Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7639 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7639 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14071-2019 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO in PALERMO
-intimato – avverso la sentenza n. 2407/2018 della CORTE DI APPELLO di PALERMO, depositata il 04/12/2018;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 28.3.2014 COGNOME COGNOME NOME evocava in giudizio il Condominio di INDIRIZZO in Palermo innanzi il Tribunale di Palermo, invocandone la condanna al rimborso della somma di € 15.421,78 che l’attrice aveva speso per il ripristino urgente di una tettoia in aggetto sulla terrazza di sua proprietà, sul presupposto che il manufatto costituisse copertura dello stabile in condominio.
Nella resistenza dell’ente di gestione convenuto il Tribunale, con sentenza n. 1441/2015, rigettava la domanda.
Con la sentenza impugnata, n. 2407/2018, la Corte di Appello di Palermo, dopo aver dichiarato la contumacia del condominio appellato, rigettava il gravame interposto dall’odierna ricorrente avverso la decisione di prime cure, confermandola. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, che la tettoia alla quale si riferiva la spesa sostenuta dalla COGNOME COGNOME non costituisse copertura dell’edificio condominiale e che dunque l’onere della sua riparazione o ricostruzione fosse a carico della predetta. Il giudice di secondo grado, inoltre, condannava la COGNOME al pagamento delle spese del grado in favore della parte appellata, rimasta contumace.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME COGNOME Maria COGNOME affidandosi a tre motivi.
Il Condominio di INDIRIZZO in Palermo, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma,
n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato che la tettoia oggetto di causa è da ritenere opera a servizio esclusivo dell’immobile di proprietà della ricorrente.
Con il secondo motivo, invece, la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe escluso l’applicazione del criterio attributivo della proprietà comune previsto dalla norma in commento, sulla base dell’erroneo presupposto che la tettoia, per le sue caratteristiche, costituisse opera a servizio dell’appartamento di proprietà esclusiva della COGNOME.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.
La Corte di Appello, confermando la decisione del Tribunale, ha ritenuto che la tettoia fosse funzionale al miglior godimento dell’appartamento della ricorrente, in quanto essa ‘… non inserita nel lastrico di copertura dell’edificio condominiale, funge da copertura della sola terrazza a livello di uso esclusivo dell’odierna appellante, non sporge oltre il bordo dei parapetti della medesima così da assumere, per gli appartamenti sottostanti, una funzione di protezione e riparo (cfr. fasc. I grado appellante), di talché, rispetto ad essa, non opera la presunzione di condominialità, atteso che, per le proprie caratteristiche strutturali, deve ritenersi destinata oggettivamente al servizio esclusivo dell’immobile dell’appellante (Cass. civ. Sez. II, 29.1.2015, n. 1680)’ (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata). A tale considerazione la Corte distrettuale ha aggiunto il rilievo che la funzione di copertura rivendicata dalla COGNOME COGNOME doveva escludersi anche in ragione del fatto che vi era ‘… la persistente necessità di provvedere, comunque, all’impermeabilizzazione del lastrico solare su cui è installata la struttura’ ; opera, questa, che, anzi, secondo il C.T.U., era ‘… in ogni
caso imprescindibile e di somma e primaria urgenza …’ (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).
La statuizione assunta dal giudice di merito è coerente con l’insegnamento di questa Corte, richiamato anche dalla sentenza impugnata, secondo cui ‘In tema di condominio, l’art. 1117 c.c. contiene un’elencazione solo esemplificativa e non tassativa dei beni che si presumono comuni poiché sono tali anche quelli aventi un’oggettiva e concreta destinazione al servizio comune, salvo che risulti diversamente dal titolo, mentre, al contrario, tale presunzione non opera con riguardo a beni che, per le proprie caratteristiche strutturali, devono ritenersi destinati oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1680 del 29/01/2015, Rv. 634966).
Peraltro, la Corte distrettuale ha anche evidenziato che il manufatto non incide positivamente sul regime di smaltimento delle acque piovane, ‘… rilevando al riguardo la circostanza, incontestata, che l’originario sistema condominiale di deflusso sia stato abolito e modificato dal dante causa dell’odierna appellante, il quale, per installare la prima tettoia, divelta dal vento nel 2007, ha dovuto provvedere ad un diverso sistema di irreggimentazione delle acque, esigenza che oggi si ripropone per la Rizzo COGNOME (cfr . pag. 3 della sentenza impugnata). Tanto è vero che, sempre secondo la Corte palermitana, sarebbe urgente ed indifferibile intervenire sul lastrico solare di proprietà esclusiva della odierna ricorrente, per riconfigurarne le pendenze e ripristinare il sistema di smaltimento delle acque piovane modificate dal dante causa della COGNOME (cfr. ancora pag. 3). Il manufatto di cui è causa, dunque, costituisce, secondo l’accertamento condotto dal giudice di merito, una superfetazione realizzata dal dante causa dell’odierna ricorrente, per migliorare la fruibilità della sua
terrazza esclusiva, senza alcuna funzione di copertura o beneficio per l’edificio condominiale.
Tale articolata ricostruzione del fatto e delle prove viene attinta dall’odierna ricorrente mediante la contrapposizione di una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 e Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812).
Nel caso di specie, infine, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Con il terzo motivo, la ricorrente contesta invece la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello l’avrebbe erroneamente condannata a rifondere le spese del grado in favore dell’appellato rimasto contumace.
La censura è fondata.
Come costantemente affermato in giurisprudenza, la condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicché essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (tra le tante, v. Sez. 3 , Ordinanza n. 7361 del 14/03/2023; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16174 del 19/06/2018).
Nel caso in esame, la Corte di Appello dapprima ha dato atto della mancata costituzione del Condominio in fase di gravame, e ne ha dichiarato la contumacia (v. intestazione nonché pag. 2 sentenza ed anche dispositivo) e poi ha condannato l’appellante COGNOME a rifondere le spese in favore della parte contumace risultata vittoriosa. A sostegno di tale decisione, la Corte distrettuale ha richiamato, del
tutto fuori luogo, il principio per cui la contumacia non esclude la condanna alle spese (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata), senza tuttavia considerare che detto principio opera solo nel caso inverso, in cui la domanda (o l’impugnazione) contro un contumace, venga accolta, e non invece nel caso – come quello in esame – in cui si pervenga ad una decisione di rigetto o inammissibilità della domanda o dell’impugnazione contro il contumace. In tale secondo caso, infatti, non essendovi una parte costituita nei cui confronti liquidare le spese, queste ultime restano a carico della parte la cui iniziativa processuale è stata disattesa.
L’errore di diritto è palese e comporta la cassazione della sentenza nella parte in cui ha condannato l’appellante a rimborsare al contumace spese mai sostenute.
Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., con accoglimento del terzo motivo, rigettati gli altri, ed eliminazione della statuizione sulle spese contenuta nella sentenza impugnata.
Le spese del presente giudizio di legittimità sono integralmente compensate, in ragione dell’accoglimento solo in minima parte del ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e, decidendo nel merito, elimina la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 2407/2018. Compensa per intero le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 11 marzo 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME