Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24550 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24550 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/09/2024
NOME
-intimato – avverso la sentenza n. 168/2022 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, depositata il giorno 21 febbraio 2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2024
dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che
DIVISIONE ENDOESECUTIVA – SPESE SOCCOMBENZA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11301/2022 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente –
contro
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME promosse in danno del suo debitore NOME COGNOME espropriazione forzata avente ad oggetto la quota, pari al 50%, del diritto di proprietà su alcuni immobili, nella titolarità, per la residua quota paritaria, di NOME COGNOME;
su istanza del comproprietario ex art. 600 cod. proc. civ. e previa sospensione della procedura esecutiva, l’adito Tribunale di Genova provvide, con sentenza, alla divisione dei cespiti, ponendo le spese della esperita consulenza tecnica di ufficio a carico della massa (ovvero, per il 50% a carico di NOME COGNOME e del comproprietario NOME COGNOME e per l’altro 50% a carico di NOME COGNOME) e condannò NOME COGNOME alla refusione delle (residue) spese di lite in favore di NOME COGNOME;
la decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’appello interposto da NOME COGNOME, avente quale esclusivo oggetto la statuizione di condanna alle spese in favore del creditore NOME COGNOME;
ricorre per cassazione NOME COGNOME, affidandosi ad un unico motivo; resiste, con controricorso, NOME COGNOME;
non svolge difese nel giudizio di legittimità NOME COGNOME; parte ricorrente deposita memoria illustrativa;
il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
l’unico motivo censura, per violazione degli artt. 91 e 95 cod. proc. civ., la condanna del debitore esecutato, in questa sede ricorrente, alle spese della controversia di divisione in favore del creditore procedente, qui controricorrente;
premesso che « il giudizio di divisione, quand’anche sia instaurato nell’ambito di un processo di esecuzione, costituisce un giudizio di cognizione ordinaria del tutto distinto ed autonomo rispetto al processo di esecuzione », si assume « l’assenza di soccombenza in capo ad NOME COGNOME » per non aver costui « mai posto opposizione alla divisione »;
r.g. n. 11301/2022 Cons. est. NOME COGNOME
il motivo è infondato;
giova premettere, in punto di inquadramento sistematico, che la divisione c.d. endoesecutiva prevista dagli artt. 600 e 601 cod. proc. civ. – ovvero la divisione disposta dal giudice dell’esecuzione nel corso dell’espropriazione di beni indivisi onde far cessare lo stato di comunione e poter poi disporre in sede esecutiva della sola quota, in natura o in denaro, attribuita al debitore, condividente forzoso – integra un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione, soggiacente alle regole del modello processuale a cognizione piena ed esauriente;
detto giudizio, come già precisato da questa Corte, costituisce una parentesi di cognizione incidentale alla procedura espropriativa avente ad oggetto una mera quota su beni indivisi (ed anzi lo sviluppo normale di essa) che, per un verso, si pone proprio per l’evidenziato scopo -in correlazione funzionale con il procedimento esecutivo (il quale, non a caso, resta sospeso in attesa degli esiti della divisione) ma che, per d’a ltro lato, è dallo stesso strutturalmente autonomo, poiché distinto soggettivamente ed oggettivamente, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione, né una fase (così Cass. 20/08/2018, n. 20817, alla cui diffusa motivazione si opera adesiva relatio ; in precedenza, anche Cass. 18/04/2012, n. 6072);
tanto chiarito, ne segue che, in applicazione del principio generale dettato dall’art. 91, primo comma, cod. proc. civ., la regolamentazione delle spese della divisione endoesecutiva (attività che compendia due operazioni, logicamente successive e sequenziali: l’individuazione della parte a carico della quale porre le spese; la quantificazione di queste ultime) spetta esclusivamente al giudice del giudizio divisorio e va compiuta con il provvedimento che lo definisce, quand’anche costituito dalla ordinanza ex art. 789, terzo comma, cod. proc. civ., di approvazione del progetto divisionale elaborato dal giudice, dacché
anch’essa munita di natura decisoria, attesa la funzione assolta, in tal caso, dalla non contestazione delle parti;
orbene, con riferimento al paradigmatico giudizio di scioglimento di comunioni regolato dagli artt. 784 e seguenti del codice di rito (da cui la divisione endoesecutiva mutua, con il limite di compatibilità delle disposizioni alle peculiarità della stessa, lo statuto di disciplina), è fermo convincimento del giudice di nomofilachia che le spese della lite vadano poste « a carico della massa », sincretistica espressione con cui si vuol intendere che ciascun condividente sopporta le spese affrontate nel proprio interesse e partecipa pro quota (in misura corrispondente alla propria quota di titolarità del diritto oggetto di divisione) alle spese comuni, ovvero quelle sostenute per gli atti di causa che servono a condurre il giudizio alla sua fisiologica conclusione ( ex plurimis, Cass. 13/05/2015, n. 9813; Cass. 08/10/2013, n. 22903; Cass. 19/10/2009, n. 22122; Cass. 13/02/2006, n. 3083; Cass. 15/05/2002, n. 7059);
detto criterio di ripartizione delle spese rinviene giustificazione n ell’interesse comune di tutti i condividenti -titolari di un’identica situazione di diritto sostanziale – a pervenire alla divisione: tanto legittima la deroga al principio della soccombenza, il quale trova però operatività anche in tale controversia con riguardo alle spese afferenti ad eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione, fatta comunque salva la facoltà di disporre la compensazione ex art. 92 cod. proc. civ. (cfr., oltre alle pronunce citate nel capoverso che precede, anche Cass. 03/05/2024, n. 12068; Cass. 24/01/2020, n. 1635);
nella divisione c.d. endoesecutiva, tuttavia, la partecipazione al giudizio dei soggetti che nell’esecuzione rivestono il ruolo di creditori (procedenti o intervenuti muniti di titolo esecutivo) non è sorretta da un interesse identico o accomunabile a quello che anima i condividenti: per il ceto creditorio, nella sua indistinta globalità considerato, lo scioglimento della comunione sul bene staggito rappresenta, infatti,
un’attività necessaria alla (prosecuzione della) espropriazione forzata intrapresa, ovvero, in ultima analisi, un’attività necessariamente strumentale alla soddisfazione forzosa del credito azionato;
pertanto fermo l’illustrato criterio di ripartizione delle spese di lite tra i condividenti – per la regolamentazione delle spese sopportate dal creditore (ovvero dei plurimi creditori) che partecipi(no) al giudizio divisorio non può che applicarsi la regola generale della soccombenza: e, in quanto questa riposa sulla causalità che fonda la responsabilità del processo, la parte soccombente nei riguardi di detto creditore va individuata nel debitore esecutato, contraddittore necessario, attesa la teleologi ca strumentalità che lega la divisione all’espropriazione (in tal senso, già Cass. 31/01/2023, n. 2787);
in definitiva e per riassumere, con il provvedimento che definisce il giudizio di divisione endoesecutiva (sentenza o ordinanza ex art. 789, terzo comma, cod. proc. civ.) va disposta la condanna del condividente debitore esecutato alla refusione delle spese sopportate in detta lite dal creditore (procedente o intervenuto titolato), da liquidarsi secondo lo scaglione tariffario corrispondente al valore della massa (con cui si identifica il valore della controversia: art. 5 del d.m. 10 marzo 2014, n. 55): la relativa statuizione costituisce titolo per la collocazione nella distribuzione dell’attivo dell’espropriazione con il privilegio ex art. 2770 cod. civ. e con la preferenza garantita dall’art. 2777 cod. civ.;
le considerazioni che precedono palesano l’infondatezza del motivo di ricorso, riposando la condanna del condividente debitore esecutato alle spese di lite nell’aver dato causa, con la sua condotta antigiuridica, alla partecipazione del creditore al giudizio divisorio, ed insignificante essendo la mancanza di opposizioni del debitore alla divisione;
il ricorso è rigettato;
il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza;
atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente alla refusione in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione