Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4732 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4732 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29820-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1813/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/10/2020 R.G.N. 3627/2017;
Oggetto
R.G.N. 29820/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 14/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte d’Appello di Roma, nella controversia promossa in sede monitoria da COGNOME NOME per il conseguimento dei ratei NASpI non pagati dall’INPS per il periodo 16/2/2016 al 19/4/2016, sospesi in attesa di ricevere la documentazione richiesta all’assicurata, ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla COGNOME avverso la sentenza di primo grado che, in opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 28/4/2016 per la somma richiesta di € 2.236,16 netti , aveva accertato l’avvenuto pagamento, eccepito da INPS, di due importi -pari ad € 1.601,58 ed € 1.107,11, lordi-, ritenuti tempestivamente versati nel periodo intercorrente tra l’emissione e la notifica del decreto ingiuntivo; la sentenza di primo grado aveva altresì revocato il decreto ingiuntivo condannando l’ingiungente opposta al pagamento delle spese di lite. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che entrambi i pagamenti erano stati inoltrati prima della notifica del decreto ingiuntivo, precisando che solo il secondo era stato ricevuto dopo l’invio della notifica; ha ritenuto che la parte avesse solo genericamente contestato il legittimo motivo addotto da INPS circa l’interruzione dei pagamenti, né era dimostrato che quest’ultimo fosse già in possesso delle notizie richieste, sicché gli interessi non erano dovuti dalla data del mancato pagamento dei ratei, come richiesto, bensì dalla data di consegna dell’integrazione documentale (7/4/2016); ha anche rilevato, in accoglimento parziale di una delle dog lianze dell’ appellante, che fosse ancora dovuto un residuo importo rispetto ai ratei versati, pari ad € 114,95 (risultante dalla differenza tra la somma richiesta con il monitorio e il totale delle due frazioni riportate anch’esse al
netto- dei pagamenti effettuati da INPS), con interessi legali calcolati come innanzi; infine, valutata la reciproca soccombenza dovuta al parziale accoglimento dell’unica domanda originariamente proposta -stante il residuo ancora non pagato con il decreto ingiuntivo recante tuttavia una somma in gran parte onorata, e tenuto conto del breve lasso temporale occorso dalla richiesta di integrazione documentale fino al pagamento delle due frazioni, la Corte d’ appello ha compensato le spese del primo grado e, in ragione della minor parte azionata in sede di gravame, a sua volta parzialmente riconosciuta ed implicante un onere di spese per l’ istituto appellato maggiore rispetto a quanto necessario per difendersi dalle sole pretese fondate, ha anche compensato le spese del secondo grado.
Avverso tale pronuncia propone ricorso COGNOME NOME affidandosi a due motivi, illustrati nelle memorie depositate prima dell’udienza, a cui l’INPS resiste con controricorso. La causa è stata trattata nell’adunanza camerale del 14 /11/2024.
CONSIDERATO CHE
La ricorrente, premesso che il residuo netto ancora dovuto ammonta ad € 203,18 e che l’INPS ha tardato nel pagamento nonostante abbia ricevuto in data 7/4/2016 la documentazione mancante, eseguendo il pagamento dopo l’emissione del decreto ingiuntivo, impugna la sentenza di appello sul punto relativo alla compensazione delle spese a fronte di una soccombenza virtuale dell’INPS, non cons iderata in sede di gravame. Pertanto, deduce due motivi di ricorso:
con il primo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., degli artt. 324 e 112 c.p.c., nonché degli artt. 91 e 92 c.p.c., e l’omessa valutazione
di una circostanza determinante ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. In particolare, censura la pronuncia di compensazione delle spese in quanto l’INPS era rimasta soccombente avendo eseguito, in misura neppure esaustiva, il pagamento in data success iva all’emissione del decreto ingiuntivo e, a prescindere dall’esiguità dell’importo a cui l’Istituto era stato condannato, la predetta statuizione in entrambi i gradi di giudizio sarebbe illegittima poiché, da un lato, era ingiustificata la richiesta di integrazione documentale per fruire della NASpI essendo tale prestazione già concessa e liquidata per l’anno precedente, dall’altro, l’Istituto erogante non aveva comunque ottemperato integralmente all’obbligo di pagamento, che la Corte aveva quantificato n el residuo di € 114,95 netti; invoca, quindi, le spese per un pagamento successivo alla data di emissione del decreto ingiuntivo.
-con il secondo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., degli artt. 324 e 112 c.p.c, degli artt. 91 e 92 c.p.c, 2697 c.c., nonché assenza-illogicità di motivazione ed omessa valutazione di un fatto determinante ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., in riferimento alla circostanza per cui la parte totalmente vittoriosa non va condannata alle spese e che, in assenza di soccombenza reciproca, la compensazione è possibile solo in presenza di gravi ed eccezionali ragioni; la motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe dunque illogica ed illegittima poiché per la condanna alle spese è rilevante il momento dell’emissione del monitorio, rispetto al quale nel caso specifico l’ingiunto istituto era ancora debitore, e con la revoca del decreto ingiuntivo segue la condanna dell’ingiunto. Richiamata la pronuncia di questa Corte n. 18125/2017, il creditore opposto, che subisce la revoca del decreto ingiuntivo per effetto del pagamento ottenuto in corso
di opposizione, non è soccombente ed il giudice può semmai addivenire ad una parziale compensazione; inoltre, richiamando altra pronuncia (n. 7526/2007), nel caso di estinzione del debito per adempimento successivo all’emissione del decreto ingiuntivo, esc lusa la fondatezza dell’opposizione, le spese vanno poste a carico dell’ingiunto anche se il monitorio viene revocato; nel caso in esame il pagamento successivo era stato anche inferiore al dovuto e, quindi, la compensazione non è stata legittimamente disposta, peraltro non giustificata neppure a fronte della richiesta di documentazione; non era stata, infatti, considerata la circostanza che l’INPS, ricevuto quanto richiesto il 7/4/2016, aveva omesso di ottemperare e che la stessa richiesta di integrazione documentale, ove mai legittima e documentata attraverso l’allegazione di una rilevazione fotografica di una visualizzazione su pagina web, era intervenuta dopo l’accoglimento della domanda di NASpI e dopo il pagamento delle prime rate già pagate per l’anno 2015. Nelle memorie la ricorrente precisa che l’ulteriore pagamento parziale, ancorché di minimo scarto, consente di suffragare l’inadempimento dell’INPS.
Nel controricorso l’Istituto Previdenziale eccepisce l’inammissibilità del ricorso redatto con assemblaggio di atti, e sostiene la conformità della pronuncia all’orientamento della Corte a Sezioni Unite con sent. n. 7155/2017; inoltre, rileva l’infondatezza del ricorso avendo l’INPS pagato una parte del dovuto prima dell’emissione del decreto ingiuntivo (la prima tranche era stata pagata il 19/4/2016 e ricevuta il 27/4/2016 a fronte del decreto datato 28/4/2016) e la condizione di reciproca soccombenza (secondo il precedente orientamento giurisprudenziale) avendo la Corte d’Appello condannato l’INPS a pagare un residuo importo di € 114,95 inferiore alla richiesta
dell’appellante (pari ad € 203,18). Infine, evidenzia la corretta valutazione discrezionale compiuta in sede di gravame in ordine alla ponderazione degli oneri sostenuti dall’appellato per difendersi da pretese infondate in quanto già in parte adempiute; la compensazione, quindi, risponde al principio di causalità. Conclude anche per l’inammissibilità del motivo spiegato ex art. 360 co.1 n. 5 c.p.c.
I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione delle questioni trattate.
Dai dati risultanti nella impugnata sentenza emerge che la documentazione richiesta da INPS il 6/4/2016 sia stata inoltrata il 7/4/2016 e che i ratei rimasti sospesi dal mese di febbraio 2016 siano stati pagati il 19/4/2016 ed il 2/5/2016, ricevuti rispettivamente il 27/4/2016 ed il 10/5/2016. Nel ricorso risulta riportata copia del decreto ingiuntivo datato 28/4/2016, depositato il 29/4/2016.
Quanto riportato consente di valutare le ragioni esposte dal ricorrente: riguardo al primo motivo non è fondata la prima osservazione sulla violazione della regola sulla soccombenza avendo l’INPS disposto, una volta ricevuta la documentazione richiesta, i pagamenti prima della notifica del decreto ingiuntivo, ed anzi avendo eseguito il primo pagamento in epoca antecedente alla emissione del monitorio; la disposizione di pagamento su un importo totale complessivamente inferiore di € 114,95 -come poi accertato in sentenza di appello- rispetto alla somma richiesta con il monitorio, non è perciò tardiva rispetto alla data di emissione del decreto ingiuntivo.
Ad ogni modo, come precisato in giurisprudenza di legittimità, ai fini della verifica della soccombenza per valutare la
statuizione sulle spese all’esito complessivo del giudizio, occorre considerare non il momento dell’emissione ma l’epoca della notifica: si rammenti quanto riportato in ordinanza n. 29642/2020 secondo la quale, richiamato un analogo precedente in essa pure citato, « la fase monitoria e quella di opposizione del procedimento di ingiunzione fanno parte di un unico processo, il cui complessivo svolgimento ed esito finale determinano la regolamentazione delle spese processuali. Pertanto, ove anteriormente all’emissione del decreto ingiuntivo il debitore provveda all’integrale pagamento della sorte capitale, le spese relative alla fase monitoria ben possono essere poste a carico dell’ingiungente, dovendo la fondatezza del decreto essere verificata, ai fini della soccombenza, non al momento del deposito del ricorso, ma a quello di notificazione del decreto (Cass. n. 27234/2017) ». Va precisato che la sentenza di appello, nel compensare le spese non ha valorizzato il parziale adempimento avvenuto prima dell’emissione del decreto (che di per sé non giustificherebbe affatto la condanna alle spese dell’ingiungente, bensì, almeno la compensazione), ma ha considerato una reciproca soccombenza per avere la COGNOME, ‘ in gran parte soccombente in sede di opposizione ‘, ‘ coltivato per l’intero una procedura monitoria che era già stata in larga parte onerata ‘; ad avvenuta notifica del decreto ingiuntivo, invero, l’INPS aveva già disposto i pagamenti ed è stata quindi costretta a promuovere il giudizio di opposizione per evitarne la definitività ed esecutività, argomento questo valorizzabile proprio al fine di valutare il bilanciamento delle condotte delle parti all’esito complessivo del giudizio. Rispetto alla citata pronuncia della Corte (ord. n.29642/20), se fosse stato disposto un pagamento integrale prima della emissione del decreto ingiuntivo, le spese sarebbero state poste a carico
dell’ingiungente, dovendo essere verificata la fondatezza del decreto al momento della notifica dello stesso; ed invece, proprio il pagamento non integrale ne ha, poi, giustificato la compensazione in virtù di un oggettivo parziale accoglimento.
Devesi anche segnalare che un’ulteriore ragione sottesa alla compensazione è stata individuata non già nella circostanza di una richiesta di documentazione che la ricorrente ha ritenuto cronologicamente non giustificabile, bensì nella ripresa dei versam enti ‘nel volgere di pochi giorni’ dopo l’ottemperata produzione, valutabile nel complesso della lite. Ne è conseguito che in sede di opposizione, in primo grado, accertata la fondatezza dell’eccezione di pagamento, sia stato legittimamente revocato il decreto ingiuntivo.
Sul punto la Corte ha anche statuito che, in tema di spese legali del procedimento di ingiunzione, la revoca del decreto ingiuntivo in esito al giudizio di opposizione non costituisce motivo sufficiente per rendere irripetibili dal creditore le spese de lla fase monitoria, occorrendo avere riguardo, invece, all’esito complessivo del giudizio, sicché la valutazione della soccombenza dovrà confrontarsi con il risultato finale della lite anche in relazione a tali spese (sent. n. 24482/2022); così, se un pagamento in corso di giudizio di opposizione può giustificare il carico delle spese all’opponente, non altrettanto può dirsi per un pagamento antecedente alla emissione del monitorio ed anche alla sua notifica. Seguendo la pronuncia resa da sent. 8428/2014 (citata dalla ricorrente), il pagamento della somma ingiunta comporta che il giudice dell’opposizione, revocato il decreto ingiuntivo, debba regolare le spese processuali, anche per la fase monitoria (argomento in questa sede non evocato), secondo il principio della soccombenza virtuale, valutando la
fondatezza dei motivi di opposizione con riferimento alla data di emissione del decreto; nel caso in esame la principale doglianza dell’opponente era consistita nell’eccezione di pagamento, fondata, su un pagamento avvenuto non in corso di giudizio di cognizione ma prima di esso, anche antecedente alla emissione del decreto. Ciò ne esclude, per l’ingiunto opponente, la soccombenza virtuale e la verifica di altre condizioni per sostenere la compensazione; le spese restano quindi regolate globalmente in base all’esito finale del giudizio ed alla complessiva valutazione del suo svolgimento. E riprendendo altro argomento citato dalla ricorrente, tratto dalla pronuncia di questa Corte ord. n.18125/17, qualora pure il pagamento della somma ingiunta intervenga dopo la notifica del decreto, il creditore opposto, che veda conclusivamente riconosciuto il proprio credito, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo per effetto del pagamento ottenuto in corso di giudizio di opposizione (circostanza, si ripete, diversa dal caso in esame), non può essere qualificato soccombente ai fini delle spese afferenti il segmento processuale caratterizzante il monitorio, proprio in quanto la sorte delle spese è definita sempre secondo il criterio di globalità; ma, si aggiunga, neppure può essere considerato vittorioso, poiché ‘ il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza ‘ .
In virtù di tali eventi, non è esclusa la possibilità della compensazione in ragione di altro principio, quello del parziale accoglimento della domanda creditoria che, per l’attuale ricorrente, ha riguardato sia un pagamento in gran parte
onorato prima dell’emissione del decreto, attraverso pagamenti inoltrati prima della notifica del monitorio, sia un adempimento satisfattorio rimasto solo in minima parte non ‘esaustivo’ prima del giudizio di opposizione e definito, poi, all’esito del giud izio di appello, in una somma residua anche inferiore a quanto richiesto (€ 114,95 anziché € 203,18). Trattasi, allora, non già di un’ipotesi di soccombenza reciproca ma di accoglimento parziale della domanda dell’attore sostanziale, ridotta in sede di opp osizione rispetto all’originaria ingiunzione ed anche, nel prosieguo del giudizio, alla residua somma rimasta non pagata. Vale pienamente la regola di giudizio affermata nella pronuncia della Sezioni Unite con sentenza n.32061/2022: « in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ .».
Se correttamente il giudice di appello ha riformato la sentenza di primo grado con riguardo alla condanna della ingiungente opposta (oggi ricorrente) al pagamento delle spese di lite, ha altrettanto correttamente compensato le spese del primo grado, per tutte le ragioni anzidette, a cui si aggiungono, per il secondo grado di giudizio, anche le considerazioni sull’accoglimento parzialmente quantitativo della domanda sulla minima porzione residua, e sulla gravosa onerosità dell’attività
defensionale svolta dall’istituto, superiore rispetto alle pretese rivelatesi fondate. Tale ultimo argomento risulta solo formalmente censurato dalla ricorrente, ma non argomentato.
Devesi rilevare, ancora, che l’ulteriore doglianza circa l’illogicità della compensazione riferita alla ‘richiesta di integrazione documentale di INPS diretta ad ottenere la prova del licenziamento, al fine di giustificare il ritardo nel pagamento delle somme ingiunte’, il rilievo oggetto di censura nella valutazione compiuta dalla corte territoriale ad ulteriore fondamento delle ragioni per compensare le spese di lite non involge le ragioni della sospensione del pagamento quanto le modalità della dimost razione della richiesta e l’omessa pronuncia su di essa; orbene, va esclusa la fondatezza del motivo ai sensi del n.5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. vuoi perché una risposta allo specifico (quarto) motivo di appello risulta essere stata resa, vuoi per la non decisività del punto controverso ai fini della statuizione sulle spese. Ed anzi, una volta argomentato sulla mancanza di una contestazione chiara e circostanziata sulla conformità all’originale di un documento prodotto in copia attraverso la riproduzione di una schermata del sito dell’Istituto, l’aspetto del merito della richiesta di integrazione documentale ha perso di rilevanza a fronte di un’altra circostanza che l’impugnata pronuncia ha valorizzato ai fini della compensazione di cui si controverte, concernente la ripresa dei pagamenti nel volgere di pochi giorni dopo l’interruzione dei pagamenti dovuta alla richiesta di integrazione documentale: per sostenere le ragioni della compensazione è stato valutato non il comportamento antecedente alla richiesta di integrazione (la completezza o meno dell’istruttoria sulle cause di cessazione del rapporto di lavoro a sostegno della NASpI) quanto l’ottemperanza dell’ente nel breve periodo
intercorrente tra l’integrazione (del 7/4/16) e la prima disposizione di pagamento (del 19/4/16), e comunque in data antecedente alla emissione del decreto ingiuntivo (del 28/4/16). La carenza di doglianza specifica sul profilo dei tempi del primo adempime nto parziale, unitamente all’ulteriore riferimento alla inesatta circostanza che ‘l’INPS ha atteso l’emissione del monitorio prima di pagare il dovuto’, ne palesa l’infondatezza.
Il ricorso va dunque respinto. Segue per soccombenza di questa fase di giudizio la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo. Ricorrono i presupposti processuali per il pagamento del doppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 300,00, oltre accessori di rito, ed euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’ adunanza camerale del 14 novembre