Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20033 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20033 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13718/2022 R.G., proposto da
FONDO PENSIONE PER IL PERSONALE DELLE AZIENDE del Gruppo UniCredit, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – per la cassazione della sentenza n. 3356/2021 della CORTE d’APPELLO di Milano pubblicata il 24.11.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17.4.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 2576/2021, pubblicata il 1°.4.2021, il Tribunale di Milano rigettava la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE
Spese giudiziali civili -Prelazione urbana Valore delle cause relative a beni immobili -Fattispecie
all’accertamento del diritto di prelazione nell’acquisto dell’immobile a essa locato dal Fondo Pensione per il Personale delle Aziende del Gruppo UniCredit, condannandola alla refusione delle spese di lite sostenute dal convenuto, oltre al pagamento dell’ulteriore somma di euro 5.000,00 a titolo di responsabilità aggravata, ex art. 96 comma 3 cod. proc. civ.
La Corte d’Appello di Milano con sentenza pubblicata il 24.11.2021 rigettava l’appello svolto da RAGIONE_SOCIALE gravandola del pagamento delle spese del grado liquidate in euro 5.100 per competenze professionali, nonché del pagamento in favore dell’appellato dell’importo di euro 2.500 ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre il Fondo Pensione per il Personale delle Aziende del Gruppo UniCredit, sulla base di due motivi. RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 15 cod. proc. civ. e degli articoli 4, comma 5, lett. c), e 5 del d.m. 55/2014.
Lamenta il ricorrente l’errata liquidazione delle competenze professionali nella misura di euro 5.110, sulla base dei parametri medi previsti per lo scaglione di valore indeterminabile basso, di cui euro 1.960,00 per fase studio, euro 1.350,00 per fase introduttiva ed euro 1.800,00 per fase decisionale (contenuta nei valori minimi atteso il contenuto impegno richiesto dalla discussione orale).
Sostiene il ricorrente che erroneamente la Corte d’appello , in violazione dell’art. 15, comma primo, cod. proc. civ., nonché degli artt. 4, comma quinto, lett. c) e 5 D.M. 55/2014, ha fatto riferimento allo scaglione
previsto per le controversie di valore indeterminabile basso in luogo di quello previsto per le controversie del valore compreso tra euro 520.001 ed euro 1.000.000. Nel caso di specie, trattandosi di controversia sul diritto di prelazione relativo a un bene immobile, si sarebbe dovuto fare applicazione dell’art. 15, comma primo, cod. proc. civ. , sì che, come peraltro riconosciuto dal Tribunale, il valore della causa era di euro 813.420,00 (valore catastale di euro 4.067,10 – indicato da RAGIONE_SOCIALE e nel doc. 6 del fascicolo di primo grado del ricorrente -moltiplicato per 200), tanto più che RAGIONE_SOCIALE in sede di impugnazione nulla aveva dedotto in ordine alla disposta liquidazione delle spese di lite.
La sentenza, inoltre, sarebbe errata per la mancata liquidazione delle competenze professionali dovute per la fase istruttoria avendo svolto il procuratore del ricorrente le attività indicate nell’art. 4, comma quinto, lett. c), D.M. 55/2014.
Pertanto, nella gravata sentenza le competenze si sarebbero dovute liquidare in euro 40.000,00, come da Tabella dei compensi professionali concordata tra il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano e la Presidenza della Corte d’Appello di Milano e, in via gradata, nell’importo di euro 24.908,00 (valori medi, ex D.M. 55/2014) o nell’importo di euro 13.911,00 (valori minimi, ex D.M. 55/2014) o in quell’altra maggiore o minor somma, comunque, non inferiore ad euro 8.815,00, (valore minimo, senza fase istruttoria, ex D.M. 55/2014, doc. 4), oltre rimborso forfettario 15% su compensi per spese generali, CPA e IVA. e al netto dell’incremento percentuale previsto dall’art. 6 D.M. 55/2014.
Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli articoli 4, comma 5, lett. c), e 5 del d.m. 55/2014.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello , in mancanza di una domanda di riforma della sentenza di primo grado in punto valore del giudizio da parte di RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto d’ufficio determinare un valore della causa diverso da quello indicato dal giudice di primo grado
e, dunque, non avrebbe potuto indicare e ritenere, peraltro senza diversa motivazione, la causa ‘di valore indeterminabile’.
3. Il primo motivo è fondato.
La Corte d’appello nel provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio per la fase ha preso a riferimento i parametri previsti per le controversie di valore indeterminabile di complessità bassa e segnatamente quelli medi per la fase di studio e introduttiva e quelli minimi per quella decisionale . Non è oggetto di impugnazione la decisione riguardo l’adozione del parametro, ma quelle sul ritenuto valore della controversia, che si assume essere avvenuta in violazione dell’art. 15, comma primo, cod. proc. civ., e sul l’esclusione delle competenze per la fase istruttoria .
L’art. 15, comma primo, cod. proc. civ. prevede che ‘Il valore delle cause relative a beni immobili è determinato moltiplicando il reddito dominicale del terreno e la rendita catastale del fabbricato alla data della proposizione della domanda: per duecento per le cause relative alla proprietà; per cento per le cause relative all’usufrutto, all’uso, all’abitazione, alla nuda proprietà e al diritto dell’enfiteuta; per cinquanta con riferimento al fondo servente per le cause relative alle servitù ‘.
Nel caso di specie, vengono in rilievo gli artt. 38 e 39 l. 392/1978, richiamati dall’art. 3, comma primo, lett. g), l. 431/1998 (la vicenda trattata afferiva ad un contratto di locazione ad uso abitativo), il quale stabilisce che: ‘Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi: g) quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392 ‘ .
Considerato che la prelazione ex art. 38 l. 392/1978 è assistita dall’azione di riscatto prevista dall’art. 39 s.l. e, come tale, quella svolta da RAGIONE_SOCIALE aveva natura reale (v. Cass., sez. III, 27 maggio 2009, n. 12264; 31 luglio 2006, n. 17433; 22 ottobre 2002, n. 14901; 21 novembre 1994, n. 9849), ne consegue che la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere a riferimento , secondo quanto previsto dall’art. 15, comma primo, cod. proc. civ., quale valore della causa quello di euro 813.420 ottenuto moltiplicando per 200 la rendita catastale di euro 4.067,10. Valore, quest’ultimo, documentato dalla ricorrente tramite la produzione delle conclusioni rassegnate in primo grado da RAGIONE_SOCIALE e della visura relativa all’immobile (v. doc. 6 fascicolo di primo grado del ricorrente) .
Va conseguentemente affermato il seguente principio di diritto: ‘ Nelle controversie in materia di prelazione urbana, avendo la relativa domanda natura reale in considerazione del possibile esercizio dell’azione di riscatto ex art. 39 l. 392/1978, ai fini della liquidazione delle spese di lite il valore della controversi a si determina ai sensi dell’art. 15, comma primo, cod. proc. civ. moltiplicando per 200 la rendita catastale ‘ .
Del pari è fondata la doglianza espressa dalla ricorrente in merito al mancato riconoscimento delle competenze spettanti in relazione alla fase di istruttoria.
In base all’art. 4, comma quinto, D.M. 55/2014 ‘ Il compenso è liquidato per fasi. Con riferimento alle diverse fasi del giudizio si intende esemplificativamente ‘ . Secondo la lett. c) della stessa disposizione nella fase istruttoria si intendono comprese ‘ le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, l’esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche quan do disposto d’ufficio, la designazione di
consulenti di parte, l’esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l’esame delle deduzioni dei consulenti d’ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l’esame delle relat ive relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private. Al fine di valutare il grado di complessità della fase rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. La fase rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta’.
Co me ripetutamente affermato da questa Corte, ‘in materia di spese di giustizia, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per la fase istruttoria, rilevano non solo l’espletamento di prove orali e di ctu, ma anche le ulteriori attività difensive che l’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014 include in detta fase, tra cui pure le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte ‘ (v. Cass., sez. II, 18 febbraio 2019, n. 4698; Cass., sez 6-III, 2 ottobre 2020, n. 20993; Cass., sez. III, 16 aprile 2021, n. 10206; Cass., sez. II, 16 novembre 2021, n. 34575; Cass., sez. II, 27 marzo 2023, n. 8561; Cass., sez. III, 13 ottobre 2023, n. 28627).
Il parametro si riferisce alla “fase istruttoria e/o di trattazione”. Ne consegue che l’eventuale mancato svolgimento della sola fase istruttoria (cioè di alcuna delle attività incluse in tale fase, come indicato nell’art. 4, comma 5, lett. c, D.M. 55/2014) non esclude il computo, ai fini della liquidazione giudiziale dei compensi, dell’importo spettante per la fase complessivamente considerata nelle tabelle. Tale importo resta comunque riferibile anche solo alla fase della trattazione, come si deduce dalla lettura
complessiva del testo e dall’uso della congiunzione coordinante “e/o” (v. Cass. 28627/2023, cit.).
Nella specie, sulla base dei parametri minimi previsti per lo scaglione sopra indicato il compenso spettante deve essere determinato in euro 13.911,00 di cui euro 2.717,00 per la fase di studio, euro 1.580,00 per la fase introduttiva, euro 5.096,00 per la fase di istruttoria/trattazione ed euro 4.518,00 per la fase decisionale.
Accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito , ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di appello in favore del ricorrente, che liquida in euro 13.911,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di appello in favore del ricorrente liquidate in euro 13.911,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e cpa come per legge;
condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della