di indennità ex art. 8, legge n. 604 del 1966, per non avere la società fornito prova del pagamento, avendo allegato solo la fotocopia di un assegno bancario/circolare, che non costituisce idonea quietanza del pagamento medesimo
Anche questo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente non deduce di avere sollevato la questione ora proposta nei precedenti gradi di merito e non indica in quali atti processuali, che aveva onere di trascrivere o depositare, ciò sarebbe avvenuto.
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché la controparte è rimasta intimata.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo
unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 26 marzo 2024