Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14972 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14972 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
NOMECOGNOME
-intimata – avverso la sentenza n. 589/2022 resa dal Tribunale di Vallo della Lucania quale giudice d’appello il 22/8/2022, non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/1/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con atto di citazione notificato il 20/04/2016, l’avv. NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al giudice di pace di Vallo della Lucania, COGNOME NOMECOGNOME onde ottenere il pagamento delle
Oggetto: Compensi difensore
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 06220/2023 R.G. proposto da
CONGIUSTI NOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato presso l’indirizzo PEC di quest’ultimo.
-ricorrente – contro
spettanze professionali per l’attività prestata in qualità di difensore d’ufficio nel procedimento penale n. 9/2014 svoltosi dinanzi al Tribunale di Vallo della Lucania per una somma di € 4.339,30.
Il giudice di pace, nella contumacia del convenuto, condannò quest’ultimo al pagamento della somma richiesta.
Il giudizio di gravame, interposto da Congiusti NOME per motivi procedurali ed erroneità nella determinazione del quantum , si concluse, nella contumacia dell’appellata, con la sentenza n. 246/2016, con la quale il Tribunale di Vallo della Lucania, in composizione monocratica, rigettò l’appello, condannando l’appellante alla rifusione, in favore dell’appellata, delle spese del giudizio.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. NOME NOME è rimasta intimata.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.m. n. 55/2014 e degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di merito ritenuto congruo il compenso richiesto dall’avv. COGNOME sulla base della scarna documentazione prodotta e costituita dalla copia di sei verbali d’udienza e dal pro-forma fattura del 21/03/2016, senza considerare che il difensore aveva dimostrato al più lo svolgimento di attività istruttoria, ma non anche l’attività svolta nelle diverse fasi di cui all’art. 12 del citato d.m. (fase di studio, fase introduttiva del giudizio, fase istruttoria o dibattimentale e fase decisionale), e che due delle udienze documentate erano state di meno rinvio, e senza valutare i parametri delle caratteristiche, dell’urgenza, del pregio del lavoro svolto, dell’importanza
dell’opera, delle difficoltà, della quantità e della qualità delle attività compiute.
1.2 Il primo motivo è inammissibile.
La doglianza si incentra, infatti, sulla dedotta violazione di legge e sulla violazione dei parametri di cui all’art. 12 d.m. n. 55 del 2014, senza spiegare né quale fosse l’oggetto del processo, né in cosa fosse consistita l’attività del difensore, né in quale momento del giudizio lo stesso fosse intervenuto, e senza descrivere il contenuto dei verbali, soltanto genericamente citati e solo per svilire, in ragione di un dato meramente quantitativo, l’operato del difensore. In tal modo, la censura non si confronta con il disposto di cui al n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., il quale impone al ricorrente di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda (vedi Cass., Sez. 5, 18/11/2015, n. 23575; Cass., Sez. 5, 15/01/2019, n. 777), mediante la riproduzione diretta o indiretta del contenuto che sorregge la censura, precisando, in quest’ultimo caso, la parte del documento cui quest’ultima corrisponde (Cass., Sez. 5, 15/07/2015, n. 14784; Cass., Sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679).
Nella specie, la genericità della censura non consente, invece, di valutarne la fondatezza o meno, con conseguente sua inammissibilità.
2.1 Col secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e l’illogicità della motivazione, per avere i giudici condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite dell’avv. COGNOME liquidate in euro 200,00 per spese vive ed euro 1.378,00 per compensi, senza considerare che l’appellata era rimasta in quel grado contumace.
2.2 Il secondo motivo è parzialmente fondato.
I giudici di merito, pur avendo dato atto della contumacia dell’appellata, hanno infatti liquidato, in suo favore, le spese del giudizio, senza considerare che la condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto, sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (Cass., Sez. 6-3, 19/06/2018, n. 16174; Cass., Sez. 2, 19/08/2011, n. 17432; Cass., Sez. 1, 25/09/1997, n. 9419).
Nonostante una siffatta statuizione dia luogo ad un errore materiale emendabile con il procedimento di cui all’art. 287 cod. proc. civ., non è precluso a questa Corte, quando il ricorso sia fondato anche su altri motivi che nulla abbiano a che fare con l’errore medesimo, come nella specie, vagliare anche il predetto in considerazione dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., senza che l’accoglimento del motivo e l’effettuazione della correzione materiale leda il diritto di difesa delle controparti, essendosi pienamente dispiegato il contraddittorio (si veda, sia pure per una fattispecie tutt’affatto differente, Cass., Sez. 3, 13/11/2018, n. 29029; Cass., Sez. 5, 14/3/2019, n. 7276).
Ciò comporta che la sentenza impugnata debba essere cassata con riguardo al secondo motivo.
Non essendovi, perciò, questioni di fatto da analizzare e risultando l’errore direttamente dalla sentenza, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., dichiarando che nulla deve essere disposto in favore di NOME a titolo di spese del giudizio d’appello.
3. In conclusione, va dichiarata l’inammissibiltà del primo motivo, mentre, in accoglimento dell’istanza di cui al secondo motivo, va corretto l’errore materiale contenuto nella sentenza, revocando la condanna alle spese in favore di parte rimasta contumace.
Nulla sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata spiegato difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e, in accoglimento dell’istanza di cui al secondo motivo, corregge l’errore materiale, revocando la condanna alle spese del giudizio d’appello di Congiusti NOME, in favore di NOME
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda