Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1610 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17599/2023 R.G. proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI SALERNO n. 1026/2022, depositato il 27/06/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Salerno decideva sull’opposizione ex art. 5ter della legge n. 89/2001 proposta dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto emesso dal Giudice Designato dalla medesima Corte, con il quale veniva accolta la richiesta di equa riparazione proposta dalla parte, per l’irragionevole durata del giudizio civile definito dal Tribunale di Salerno.
1.1. Il giudice dell’opposizione riteneva infondate le istanze della RAGIONE_SOCIALE relative: a) all’incongruità della quantificazione del danno non patrimoniale, per avere la Corte riconosciuto la somma di €. 400,00 per ciascun ann o di ragionevole ritardo; b) la mancata liquidazione del danno patrimoniale; c) l’errata applicazione della tariffa professionale.
1.2. Al rigetto dell’opposizione seguiva la condanna del Ministero opposto al pagamento in favore della parte opponente delle spese di procedura nella misura di ½, compensando la restante metà dell’importo liquidato in €. 962,00 oltre IVA, CPA oneri accessori come per legge, ed €. 27,00 per spese documentate. Il giudice dell’opposizione si era determinato a compensare le spese di lite in quanto esse vanno regolamentate tenendo conto dell’esito complessivo della procedura di equa riparazione che, nel caso di specie, vedeva bilanciare il riconoscimento dell’indennizzo per l’irragionevole durata già accordato con il decreto monocratico, da una parte, con il rigetto dei motivi di opposizione, dell’altra.
Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione il Ministero della Giustizia, affidandolo ad un unico motivo.
Resta intimata la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il Ministero della Giustizia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. In tesi, la liquidazione delle spese di lite e della fase di opposizione non andava disposta tenuto conto dell’esito complessivo del procedimento bensì tenendo conto dell’esito della fase di opposizione. Per pacifica giurisprudenza della Corte di legittimità, occorre avere riguardo all’esito finale della causa a seguito dell’opposizione ai fini della liquidazione delle spese solo in caso di accoglimento -totale o parziale -dell’opposizione stessa for mulata dalle parti private. Del resto, rappresenta il Ministero che l’orientamento della Corte territoriale, se confermato, produrrebbe l’effetto paradossale di incentivare il privato a proporre a costo zero l’opposizione di cui all’art. 5ter legge n. 89 del 2001, con conseguente iper inflazione del contenzioso per l’irragionevole durata dei tempi del processo, e la sistematica e sostanziale vanificazione dell’attività difensiva spiegata in favore del Ministero anche nel caso di rigetto delle opposizioni di controparte.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. Rileva il Collegio che la Corte d ‘Appello, all’esito dell’opposizione proposta dalla parte privata -al decreto di liquidazione dell’equo indennizzo effettuata dal giudice monocratico designato, ha, in effetti, respint o l’istanza , avendo riconfermando il suddetto decreto nel quantum già riconosciuto dal magistrato in sede monocratica e avendo respinto ogni altra richiesta, ragion per cui avrebbe dovuto liquidare le spese del procedimento di opposizione in modo autonomo in base al principio della soccombenza.
Infatti, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, occorre avere riguardo all’esito finale della causa a seguito dell’opposizione ai fini della liquidazione delle spese, solo in caso di accoglimento -totale o parziale dell’opposizione stessa formulat a dalle parti private (Cass. Sez. 2, n. 25965 del 24.09.2021; Cass. n. 9728/2020; Cass. n.
26851/2016; Cass. n. 15317 del 2013), da cui consegue, nel caso di specie, la configurazione della denunciata violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., dovendo -di regola – essere applicato il principio della soccombenza (nel caso di specie, a favore del Ministero vittorioso), fatta salva la sussistenza di idonee e giustificate ragioni per disporre la compensazione totale o parziale delle spese dello stesso procedimento.
1.2.1. Questa Corte ha già chiarito (Cass. 22 dicembre 2016 n. 26851) che l’opposizione di cui all’art. 5ter della legge n. 89 del 2001 non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo (Cass. n. 19348/15; analogamente, Cass. n. 20463/15). Il tutto avviene a (quasi) perfetta somiglianza con il procedimento per decreto ingiuntivo (al cui archetipo il legislatore si è dichiaratamente ispirato), col quale il procedimento ex lege Pinto condivide una prima fase, che si svolge inaudita altera parte e che termina con la pronuncia ad opponendum , e una seconda fase d’opposizione, caratterizzata da un contraddittorio pieno e da una cognizione esaustiva.
Quest’ultima termina con un provvedimento che ha carattere sostitutivo del decreto emesso in sede monitoria solo se ed in quanto l’opposizione sia accolta in tutto o in parte. In tal caso, infatti, l’esito dichiarativo finale è difforme dall’accertamento compiuto con il decreto opposto, che pertanto va necessariamente revocato. Di riflesso, sostituendosi a quest’ultimo il decreto collegiale quale unica statuizione di merito, viene meno anche il capo relativo alle spese liquidate in favore della parte istante e poste a carico di quella erariale ai sensi dell’ultima parte del quinto comma dell’art. 3 legge n. 89/01. Spese
che, pertanto, devono essere (non più semplicemente liquidate ma) regolate a misura dell’intera vicenda processuale e non soltanto della fase d’opposizione, in base al criterio di soccombenza e mediante una valutazione complessiva del procedimento di equa riparazione.
Al pari dell’opposizione a decreto ingiuntivo (sulle cui spese per l’ipotesi di accoglimento v. Cass. n. 19120/09), anche il giudizio celebrato ai sensi dell’art. 5ter legge n. 89 del 2001 costituisce una struttura procedimentale essenzialmente unitaria. E dunque, in caso di accoglimento dell’opposizione deve essere altrettanto indivisibile la statuizione sulle spese (salvo il giudice dell’opposizione le regoli diversamente secondo le due fasi, solo per esprimere una consapevole tecnica di compensazione totale o parziale).
1.3. Il quadro appena delineato muta radicalmente se, invece, l’opposizione ex art. 5ter legge n. 89 del 2001 è respinta, poiché il decreto monocratico sopravvive tanto nel suo contenuto dichiarativo quanto nel capo che liquida le spese. Con la conseguenza che il regolamento che ne segue in sede di opposizione, non potendo riguardare anche le spese, ormai intangibili, della fase monitoria, è ulteriore e autonomo.
Solo che a differenza dell’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., le cui spese in caso di rigetto non possono essere stabilite in maniera contraddittoria rispetto al decreto ingiuntivo, dato il principio per cui la parte totalmente vittoriosa non può essere condannata a pagare neppure una frazione delle spese (giurisprudenza costante: cfr. per tutte e fra le tante, Cass. n. 15317 del 2013), l’opposizione ex art. 5ter legge n. 89 del 2001 non accolta può legittimamente condurre a un tale esito.
Si consideri che l’opposizione può essere attivata sia dalla parte erariale, che subisce l’ingiunzione di cui al decreto pronunciato ai sensi
dell’art. 3, comma 5, sia da quella privata insoddisfatta da tale provvedimento, nel qual caso l’opposizione è necessitata dalla non riproponibilità della domanda (art. 3, comma 6 legge n. 89 del 2001). Quest’ultima ipotesi s’invera allorché il decreto monocratico abbia respinto in toto ovvero abbia accolto parzialmente la domanda d’equa riparazione, escludendo una o più voci di danno o liquidandole in misura inferiore al richiesto.
1.3.1. Su tale premessa, questa Corte ha già avuto occasione di affermare il principio secondo cui l’opposizione ex art. 5ter della parte privata insoddisfatta dall’esito della fase monitoria ha carattere pretensívo, a differenza di quella erariale che ha sempre e solo natura difensiva (Cass. n. 26851 del 2016 cit.). Pertanto, salvo l’ipotesi di opposizione incidentale, il Ministero opposto, avendo prestato acquiescenza al decreto emesso ai sensi dell’art. 3, comma 5, affronta un giudizio che non aveva interesse a provocare e del quale, se vittorioso, non può sopportare le spese.
Pertanto, anche per l’eventualità della ricorrenza delle condizioni per addivenire alla compensazione parziale delle spese, la Corte territoriale, all’esito del giudizio di opposizione, non avrebbe potuto giammai condannare il suddetto Ministero al pagamento della residua parte, ma avrebbe dovuto porlo a carico della parte opponente soccombente, per essere stato il decreto di liquidazione dell’equo indennizzo confermato integralmente, così riconoscendosi l’insussistenza di qualsiasi ragione di accoglimento dell’opposizione (che era stata basata sulla richiesta -ritenuta infondata di rideterminazione in melius della misura di detto indennizzo, nonché al riconoscimento dei danni patrimoniali e dell’errata applicazione delle tariffe professionali).
In definitiva, in accoglimento del ricorso, deve essere cassato il decreto impugnato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 , comma 2, cod. proc. civ. la causa può essere decisa nel merito, e la somma di €. 962,00 -corrispondente alle spese processuali del giudizio di opposizione – posta a carico della sola parte opponente, la RAGIONE_SOCIALE
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Non ricorrono ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 – i presupposti processuali per il raddoppio del contributo a carico della controricorrente, trattandosi di ricorso proposto per equa riparazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso;
cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di €. 962,00 a favore del Ministero della Giustizia per le spese del giudizio di opposizione innanzi alla Corte d’Appello di Salerno;
condanna, altresì, la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della parte ricorrente, che liquida in €. 270,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda