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Spese legali: onere della prova in Cassazione

Un ex dipendente ha presentato ricorso in Cassazione contro la compensazione di un suo credito con le spese legali dovute all’azienda. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le contestazioni sulla divisione delle spese e sulla prova di un pagamento erano state sollevate per la prima volta in quella sede, violando il principio che vieta di introdurre nuove questioni nel giudizio di legittimità. La decisione sottolinea l’onere del ricorrente di dimostrare di aver già sollevato le medesime eccezioni nei gradi di merito precedenti.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese legali e novità della censura: perché non si possono sollevare nuove questioni in Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del processo civile: l’impossibilità di sollevare per la prima volta in sede di legittimità questioni che non sono state dibattute nei precedenti gradi di giudizio. Il caso analizzato riguarda la contestazione sulla ripartizione delle spese legali e sulla prova di un pagamento, temi che, se non eccepiti tempestivamente, non possono trovare ingresso nel giudizio davanti alla Suprema Corte. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da una lunga vicenda giudiziaria tra un ex dipendente e la sua precedente azienda, una società radiofonica. A seguito di un licenziamento illegittimo, al lavoratore era stato riconosciuto il diritto a un’indennità risarcitoria. In un successivo giudizio volto a quantificare tale indennità, la Corte d’Appello aveva parzialmente accolto le ragioni dell’azienda, disponendo la compensazione tra il credito del lavoratore e alcuni controcrediti vantati dalla società.

Questi controcrediti ammontavano a circa 11.000 euro e derivavano da tre distinte voci:
1. Una somma che l’azienda aveva versato al lavoratore in esecuzione di una sentenza poi riformata.
2. Due importi relativi a spese legali che il lavoratore era stato condannato a pagare in due diversi e precedenti procedimenti giudiziari.

I Motivi del Ricorso e le contestate spese legali

L’ex dipendente ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello davanti alla Cassazione, basando il suo ricorso su due motivi principali.

La ripartizione delle spese legali

Il primo motivo contestava l’intero importo delle spese legali posto in compensazione. Il ricorrente sosteneva che le condanne al pagamento di tali spese erano state emesse nell’ambito di giudizi intrapresi insieme a un altro collega. Poiché le sentenze non prevedevano una condanna in solido, a suo dire, egli avrebbe dovuto rispondere solo per la sua quota, pari al 50% dell’importo totale, e non per l’intera somma.

La prova del pagamento

Con il secondo motivo, il lavoratore contestava la compensazione relativa alla somma che l’azienda affermava di avergli già versato. A suo avviso, la società non aveva fornito una prova adeguata del pagamento, avendo prodotto solo la fotocopia di un assegno, documento ritenuto inidoneo a fungere da quietanza liberatoria.

La decisione della Corte: il principio di novità della censura

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili. La decisione non entra nel merito delle questioni sollevate (la ripartizione delle spese legali o l’idoneità della prova del pagamento), ma si ferma a un rilievo puramente processuale: la novità delle censure.

Le motivazioni

I giudici hanno sottolineato un principio cardine del processo di legittimità: non è possibile prospettare alla Corte di Cassazione questioni che non siano state oggetto di dibattito e di specifica contestazione nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha rilevato che, nel giudizio di appello, il lavoratore non aveva mosso alcuna contestazione specifica né sulla pretesa dell’azienda di compensare l’intero importo delle spese legali, né sulla validità della prova del pagamento offerta dalla controparte. La sentenza di appello dava atto che “il Lisanti nulla ha opposto avverso il motivo in esame”.

È onere della parte che ricorre in Cassazione, qualora lamenti una violazione di legge su un punto specifico, dimostrare non solo di aver sollevato la questione davanti al giudice di merito, ma anche di indicare precisamente in quale atto processuale lo abbia fatto. In mancanza di tale allegazione e dimostrazione, la questione viene considerata “nuova” e, come tale, inammissibile. Il ricorrente, in questo caso, non ha adempiuto a tale onere, determinando così il rigetto del suo ricorso.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque affronti un contenzioso: le battaglie processuali vanno combattute nei tempi e nei modi corretti. Ogni eccezione, contestazione o argomentazione deve essere tempestivamente sollevata nel corso del giudizio di merito (primo grado e appello). Tentare di introdurre nuovi argomenti per la prima volta in Cassazione è una strategia destinata a fallire, poiché il ruolo della Suprema Corte non è quello di riesaminare l’intera vicenda, ma solo di verificare la corretta applicazione del diritto sulla base di quanto già discusso e deciso nei gradi precedenti. La gestione delle spese legali e delle prove di pagamento deve quindi essere affrontata con precisione fin dalle prime fasi del giudizio.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la quantificazione delle spese legali usate in compensazione?
No, secondo l’ordinanza non è possibile. Se la questione non è stata sollevata e discussa nel giudizio di appello, essa viene considerata una censura nuova e, come tale, inammissibile nel giudizio di Cassazione.

La presunzione di solidarietà si applica alla condanna alle spese legali quando ci sono più parti soccombenti?
L’ordinanza richiama un orientamento della Corte secondo cui la presunzione di solidarietà (art. 1294 c.c.) non è applicabile alla condanna alle spese giudiziali, stante la specifica disciplina dell’art. 97 c.p.c. Tuttavia, la Corte non decide sul punto, poiché il motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile per altre ragioni procedurali.

Qual è l’onere della parte che ricorre in Cassazione se solleva una questione non menzionata nella sentenza impugnata?
La parte ricorrente ha l’onere non solo di allegare di aver già dedotto la questione davanti al giudice di merito, ma anche di indicare specificamente in quale atto del giudizio precedente lo ha fatto. Questo per consentire alla Suprema Corte di verificare la veridicità dell’asserzione e di non trovarsi di fronte a una questione nuova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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